25. Una Luce nel Buio
Abby
La verità, mescolata a un ingarbugliato strato di consapevolezza, mi colpisce come un pugno nello stomaco. E fa molto – decisamente molto – male.
Fisso ancora una volta il pezzetto di carta straccia tra le mani e mi rendo conto solo in questo momento di avere i palmi sudati e il fiato corto. Al dolore alle tempie ho quasi smesso di farci caso, presa dalla cascata di emozioni del tutto inaspettata che mi ha colpito.
Sfioro con le dita le due parole scritte velocemente da me e chiudo gli occhi. Mentre sento sotto i polpastrelli la porosità della carta mi accorgo che la mente sta già viaggiando verso altre direzioni, illuminate da rapidi flash: vedo una stanza nera di fronte a me; vedo me stessa che cammina alla cieca nel buio; vedo una luce nel buio e delle sagome di persone che mi appaiono di fronte; vedo i ragazzi della Caserma che mi voltano le spalle e Gabriel che muove le labbra per dirmi qualcosa che proprio non riesco a ricordare; vedo me stessa raccogliere qualcosa da terra e scrivere delle parole su un pezzo di carta.
Spalanco gli occhi all'improvviso e mi porto una mano sul petto, nel vano tentativo di far calmare i battiti martellanti del mio cuore.
«Coniuctio Mentis», sussurro tra me e me. «Era questo che dovevo ricordare.»
Ma perché mai dovrei ricordare delle parole di cui non conosco il significato?
Il mal di testa torna a farsi sentire con prepotenza, costringendomi a socchiudere le palpebre e modulare piano i respiri. Cerco di non guardare nella direzione delle pillole rosse, perché sono quasi sicura che il dolore mi farebbe cedere. E non posso davvero permettermi in questo momento di annichilire di nuovo il cervello. Non adesso che la mia mente è attiva e sveglia come non lo è stata da un bel po'.
Che siano le medicine che mi danno a farmi sentire così vuota e spenta?
Nel giro di pochissimi minuti realizzo che in questa stanza mi ci sento stretta, che l'aria stantia mi dà il voltastomaco e che l'assenza di luce mi fa mancare quasi il respiro. Accartoccio il pezzo di carta e lo nascondo sotto al materasso, facendo sparire ogni forma di prova.
Devo uscire di qui se voglio ottenere delle risposte che facciano un po' di chiarezza sulla confusione cosmica che ho in testa, e sono perfettamente consapevole che questo è l'unico momento per farlo: Russell è fuori dal covo per sbrigare delle commissioni e mio padre è rintanato nel laboratorio per fare altre prove con il mio sangue. Questo significa che qui dentro, oltre a me, non dovrebbe esserci nessuno, portandomi alla conclusione logica che ho il via libera per cercare delle risposte.
Prendo un respiro profondo e mi dirigo alla porta della mia stanza. Per fortuna non mi chiudono più a chiave da quando ho iniziato a non ribellarmi a Russell. Anche in questo caso, le pillole che mi sono state somministrate assiduamente hanno contribuito a rendermi così cedevole e mansueta.
Quando poggio la mano sulla maniglia fredda sento un brivido percorrermi la schiena, facendomi sentire viva per la prima volta. Il cuore mi martella nel petto e va di pari intensità alle fitte che sento nella testa.
Da quando non compi un gesto così contro le regole, Abby?
Senza pensarci troppo su, abbasso piano la maniglia e sgattaiolo fuori dalla camera, richiudendomi piano la porta alle spalle, e con essa, anche quel poco di luce artificiale che trapela fuori. Il corridoio che sono abituata ormai a percorrere ogni giorno è assorto in un silenzio tombale. L'unico rumore che si percepisce è dato da qualche goccia d'acqua che cade ritmicamente dall'angolo del soffitto fino a terra, tuffandosi in una piccola pozza scura.
Il lungo corridoio di pietra si dirama dalla mia stanza in due direzioni: la prima, dove si trova l'ufficio di mio padre e la sua camera privata, e l'altra, che percorro abitualmente, dove si trovano le stanze in cui ho subito i vari test. Il corridoio prosegue oltre la stanza numero 2 e 4, probabilmente in direzione della stanza privata di Russell e del laboratorio dove Cornelius porta avanti i suoi studi. In realtà non mi sono mai chiesta quanto sia grande questo posto, né mi è stata mai data l'occasione di visitarlo. Anzi, il fatto di essere stata sempre scortata per fare anche il minimo passo mi fa pensare che ci siano ben oltre le quattro stanze che ho visitato.
Decido di iniziare la mia avanscoperta proprio dalla stanza dalla quale tutto è partito: l'ufficio privato di Cornelius. Sì, perché sono convinta che se voglio trovare degli indizi che spieghino le parole senza senso che ho appuntato sul foglietto di carta, devo consultare il De Rerum Vetitae.
L'idea di mettere le mani su quel libro così tanto ricercato mi fa salire un nodo alla gola e al contempo un formicolio sulla pelle. Da una parte sono intimorita dal peso che si porta dietro quel tomo ingiallito, mentre dall'altra mi sento spinta da una forma acuta di curiosità. Quando mio padre mi ha mostrato il libro per la prima volta, dopo averne sentito parlare solo da David Clint, mi ha concesso solo in parte di toccarlo e sfogliarlo con le mie stesse mani... Come se avesse paura che lo avrei potuto rovinare con il solo tocco. O magari che avrei potuto leggerlo.
La porta dell'ufficio di Cornelius per fortuna è aperta. Probabilmente non si aspettava nemmeno lui che riuscissi a usare in modo così efficace il mio potere, e di conseguenza non credeva di restare lontano così a lungo da questa stanza da doverla richiudere a chiave. Gliel'ho letto negli occhi che scalpitava dalla voglia di testare ancora il mio sangue, con la speranza di trovare abbastanza traccia di potere demoniaco. E sono anche sicura che stavolta lo troverà, visto quello che sono riuscita a fare con la sola forza della mente.
Per un attimo ripenso a quel ragazzo, esanime sulla sedia alla quale era stato legato... intontito da chissà quali sostanze psichiche. Mi tornano alla mente i suoi occhi vacui e la scintilla di vita che gli si spegne dentro al mio comando. Trattengo un singulto e provo a cancellare dalla mente quell'immagine. Il solo ricordo di essere stata in grado di uccidere così freddamente mi fa raggelare il sangue nelle vene, al punto da farmi pensare che diavolo di persona possa essere diventata.
Decido forzatamente di concentrarmi sulle risposte che devo cercare, per non impazzire del tutto e perdere il contatto con una realtà sempre più distorta. Accendo la luce al neon, poi mi faccio strada verso la lunga libreria a parete. I libri disposti ordinatamente lungo le mensole saranno a dir poco centinaia, e per questo impiego un po' per trovare quello che cerco. Forse l'operazione mi risulta un po' più semplice perché ho ancora nella testa la scena di Russell che prende il libro dalla libreria centrale, sfilando un tomo dietro al quale è nascosto il De Rerum Vetitae. O forse perché non è così difficile accorgersi dell'armonia cromatica delle copertine di tre libri in particolare rispetto a tutti gli altri: il rosso fiammeggiante del dorso di tre tomi, disposti uno accanto all'altro, si distaccano infatti da un miscuglio variegato e caotico di colori, spessori e altezze diverse. La mia intuizione potrebbe anche rivelarsi errata, ma il ricordo così vivido e la sicurezza con cui mi avvicino alla libreria centrale mi fa pensare che vada oltre il puro istinto.
Sollevo la mano e sfilo i primi due tomi rossi, poggiandoli delicatamente sul tavolino rotondo di fronte a me. La fiammella della candela traballa un po' quando il peso dei volumi fa spostare l'aria ferma, ma poi torna a rischiarare fiocamente l'ambiente. Scanso con le dita l'ultimo tomo rosso e mi alzo sulle punte per guardare cosa c'è nascosto dietro. Anziché trovare il classico rivestimento di fondo della libreria, scorgo un buco nello scaffale che probabilmente finisce in una nicchia scavata nel muro retrostante.
Bingo.
Infilo il braccio all'interno, quasi alla cieca, e quando sento sotto alle dita la copertina liscia rilegata in pelle del De Rerum Vetitae stringo la presa e lo sfilo dal suo nascondiglio. Il libro è pesante e polveroso, oltre a odorare di stantio. Faccio qualche passo indietro e mi avvicino al tavolino. Mi sento un denso strato di nervosismo attaccato addosso a mo' di seconda pelle e ho il terrore che mio padre o Russell possano irrompere qui dentro all'improvviso e scovarmi con le mani nel sacco. Lì sì che sarebbero guai per me. Guai mai provati finora.
Spinta da una seconda ondata di coraggio mi sprono a non soffermarmi sul lato tragico della situazione e mi concentro sul libro, sfogliandolo velocemente: devo cercare di carpire quante più informazioni nel minor tempo possibile. Ma riuscirci non è così semplice. Il De Rerum Vetitae è una vera e propria enciclopedia demoniaca, scritta in corsivo pieno di arzigogoli dalle mani del predecessore di mio padre. Anni e anni di studi, esperimenti, progetti e aspettative sono racchiusi in questo libro considerato quasi maledetto. Ed è grazie a questi studi che ho appreso tutto quello che so adesso del mio potere. È grazie a mio padre che sono riuscita a portare le mie abilità, finora appena discrete, a un livello più alto. E sarà grazie a questo libro che scoprirò tutto quello che ancora non riesco a comprendere.
Durante i minuti successivi vengo completamente risucchiata all'interno del De Rerum Vetitae, come se ci fosse un campo gravitazionale ad attirarmi a esso. Sfoglio le pagine con avidità, facendo scorrere gli occhi da una riga all'altra, le sopracciglia corrugate e lo sguardo attento. Quando arrivo alle prime teorie sulla creazione dei Sottomessi mi blocco, soffermandomi a leggere quello che adesso è diventato realtà: creature umane soggiogate a piede libero per la città. Esseri pericolosi e letali. Per il Demone creatore sarebbero dovuti diventare una sorta di Esercito contro i Celesti, ma a posteriori il suo successore avrebbe scoperto quanto fossero incontrollabili e destinati all'anarchia. Sfoglio ancora le pagine, fino ad arrivare agli studi approfonditi sulle abilità demoniache. È qui che si è soffermato mio padre quando mi ha mostrato il libro per la prima volta. È qui che ho sentito di poter far parte del suo mondo... di abbandonare il mio lato umano per entrare in un buio così profondo da non riuscir a vedere nemmeno l'ombra dei miei piedi. Quando leggo la parola "Dolor" sento un bruciore sordo nel petto e cambio velocemente pagina.
Gliel'hai permesso tu, Abby. La colpa è solo tua se ti sei trasformata nel mostro che sei ora.
Per la prima volta dopo diverso tempo sento il bisogno di piangere. Ma non sono ancora pronta a farlo, perché il magone che sento in gola non si trasforma in lacrime. Quindi trattengo il dolore dentro e riprendo a sfogliare il libro. Le pagine sono piene di scritte, a volte anche di illustrazioni blande e sbavate, ma il contenuto è talmente ricco che servirebbero giornate intere per leggerlo bene e capirne davvero il significato. E io non ho tutto questo tempo.
Arrivo alla sezione finale del libro, che s'intitola "Tecniche superiori Demoniache" e mi soffermo su un sottoparagrafo che attira la mia attenzione quasi magneticamente.
Damnatio Memoriae.
«Il Demone, qualora accumuli una quantità di potere associata a un grave dolore, può essere in grado di scaraventarla contro il nemico sotto forma di condanna della memoria. Questo va ben oltre la capacità di Persuadere a dimenticare, perché aggiunge il fattore del dolore mentale. Il nemico dalla memoria dannata non sarà più in grado di attingere a ricordi che riguardano chi gli ha scagliato la punizione. Quantomeno, non senza provare del male fisico o psichico. La Damnatio Memoriae è una punizione quasi irreversibile, in quanto può essere cancellata solo da chi l'ha provocata», leggo a bassa voce, facendo scorrere l'indice tremulo sulla carta. «La condanna funziona su Demoni, umani e Celesti. Maggiore sarà la rabbia provata, maggiore sarà il dolore provocato nei ricordi del dannato.»
Rimango a fissare quelle parole scritte senza sbattere ciglio e prendere respiro. Il dito non smette di tremarmi, ancora poggiato sulla pagina ingiallita. Ho un presentimento, dentro di me. Lo sento avanzare con prepotenza, mentre si fa spazio con le unghie all'interno del mio stomaco, lacerando le pareti fino a raggiungere il petto, che si muove su e giù velocemente.
All'improvviso sento freddo e caldo insieme e una goccia di sudore mi scivola dietro alla nuca, mentre dei flash frammentati di ricordi iniziano a tormentarmi: il litigio fuori dalla Caserma. La pioggia scrosciante e gelida. La rabbia nei confronti di Jared.
"Dimenticati di noi, Jared. Dimentica quello che siamo stati".
Mi porto entrambe le mani sulla bocca per coprire un grido di terrore. Indietreggio in modo sconnesso fino al tavolo, per poi usarlo come sostegno per le braccia. Il libro sotto di me continua a chiamarmi magneticamente, ma in questo momento non sono in grado nemmeno di respirare senza provare il desiderio di dare di stomaco. Tutto intorno a me ruota vorticosamente, insieme a una centrifuga di ricordi, immagini rotte e frasi di quegli ultimi momenti passati in Caserma.
«Che cosa... che cosa ho fatto? Che cosa gli ho fatto?» Domando ad alta voce, la voce specchio della paura. «Io non volevo. Io... Io non sapevo nemmeno di essere in grado di fare una cosa del genere!»
Con la bocca secca, realizzo per la prima volta dopo tanto - troppo tempo - di essere ancora in grado di provare delle emozioni umane. Paura e... Rimorso? Da quanto tempo non mi capitava? Da quanto tempo non mi sentivo più umana?
Provo con tutta me stessa a restare con i piedi ben ancorati a terra. Il rischio di passare dall'anaffettività a un attacco di panico per le troppe emozioni è elevato. Prendo un bel respiro e torno a concentrarmi sul libro che ho di fronte.
Gli hai inflitto una maledizione più forte di te, Abby. E adesso come rimedierai al danno, chiusa qui dentro? Come ti redimerai dai tuoi errori?
«C'è sempre una soluzione», sussurro alla parte di me gelida e pessimista. «E deve stare scritta qui dentro.» Torno a sfogliare il De Rerum Vetitae, senza fare caso alle dita che ancora sembrano intimorite dal toccare quei fogli maledetti. Salto le pagine successive a quelle della Damnatio Memoriae, quasi per paura di scoprire altre abilità che avrei potuto mettere in atto inconsciamente. Il mio respiro è ancora pesante quando l'indice si incastra su una pagina con l'angolo superiore ripiegato su se stesso, a mo' di segnalibro.
Acuisco la vista, nel tentativo di decifrare quella scrittura arcaica e disordinata e capire il motivo di quell'appunto: "Coniuctio Mentis" sono le parole riportate al centro della pagina. Qualcuno le ha poi sottolineate in rosso e ha preso qua e là degli appunti.
Sono le parole del mio sogno. La chiave di tutto.
«Uno degli ultimi temi trattati, nonché uno dei più utili in tema di versatilità, è la Coniuctio Mentis, ossia la connessione mentale da persona a persona. Secondo gli studi testati, questa abilità è intrinseca nei Demoni, seppure da allenare con costanza per farla emergere. Difatti, questo è il primo caso di abilità che si accentua grazie a una situazione di bisogno, piuttosto che dal quantitativo di un potere demoniaco. L'uso è testato tra Demoni, ma ci sono buone possibilità che possa funzionare nei confronti di ogni forma di essere umano, sfruttando le capacità di concentrazione visiva e mentale verso l'obiettivo», leggo quasi d'un fiato, soppesando parola dopo parola. Gli ingranaggi del mio cervello si azionano e iniziano a elaborare le informazioni che ho appena letto. «La tecnica prevede tre caratteristiche fondamentali: il silenzio, la concentrazione e il sangue. La prima facilita la connessione, la seconda la stabilisce in modo fermo e la terza fa da tramite tra chi usa la Coniuctio Mentis e chi si appresta a riceverla.»
Sangue.
Scaccio via quella parola dalla testa e vado avanti nella lettura. «Per far sì che la connessione sia stabilita in modo corretto, il sangue versato deve appartenere alla persona che ne richiede l'uso. Dopo aver testato diverse sedi di prelievo, spesso in modo fallimentare, posso testimoniare che poche gocce di sangue versate alla base della nuca forniscono i risultati attesi, in quanto essa è collegata direttamente all'innervazione del cervello e, in modo particolare, al lobo dell'area visiva.» A concludere il capitolo, una piccola immagine disegnata con l'inchiostro nero a spiegare quanto appena descritto.
Chiudo di scatto il libro, satura ormai di informazioni. Rifletto su quanto appena letto e sulle annotazioni scritte in rosso ai lati delle pagine, tra una riga e l'altra.
Cornelius ha già sperimentato questa abilità. Probabilmente ci ha lavorato durante questi anni di reclusione, quando tutti i suoi poteri erano bloccati e poteva solo far leva sulle sue doti innate. E di sicuro gli è riuscito, perché ne ha fatto uso proprio su di me, durante la sua prima apparizione mentale nella mia camera in Caserma. Ricordo ancora la paura provata in quel momento, il senso di smarrimento, il buio attorno a noi e la sua ombra nell'angolo della sua stanza, nascosta perché troppo debole per mostrarsi. Lo ricordo come fosse ieri il grido strozzato nella gola, quando mi ha parlato per la prima volta; si è imbucato nella mia testa e mi ha costretto a credere a quello che stavo sognando. Ricordo la sua unghia affilata conficcata dietro al collo, il dolore provato come fosse la mia, di pelle lacerata. Lo ricordo. Sono in grado di ricordare tutto.
All'improvviso, una strana sensazione di calma serafica mi avvolge. Chiudo il libro e lo nascondo al proprio posto, coperto dai tomi rossi. Ricaccio indietro le paure, i sentimenti, le emozioni. Li faccio indietreggiare di un paio di passi, perché sento che in un momento di instabilità simile, il rischio di crollare sarebbe altissimo. Faccio avanzare invece in prima linea la parte più razionale e fredda di me, sicuramente in grado di analizzare meglio quanto ho appreso dal De Rerum Vetitae.
Hai usato la Damnatio Memoriae senza volerlo.
La parte ancora umana di te si è pentita di averlo fatto.
Tuo padre ha usato la Coniuctio Mentis su di te.
Tuo padre ti ha nascosto molte verità sul del De Rerum Vetitae, trasformandoti in qualcosa che prima non eri.
E a questo devo inderogabilmente porre rimedio.
Angolo dell'autrice.
Eccomi di nuovo! Finalmente torniamo da Abby, che a mano a mano inizia a ricostruire uno scenario sempre più chiaro davanti a sé... cosa ne pensate della sua scoperta? Riuscirà a risvegliare la parte più umana di sé?
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e tutte tutte le vostre congetture! Sono curiosa di sapere ogni vostro pensiero :)
Baci, Ale
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