cap. 44 Un onore che non si deve rifiutare
"Non sarà difficile", aveva detto Furius e Leona l'aveva guardato allarmata perché la sua voce era suonata stranamente calma, come avesse preso una decisione importante.
Anche Archés si irrigidì:"Speravo in una buona proposta, ma mi sorprende che tu possa pensare la cosa addirittura facile... Tra Glittica e l'ultima località in cui a mia conoscenza si è sviluppato un focolaio ci sono diversi giorni di diligenza..."
Furius ebbe un gesto vago:"Niente diligenza ovviamente... Mi serve solo un salvacondotto reale e in cinque, sei giorni di cavallo sono andato e tornato".
Il silenzio scese sul tavolo.
"I posti di blocco ti impediranno di avvicinarti... non potrai neppure esibirlo, un salvacondotto", commentò Archés per prima cosa.
Ma Furius aveva già chiaro in mente quel che doveva realizzare:"Il blocco di Glittica è tra la città e il Nord. Infatti venendo dal Sud non abbiamo avuto problemi, anche se per sicurezza abbiamo preferito seguire percorsi secondari.
Non giungendo dal Nord ma dalla città, non faticherò a parlare col comandante del presidio di Glittica, che leggerà i tuoi ordini e vi si atterrà: mi lasceranno uscire, e lasceranno che riattraversi il blocco al ritorno badando a non avere più con me il minimo contatto.
Quanto a Kargasa, se in città è scoppiata l'epidemia non credo che più nessuno si preoccuperà di impedire l'ingresso a un uomo del re, da qualsiasi direzione provenga. In cinque giorni sarò di ritorno", ripeté deciso l'orso di Chiura.
"E chi credi possa starti dietro in una simile cavalcata indiavolata?", chiese il re.
Furius lo fissò inespressivo:"Nessuno. Non serve che mi stia dietro nessuno. Qui serve un malato da seguire fin dalle prime fasi. Quindi vado, raccolgo più informazioni possibile su quello che sta accadendo più a Nord, supposto che se ne sappia qualcosa, e torno, con un bel carico di germi. I nostri amici avranno di che seguire tutto lo sviluppo della malattia, fin dall'incubazione".
Archés sembrò pietrificato. Ma dopo pochi istanti, aveva già ripreso tono:"Hai avuto un'ottima intuizione, Furius. Ma potresti avere più difficoltà di quanto pensi, a passare. È più prudente che a Kargasa vada di persona. Ho ben più garanzie di te di riuscire".
Furius mise i gomiti sul tavolo, e abbassò le mani ben aperte davanti a sé:"Tu... non... puoi. Sei il re e se ci sarà ancora un popolo, alla fine, tu dovrai guidarlo oltre questa catastrofe. Servi vivo".
Archés imitò i suoi gesti, e la sua voce risuonò altrettanto terribile:"Vero, il re serve vivo. Quindi abdico. Ti cedo il comando. E sarò libero di andare".
Furius strinse gli occhi:"Questa è follia. Sei il nostro re, e non puoi lasciare il trono a tuo piacere al primo venuto".
Archés ricambiò il suo sguardo di fuoco:"Non abdico in favore del primo venuto. Ogni re nomina il suo successore in caso di evento infausto, e anzi stila un elenco, perché in caso di gravi incidenti anche il primo erede potrebbe morire col re. Ergon mi designò come suo primo erede quando avevo ancora nove anni, ma dopo Adamanta in coda al mio segnò un secondo nome. Vuoi leggere il suo documento autografo?"
Furius ammutolì.
"Quindici anni fa già eri l'uomo che avrebbe preso il mio posto, se mi fosse accaduto qualcosa. Posso abdicare tranquillo", concluse Archés.
La voce che parlò all'improvviso colse tutti di sorpresa. Era una voce pacata, decisa, e autorevole. Il vecchio Titanio parlò senza essere interrogato e senza chiedere alcun permesso. Parlò in Inuri perché i federali non erano che spettatori, e una decisione era cosa da prendere tra loro tre uomini, con il consiglio, se proprio si voleva, della donna leone.
"Il re deve restare al suo posto. Il principe ha ragione: è necessario che sia pronto a guidare Inurasi, quando questo uragano sarà passato. Sarà una nave dalle vele strappate e dal fasciame in pezzi, quella che uscirà da questo incubo.
La gente sarà terrorizzata e quello che non avrà fatto la malattia lo farà la follia degli uomini senza più punti cardinali. Occorrerà un capitano eccezionale perché il relitto non si fracassi sugli scogli, e il figlio di Ergon non può fuggire davanti a questo compito.
Ma neanche il signore di Chiura può sacrificarsi perché i medici abbiano la loro cavia. Troppo importante, che il suo braccio resti presso il re. Egli è il suo scudo, e il suo consigliere. Insieme, potranno reggere un peso che, separati, li schiaccerebbe entrambi. Nessuno dei due, quindi, può compiere questo viaggio.
La donna ne avrebbe il coraggio, ma le probabilità che resti uccisa suo malgrado sono troppo alte, e non possiamo rischiare di perdere tempo aspettando qualcuno che non tornerebbe...
I federali, infine, non potrebbero neppure affacciarsi oltre queste mura, senza farsi ammazzare. Non resta che una persona, che possa risolvere la situazione.
Io sono nato a Kargasa, e conosco le strade che vi conducono fin da quando ero bambino. Io andrò e tornerò e darò ai medici il loro primo paziente. Sono vecchio, ma ancora forte il sufficiente da vedere se il loro farmaci funzionano".
Gli uomini federali avevano seguito interrogativi, il lungo parlare del vecchio in quella sonora lingua ignota che era l'Inuri.
"Cosa ha detto?", chiese per tutti il giovane capitano a Leona.
"Io... vado!", gli rispose direttamente il vecchio, ora in lingua franca. Leona restò silenziosa.
"Sei troppo vecchio, Titanio", e Furius tentò di chiudere la questione, assumendo quell'aria micidiale che faceva arretrare la gente, per la paura d'essere smembrata viva.
"È vero, Titanio, sei troppo vecchio", concordò Archés, anch'egli con l'aria di chi non ammette discussioni.
Ma Leona chiuse gli occhi e li riaprì:"Titanio ci offre l'unica soluzione valida al problema, invece. La sua conoscenza del territorio garantisce che possa andare e tornare, la sua intelligenza che possa superare ogni imprevedibile circostanza in cui dovesse imbattersi.
Non sei giusto, Archés, a rimproverargli la sua vecchiaia come una colpa. È una ricchezza che chiede di essere usata al meglio, semmai, ed è un onore che non gli va rifiutato. So che lasciarlo partire brucia più che partire tu stesso.
Ma non ricordo che la vita ti abbia mai concesso di pagare meno di quanto potessi. Ad Archés d'Inurasi è stato sempre chiesto il prezzo più alto possibile".
E lo guardò senza nascondere il dolore che provava per lui, per quella strada pietrosa che percorreva, che lo feriva a ogni passo. Benché parlasse in lingua franca, le frasi di Leona erano pensate in Inuri, e il modo di descrivere il pensiero con immagini era quello di quel popolo, nella cui natura era entrata così profondamente.
Il medico si riscosse. La sostanza era che ciascuno di quei tre uomini si offriva di ammalarsi di proposito perché potessero sperimentare una terapia, il che era di fatto un suicidio.
"Questa strada è eticamente impercorribile", affermò risolutamente:"Come medico devo tentare tutto il possibile per trovare una cura che salvi più vite possibile, e cominciare col sacrificare consapevolmente un uomo sano è inaccettabile".
"Io... vado", riaffermò il vecchio tranquillo:"Tu... curi".
Il medico si accigliò:"Io non ho ancora, di che curare. Sappiamo ancora pochissimo, e le tue probabilità sarebbero... meno che minime!"
Titanio fissò il medico seriamente, poi:"Traduci!", intimò a Leona, e parlò staccando brevemente le frasi, perché la donna le convertisse sottovoce in lingua franca:"I miei giorni sono stati lunghi e sono padrone di scegliere la strada che voglio.
Spero che tu sia, come medico, migliore che come uomo... sei debole, federale, e indeciso... Non hai il coraggio di sporcarti le mani e non mi fa una buona impressione... Cresci!"
Poi si alzò:"Il re prepari il salvacondotto con gli ordini. Non più di un'ora mi servirà per prepararmi. La vecchia mi cerchi provviste sufficienti per cinque giorni", e inchinatosi rispettosamente ad Archés, si allontanò senza attendere congedo.
Nel silenzio della cucina, la vecchia si alzò a fatica e con calma si diede a cercare alcuni cibi secchi. Archés riprese il filo di molti pensieri amari. Così, anche Titanio andava a incontrare Ergon.
Chi altri?, si chiese alzando gli occhi su Furius.
Poi guardò Leona.
Lei tentò di sorridergli, poi rinunciò e scosse la testa.
"Deve far nulla dottore, prima che Titanio parta? Visitarlo, prendere nota delle sue condizioni... ", la donna portava avanti il discorso, verso il lavoro che cominciava.
"Quindi lo lascerete andare? A contagiarsi di proposito?"
L'uomo voleva conferma che fosse proprio quella, la loro scelta, consapevole.
Leona lo fissò assorta:"Inurasi è una terra di uomini forti. Per uno che viene corrotto dalla fame di potere, e diventa una belva, molti scelgono d'essere uomini d'onore, la cui generosità è pari solo al loro coraggio. Ne conoscerete molti, prima della fine, se oserete aprire il cuore e la mente".
Il medico si alzò:"Mark, Paul", chiamò a sé due colleghi:"Prepariamo una cartella del nostro primo futuro paziente, e facciamo anche un prelievo di sangue e alcuni tamponi. Questi giorni di attesa, li utilizzeremo per preparare alcune stanze per l'isolamento.
Mikail, compila dei turni di guardia e assegna i primi riposi, predisponi anche un servizio per la mensa e le pulizie. Capitano, provvedete a montare la nuova stazione radio e chiamatemi appena pronta, la Federazione attende il nostro primo contatto. Comandante", disse rivolgendosi a Furius:"non conosco i vostri usi circa i defunti. È contraria al vostro sentimento, la cremazione?"
Furius tacque qualche istante, poi:"In genere preferiamo seppellire i nostri morti. Ma la notte del funerale accendiamo dei falò e cantiamo in loro onore. Se questa è la vostra volontà, possiamo preparare un rogo funebre".
"Ve ne sarei riconoscente. Se mai vi sarà un ritorno, per noi, vorrei riportare le ceneri del professore alla sua famiglia".
Furius, serio, fece un cenno d'assenso.
Il medico si rivolse al re:"Chiedo di poterci allontanare per cominciare il lavoro, maestà".
Archés ne studiò i lineamenti. Vide che era oppresso da molte angosce, e che aspirava a soffocarle quanto prima nel suo lavoro. Si alzò anch'egli:"Invidio chi può impegnarsi in qualcosa, in questo momento. Se una richiesta posso esprimere, è che mi sia risparmiata l'inattività. Trovatemi un'occupazione utile, prima che impazzisca".
Il giovane capitano portò la mano al petto, nel gesto di richiesta:"Se posso osare, noi vorremmo cercare un ambiente adatto per l'impianto radio e trasportarvi il materiale, al momento ricoverato col resto delle attrezzature di laboratorio. E poi vorremmo farci un'idea del palazzo, e del parco.
Non avrei mai chiesto aiuto al re, per questo, ma se è suo desiderio dedicarci del tempo... ", e il suo sguardo limpido piacque ad Archés.
In breve, la cucina fu vuota, tranne che per la vecchia, che impacchettava cibi secchi per i cinque giorni di viaggio, aggiungendo ad ognuno degli involti una preghiera al dio dei venti, che proteggesse il suo vecchio amico.
Per Titanio, che il vento lo spinga al porto desiderato, che viaggi col mare calmo, che attracchi col sole, che lo accolga la sua casa più bella di come la ricorda... perché lo spirito prigioniero delle ossa consunte è giovane come allora, e io lo benedico perché ricordo le sue braccia forti, e il suo calore.
E come un mantra, fino a che non fu trascorsa l'ora, invocò protezione sul vecchio. Ma quando il cavallo fu sellato, il salvacondotto pronto, e Titanio venne a prendere le provviste, gli tese le sacche senza una parola. L'uomo strinse i manici delle borse e cercò il suo saluto in fondo agli occhi opachi. Si guardarono, e lei si inchinò appena. Non serviva di più. Titanio partì portandosi il ricordo di giorni lontanissimi, in cui dovevano parlare per capirsi. Sorrise e diede di sprone al cavallo.
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