Capitolo 11: Forgiato dall'odio
Buio
Ho sempre e solo conosciuto l'oscurità nella mia vita.
Mai un momento felice, non un sorriso o una carezza. Nessun tipo di affetto, di legame, di gesto dolce o magari che potesse tradire tenerezza.
Non ho mai avuto nessuno, sono cresciuto nell'odio più profondo e come una spugna l'ho assorbito e fatto mio.
L'abisso più tetro è la mia essenza.
Mi hanno allevato trattandomi come una malattia, un aborto, un abominio.
Si, usavano spesso quel epiteto nei miei confronti perché ai loro occhi ero un piccolo e malefico scherzo della natura: un imprevisto, uno sbaglio, un inciampo o una crepa malsana e frastagliata nella perfezione del corso liscio e limpido delle loro inutili, insignificanti e raccapriccianti vite.
Avevano cercato di controllare l'ignoto regalandogli buio, ignoranza e odio.
Che sbaglio madornale.
Poveri sciocchi! Non sapevano di cos'ero capace, nemmeno lontanamente lo immaginavano.
Una creatura ibrida.
Forse credevano che mi avrebbero controllato prendendomi da piccolo, negandomi tutto quello che la normalità avrebbe dovuto invece donarmi.
Non avevo neanche un nome o meglio lo avevo, ma loro non lo pronunciavano mai: mi avrebbe elevato a qualcosa anzi no a qualcuno degno di almeno una misera e insulsa briciola di rispetto.
Elijah
Non so chi lo scelse. Mia madre? Mio padre? Ma cosa sono poi se non insipide parole vuote e senza significato? Non sono nulla per me.
Nulla
E nell'assenza mi sono plasmato. Nessuna luce significa soltanto una cosa.
Buio
Oscurità
Abisso
Un buco nero. Questo sono io. Tutto quello che si avvicina troppo viene inghiottito.
Assenza totale. Non potevo crescere che così.
Biasimatemi se potete, ma io non rimpiango nulla di tutto quello che ho fatto.
Loro mi hanno fatto diventare così.
Ma tutti abbiamo una scelta
No. Io non ho avuto la possibilità di scegliere. O meglio, avrei dovuto diventare un burattino? Essere uno schiavo per il resto della mia esistenza?
Che cosa avreste fatto voi al mio posto?
La mia natura non può essere piegata. Non sarei rimasto in gabbia e se il buio era quello che avevo sempre conosciuto, allora così sarebbe stato anche per gli altri.
Non sono cattivo, al contrario. Io cerco la pace, ma la mia è diversa dalla vostra.
Chi vi dice che voi siate nel giusto? Chi vi dice che non stiate sbagliando?
Chi?!
Sono solo un povero ragazzo che ha una visione diversa dalla vostra e solo per questo la ritenete sbagliata?
Perché diverso è sbagliato, non è così?
Paura.
Non posso fare a meno di suscitarne eppure non mi interessa, anzi,quasi mi lusinga ed è quest'ultima che ho usato per liberarmi.
Lo ricordo come fosse ieri il giorno in cui presi il sopravvento su di loro.
Ingenui. Poveri ingenui.
Li posso vedere ancora adesso quegli occhi che mi pregavano di risparmiarli, li vedo chiaramente riflessi nel mio animo color della pece
***
-E-li-jah-
Finalmente sentivo pronunciare il mio nome da quelle odiose labbra.
Non poteva più respirare, la mia presa sul suo collo era troppo forte.
Potevo sentire il suo cuore pompare all'impazzata il sangue.
Su e poi giù.
Ancora e ancora freneticamente.
Sentivo l'aorta fremere impazzita tanta era la paura e la consapevolezza che di lì a poco avrebbe smesso.
Flebile, il battito incominciò a farsi sempre più flebile fino a quando non cessò.
Il mio carceriere giaceva esanime ai miei piedi e più lo guardavo, più non provavo rimorso.
Uscì.
Il freddo si accanì sulla mia pelle nuda e allora mi trasformai in lupo.
Io potevo farlo senza problemi. Io ero diverso. Io avevo controllo sulla mia natura.
Mi avevano solo reso più forte, forse alla fine avrei dovuto ringraziarli.
Fu lì,in mezzo alla neve bianca e fredda, nella mia forma di licantropo che la percepì per la prima volta.
Un qualcosa di tremendamente famigliare mi sfiorò la mente.
Era come un richiamo, mi sentivo una calamita.
Incominciai a camminare e poi a correrere. Le mie zampe sfioravano appena la neve, il mio corpo fendeva l'aria e io avanzavo veloce e potente. Non lo sentivo nemmeno l'attrito, semplicemente per me non esisteva. Ogni muscolo del mio corpo era teso spasmodico in molteplici movimenti protratti ad un unico obiettivo: dovevo arrivare alla fonte di quel dannato richiamo.
Io dovevo, era più forte di me.
Mi riempiva la testa, mi scuoteva dall'interno, scombussolava tutto il mio corpo fin dalle viscere.
Era qualcosa di simile a me.
Lo sentivo.
Lo sapevo.
Ne ero certo e così non facevo altro che correre.
Si fece buio alla fine,avevo perduto la cognizione del tempo, non avevo nemmeno notato la luna piena: loro si sarebbero trasformati e sarebbero venuti a prendermi.
No, non avrei lasciato che mi imprigionassero di nuovo. Sarei morto piuttosto che dargli la mia vita e la soddisfazione di vedermi nuovamente in catene.
Li avrei uccisi tutti e dal primo all'ultimo avrebbero rimpianto il maledetto giorno in cui avevano incrociato il mio cammino forgiandolo e indirizzandolo in una strada senza luci.
Correvo, il richiamo si faceva sempre più forte: era qualcosa di primordiale, un legame scaturito al mio primo respiro. Ne ero certo.
Era come me.
Un altro ibrido.
Non potevo crederci eppure qualcosa al mio interno mi diceva che era così.
Più mi avvicinavo più diventava una certezza e così aumentai il passo, le mie falcate si fecero sempre più potenti e impazienti, tanto da non farmi scorgere il pericolo.
Fu un attimo. Una frazione di secondo.
Un colpo forte e veloce mi scaraventò a terra, mi fece rotolare più volte nella neve bianca e così mi ritrovai ricoperto da piccoli cristalli candidi e gelidi. Tanto potente era stato l'impatto con l'altro corpo, che non mi ero nemmeno accorto di esser finito contro ad un pino che come una fine bacchetta si era piegato e accompagnato da un sonoro "crack" si era spezzato in due, ricadendomi addosso.
Frastornato alzai il muso e vidi un grosso licantropo dalla pellicia grigia e gli occhi dorati fissarmi. Aveva un espressione strana, indecifrabile, ma dietro di lui, a poca distanza, c'era il mio richiamo più forte: l'altro ibrido.
L'altro Me.
Il lupo se ne accorse e mi mostrò i denti affilati: era un avvertimento e significava solo una cosa
Non avvicinarti. Non provarci nemmeno.
Ma non mi importava, mi alzai e per un attimo mi parve di sentire la voce di quell'altro nella testa
Non farlo Elijah
Giurerei di aver sentito il mio nome, ma era impossibile, di certo era colpa della botta che avevo preso.
Mi alzai, ma non feci in tempo a fare un passo che me lo ritrovai addosso.
Lo sentì mentre con una sola zampa mi colpiva in pieno muso, un taglio si fece strada affilato e bruciante dal mio occhio sinistro fino a quella che doveva corrispondere alla guancia destra.
Ululai dal dolore e poi un altro colpo, ancora più forte del precedente mi raggiunse e stese a terra.
Persi i sensi.
Gli occhi mi si chiusero.
Oblio.
Oscurità.
Buio.
Spazio autrice :
Lo so, lo so sono ancora una volta in super super ritardo, ma abbiate pietà: la sessione estiva e gli esami da preparare sono (e vorrei potesse essere il contrario!) più "importanti" di Hybrid :(
Ma non vi mollo, tranquilli!;)
Quindi spero abbiate apprezzato questo capitolo TUTTO incentrato su.. tadah! Elijah!
È stato molto difficile da scrivere, quindi spero davvero vi sia piaciuto! ;) gli errori sono dovuti a stanchezza-stress... ultimamente ho tempo soltanto sul tardi per scrivere/leggere/aggiornare!
Baci baci ♡
Ps: si è capito che il licantropo con cui lotta è il padre?
E beh, per la felicità di qualcuno ho accennato a come si è procurato la ciccatrice! ;)
A presto! ♡
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