20. Sospetti.
Jared
Seguiamo Madison nel parcheggio posteriore della Caserma, arrancandole dietro quasi con fatica. Da quando siamo usciti dalla caffetteria infatti, ha aumentato decisamente l'andatura del suo passo. Il suo volto è teso in una smorfia contratta, le labbra serrate e a formare una linea piatta e dura, e lo sguardo fisso di fronte a sé. Sembra un soldatino arrabbiato e probabilmente la sua irritazione è dovuta al fatto di aver dovuto alzare i toni con David, assumendo una carica autoritaria che con tutta probabilità non sente come propria.
«Quale macchina possiamo prendere?» Domanda, fermandosi di scatto in mezzo al parcheggio sterrato.
Nolan inchioda proprio dietro di lei e borbotta delle scuse a mezz'aria, passandosi una mano tra i capelli scuri. Di sicuro si starà chiedendo come sia stato possibile ficcarsi in una situazione così assurda: lui, il suo migliore amico e un'agente di Danville diretti verso la casa della zia di Abby, scampata per un soffio alla morte.
«Prendiamo la mia. La Corvette nera laggiù, vicino al cancello», replico, indicando l'auto nera e perennemente tirata a lucido. Uno degli ultimi viaggi fatti con quella macchina d'altronde era stato proprio per andare a casa di Abby, per permetterle di prendere un po' di effetti personali e dire addio alla zia.
Peccato che lei glielo ha detto davvero addio, mentre io a quanto pare no.
Apro la macchina con una chiave magnetica che tengo sempre nel portafogli per motivi d'emergenza ed entro nel posto del guidatore, seguito subito poco da Madison, che sprofonda nel sedile accanto al mio senza dire una parola, guardando dritto attraverso il vetro.
Vedo tramite lo specchietto retrovisore Nolan indugiare qualche attimo di troppo, con le labbra dischiuse in un'espressione scocciata e sconcertata allo stesso tempo, poi scuote furiosamente la testa e apre lo sportello posteriore, mettendosi seduto al centro, proprio dietro di noi.
«Grazie per avermi chiesto di sedermi dietro», borbotta rivolto a Madison, lanciandole un'occhiata offesa. «Sono un Guerriero anche io, sai? Anche se analizzando la scena potrei svolgere tranquillamente il ruolo di vostro figlio in preda a una crisi adolescenziale.»
Non posso fare a meno di ridere alla sua battuta sarcastica, nonostante il momento sia carico di tensione. «Oh, non potresti mai essere mio figlio, tu... Gli occhi a mandorla e l'allegria divampante sono caratteristiche che non appartengono ai geni della mia famiglia», ribatto a tono, prima di spostare per un attimo lo sguardo su Madison, seria e corrucciata, «e, mi azzarderei a dire, nemmeno alla sua.»
«So tutto di te, Reed. Ho letto diverse volte le tue schede personali e so dirti persino quanti esami hai superato con il minimo dei voti e quanti invece te li ha soffiati la signorina Evans di nascosto. Sei dotato di un intelletto brillante, senz'altro, come lo dimostrano le tue prove pratiche e le continue dimostrazioni di coraggio in cui ti sei lanciato con Jared, ma non capisco davvero perché non ti applichi in tutto.» Madison s'intromette nel discorso con una voce secca e professionale, fissando Nolan con due occhi fermi e indagatori.
«Be'...» Nolan s'irrigidisce sul sedile e sono pronto a scommettere in questo momento svenderebbe parte delle sue lodi per trasformarsi una parte della tappezzeria dell'auto. «Vale la risposta "Minimi sforzi per risultati sufficienti?". Sai, è più o meno la regola della mia vita, almeno da quando Evelyn Evans non mi ha fatto notare che sforzarsi per imparare a leggere mi avrebbe reso distinguibile da un animale.»
Mi mordo le labbra per non lasciar estendere sul volto un nuovo sorriso e scuoto la testa, mentre metto in moto la macchina, che ruggisce infastidita dal fatto di non essere stata utilizzata per tutto questo tempo.
«Stiamo perdendo tempo», replica Madison stizzita. «E il tempo è fondamentale in tutto.»
Scrollo le spalle e ingrano la retromarcia, diretto verso il cancello d'uscita posteriore della Caserma. Le ante metalliche si aprono velocemente, attivate dai sensori elettrici ai lati, così posso immettermi nella via principale. «Non è colpa nostra se David moriva dalla voglia di trattenerti lì dentro, agente. Ah, a proposito... Hai idea del motivo per cui lo abbia fatto?»
Il suo sguardo si rabbuia, mentre fa scattare la sicura della cintura di sicurezza. «No.»
«Be', nonostante fossi in parte d'accordo con lui per la storia del farti rimanere nella Caserma, non ti nego che il suo comportamento era anomalo. Insomma, non si è mai preoccupato di una blanda distorsione al polso, anche se il polso in questione appartiene a un ufficiale di Danville.»
«Forse ha paura di dover rispondere a qualcuno di superiore a me, nel caso mi succedesse qualcosa.»
«Oh, sai, ne dubito, visto com'è ammanicato a Danville...»
Nolan si schiarisce la voce, interrompendo la nostra discussione fitta. «Ehm, scusate se vi disturbo... Lungi da me essere d'intralcio alle vostre illuminate riflessioni... Ma, precisamente, qual è il mio scopo qui? E con questo non intendo che mi spieghiate la mia missione nel mondo – sapete, per quello ci sto lavorando in autonomia – ma piuttosto a cosa servo in questa... ecco, cosa stiamo facendo di preciso?»
Madison solleva le sopracciglia e sbuffa con superiorità. «Stiamo andando a interrogare Kathleen Lorelaine. Per via dell'attacco subito.»
«Sì, be', grazie, agente. Devo dire che questo ha chiarito molti dei miei dubbi», replica laconico Nolan, grattandosi la tempia con un dito.
«Dobbiamo capire come mai Kathleen abbia rilasciato quella intervista, Nol. Sembrava fuori di sé e le cose che ha detto sono molto strane per provenire dalla bocca di un'umana», aggiungo, più esaustivo. «E poi avremmo dovuto essere solo io te, prima che l'agente s'intromettesse contro la volontà collettiva. In realtà, anche se non lo sai, le era stato consigliato un po' di sano riposo, che ovviamente ha deciso di eclissare.»
«Sì, mi ricorda in modo vago qualcuno», mormora tra sé e sé Nolan. «Comunque, avete la minima idea su chi possa averla attaccata? Voglio dire, se fosse stato un Sottomesso o un Demone non avrebbe avuto un briciolo di senso, dal momento che Abby non è più un ostaggio dei Celesti.»
Le parole dette con leggerezza da Nolan mi fanno sussultare, riportandomi alla memoria tutte le bugie e i segreti tenuti nascosti durante la sua permanenza nella Caserma per ordine di David.
Hai distrutto tutto, Jared.
Strizzo gli occhi per il dolore acuto del ricordo e inchiodo al semaforo, che diventa rosso proprio quando spingo il piede sul pedale del freno. Una macchina grigia dietro di noi si attacca al clacson e sicuramente mi inveisce contro. «Scusate... Mi ero distratto.»
«Tutto bene?» Nolan mi scruta con sguardo attento da dietro, come se avesse intravisto una strana scintilla nei miei occhi.
«Sì. In ogni caso spero che parlare con Kathleen ci aiuti a creare un quadro un po' più chiaro, perché per il momento trovo assurda ogni ipotesi. Se fosse stato un Sottomesso che motivo avrebbe avuto di farlo? E se non fosse stato un essere demoniaco, allora chi c'è dietro?»
Madison si schiarisce un po' la voce. «Vi ricordo che io sono qui per indagare su un sospetto tradimento Celeste all'interno della Caserma. E so che tutti voi sapevate per certo del legame di Abby a sua zia.»
«E che motivo avrebbe avuto qualcuno di noi a far fuori la zia umana di Abby? Non ha senso!» Sbotta Nolan, in disaccordo.
«Non lo so, ma sono sicura che quello che le è successo non è stato a causa di un semplice ladruncolo, come lo vuole definire il vostro capo.»
Quando il semaforo si tinge di verde ritorno a dare gas all'auto e allo stesso tempo anche agli ingranaggi che s'incastrano con precisione nel cervello. «Aspettate un attimo... Spencer!» Esclamo all'improvviso, come illuminato da una strana premonizione.
«Cosa c'entra Spencer?» Chiede stupito Nolan e con un vago sentore di preoccupazione nella voce.
«Ti riferisci a Finnick Spencer? Non ho avuto ancora modo di parlare con lui. Eppure avrei tanto da chiedergli... In primis come stanno i suoi genitori. Da quando sono stati allontanati da Danville la mia famiglia ha perso ogni contatto con loro.» Madison si volta a guardarmi, il volto un po' inclinato.
«Perché, i genitori lavoravano a Danville?» Domanda Nolan, sbattendo le palpebre confuso. «Questo sì che è uno scoop. E come mai non si è mai vantato della sua provenienza altolocata con tutti? Non è da lui.»
«Pensavo lo sapeste.»
«Be', credo sia evidente che non scorra molta simpatia tra noi e Spencer. Come d'altronde tra Spencer e tutto il resto della Caserma.»
«I suoi genitori si sono trasferiti a Danville da giovani e credo che il figlio sia nato proprio lì. La madre ha sempre vissuto nelle dependance degli impiegati senza mai lavorare. Diceva che sporcarsi le mani con gli affari di Danville non faceva per lei. Il padre invece... Sì, lui era un bel pezzo grosso parecchi anni fa. Io non c'ero ancora, quindi sono testimonianze raccontate, ma so che avrebbe potuto conquistare per gli anni di servizio il posto di segretario della Commissione della Giustizia, affiancando mio zio, John Seymour.»
«Però?»
«Però non successe mai. Non chiedetemi le motivazioni per cui avvenne la scissione tra Spencer e la Giustizia di Danville. Mia madre mi raccontò solo che ci fu una brutta discussione tra lui e Seymour un giorno, proprio fuori dalla Corte, al termine della quale gli fu detto di lasciare Danville con tutta la famiglia. Dopo quel giorno il ruolo di segretario venne affidato a Marion Vanelski, che da quel momento... be', lo sapete, non l'ha mai abbandonato.»
Ricordo con chiarezza il signor Seymour e Marion Vanelski, dal momento che erano entrambi presenti al mio giudizio, e nessuno dei due mi aveva fatto una buona impressione. Erano talmente impostati da sembrare essere costruiti da intere facciate di specchi.
«Tu lo sai dove sono andati i genitori di Finnick? Ogni tanto lui dice di andare a trovarli nei giorni liberi, ma sono talmente poche le volte che si allontana dalla Caserma che non mi stupirei se mentisse», le domando.
Madison scrolla le spalle. «Non ne ho idea. A Danville, gli Spencer non sono visti con grande riguardo da quando vennero allontanati. Credo che il padre adesso abbia trovato un altro impiego in qualche città non distante da qui, e una volta che il figlio ha raggiunto l'età giusta lo ha spedito a formarsi nella Caserma più vicina, quindi a Henver. Probabilmente gli avrà consigliato la carriera di Guerriero, dato che quella politica portata avanti dalla sua famiglia non gli ha portato un grande successo.»
«Wow, chi l'avrebbe mai detto... Finnick, il figlio di un ex pezzo grosso di Danville! Ecco giustificato il suo ego montato e l'aria da so-tutto-io», commenta Nolan stupito. «Be', in ogni caso, Jared, cosa c'entra lui con la zia di Abby? So che la odiava, ma addirittura arrivare a colpirle gli affetti senza motivo...»
Lo guardo attraverso lo specchietto retrovisore e la mia espressione rimane impassibile, mentre giro il volante e svolto in una strada meno trafficata, che si allontana dal centro e si dirige verso i quartieri residenziali della città. «Sai che sono prevenuto su di lui persino sul numero di respiri che fa. Non mi fido di Spencer. E poi proprio stamattina è uscito con mia sorella per fare una Ronda. Curioso che l'attacco a Kathleen sia avvenuto proprio nelle stesse ore, no?»
La reazione che mi sarei aspettato dal mio migliore amico è, se possibile, peggiore rispetto a quella attesa: lo vedo spalancare gli occhi e aprire la bocca di scatto, colpito dalla mia affermazione come uno schiaffo in pieno volto. Per un attimo sembra voler provare a dire qualcosa, poi si blocca, frenato da qualcosa, e mi fissa contrito. «Janise... Janise e Finnick? Insieme?» Mormora piano, un po' spaventato un po' arrabbiato. «Dimmi che stai scherzando.»
«Vorrei poterlo fare, Nol. E non pensare che abbia preso la notizia meglio di te.»
Nolan deglutisce e il suono risuona nell'abitacolo dell'auto, al punto che Madison si volta a fissarlo interrogativa.
«C'è un motivo particolare per cui stai prendendo così male la notizia o devo intenderlo come un moto di gelosia per la tua ragazza?» Gli domanda, squadrandolo da sotto le sopracciglia scure.
Nolan diventa paonazzo, in parte per la rabbia che sta covando dentro in questo momento, in parte per l'affermazione priva di filtri di Madison.
«Noi non stiamo insieme», le risponde sbrigativo, prima di tornare a concentrarsi su di me. «Hai lasciato andare tua sorella con Spencer, Jared? Ti sei davvero bruciato l'ultimo neurone attivo, per caso?»
«È mia sorella, non mia figlia. E, soprattutto, è Janise Evans. Fa comunque quello che le pare.»
«Sì, ma noi non ci fidiamo di Finnick... E poi... E poi perché lui? Cazzo, non ci ha mai voluto fare una Ronda insieme da quando la conosco!» Esplode rabbioso, schiantandosi con la schiena addosso al sedile. La sua espressione è una nube nera in procinto di far esplodere uno dei più bruschi temporali.
Mi stringo nelle spalle e ometto la risposta che Janise ha dato a me alla mia stessa domanda: "Lui è l'unico in grado di non giudicarmi in questo periodo". Sicuramente lo farebbe cadere in un baratro di depressione peggiore di quello in cui non ci si trovi già.
«Lo sai anche tu che Janise in questo periodo sta prendendo decisioni avventate, Nol... E probabilmente me ne terrò fuori, almeno finché non tenterà di ucciderti con qualche arma.»
«Jared, dammi il tuo telefono.» Nolan ignora la mia frase e mi tende la mano con serietà.
«Cosa devi farci?»
«Devo chiamarla. Se è stata con Spencer tutta la mattina saprà dirci cos'hanno fatto.» Un brivido gli fa scuotere le spalle.
«Io non sarei così convinto di volerglielo chiedere...» Replico, scuotendo la testa al pensiero delle più fantasiose risposte che potrebbe tirar fuori mia sorella spinta dalla rabbia e da moti vendicativi nei confronti di Nolan. «Perché non la chiami con il tuo, di telefono?»
«Perché ha me ha smesso di rispondere», risponde lui con freddezza. Non c'è un briciolo di emozione o allegria in quello che dice. Sono solo parole. «Il tuo telefono, per favore. Voglio solo... voglio sapere che è tutto okay.»
Sospiro stremato e mentre continuo a guidare mi sfilo il telefono dalla tasca anteriore dei pantaloni, lanciandoglielo rapidamente.
Madison rimane a fissarlo cauta mentre dal riflesso del vetro mentre digita i numeri sul touchscreen del telefono, quasi tremando per la rabbia. Le faccio un rapido cenno con il mento, dicendole in silenzio che è tutto normale, che loro due hanno da sempre avuto quel rapporto strano e contrastato.
Nolan mette il vivavoce, così l'aria densa di nervosismo dell'abitacolo dell'auto si riempie di squilli vuoti. Ma alla fine, dopo una manciata infinita di secondi, la voce scocciata di Janise risuona nella Corvette.
«Oddio, Jared, e ora che vuoi?» Sbotta, senza nemmeno accennare un saluto.
Nolan stringe le dita sul telefono e guarda fisso di fronte a sé, sulla strada. «Sono Nolan. E adesso che lo sai non riagganciare, per favore.»
Continuo a guidare piano, allungando il percorso attraverso vie secondarie e poco trafficate. Socchiudo appena gli occhi al sentire la voce fredda di Janise e quella ferita di Nolan. Qualsiasi cosa gli sia successa in questo periodo non può che fare male anche a me.
Janise ci mette qualche secondo in più del previsto per rispondere. «Perché mi chiami con il telefono di Jared?»
«Lo sai perché lo faccio.»
«Che vuoi, Reed? Ho da fare.» Sospira lei, e in sottofondo si sente il rumore di un sacchetto di alluminio accartocciato, una musica Metal che esce da uno stereo a volume contenuto e un "Ciao, sfigato!" gridato da qualcuno.
Finnick. Sono in macchina insieme.
«Sei con Spencer? Non mi soffermerò a chiederti cosa ti abbia spinto a scendere così in basso, anche perché mi risponderesti che non sono affari miei i modi in cui decidi di fare errori», replica Nolan, con una freddezza quasi irriconoscibile.
«Sì, sto con lui da stamattina. E non abbiamo fatto altro che girare per ore in macchina, ascoltando musica e mangiando patatine al guacamole. Nemmeno un Sottomesso in giro, per ora. Ti basta come resoconto o vuoi che ti racconti anche qualche altro dettaglio privato?»
Il respiro di Nolan si spezza per un attimo, e come il suo anche il mio, ma poi deglutisce, chiude gli occhi e si passa una mano sulla fronte, reprimendo chissà quali sentimenti. «No, Janise, non mi interessa niente di quello che fai. Voglio solo sapere se Finnick si è allontanato da te in qualche momento della mattinata... o se ha fatto qualcosa di sospetto.»
«E perché vorresti saperlo?»
«Perché qualcuno ha attaccato la zia di Abby, Jan, e sai che non mi fido della persona con cui sei in macchina adesso», m'intrometto a questo punto, alzando la voce mentre guido. Le mie mani sono serrate sul volante e non lascio trapelare alcuna emozione dalla voce, ma solo una fastidiosa urgenza di ascoltare la risposta.
Janise infatti si ammutolisce, sicuramente stupita dal motivo che c'era dietro la chiamata di Nolan e dalla mia brutale intromissione nella chiamata. Si schiarisce piano la voce e fa una pausa. La sento parlare con Finnick, per riportagli quanto le ho detto, poi riporta il telefono davanti alla bocca. «Noi non ne sappiamo niente. Siamo stati insieme tutto il tempo, e in ogni caso, fratellino, dovresti smetterla di puntare il dito contro il prossimo. È da arroganti, lo sai?»
«Evans, sei un gran maleducato! Dubitare di me... di un Guerriero così perbene, proprio quando ho deciso di mettere via l'ascia di guerra e avvicinarmi alla tua bella-»
«Sta' zitto, idiota.» Janise interrompe bruscamente la voce di Finnick, che si era appena inserita senza richiesta nella conversazione telefonica. «Cosa hanno fatto alla zia di Abby?» Domanda poi, con il tono remissivo e all'improvviso serio.
Ma la chiamata è durata abbastanza, e vedo Nolan accennare un sorriso freddo e malinconico sul volto e fissare il vuoto di fronte a sé. «Se hai detto la verità su Spencer, il resto non ti serve saperlo. Ci vediamo a casa, Janise», le dice prima di chiudere la telefonata senza darle nemmeno il tempo di elaborare la fine della discussione.
«Pensate che sia stata sincera?» Domanda Madison non appena Nolan mi restituisce in silenzio il telefono.
«Sì», rispondiamo quasi in coro noi due.
«Quando Janise mente le trema un po' la voce e fa sempre delle pause brevi mentre parla, come se avesse paura di realizzare la bugia che sta costruendo. Lo so perché lo conosco bene questo suo lato... Mente con me da quando avevamo quattordici anni», aggiunge pensieroso Nolan, sprofondando nel sedile. «Stava dicendo la verità su Finnick.»
«Be', chiunque ci siadietro l'agguato a Kathleen, stiamo per capirlo. Siamo arrivati», annuncio,fissando per un attimo la destinazione impostata sul navigatore del telefono.Siamo appena arrivati nella zona residenziale dove abita la zia di Abby.
Angolo dell'autrice.
Scusate, scusate, sono ritardo, lo so! Il lavoro e gli impegni sono ricominciati a pieno ritmo purtroppo e sto cercando di non ritardare troppo con la tabella di marcia. In ogni caso, cosa ne pensate del capitolo? E' abbastanza di transizione verso il prossimo, dove si inizierà a capire qualcosa di molto importante... Anche se pure in questo ci sono diversi elementi da non sottovalutare... vediamo un po' quante teorie riuscite a tirarci fuori :)
Comunque, vorrei mostrarvi la prima vera fan art fatta da una ragazza con cui sto collaborando per dare vita sotto forma di disegni ai personaggi di Hybrid... A me fanno impazzire, è bravissima e disegna da urlo. Questo è solo il primo alla quale abbiamo lavorato (prevalentemente lei, ovviamente). Sono felicissima di mostrarvi la VERA Abby Lorelaine, quella che abbiamo conosciuto a inizio libro... Proprio fuori dal Discodance, con un abito blu e ancora inconsapevole di quello che era in realtà.
L'immagine è di assoluta proprietà della storia e della sua creatrice, che tengo tantissimo a ringraziare! @rosa_pulizzi , grazie ancora ! Seguitela anche su Instagram!
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