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cap. 55 Siamo tutti coinvolti

Quando fu alla presenza del re, il giovane s'inchinò compostamente senza far vista di stupirsi o di notare, i segni che questo aveva sul viso.

"Posso essere utile in qualche modo?", chiese al cenno del re che lo invitava a sollevarsi e a sedersi. Il re rispose che lo sperava. La relazione di Titanio, che confermava l'aggressività spaventosa della malattia, spostava ancora più avanti verso Glittica il suo fronte attivo.

Tuttavia, il blocco imposto ne aveva rallentato la diffusione; inoltre Titanio aveva trovato che a Kargasa minuscole comunità si erano rintanate come in un fortino in alcuni grandi palazzi, ai quali pozzi d'acqua autonomi e ricche dispense consentivano di non ricorrere ad aiuti esterni.

"Questo ci dà speranza che anche altrove nel Nord, come in piccole isole, gruppi di coraggiosi stiano lottando per non contagiarsi e non soccombere. Ma proprio perché il male avanza più lentamente, i tempi saranno molto più lunghi di quanto avessi indicato. E quando, privi di notizie, le loro scorte si saranno esaurite, questi nuclei non potranno continuare a resistere a oltranza!

Mentre i medici continuano a cercare un modo di contrastare la malattia, noi volevamo cercarne uno per entrare in contatto con questi isolati, dar loro notizie, infondere speranza, confermarli nella necessità di resistere nell'isolamento e infine, quando esaurissero le scorte, rifornirli in qualche modo; consideriamoli come degli assediati da un esercito formidabile... Come potremmo fare?"

Il giovane prese un'aria concentrata:"Avete già qualche proposta?"

Il re scosse la testa:"Non molte, ma almeno vorremmo stabilire un contatto con l'unica comunità attrezzata a riceverlo. Il distretto industriale è normalmente in relazione con il Palazzo Reale. Lasciare che i tecnici della nostra radio lasciassero Glittica è stato un errore incredibile, che ho commesso appannato dallo sconforto e sconfitto dall'avvilimento.

Non ho scuse per la mia debolezza. Ma ho pensato che voi, con le vostre conoscenze tecniche, forse potreste rimettermi in contatto col distretto".

Il giovane annuì prontamente:"Possiamo tentare, certo. E se via radio non ci riuscisse, potremmo comunque in altro modo... ".

Ma mentre parlava, Archés già scuoteva la testa:"Se 'altro modo' significa ricorrere scopertamente a mezzi federali, penso sia meglio di no. Il distretto è stato creato con lo scopo di avere armi adeguate a difenderci dalle vostre.

È un'area in cui il divieto di utilizzare tecnologia è sospeso. Se in tutto il paese non utilizziamo strumentazioni moderne e proibiamo persino il ricorso alla corrente elettrica, nel distretto custodiamo le conoscenze che erano disponibili quando una sessantina d'anni fa le frontiere furono definitivamente chiuse.

E abbiamo continuato a svilupparle per nostro conto, purtroppo a solo scopo bellico. L'unica altra applicazione concessa sono state alcune apparecchiature mediche, riservate alla cura esclusivamente dei militari. Ricordo che ne fu autorizzato l'uso quando restai coinvolto in un'esplosione nella prova finale di corso: fui monitorato con un apparecchio che registrava pressione e ritmo cardiaco... "

Archés si perse in quei ricordi e tacque. Il giovane raccolse le idee:"Quindi il re ritiene che far sapere al distretto che si è cercato l'aiuto federale, sarebbe un errore?"

Archés annuì:"Sono certo che mi delegittimerebbe. Il distretto è l'area più esasperatamente militarizzata di Inurasi; per evitare la tentazione di applicare nuove scoperte ad altri scopi, come una maggiore comodità di vita, gli ingegneri e gli operai sono tutti militari, tutti investiti del sacro compito di difenderci dai potenti, tecnologici federali...

In nessun altro luogo come nel distretto, sarei certamente giudicato un rinnegato. Solo il sospetto di un contatto con degli stranieri sarebbe sufficiente, a scatenarli".

Il capitano si fissò le mani, avvilito. "Questo anche se avessero la consapevolezza, che l'intero popolo rischia di essere spazzato via?"

"Non lo so, capitano. Forse questa coscienza potrebbe ammorbidire la loro intransigenza... Ma per ora non posso rischiare.

Il distretto voglio sfruttarlo perché affaccia sul mare; infatti le spedizioni di materiale per Glittica e Adamanta arrivavano via mare, e poi con veloci carri ci raggiungevano compiendo un contenuto tragitto all'interno.

Il principe di Chiura mi faceva riflettere che le località sulla costa potrebbero essersi difese bene, forse, dal contagio, con il mare alle spalle come confine più facilmente sorvegliabile e difendibile, e con i prodotti della pesca a fornire cibo abbondante senza bisogno di ricorrere ai mercati dell'interno.

Se potessi contattare il distretto, potrei impiegare i mezzi navali che lì fanno base e che di norma pattugliano il mare per difenderci da possibili aggressioni federali.

Potrei ordinare di utilizzarli invece per scendere lungo la costa, facendo avere notizie a ogni centro abitato affacciato sul mare. Vietando di sbarcare per evitare l'eventuale contagio, ma comunque trasmettendo loro nuove informazioni, rinnovando l'ordine di continuare a evitare alcun contatto con l'interno.

Terrei viva la consapevolezza che c'è ancora qualcosa in piedi, che non tutto è franato, e che ci sarà un domani".

Il giovane comprese:"Vedo... non solo raggiungere via radio il distretto per confermarlo nell'ordine di tutelarsi, ma sfruttarlo per stabilire un contatto con altre località isolate.

Sì... Un ottimo progetto! E magari... ", il capitano guardò il cielo oltre la finestra:"Avete anche mezzi aerei?", chiese.

Archés scosse il capo:"No, ma molte installazioni da contraerea", sorrise amaro.

"Ma sessanta anni fa già c'erano, velivoli che sorvolavano le terre... L'aviazione era già una realtà in via di sviluppo", osservò il capitano.

"È una strada che non abbiamo percorso", gli spiegò avvilito il re:"Sarebbero serviti motori fin troppo potenti, una tecnologia fin troppo avanzata. Per difendersi efficacemente si ritenne non fosse necessario, e piuttosto si considerò opportuno concentrarsi su altri settori".

Il capitano rifletteva:"...Perché un'esplorazione dall'alto, invece, sarebbe stata provvidenziale... Si sarebbero individuate le località in cui si resiste e dall'alto si sarebbe potuto far avere anche scorte senza attraversare il territorio, col pericolo del contagio".

Prese a picchiettare piano un polpastrello per volta sul tavolo davanti a sé come contasse o suonasse uno strumento. "Se stabilissimo un contatto...

Il re non potrebbe spiegare tutto ciò al distretto e ordinare loro di costruire qualcosa che voli?"

Archés lo fissò amareggiato:"Di che sta parlando, capitano? Lo definiamo industriale, e abbiamo officine e laboratori dove trattiamo egregiamente i metalli e non ci mancano delle eccellenze, ma da qui a progettare e realizzare in breve un aereo... "

"E se fosse altro?", insistette quello, "Un dirigibile? Un pallone munito di un motore marino, di cui disponete già, con adattata un elica che lo spinga nell'aria come una nave nell'acqua?"

Archés lo fissò avvilito:"Non crede servirebbero tessuti sintetici leggeri e resistenti, frutto di una chimica moderna che noi non abbiamo? La nostra chimica studia quasi esclusivamente esplosivi... Mi sembra improponibile".

L'uomo annuì a testa bassa:"Ha ragione. Sono uno stupido. È che..." e si interruppe.

"Comunque, per prima cosa occorre senza dubbio individuare la frequenza per collegarsi col distretto", riprese poi sospirando:"il progetto di raggiungere almeno i centri costieri è fattibile, e sarebbe opportuno munirli di attrezzature per rimanere poi agevolmente in contatto dopo.

Fornirli di radio? La radio è una tecnologia che voi avete ben sviluppata... "

"Non saprei se questo sia possibile... ", rispose Archés:"ho visto i vostri apparecchi e sono di dimensioni assai ridotte, ma la nostra radio occupa una stanza, e richiederebbe comunque un tecnico che la maneggi e presumibilmente batterie cariche rinnovate periodicamente come era per la mia...

Forse più realizzabile sarebbe stabilire un codice di segnalazioni visive, con cui una città e una nave all'ancora potrebbero scambiare informazioni senza contatti diretti".

Il giovane annuì ancora. "Bene, allora si farà il possibile. Tuttavia...", e si guardò intorno, verso Furius e Leona.

"...io avrei una cosa da proporre, se non sollevo troppo sospetto", aggiunse.

Archés lo scrutò indagatore.

"Un esame del territorio dall'alto si potrebbe comunque condurre con mezzi federali. Sorvolando ad alta quota e utilizzando apparecchiature fotografiche potenti, si potrebbe mappare il Nord alla ricerca di segni di nuclei ancora abitati... La conoscenza di dove si resiste potrebbe comunque essere disponibile, per il re.

E come poi raggiungere queste zone e far pervenire notizie e aiuti si potrebbe studiare successivamente... Intanto, in modo indolore, senza che alcuno lo sappia, potremmo avere un'idea della situazione. Naturalmente, se il re ritiene di affidarsi alle forze federali... completamente.

Già far arrivare in territorio Inuri la nostra spedizione è stato un atto di enorme coraggio, e di trasgressione a ogni legge. Capisco bene che ordinare una simile dettagliata esplorazione possa sembrare come... come consegnare una propria donna a un estraneo perché la violenti".

Il silenzio seguì le parole del giovane. Un silenzio pesante, angosciato. Leona dopo qualche tempo, chiese se riteneva che un'indagine così dettagliata, tale da individuare un palazzo abitato in una città deserta, fosse realmente conducibile da aerei in quota, che potessero sfuggire all'attenzione della gente.

Il capitano glielo confermò: avevano attrezzature capaci di mappare in tempi ridotti ampi territori. Immaginava che mobilitando ogni forza disponibile, quelle informazioni potessero ottenersi senza ritardi.

Leona scosse il capo:"Se la Federazione ne ha i mezzi potrebbe anche averlo già fatto, a nostra insaputa".

Il giovane la fissò perplesso, che quella osservazione venisse proprio da lei. "Non è vero forse?", gli chiese la navigatrice.

Il capitano assentì:"Si, potrebbe. Ma non mi risulta e sono ben convinto che non l'abbia fatto. Non è nei nostri principi, spiare. Inurasi non è un paese nemico, anzi... Da molto tentiamo di conquistarne la fiducia e un simile comportamento sarebbe stato... indegno".

"Indegno... ma prudente", commentò Furius, a mezza voce.

Il giovane lo fissò tranquillo:"Spero di non sbagliare, comandante. Sono solo un sottoposto privo di esperienza. Ma mi sentirei tradito e disonorato, se ci ingannassero così, formandoci al rispetto di valori che poi risultassero solo di facciata".

Furius lo considerò con attenzione. Ormai doveva ammetterlo: era pulito. O i federali sapevano troppo bene scegliere le loro pedine... o erano migliori di quanto avessero sempre temuto.

Si sedette e smise di lottare, per odiarli a tutti i costi. Il male era ovunque, dentro e fuori Inurasi, accovacciato all'agguato per ogni dove. E gli uomini avevano così poche difese, così poche possibilità di sfuggire alla sua abilità di metterli l'uno contro l'altro, di usarli a loro insaputa, di giocare con i loro sforzi... ed infine semplicemente di annientarli quando il gioco lo avesse annoiato!

Si passò una mano sul viso, stanco. "Lasciamo che facciano, Archés", disse poi:"lasciamo che decidano da soli; che affrontino la propria coscienza, se ne hanno, e decidano che fare di noi. Siamo carne da macello ormai. Non ha senso, fingere un pudore che è ridicolo come una donna delle case rosse che non voglia mostrare il seno".

E infine, anche lui lasciò che il dolore per Ardesio e la paura per Fidelio gli si leggessero in faccia. Archés ne fu straziato, perché Furius gli era così vicino, ormai, da importargli più di se stesso. E Leona, Leona inghiottì guardando in alto.

Il giovane li fissò calmo:"Se il re mi lascia libero, io cercherei subito il mio tecnico radio. Vediamo di raggiungere il distretto. Poi, poiché capisco che la situazione è ormai estrema, chiederò ulteriore aiuto al consiglio del corpo diplomatico.

Soluzioni che non sappiamo immaginare presi in questo pozzo di angoscia, forse potrebbero esserci suggerite da menti meno coinvolte e più obiettive".

Il re gli fece un cenno silenzioso, per congedarlo, e l'ufficiale federale uscì deciso più di quanto lo fosse mai stato, a trovare una strada per vincere quella guerra atroce, contro il buio che tentava di inghiottire quella gente.

"Qualcosa dobbiamo fare", ripeté al portavoce del Consiglio oltremare: "ne vale della vita di tutti. Siamo tutti coinvolti, anche voi al di là dei confini. Qui è l'umanità che lotta per sopravvivere.

O li salviamo, questi fratelli, o soccombiamo tutti con loro! Se li abbandoniamo ci abbandoniamo da soli; quello che facciamo, ritroveremo.

Impegniamoci per loro, e potremo contare su noi stessi.

Giriamoci dall'altra parte e dovremo per sempre guardarci con sospetto gli uni gli altri, e aspettarci che, prima o poi, la peste venga giustamente ad accarezzare i nostri bambini, per farci provare quello a cui sto assistendo qui: la disperazione di vedere i nostri figli morenti, vomitare e piangere sangue".

E le sue parole furono scritte e ripetute in consiglio.




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