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Ex soldato

Bilbo raggiunse finalmente la Compagnia, ancora col fiatone, ma felice di essere arrivato in tempo. Erano stati tutti molto sorpresi di vederlo; Thorin, in particolare, con sua grande soddisfazione. Gandalf, al contrario, gli aveva rivolto un sorriso luminoso.
L'Hobbit si accomodó con una smorfia su un pony: non era abituato alle lunghe cavalcate... anzi, non era abituato proprio a cavalcare. Fosse stato per lui, avrebbe fatto tutto il viaggio a piedi. Sennonché...
-Dov'è finito il tuo bastone?-gli sussurrò lo stregone all'improvviso, con un sorrisetto.
Bilbo sgranó gli occhi, incredulo, mentre finalmente realizzava: era corso via talmente di fretta, così desideroso di far parte di quella bizzarra Compagnia, da non rendersi nemmeno conto di averlo lasciato abbandonato vicino alla porta. Ma, durante la corsa, non aveva avvertito alcun dolore, o fitta.
-... Bentornato all'avventura, John Watson. Non ho dubitato di te neanche un secondo-aggiunse sottovoce lo stregone, sempre con quel sorriso saputo sulle labbra.
L'altro gli rifilò un'occhiataccia; ma non poté nascondere del tutto la sua emozione, sia per la fiducia che Gandalf riponeva in lui, sia al pensiero di quello che gli si prospettava.
Sto partendo per un'avventura...

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... Perché ho accettato questa impresa?
PERCHÉ??

Erano ormai trascorsi parecchi giorni di viaggio, e Bilbo si fece quella domanda per la miliardesima volta, tirando su il cappuccio del mantello.
Aveva acqua in posti in cui non pensava fosse possibile, e il freddo gli era penetrato fin dentro le ossa. E pure i muscoli doloranti, dopo aver dormito la notte prima su un mucchio di sassi.
Scosse la testa, deluso: credeva di essere ancora in forma, nonostante la gamba. Ormai non sentiva nemmeno più il brivido dell'avventura, ma solo quello del freddo causato dalla pioggia battente.
Tuttavia, non si perse completamente d'animo. Si sarebbe riabituato, ne era certo.
Quando i nani gli avevano chiesto di essere il loro scassinatore, era rimasto assolutamente interdetto. Gli avevano poi spiegato, a grandi linee, in cosa consistesse la sua "missione"; sempre che avesse deciso di accettarla, chiaro...
In breve, avrebbe dovuto cercare in una montagna un particolare gioiello, molto importante per Thorin; anche se non gli avevano spiegato il perché.
C'era, però, un piccolo problema: quel gioiello si trovava sepolto in mezzo a montagne di altri...

Sì, perché c'era un vero e proprio tesoro, in quella montagna.
E vi era anche un altro piccolo e insignificante dettaglio: quel tesoro era sorvegliato da un drago...
A questo punto, Bilbo era svenuto-anche se, come aveva continuato a ribadire a tutti, aveva solo avuto un lieve calo di zuccheri-e in principio aveva categoricamente rifiutato quella proposta; per poi pentirsene il mattino seguente...
Aveva trovato la casa vuota, immersa nel silenzio, e il contratto che avrebbe dovuto firmare per partecipare all'impresa abbandonato lí, su un tavolino.
Era stato in quel momento che Bilbo l'aveva sentita di nuovo.
L'adrenalina. Il desiderio di andare oltre i confini della Contea... di scoprire cosa c'era oltre il suo banale e piccolo mondo.
E, di getto, con pochi miseri bagagli raccattati in tutta fretta, era corso dietro ai nani.
Anche se iniziava a pentirsi di quella scelta...

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Bilbo si resse disperatamente al ciglio del burrone con la punta delle dita, le gambe che penzolavano nel vuoto: stava per perdere la presa... e la scivolosità della pietra di certo non aiutava. Chiuse gli occhi.
Che modo stupido di morire...

D'improvviso, sentì qualcuno calarsi vicino a lui nel dirupo, e una mano salda gli afferrò il polso, tirandolo su, e rischiando di cadere lui stesso. Fortunatamente, Dwalin lo agguantò in tempo.
Bilbo, di nuovo al sicuro, sgranò gli occhi, quando realizzò chi gli aveva appena salvato la vita.
Thorin??
Non credevo che proprio lui...
Stava quasi per ringraziarlo, ma le parole gli morirono in gola, quando lo sentì dire in tono di disprezzo, rivolto a Dwalin:
-...Non sarebbe mai dovuto venire! Non c'è posto, per lui, tra noi.
Quelle parole caddero come pietre sull'ex soldato, pesanti e dolorose.
Forse ha ragione...
Cosa ci faccio qui?
Non é il mio posto questo...
Decise che quella notte sarebbe tornato a Granburrone, e poi a casa: lì lo consideravano solo un peso.
Ma le cose non andarono proprio così...

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Con quello strano Anello al dito, che lo rendeva del tutto invisibile, l'Hobbit corse come in pazzo fino all'esterno della caverna, e tirò un sospiro di sollievo, il cuore che ancora gli batteva all'impazzata. Quella creatura disgustosa voleva ucciderlo...
Se non avesse preso quella specie di anello magico...
-...Credevo che fosse con Dori!-si udì improvvisamente una voce.
-Non incolpare me!-protestò un'altra, stizzita.
Bilbo riconobbe con gioia le voci dei nani, che discutevano concitati, e finalmente li raggiunse, ancora invisibile.
-Dove l'avete visto l'ultima volta??-stava chiedendo Gandalf, a metà tra il preoccupato e il rabbioso. Bilbo non poté evitare di provare verso lui un moto di gratitudine.
-Forse é sgattaiolato via quando ci hanno catturati...-azzardò un altro nano.
-Ve lo dico io cosa é successo-disse un'altra che Bilbo aveva imparato a riconoscere come quella di Thorin, sempre dura e imperiosa.-Mastro Baggins ha visto la sua occasione e l'ha colta! Voleva tornarsene a casa non appena é uscito dalla porta! Non lo rivedremo più, quell'Hobbit!-aggiunse, sprezzante.-È ormai lontano.

Quell'ultima affermazione riempì Bilbo di rabbia.
Eh no, eh!
Darmi del codardo no!
-No, invece-disse sarcastico, togliendosi l'Anello e sbucando da dietro un albero.
Thorin rimase alquanto sbalordito al vederlo ricomparire, e lo stesso dicasi per gli altri membri della Compagnia.
Mentre i nani e lo stregone si dichiaravano felici di rivederlo, lui si limitò a fissarlo con uno sguardo inquisitore.
-Come mai sei tornato?-gli chiese infatti, gli occhi socchiusi, diffidente.
... Già, perché?
-So che dubiti di me. L'hai sempre fatto. E non sei il primo...-replicò Bilbo, amaramente, mentre sulle sue labbra spuntava però un sorriso. -Ma su una cosa hai ragione. Mi manca casa mia. Per questo sono tornato. Voi non ce l'avete, una casa. Vi é stata portata via. E voglio aiutarvi a riprenderla, se posso.
Vide i nani della Compagnia chinare la testa, a quel discorso così sentito, e Gandalf sorridere, orgoglioso.
E, a meno che non prendesse un abbaglio, una scintilla di nuovo rispetto negli occhi di Scudodiquercia.

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Perché lo sto facendo??
Credo forse di riuscire a fermarli??
Sono molto più grandi degli orchetti che combattevo in guerra!
Mi faranno a pezzi!

Bilbo fronteggiò Azog, l'Orco Pallido, in sella al suo mannaro albino, che lo fissava ringhiando; lo affiancavano altri tre orchetti, imbracciando lunghe spade nere, affilate e micidiali.
Ma Bilbo non indietreggió di un solo passo, gli occhi brillanti d'ira: agitó la spada sguainata-che brillava di una luce blu, rischiarando la notte-l'espressione più feroce e determinata possibile. Finalmente la sentiva di nuovo: l'adrenalina che scorreva nelle vene, acuendo i suoi sensi, e rendendolo più forte. Era tornato il soldato di un tempo: quello che si gettava nella mischia, incurante della sua statura, solo per proteggere i suoi compagni. Proprio come in quel momento.
Dietro di lui, infatti, Thorin era riverso su una roccia, ferito e svenuto. Quando aveva visto quell'orchetto in procinto di decapitarlo, l'Hobbit gli era saltato addosso, senza pensarci due volte, per poi ucciderlo con alcuni rapidi colpi: si era poi subito interposto tra il nano privo di sensi e quelle malefiche creature, incurante della sua incolumità.
Aveva agito d'impulso, ma non se ne pentiva.
Per quanto quel Thorin fosse insopportabile, altezzoso,
arrogante- e altri epiteti che al momento non gli venivano in mente- nutriva una grande stima, verso di lui.
Senza contare il debito che aveva nei suoi confronti.
Gli aveva salvato la vita. Controvoglia, forse, ma l'aveva fatto.

E Bilbo i suoi debiti li pagava sempre.

Ora il problema era uscire vivi da quella situazione...
Per quanto coraggio potesse mostrare, quei tre colossi l'avrebbero sopraffatto di sicuro in breve tempo.
Fortunatamente, gli altri nani accorsero finalmente in suo aiuto: ma Azog si stava pericolosamente avvicinando a lui con un ghigno malefico su quel volto mostruoso.

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La salvezza arrivò sotto forma di Aquile.
Grazie, Gandalf... si ritrovò a pensare Bilbo, pieno di sollievo, anche se un pelo spaventato, in groppa al volatile, gettando poi un'occhiata preoccupata a Thorin, anche lui tra gli artigli di una delle aquile, e ancora svenuto.
Le creature alate depositarono dolcemente i nani sul ciglio di una rupe, al sicuro; Gandalf accorse subito da Thorin, e gli passò una mano sul volto, pronunciando parole in una lingua che Bilbo non comprese: doveva essere di certo un incantesimo, perché il nano riprese velocemente i sensi.
L'Hobbit si ritrovò a sospirare sollevato, e a sorridergli.
Scudodiquercia si tirò in piedi a fatica, aiutato dai suoi compagni, ancora dolorante per le ferite.

-TU! COSA CREDEVI DI FARE?? TI SEI QUASI FATTO UCCIDERE!-lo aggredì però rabbioso, e il sorriso dell'hobbit si spense immediatamente, mentre il nano gli parlava a pochi centimetri dal volto, senza farsi sorreggere. -Non ti avevo detto che saresti stato un peso?? Che non saresti sopravvissuto alle Terre Selvagge?? Che non c'è posto per te tra noi?-ringhiò.
Il biondo abbassò lo sguardo, nuovamente deluso.
Chi voleva prendere in giro?
Per quanti sforzi facesse, Scudodiquercia non avrebbe mai accettato la sua presenza nella Compagnia. Perché avrebbe dovuto, in fondo? Per lui, era solo un Hobbit.
Non sapeva nulla del suo passato in guerra: e anche se l'avesse saputo, non sarebbe cambiato nulla. Tre anni nelle guerre degli orchi non ti rendevano un eroe.
Forse doveva davvero tornare a...
-Non mi sono mai sbagliato tanto in vita mia!-esclamò Thorin improvvisamente, per poi abbracciarlo di slancio.
Bilbo rimase interdetto tra le sue braccia, mentre gli altri nani lo acclamavano, arrivando a chiedersi se non fosse solo tutto un sogno.
Ma non poteva esserlo. Era tutto troppo reale, così come la sua consapevolezza di aver finalmente dimostrato il suo valore.

Sorrise, col cuore colmo di gioia e di orgoglio.
-Scusa se ho dubitato di te-aggiunse il nano, abbassando lievemente lo sguardo.
Per l'ennesima volta, Bilbo si chiese se non si stesse immaginando tutto, perché mai avrebbe pensato di udire quelle parole proprio dall'orgoglioso Thorin.
-... Non importa-replica però, scuotendo la testa e sorridendo, la voce un pelo emozionata-Anch'io avrei dubitato di me. Non sono un eroe... né un guerriero... neanche uno scassinatore...
Quell'ultima parte della frase la disse guardando Gandalf dritto negli occhi, mandandogli un implicito messaggio: non doveva informare nessuno di quello che era stato un tempo.
Non era con una fama passata che voleva guadagnarsi il loro rispetto, ma con le azioni del presente.
E lo stregone parve capire-o forse, già lo sapeva-perché gli fece un leggero occhiolino d'intesa.
L'Hobbit, col sorriso sulle labbra, si ritrovò a rimirare insieme alla sua Compagnia-finalmente, sentiva di farne realmente parte-dall'alto della rupe, la Montagna Solitaria, incorniciata dai colori dell'alba.
Il giovane Baggins non lo sapeva, ma la più grande avventura della sua vita doveva ancora cominciare...

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