11. Problemi di Alcool
Jared
Tra voler cambiare e iniziare a farlo davvero, spesso la strada che porta all'obiettivo è lunga e piena di ostacoli. E la mia è una ripida viottola in salita, attraversata nel mezzo da grosse voragini, che rischiano a ogni passo che compio di farmi cadere nel baratro ancora una volta. E poi un'altra ancora.
Ho promesso a mia sorella e a mia madre che ci avrei dato un taglio netto con l'alcool, da quando siamo tornati nella Caserma. Ho promesso al mio migliore amico che mi sarei dato una ripulita, per tornare a essere il Jared di un tempo, quello scorbutico e impeccabile sotto ogni punto di vista. Ho promesso a David di mantenere alte le sue aspettative, di non compiere passi falsi e di non sbagliare di fronte agli occhi degli agenti di Danville. Mai.
Ho dato così tante volte la mia parola, in questi giorni, che ogni sera maledico me stesso, quando torno in camera mia, e affogo la repressione e il nervosismo nell'ennesima bottiglia di alcool che rinchiudo gelosamente nell'armadietto dei medicinali del bagno.
E penso di non aver mai toccato così tanto il fondo in vita mia, non da quando esco per delle Ronde apparenti, e finisco per chiudermi in qualche locale sporco e malfrequentato per farmi versare bicchieri di Tequila o Whisky dall'ennesima barista umana preoccupata per le mie condizioni.
La verità è che nessuno mi può aiutare, nel mio stato. I cambiamenti devono sempre avvenire dall'interno e nascono solo se spinti da una motivazione. Io non ho voglia di essere aiutato, non ho motivo di farlo e non ho voglia di tornare a essere il Guerriero di prima, così carico di responsabilità e compiti.
Anche questa mattina è iniziata con il piede sbagliato: dal momento in cui mi sono alzato, ho avuto la strana sensazione che questa non sarebbe stata la mia giornata ideale, ma una di quelle da trascorrere in solitudine, a riempirsi la testa di pensieri da dover poi cacciare via la sera, per riuscire ad addormentarsi.
Invece sono cinque del mattino, fuori è ancora buio, e io tra pochi minuti dovrei essere pronto e vestito per la mia prima vera Ronda di ricognizione per Henver, accompagnata dalla simpatica ed esigente Madison Kane.
Allo stato attuale, però, non mi sento né pronto, né sono minimamente preparato per intraprendere questa divertente avventura all'alba di un nuovo giorno. Così, vago per la mia stanza, con i capelli scompigliati, delle occhiaie che mi arrivano fin sotto al mento, e un post-sbornia da paura, accompagnato da un terribile mal di testa.
«Porca puttana», borbotto con voce roca, mentre leggo il messaggio dell'agente Kane sul cellulare. "Tra qualche minuto sarò davanti alla tua camera. Fatti trovare pronto". Impreco di nuovo a bassa voce e mi passo una mano tra i capelli, mentre mi muovo per la mia stanza, perso e senza un'apparente destinazione.
Da cosa dovrei cominciare? Dovrei dare una ripulita alla camera, magari togliendo quei cocci di vetro sparsi sul tavolino? O forse sarebbe meglio che mi dessi una sciacquata al volto, nel vano tentativo di portare via qualche strato di ebbrezza e stanchezza dalla pelle?
Sospiro, mentre guardo il caos che è scoppiato da diverse settimane nei pochi metri quadri in cui vivo, e decido di lasciar perdere, infilandomi un paio di pantaloni verdi militare che avevo abbandonato dall'ultima Ronda sopra alla poltrona. Andranno più che bene per la passeggiata tranquilla che dovremo fare tra poco.
L'arrivo di Madison è preciso e puntuale come mi sarei aspettato: bussa alla porta due volte e mi chiama a voce alta. Chiudo il rubinetto dell'acqua dopo essermi sciacquato il volto e vado all'ingresso con i capelli e la fronte che gocciolano ancora di acqua gelata: spero che almeno questo mi faccia rinsavire un po'.
«Buongiorno, agente.» Sfoggio un sorriso beffardo e mi appoggio sullo stipite della porta, aperta per metà. «Puntuale come un orologio svizzero, devo notare.»
Madison dapprima mi guarda con disappunto, come se avesse già percepito una nota sarcastica nel mio tono di voce, ma subito dopo la sua attenzione si sposta dal mio volto sbattuto al corpo, analizzando brevemente e in modo a dir poco pudico i miei addominali. Le sue guance infatti si tingono in batter d'occhio di un rosa acceso e la vedo distogliere gli occhi dal corpo con la stessa velocità in cui ce li ha fatti posare.
«Perché non sei ancora vestito, Jared? Ti avevo detto di farti trovare pronto», mi rimprovera, senza metterci però abbastanza autorità nel tono.
«E tu dove pensi di andare, vestita così?» La guardo quasi con disprezzo, stretta in una gonnellina di jeans nera, abbinata a una camicetta a pois.
Madison mi fulmina con lo sguardo e dà una spinta alla porta, speronandomi dallo stipite e facendomi indietreggiare. «Mettiti una maglietta, Jared. Clint ha detto che questa Ronda deve essere svolta all'alba. Non ho voglia di fare tardi per colpa tua.»
La faccio entrare dentro la mia stanza e chiudo la porta alle nostre spalle. Per un attimo, la vedo scandagliare gli occhi su ogni oggetto fuori posto e gettato in malo modo a terra, poi sospira, schifata, e torna a guardami. Si sposta una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio e incrocia le braccia al petto.
Mi limito a fissarla, in attesa di vedere quale sarà la sua prossima mossa.
«Perché c'è una bottiglia di liquore frantumata sul tuo tavolo da salotto?»
Mi porto una mano sulla bocca e soffoco a stento una risatina. «Che arguzia, agente. Devo ammettere che hai un'osservazione degna di una vera investigatrice.»
Madison dischiude le labbra, mentre mi osserva sotto una luce diversa e realizza il problema, avvicinandosi pericolosamente a me come una piccola furia. Mi mette sotto torchio con gli occhi blu per qualche secondo, alzando il mento verso il mio volto e dilatando le narici, in cerca dell'indizio finale.
«Sei ubriaco», si lascia andare alla fine, tra il sorpreso e lo stizzito. «Maledizione, Evans, ti sei davvero scolato quella bottiglia di liquore prima di una Ronda?»
«Veramente, l'ho bevuta in piccole dosi per tutta la notte.»
«Pensi di essere divertente? Credi forse che stiamo giocando?» Il suo sguardo è esasperato e allarmato allo stesso tempo, come se non riuscisse a trovare il modo migliore per fronteggiare la situazione... Come se in qualche modo la temesse. «Non possiamo rimandare la Ronda. Abbiamo già dei tempi stretti.»
«Possiamo continuare a berci su, se vuoi. Ho un'altra bottiglia di...-»
«Smettila di scherzare, Jared. Ti farò richiamare formalmente per questo. Forse non hai ancora capito con chi hai a che fare», mi minaccia, spavalda.
Sorrido, fortemente convinto di poterla contraddire con un solo battito di ciglia. Faccio un passo verso di lei e le poggio l'indice della mano proprio sotto al mento, sollevandolo verso di me. «Secondo me, non lo hai capito nemmeno tu...», mormoro a bassa voce, inarcando il sopracciglio e squadrandola dall'alto in basso. Una fugace ondata di profumo mi invade le narici per qualche secondo: sa di muschio e tè verde... Un odore del tutto estraneo e nuovo.
Madison indietreggia meccanicamente con il corpo, sottraendosi alla mia ispezione molesta. Probabilmente, in questo momento penserà che sia un qualche tipo di molestatore.
Scuoto la testa, rinsavendo, e torno a guardarla con la stessa freddezza di prima. «Il tuo profumo non mi ricorda niente. È anonimo, proprio come te.» La inchiodo con lo sguardo, con la speranza che le mie parole la feriscano dentro, che le lacerino qualcosa per farle provare almeno una parte del dolore che sento io.
Ma lei sembra accusare bene il colpo e si stringe di nuovo nel suo atteggiamento professionale e austero. «Se pensi di trovare qualcosa di lei in me, ti sbagli di grosso.»
«Che possa morire adesso, se spero davvero di trovare qualcosa di lei in te, Madison. Le sei lontana un miglio.»
«Non ho nessuna ambizione a diventare un essere ricercato dal Consiglio di Danville», rettifica lei, sorridendo con sufficienza. «Adesso, se abbiamo finito di giocare, voglio che mi segui in bagno.» Mi afferra per il polso e mi dà una scrollata, per intimarmi a seguirla.
Io ridacchio a bassa voce, ancora trainato dall'ironia dell'alcool e muovo dei passi pesanti verso il luogo in cui mi sta conducendo. «Vedo che non perdiamo tempo, eh, agente? Almeno conosciamoci un po', prima.»
Appena arrivati nel mio piccolo bagno, Madison apre il rubinetto del lavandino e mi ci spinge addosso, tirando fuori una forza che non le avrei mai attribuito; con una mano mi afferra la nuca e la muove verso il basso, direzionandomi la testa dritta sotto il getto dell'acqua ghiacciata. Non riesco nemmeno a realizzare il gesto, infatti rimango immobile, a prendermi questa doccia gratuita da una quasi sconosciuta che si sta rivendicando un po'troppe libertà.
«Adesso vedi di riprenderti», mi intima dopo qualche secondo, chiudendo di scatto il getto d'acqua.
Mi tiro su lentamente dal lavandino, entrambe le mani strette sulla ceramica, come a volerla disintegrare in polvere. I capelli grondano sul volto e le gocce scivolano veloci sul petto, descrivendo le linee dei muscoli. Guardo Madison con uno sguardo assassino: non so come reagire, sul momento. In altri tempi, avrei preso un gesto simile da parte di una ragazza come tentativo di approccio, e probabilmente la situazione sarebbe già sfociata in altro, ma adesso la vorrei soltanto spintonare addosso al muro e stringerle una mano attorno a quel piccolo ed esile collo, per vederle sorgere negli occhi un senso di vera paura. Una parte del mio cervello inizia a elaborare tutti i possibili modi in cui lei reagirebbe, se davvero nel giro di qualche secondo la toccassi con un dito... a tutti i modi in cui combatterebbe e cercherebbe di contrastarmi, con le unghie, i pensieri e le parole. Ma poi scuoto impercettibilmente la testa e cancello questo pensiero assurdo.
Lei non è Abby... Ma potrebbe avere la stessa voglia di giocare con il fuoco.
«Attenta, Madison. Verrai pure da Danville, ma non ti lascerò prendere altre libertà», l'avviso, scandendo in modo glaciale ogni singola sillaba che pronuncio. E detto ciò, la supero con una spallata e torno in camera, ancora ebbro di rabbia e alcool. Lei mi segue senza aggiungere altro e rimane a guardarmi, mentre m'infilo una maglietta nera larga e usurata.
«Io non ho paura di un ragazzino presuntuoso come te...», la sento sussurrare a voce bassa.
Mi volto di scatto verso di lei e decido di soprassedere su un'altra sterile discussione. Piuttosto, le indico di nuovo il suo abbigliamento improprio. «Lo sai che non stiamo andando a fare una passeggiata per Henver, vero?»
«Ho una semiautomatica con silenziatore nella borsetta. Come sono vestita non è importante.»
«Davvero credi che funzioni così? Che ti basti vantarti di uno stupido oggetto per farti sentire meno in pericolo? Ma lo hai mai incontrato un Sottomesso?» La squadro, sperando di far apparire la sua affermazione ridicola.
«No, ma so difendermi benissimo da qualche malintenzionato.»
«Tu non hai mai combattuto contro nessuno, Madison. Probabilmente, non l'hai nemmeno mai toccata, quell'arma che tieni nella borsa, presa come sei stata a dedicare la vita a studiare casi irrisolti del mondo Alchemico.»
Per un attimo, la vedo tentennare, come se avessi davvero centrato appieno il fulcro del discorso. Sorrido fronte al suo silenzio e scrollo le spalle, come a voler dire: "Immaginavo bene."
«Quello che faccio nella vita io, non ti deve interessare.»
«Ripetimelo quando il primo Sottomesso che incontreremo ti starà torcendo il collo come una gallina starnazzante.»
Madison tira su il volto fiera e si abbottona la giacca a vento, mentre si avvia verso l'uscita della camera. «Bene, perché non ho alcuna intenzione di farmi salvare da un Guerriero Celeste sbruffone, incompetente e, per di più, ubriaco», sibila. «Adesso andiamo, prima che cambi definitivamente idea su questa Ronda.»
Rido sotto i baffi e la seguo, richiudendomi la porta alle spalle con la chiave. «Abituati all'idea che prima o poi ti salverò la vita, agente Kane, e che questo ti renderà in debito nei miei confronti.»
Angolo dell'autrice.
Ciao, Wattpadiani... Ogni tanto riappaio sulla piattaforma, e giuro mi sto impegnando per ritrovare un ritmo di scrittura più regolare. Purtroppo lavoro, vita sentimentale e sociale mi rendono difficoltoso il tutto, ma proverò a barcamenarmi nel migliore dei modi in questo mare di impegni.
Cosa ne pensate della storia? Sensazioni su Jared e Abby? State preferendo la parte ambientata nel covo di Cornelius o trovate più interessante le vicende della Caserma?
Quali sensazioni avete su Madison Kane? Dite che l'investigatrice Celeste dagli occhi blu e dal carattere fermo riuscirà a riportare Jared sulla retta via o gli ricorderà solo maggiormente l'assenza di Abby dalla sua vita?
Fatevi sentire... LOVE YOU!
QUI SOTTO... MADISON KANE
A.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro