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2. Apri gli Occhi.


Jared. 

Alcune mattine ti svegli con la consapevolezza di aver dimenticato qualcosa.

Non sai che cosa sia, né in quale momento il cervello decida di sublimarlo. Ma succede. Non appena apri gli occhi, cessa di esistere. Semplicemente svanisce, come trasportato via da una folata di vento leggero. Ed è anche inutile arrovellartici su per tutta la giornata: ci ho provato le prime volte, ma non è mai cambiato niente.

A volte, la mente ti sottrae alcuni ricordi. Può farlo nel corso di una notte, con il passare dei giorni, o negli anni. Te li ruba di nascosto, quando pensi ormai di averli fatti tuoi. E quando decide di agire, subdola e cattiva, non te li restituisce più.

Persi per sempre.

Non so che cosa abbia perso io, di preciso. Non so nemmeno quando lo abbia perso, o in che modo. Ma ogni volta che apro gli occhi, al mattino, avvolto sotto una coperta che tiene al caldo le mie mancanze, lo sento. Lo percepisco bene, anche quando passo di fronte a uno specchio e vedo la mia immagine riflessa: il volto parla da sé e sembra voler dire "Tu hai perso qualcosa, amico. Sei così sbadato che nemmeno te ne sei accorto".

E così il tempo fugge via. Le mattine si trasformano in pomeriggi sterili, e i pomeriggi si spengono in notti senza sogni, buie come un cielo senza luna. Ogni giorno mi alzo dal letto convinto di dover ricordare qualcosa – anche un minimo, insignificante dettaglio – ma non succede mai. Continuo a contare le ore che mi separano dal giorno seguente.

Mia sorella e mia madre credono che stia perdendo il lume della ragione. Pensano che starmene rinchiuso in camera a pensare e a pensare mi stia alienando dalla realtà. Ma non sanno cosa faccio veramente quando resto fisso con gli occhi sulla scrivania... non sanno a cosa penso, quando tengo per ore nella mano una penna dall'inchiostro blu, per poi non usarla per scrivere nemmeno una parola.

Loro non lo sanno. E forse non lo capiranno mai.

Faccio aderire la schiena sulla sedia e poggio entrambi i gomiti sulla superficie della scrivania. La mia espressione è concentrata a livelli esponenziali, mentre di tanto in tanto viene attraversata da fiotti di confusione e disorientamento.

Che cosa stai facendo, Jared?

«Concentrati» mi ordino, non appena mi accorgo di aver allontanato per qualche secondo la mente dal mio esercizio «Andiamo, concentrati ancora un po'.»

Stringo la penna attorno alle dita e spingo la punta sul foglio, come se stessi puntando un'arma alla gola di un nemico. Ma questa penna è un'arma, il foglio un mezzo, e la parola che ci imprimerò sopra, il mio passato.

Prendo un respiro carico di aspettative, mentre l'orologio digitale di fronte a me continua a ritmare i secondi che passano, rapidi e nervosi.

Tic, tac, tic, tac.

Stai perdendo solo tempo.

«Concentrati, maledizione.» Le mani iniziano a sudarmi freddo e sento una pressione sempre più increscente arrampicarmisi dietro al collo, fin sotto alla nuca. Mi abbraccia e mi sussurra parole minacciose alle orecchie. Mi canta i miei fallimenti.

Di getto, muovo la penna sul foglio. Lo faccio quasi con gli occhi chiusi e la mente spenta. Lo faccio e non so nemmeno come. Ma alla fine scrivo una parola. O meglio, un nome.

Lascio andare la biro come se fosse un'arma da cui cerchi di disfarti dopo il delitto perfetto. Questa rotola sul legno e finisce a terra, producendo un suono secco, che mi fa quasi sobbalzare. Chiudo per un attimo gli occhi e cerco di modulare il respiro, adesso affannato. Afferro il foglio con entrambe le mani e lo tiro su, portandolo dritto di fronte agli occhi. Le quattro lettere che ci ho impresso sopra mi fissano velenose e sono talmente calcate, che quasi attraversano da una parte all'altra la superficie sottile. Sembrano lettere arrabbiate.

«Abby» leggo a bassa voce, come se avessi paura di essere ascoltato da qualcuno «Ancora tu...»

Sempre tu.

Sospiro e fisso il foglio da ogni angolazione possibile. Lo faccio nel tentativo di scorgerci qualcosa di nascosto. Qualcosa che non sappia già. Ma il suo nome, il nome della ragazza che è entrata nella mia vita in silenzio e che ancora più in silenzio ne è uscita, continua a rimanere solo un nome scritto con una penna blu. Non ci sono simboli accanto. Nessun indizio o segnale utile.

Sei solo un maledetto nome.

Stringo i denti e accartoccio il foglio con una mano, riducendolo a una pallina spigolosa, prima di lanciarlo alle mie spalle, in un cimitero di cartacce strappate, accomunate da un solo dettaglio: sono tutte identiche tra loro.

C'è Abby, su questo pavimento. C'è Abby strappata, Abby spezzettata, Abby ridotta in coriandoli. E poi c'è Abby con la penna blu, con quella nera, c'è Abby persino graffiata via con le unghie.

Il suo nome è una maledizione che sono costretto a subire giorno dopo giorno, almeno finché non aprirò gli occhi e inizierò a ricordarmi qualcosa in più di quattro lettere sbattute su un inutile foglio.

O forse non lo farai mai. Forse lei dovrà restare solo una parola astratta.

«No» chiudo gli occhi e scuoto la testa. Mi alzo in piedi, allontanando di scatto la sedia, e incastro le mani tra i capelli, spingendomi i pollici sulle tempie «Lei non è astratta... Lei esiste e noi siamo stati qualcosa.»

"«Non te l'ho mai detto prima d'ora, ma penso di essermi...»"

"«Non serve che tu lo dica.»"

«E invece sì, maledizione! Avresti dovuto lasciarmelo dire, stronza che non sei altro!» esplodo ad alta voce, calciando con un piede l'ammasso di cartacce appallottolate «Sto brancolando nel buio per colpa tua!»

"«Mi chiamo Abby Lorelaine e sono una cittadina americana del tutto in regola!»"

«Vaffanculo, Abby.»

"«Sto solo cercando di scavare più a fondo. Di conoscerti.»"

Scuoto la testa amareggiato. «In realtà hai fatto ben altro... Mi hai portato via una parte di me. Me l'hai rubata davanti agli occhi, sotto a quel temporale. Mi hai rubato i nostri ricordi. E io questo non te lo perdonerò mai. Hai capito bene, Abby? Se mi stai ascoltando in qualche modo, sappi che non te lo perdonerò mai!» grido alla stanza, come se la sua figura fosse fisicamente presente di fronte a me.

Ma anche se davanti non ho nessuno, una voce sopraggiunge dietro alla mia schiena.

«Lo sai che non ti risponderà, vero?»

Le spalle s'irrigidiscono e mi volto lentamente, fino a incontrare gli occhi scuri di Nolan. Mi fa un piccolo cenno con la mano, poi indica con il mento la porta. «Era già aperta e tu stavi parlando da solo. Mi sono sentito in dovere di entrare.»

Lo fisso con un sguardo duro e con quattro falcate lo raggiungo. Chiudo la porta della stanza con una spinta e mi appoggio con una mano alla parete, come se improvvisamente mi sentissi privato di ogni forza.

«Non stavo parlando da solo.»

«Ah, no?» Nolan alza un sopracciglio. Vorrebbe sbuffare divertito, ma quella fase ormai l'ha superata. Adesso inizia a essere veramente preoccupato per me.

«Stavo pensando ad alta voce.»

«E con "pensare ad alta voce" intendi anche prendertela con una persona che non è nemmeno in questa stanza?» dopo avermi lanciato un'occhiataccia, sposta lo sguardo sui fogli a terra «Merda, Jared... Ti avevo detto...»

«Mi avevi detto di avvisarti quando la situazione sarebbe diventata più grave, lo so. Ma non lo è diventata, Nol, okay? È tutto sotto controllo. Devo solo...» raggiungo la parte del pavimento cosparsa di cartacce e inizio a gettarle alla rinfusa nel secchio sotto alla scrivania «Devo solo fare chiarezza con alcuni pensieri.»

Nolan si china accanto a me e inizia a raccogliere i fogli appallottolati, aiutandomi a gettarli via. «Lo sai che Abby non vive più qui con noi, non è vero? Non hai delle visioni o... non lo so, qualcosa di assurdamente fuori di testa?» mi domanda, con un pizzico di serietà di troppo.

Mi blocco a metà tra il cestino e la scrivania e sbatto le palpebre. «Credi davvero che stia impazzendo?»

Nolan diventa paonazzo in volto, ma lo nasconde bene. «No! È solo che non mi sembri molto... in forma. E poi Janise e tua madre sono preoccupate per te. Lo siamo un po' tutti, da quando lei se n'è andata.»

Abby, Abby, Abby. La nominano tutti, qui dentro. E poi si chiedono come mai arrivi a inveirle contro, quando sono da solo.

Sospiro e torno alla mia attività. «Sta' tranquillo, Nol. Ci sto ancora con la testa. Non ho nessuna visione da schizzato.»

«Ehi, guarda che non volevo offenderti» si discolpa lui, aggrottando le sopracciglia scure. Gli occhi, dalla forma leggermente a mandorla, si oscurano dispiaciuti.

Scuoto le spalle e mi metto seduto sul bordo del letto, lasciando perdere per un attimo la baraonda nella mia stanza. «Lo so.»

Nolan fissa assorto i fogli per terra, poi sospira e si mette a sedere accanto a me. Le nostre spalle si sfiorano appena ed entrambi fissiamo il pavimento, probabilmente pensando alla stessa cosa. Alla fine si china in avanti e afferra una pallina accartocciata. La apre e cerca di distendere le pieghe raggrinzite, almeno finché la parola, calcata con una penna stilografica nera, non è perfettamente visibile.

«Abby» legge, senza alcuna inflessione nella voce. Si volta a guardarmi e nella sua espressione ci vedo un grumo denso di allarme «Da quanto tempo va avanti questa storia?»

«Da quando se n'è andata» rispondo semplicemente, senza ricambiare il suo sguardo.

«Jared, questa cosa è...» Nolan si guarda intorno e apre le braccia, a corto di parole «Maniacale. È maniacale, sì.»

Rimango in silenzio, a constatare l'ovvio.

«Tu pensi ancora a lei.»

«Io penso a tutto quello che ho scordato. Non posso vivere con la consapevolezza di aver gettato in un buco nero alcune parti della mia vita, belle o brutte che fossero. Voglio riavere quei ricordi.»

«Abby se n'è andata e...»

«Abby se n'è andata, ma io sono ancora qui!» sbotto all'improvviso, scattando su dal letto come una molla «Sono ancora qui e voglio ricordare! Voglio sapere tutto... Perché tenevo così tanto a lei? Perché mi ha obbligato a dimenticare?» gemo frustrato.

Nolan si alza in piedi e si ferma di fronte a me, poggiando entrambe le mani sulle mie spalle. Poi mi guarda negli occhi e sbatte le ciglia scure lentamente, come se volesse ipnotizzarmi. «Stiamo tutti pagando le conseguenze di qualcosa. Soprattutto tu.»

Scuoto la testa. «Non riesco a togliermi il suo nome dalla testa. Vorrei farlo, ma non ci riesco, maledizione.»

«È normale. Ti succede perché tu e lei eravate...»

«Jared» la voce di Janise squilla altisonante da dietro la porta «Apri.»

Nolan si ammutolisce e si scansa di lato. Qualcosa nella sua espressione seria e decisa s'incrina, facendogli trasparire un non so ché di titubante. Potrei quasi scommettere che in questo momento desidererebbe trovarsi dall'altra parte della Caserma. O forse di Henver.

«È aperto» l'avviso, alzando di poco la voce. Il mio tono è già abbattuto, come se avessi perso la battaglia ancor prima di scendere in campo.

Janise fa il suo ingresso nella camera con il solito portamento elegante e altezzoso. I capelli castani, ordinati dietro alle orecchie, mettono in mostra il volto di una ragazza matura e determinata, che ha cercato in ogni modo di tirarmi su il morale durante queste ultime settimane. Ma adesso anche i suoi lineamenti cominciano ad apparire stanchi, come se fosse arrivata al limite della sopportazione. Come se fosse stufa di sbattere contro un muro.

«Sono passata per dirti che...» comincia, snocciolando le parole con frenesia. Ma poi all'improvviso si blocca e fa ruotare lentamente il collo destra «Oh... Ci sei anche tu.»

Nolan rimane imperscrutabile per i primi secondi, poi accenna un lieve sorriso, diverso dai suoi entusiasmanti sprazzi di allegria. «Già. Ci sono anche io.»

Li fisso uno alla volta, con le sopracciglia corrugate in un'espressione confusa. «C'è qualche problema, ragazzi?»

Nolan e Janise si scrutano come se volessero fulminarsi con lo sguardo da un momento all'altro, e continuano a farlo almeno finché la tensione non diventa palpabile con le mani.

«No» risponde seccata Janise, incrociando le braccia al petto e voltandosi di nuovo verso di me. Non posso non notare come la sua calma statuaria sia andata a farsi benedire nell'arco di un solo minuto. Adesso il suo petto si muove su e giù rapidamente.

«Nient'affatto» conferma anche Nolan, lo sguardo dubbioso rivolto verso di lei, teso a captare ogni piccolo movimento contraddittorio.

Scuoto la testa e alzo le mani al cielo, tornando a gettare le cartacce nel cestino della spazzatura. «E voi dite che sono io ad avere dei problemi, eh?»

«Hai trasformato la tua stanza nel covo di uno scribacchino fallito dedito a Brandy e Bourbon» mi accusa Janise, lanciando un'occhiataccia alle bottiglie di Whisky e distillati poggiati sopra al comodino «Non dovresti nemmeno nominarla, quella parola, tu.»

«Sono solo dei rimedi per prendere sonno, Janise...» mi lamento sospirando «Non diventerò un alcolizzato, se è questo che ti spaventa.»

«Be', ti conviene nasconderle prima che passi mamma. Sai quanto odi vederti così.»

Stringo i pugni, infastidito dalle sue continue minacce velate. Anche Nolan se ne accorge e ruota il busto verso di lei, con un'espressione scocciata quasi quanto la mia.

«Perché non la pianti, Jan? Sei venuta qui solo per infierire, o ultimamente ci hai preso gusto a collezionare sbagli uno dopo l'altro?» sbotta seccato.

Janise fa un passo indietro, quasi del tutto involontario. Probabilmente non si aspettava di sentire quelle parole da lui. Lo fissa per qualche istante con occhi sorpresi, poi si schiarisce la voce e maschera con disinvoltura lo smacco subito, tornando a guardare me. «Mi ha mandata qui David. Vuole che ti dia una ripulita, che ti vesta e che lo raggiunga nel suo ufficio il prima possibile.»

Borbotto un'imprecazione a bassa voce. «Ho già detto tutto quello che sapevo sulla scomparsa di Abby Lorelaine due settimane fa. Cos'altro vuole da me?»

«Più indizi, immagino. E non sarete soli.»

«Questa storia degli interrogatori sta iniziando a diventare patetica.»

«Lo so. Ma sarà così, almeno fin quando...»

«Non scopriranno chi è il traditore. Lo so, lo so» concludo al posto suo, sospirando pesantemente «Quindi, con chi avrò il piacere di parlare oggi?»

Janise inarca un sopracciglio. «Con l'agente Madison Kane in persona. Ti sta aspettando insieme a David.»

«Wow, dovrò darmi davvero una ripulita allora» ribatto con sarcasmo, alludendo al mio stato trasandato che mi porto dietro da giorni.

«E ti conviene anche darti una mossa, sai? Non si fanno attendere, le signore. Specie se sono delle inviate da Danville

Mi stringo nelle spalle e mi passo una mano nei capelli. «Non mi sono fatto intimidire da un Ibrido, figuriamoci se lo faccia da una semplice donna in divisa.»

«Fossi in te, non ci metterei la mano sul fuoco...» s'intromette Nolan, con un sorrisetto teso «Ci ho parlato di sfuggita qualche giorno fa, mentre bevevo un caffè da Bertha. È una donna intelligente e di potere. Ha molte responsabilità caricate sulla schiena e sono convinto che non scalpiti dalla voglia di farsi mettere i piedi in testa da un Guerriero arrogante come te.»

«Reed ha ragione» conferma Janise, seppur a malincuore «Kane è un'investigatrice Celeste di potere. E come tutte le donne di potere, può rappresentare anche una fonte di guai.»

Poggio le mani sui fianchi e mi lascio scivolare le sue parole addosso, con un vago sentore di familiarità. «Mi avevi detto stare attento anche ad Abby, quando era arrivata nella Caserma. Mi avevi avvertito di tenere sott'occhio anche il suo, di potere. Non pensi di stare esagerando adesso?»

Janise però non sorride. «Già. Lo avevo fatto e, come vedi, non è servito a niente. Perciò te lo ripeto anche ora, visto che hai una certa calamità nei confronti del pericolo...» mi avverte «Madison Kane è qui per incastrare qualcuno, Jared. Non avrà mai ucciso Sottomessi come noi, ma ha nelle mani un potere decisionale più forte di ogni altro, in questa Caserma: il mio, il tuo... quello di Abby

«Non mi metterò nei guai» le concedo alla fine. Sposto meccanicamente lo sguardo sugli ultimi fogli accartocciati sul pavimento e stringo i denti «L'ho già fatto una volta e non ne è valsa la pena.»


Angolo dell'autrice. 

Eccovi il secondo capitolo, il primo dal punto di vista di Jared. Come vi è sembrato il nostro povero-ma-problematico Jared? Dite che ha accusato bene il colpo della perdita di Abby? :P

Ma lui non è il solo ad accusare i colpi... Anche Janise e Nolan hanno qualcosa che sotto sotto brucia. Cosa sarà successo in queste settimane tra loro? Insomma, nella Caserma le cose non sembrano andare granché bene... Presto conosceremo un altro attesissimo nuovo personaggio: l'agente Madison Kane. Vi piacerà un sacco. 

Baci, Ale!

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