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cap. 56 Trasmissioni nemiche

Nell'ambiente dove i federali avevano collocato la propria strumentazione, un gruppo di persone attendeva inquieta un cenno del tecnico al lavoro, che infine annuì concentrato alla giovane aquila al comando. Questa si volse agli Inuri.

"Re Archés, credo che il collegamento sia riuscito; abbiamo individuata una frequenza che non è alcuna delle nostre. A lei il microfono e... consideri che dal distretto non hanno modo di sapere che l'apparecchio che chiama non è la vostra vecchia radio, la cui batteria sembra ormai scarica, ma la nostra.

Il re parli pure, quindi, ma attento non tradirsi... ", disse a voce via via più mortificata il capitano, invitando il re a sedersi davanti al microfono.

Archés si sedette adagio e fissò teso lo strumento. Furius gli si avvicinò alle spalle e senza toccarlo gli fece sentire la sua presenza, vicina, solidale. Furius alla sua destra, Leona alla sua sinistra. Archés sospirò e fece cenno al tecnico che procedesse.

Giunse loro il suono inconfondibile con cui un operatore si sintonizza su una frequenza, cerca su e giù tra silenzio e scariche e infine, ecco, quello annuì nuovamente.

Archés parlò: Glittica chiedeva l'attenzione del distretto. C'era nessuno in ascolto, di turno? Il distretto rispondesse... Al secondo appello, una voce profonda rispose, inquieta.

Con evidente sospetto, chiese chi era all'apparecchio. Archés corrugò la fronte:"Il tuo re, Inuri, parla. E tu, piuttosto, qualificati!"

Il silenzio regnò profondo. "Tenente Morea delle guardie reali della contea di Falgar", rispose poi la voce.

"Kurt!", sfuggì a Leona che da subito si era tesa al timbro che risuonava dal distretto.

Ancora un breve silenzio:"Donna?", chiese disorientata la voce.

"Come osi riconoscere lei e non il tuo vecchio compagno di camerata, stupido geniere?", Furius si chinò verso il microfono e ora erano stretti in tre, intorno al metallo, e in tre sorridevano.

"Furius?", arrivò dall'altra parte, e l'incredulità sfumava nella gioia:"Cosa fai lì, orso di Chiura?".

"Sono venuto a dar manforte ad Archés. Insieme tentiamo di prendere per la coda questo drago, e di ricacciargli il fuoco in gola, prima che bruci tutta Inurasi".

Kurt chiuse gli occhi:"Come state? Il re... Avevamo notizie che si fosse ammalato; chi ha rimesso in funzione la radio?"

"Sono qui, Kurt. Come senti... ", rispose Archés, ordinando a gesti a Leona e Furius che gli lasciassero guidare la cosa,"...come senti sono vivo. La malattia non era quella che si temeva, mi sono ripreso in breve. Piuttosto, come è possibile che sia arrivata una tale notizia fin da voi?", chiese poi a sua volta.

Kurt rimase alquanto in silenzio.

"I tecnici responsabili della radio del palazzo reale hanno tentato di riparare qui da noi", rispose poi. "Quando consentisti di lasciare il palazzo si diressero precipitosamente a Nord Ovest, riuscendo non so come a raggiungerci; ma secondo i tuoi ordini i confini erano già stati chiusi. Fu orribile, rifiutar loro l'accesso, ma avevano attraversato le zone in cui era già epidemia, secondo quanto ci avevi fatto sapere... Ci urlarono da oltre la barriera ciò che avevano visto, e tra l'altro ci dissero... ci dissero... ", e Kurt si interruppe.

"Chi ha attivato l'impianto?", tornò a chiedere.

"Hai sentito la voce della donna", rispose il re:"Pare che tra i suoi mille talenti, ci fosse un minimo di pratica di questi apparecchi, e poi... probabilmente è accaduto un miracolo. Ha armeggiato un giorno e una notte, in questa stanza, e alla fine le luci si sono accese, e mi ha pregato di provare a parlare.

Non osavo sperare che qualcuno fosse ancora di guardia all'apparecchio. Anzi... Come è possibile, se sapevate che i tecnici erano fuggiti e che io non ero in grado di accenderla da solo?"

Il silenzio tornò a regnare.

"Forse hai ragione, re Archés, a definirlo miracolo", disse poi commosso Kurt:"Non più tardi di ieri, dopo molti giorni in cui l'apparecchiatura era rimasta spenta, il comandante Falcon ha voluto che fosse riaccesa e tenuta in efficienza; ha disposto una turnazione perché le frequenze fossero sorvegliate e non accadesse che forze federali organizzassero, cogliendoci di sorpresa, un attacco ai nostri danni, approfittando della nostra debolezza.

Da ieri eravamo in ascolto su tutta la banda, per captare eventuali trasmissioni nemiche".

Archés alzò lo sguardo sul capitano federale. Ovviamente il dialogo si era svolto in Inuri ma quello capì, dallo sguardo del re, che qualcosa di brutto era stato detto sui federali. Archés meditò amaro; trasmissioni nemiche! Regnò ancora profondo il silenzio.

"Quest'ordine è stato provvidenziale ma il vero nemico è all'opera nell'interno, Kurt. Informa il comandante Falcon che non avrà più nulla da difendere, se non troveremo il modo di fermare questa epidemia, che i miei ordini pare abbiano solo rallentato. Quindi prendi nota di ciò che vi ordino".

"Il comandante è arrivato, chiamato appena abbiamo captato il segnale da Glittica. È qui direttamente che ascolta... ", gli replicò.

"Bene, Kurt, che prenda nota, allora. Il primo ordine è di osservare più che mai l'isolamento. Ho radunato a Palazzo i migliori medici del Centro Sud e abbiamo allestito un centro per sperimentare una cura. Abbiamo preparato delle stanze in cui isolare i malati, li si osserva al di là dei vetri passando loro cibo e medicine senza entrare e quelli si assistono gli uni gli altri. Per ora nessuna cura ha giovato... Ma qualcosa si tenta".

"Sembra pericoloso... ", commentò Kurt.

"Lo è, ma l'alternativa a una cura è solo evitare il contagio", spiegò Archés:"E non molti hanno potuto essere informati in tempo ed essere in un luogo adatto a reggere l'isolamento.

E quei pochi rischiano comunque di capitolare, alla fine, perché senza notizie e senza soccorso, non possono resistere a oltranza... Uno degli ammalati che tentiamo di curare, si è contagiato in un giro di ricognizione condotto volontariamente a Kargasa, per consentirmi di conoscere la situazione.

Con un mio salvacondotto ha superato gli sbarramenti, ed è tornato, atteso, senza più dover esibire nulla e ben badando a non avere più contatti diretti con alcuno. Kargasa è devastata, ma in alcuni palazzi, piccoli gruppi si sono asserragliati come assediati da un esercito nemico.

Sfruttano i pozzi e le riserve di cibo, razionandole. Mi fanno sperare che sia accaduto anche altrove. Ma cosa accadrà, di questi coraggiosi, tra due mesi? Il morbo presumibilmente continuerà ad insidiare.

Si muove lentamente, portato da gente disperata, affamata, in fuga... e da carogne vigliacche, sciacalli che stanno saccheggiando, incuranti del pericolo proprio e di quello che stanno causando, approfittando della mancanza di un forte controllo militare.

L'ultima cittadina dove è dilagato il contagio è ancora più vicina a Glittica di Kargasa. Ci siamo quasi!", e prese fiato.

"Primo ordine: isolamento", ripeté.

"Il controllo qui resterà rigoroso", assicurò Kurt.

"Il secondo ordine", riprese il re,"è di usare le navi per scopi più vitali, che non il pattugliare i mari temendo i federali. Se sapessero dell'epidemia e della nostra debolezza, si guarderebbero bene dal venire adesso, a invaderci... Gli basterebbe aspettare che la malattia ci annienti.

Le navi, invece, mi servono per scendere lungo la costa e contattare ogni centro abitato sul mare. Affido al comandante di elaborare un codice di segnalazione, scelga lui se ricorrere a bandiere, luci, qualsiasi cosa che consenta scambio di informazioni a distanza.

Elabori il codice e prepari delle istruzioni perché gli abitanti della costa possano in seguito comunicare in tal modo con le navi all'ancora, senza alcuno scambio materiale e contatto tra gente e marinai.

Prepari una relazione in molte copie a cui allegare le istruzioni: ogni nucleo di resistenza, grande o piccolo, deve essere confermato nella necessità di resistere a oltranza. Confermato nella pericolosità mortale della malattia, confermato però anche nella speranza e consapevolezza che si continua a cercare una cura, e che si resiste in molti centri isolati.

Alla fine, o la malattia ucciderà tutti i contagiati, e vi saranno dei superstiti cui toccherà ricostruire il nostro Paese, e quindi si sforzino di conservarsi tra questi, o troveremo un modo di curare gli ammalati; in tal caso ne avranno ben presto notizia.

Il vero miracolo sarebbe disporre di un sistema per contattare tutte le comunità, anche nell'interno, ma almeno quelle della costa occorre che non si sentano abbandonate e non si perdano nel caos e nella disperazione. È chiaro ciò che ho disposto?"

Breve silenzio.

"Il comandante Falcon ha preso nota di tutto. Le navi saranno impiegate secondo i tuoi ordini. I centri costieri saranno raggiunti e saranno loro lasciate, senza diretto contatto, istruzioni e notizie secondo il volere del re".

"Ottimo, Kurt. Altra cosa importante: lasciate ovunque l'ordine che qualora accada che un malato riesca a guarire, lo si faccia arrivare a Glittica. Che attraversi il paese munito di un drappo giallo; i blocchi di Kargasa e di Glittica lo lasceranno passare, e si dovrà dirigere al Palazzo Reale. Potrebbe darci informazioni preziosissime".

"Prendo nota anche di questo, re Archés".

"Bene, infine... Kurt, informa il comandante che mai come in questo momento, avrei voluto che nel distretto ci fosse stata gente che in segreto avesse sviluppato materie, e studiato per passione cose, che non erano state loro comandate... So che ufficialmente non abbiamo mai progettato veicoli volanti, ma non abbiamo lì nessuno che per proprio conto, e magari spinto dalla curiosità e per suo svago, se ne sia interessato e sia ora in grado di costruire alcunché che stia in aria?"

Il silenzio regnò profondo.

"Se disponessimo di simili capacità", spiegò Archés:" potremmo dall'alto raggiungere le comunità isolate nell'interno, soccorrerle quando esauriranno le scorte... Mi fa impazzire il pensiero di questa nostra gente che dopo una lunga resistenza dovrà abbandonare la lotta e avventurarsi fuori, pena il morire di fame; per finire poi a morire ammalata vomitando sangue perché non possiamo raggiungerla in alcun modo".

Il silenzio si prolungò.

"Al comandante non risulta", gli risposero infine:"Né ritiene possibile sviluppare un simile progetto in tempo utile... Ma penseremo notte e giorno ad una possibile soluzione".

"Che il dio dei venti vi ispiri, Kurt. Chiedi infine ai tecnici se pensano che questa mia batteria, che miracolosamente si è accesa oggi, se immediatamente spenta potrà riattivarsi tra dieci giorni, per esempio".

Kurt scambiò brevemente un'opinione con chi era lì con lui.

"Mi dicono che già oggi, in effetti, sono assai sorpresi che abbia retto... Ma che a questo punto si potrebbe solo provare".

"È quello che intendo fare, Kurt; se è destino tra dieci giorni a quest'ora tenterò un nuovo contatto, sperando che vi siano per allora notizie meno devastanti da scambiarci reciprocamente".

Poi, dopo una breve pausa:"Come mai sei al distretto, Kurt? Ti sapevo sui monti dell'Est... "

"Troppo onore, che il re mi ricordasse e mi seguisse da lontano... Un vecchio compagno tra un intero popolo!", e la voce di Kurt sembrava commossa:"Sono arrivato al distretto circa quattro mesi fa, per un corso organizzato per i genieri delle guardie reali che ambissero ad approfondire questi studi.

Ad Adamanta li avevo scoperti assai interessanti e ho fatto richiesta. Ed è stata una fortuna che fossi qui, perché sono stato l'unico a poter tranquillizzare la belva che ci hai mandato, principe!", sfuggì a Kurt, per il quale Archés era ancora, nella mente, il rassicurante principe caposquadra di Adamanta.

Archés si tese in avanti:"Non... credo di capire... "

"Tauro ha quasi distrutto il locale in cui è stato isolato, secondo i tuoi ordini. Abbiamo temuto buttasse giù un muro a spallate, pur di liberarsi e poter tornare indietro".

Archés smise di respirare:"È... vivo?"

"Vivo", confermò Kurt:"E quando scadrà il termine per l'isolamento, sarà un problema, bloccarlo. Ha vissuto come un oltraggio immeritato, non poter dividere la sorte del suo re".

"Non manifesta alcun sintomo?", chiese ancora Archés.

"Nessuno... e se a Palazzo non vi era malattia, non credo l'abbia contratta in viaggio, perché ha cavalcato a rotta di collo evitando qualsiasi abitato e precipitandosi qui per poter tornare al più presto... Credo ragionevolmente che sia da considerarsi a posto".

Archés chiuse gli occhi, e Furius gli strinse una spalla.

"Digli che mi dispiace averlo intrappolato", disse lentamente, combattendo l'emozione che provava:"Digli che mi serviva sopravvivesse. La sua autorità e la sua intelligenza saranno preziose, quando sarà finita questa tragedia.

Digli che mi serve dov'è e che, purtroppo, non sono comunque rimasto solo. Non ho chiamato Furius ma egli ha disobbedito ai miei ordini, ha chiuso la sua valle alle sue spalle e mi ha raggiunto. E poiché ormai è tardi per metterlo in salvo, non morirò solo se questa sorte mi aspetta.

Lui e la donna sono con me, e se il dio vorrà venire a prendermi troverà comunque qualcuno a sbarrargli la strada, come sul percorso rosso.

Digli che spero che vinceremo questa guerra, nonostante tutto. Perché non mi arrenderò, anzi... non ci arrenderemo. E spero che alla fine potrà tornare a Glittica; digli che mi lascerò prendere a pugni, se vorrà vendicarsi del mio inganno, purché questo significhi che non vi è più pericolo per nessuno".

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