Capitolo 5: Rain
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Capitolo 5
Hayley
Quando uscii dalla Beacon High pioveva ancora e la maggior parte degli studenti erano corsi dentro all'autobus o all'interno delle loro macchine.
Io, invece, aspettai sotto la tettoia che tutti se ne fossero andati per poi scendere le scale trovandomi sotto lo scroscio d'acqua.
In California non pioveva praticamente mai e per una come me che aveva sempre amato la pioggia, il fatto che il quel momento stesse diluviando era come una benedizione venuta dal cielo.
Mi piaceva credere che me l'avesse mandata lei, perché sapeva quanto l'amavo.
Alzai la testa verso il cielo e chiusi gli occhi, lasciando che le gocce mi cadessero sul viso e che lo accarezzassero.
" Angelo, ma che fai? Sei fradicia " sentii dire ad una voce familiare.
Quelle parole mi spinsero ad aprire gli occhi e il mio sguardo incontrò quello di Aiden. Si trovava dinanzi a me ed era completamente zuppo, le sue labbra allargate in un sorriso divertito.
" Lo so, genio. Sai, succede quando si sta sotto la pioggia" risposi, tornando a chiudere gli occhi e a farmi accarezzare dalle gocce d'acqua ancora una volta.
La felpa che indossavo si era ormai bagnata completamente ed ero in grado sentire il tessuto aderire alla mia pelle. Sentii un brivido di freddo percorrermi la schiena, eppure non diedi particolarmente peso. Amavo sentire le gocce d'acqua scivolarmi lungo le guance e il modo in cui la pioggia pareva essere riuscita a fermare il tempo.
" Come mai ti piace così tanto ? " domandò Aiden, il tono di voce misti al ticchettio delle gocce d'acqua sull'asfalto e al suono prodotto dalle ruote che sfrecciavano sulla strada bagnata.
L'aria era appestata dall'odore dell'asfalto bagnato e alle mie narici giungeva anche la fragranza del profumo di Aiden. Aveva lo stesso odore del mare, misto a quello leggermente piccante della menta.
" Perché lava via lo sporco che c'è nel mondo " risposi, prima di allargare le labbra in un sorriso.
Dato che Aiden non replicò ulteriormente, decisi di aprire gli occhi e notai che il suo sguardo era fisso sulla mia figura. Le sue iridi in quella circostanza tendevano più al grigio che al verde o all'azzurro e parevano riflettere le nuvole che coprivano il cielo.
Vi era qualcosa nello sguardo di Aiden che mi fece percorrere un brivido lungo la spina dorsale, nonostante tentai di auto convincermi che fosse a causa del tessuto bagnato dei miei vestiti.
" A te non piace ? " indagai, facendo un passo verso di lui cose se mi sentissi attratta da una forza magnetica.
La pioggia cadeva fitta e la felpa che stava indossando Aiden si era già completamente inzuppata, il tessuto bagnato aderiva alla sua figura fasciando le sue braccia muscolose.
" No, la adoro. Semplicemente non mi sono mai fermato sotto lo scroscio d'acqua" replicò, alzando le spalle e senza distogliere nemmeno per un secondo gli occhi dai miei.
La colorazione delle sue iridi sotto quella luce mi dava l'impressione di trovarmi dinanzi ad un mare in tempesta.
Mi ritrovai a chiedermi quante gradazioni di colore potessero assumere gli occhi di Aiden e mi avvicinai ulteriormente a lui, fino a quando le punte delle nostre scarpe si toccarono.
" Chiudi gli occhi " sussurrai, senza rompere il nostro contatto visivo e pensando che, probabilmente, non ci sarei riuscita nemmeno se lo avessi voluto.
Ero completamente ipnotizzata da quei suoi occhi incredibili.
Aiden fece come gli chiesi e lo osservai mentre le gocce gli cadevano sugli zigomi, accarezzando il suo viso dai lineamenti scolpiti. La pioggia pareva essere intenta a baciare ogni centimetro del volto di Aiden, quasi fossero due amanti segreti.
" Ascolta il suono della pioggia che cade, il rumore delle macchine che sfrecciano sull'asfalto. Perditi in quel suono" dissi, prima di avvicinare le mani verso il suo viso in modo da abbassare il cappuccio della felpa nera che indossava.
Aiden restò ad occhi chiusi per qualche minuto e io continuai ad osservarlo, incapace di guardare altrove e di impedirmi di pensare quanto mi sentissi irrimediabilmente attratta da lui.
Mi pareva così strano che provassi quell'attrazione nei suoi confronti, considerando che lo conoscevo sol oda due giorni. Non riuscivo a spiegarmi come fosse possibile sentirsi tanto affascinasti da qualcuno che era poco più di uno sconosciuto.
Io ed Aiden eravamo completamente inzuppati, ma a nessuno dei due sembrava importare particolarmente. Le persone che camminavano accanto a noi parevano essersi eclissate e persino i suoni provenienti dalla strada giungevano ovattati alle mie orecchie.
Mi sembrava che il mondo si fosse fermato e che io e lui fossimo rimasti intrappolati in quel momento: lui ad occhi chiusi e io che lo guardavo, fino alla fine dei tempi.
Aiden
" Grazie Angelo" dissi, aprendo gli occhi e spostandole una ciocca di capelli che le si era attaccata al viso per colpa della pioggia.
Il trucco le era colato sotto gli occhi facendola assomigliare ad un panda inzuppato e nonostante ciò continuava ad essere bellissima.
Qualcuno qui ha una cotta.
No, è solo interesse.
Sì, okay e io sono Freddie Mercury.
" Per cosa? " domandò curiosa alzando un sopracciglio, quasi fosse confusa dalle mie parole.
Era così bella da darmi l'impressione che non mi sarei mai potuto stancare di guardarla, era come il più suggestivo dei paesaggi e avrei voluto avere la possibilità di restare a godermi quello spettacolo mozzafiato fino alla fine dei tempi.
" Beh, per quello che hai appena fatto. Era davvero da molto tempo che non mi rilassavo così e che mi sentivo in pace con me stesso" le spiegai, prima di avvicinare il mio indice al suo naso e catturare una goccia d'acqua che si trovava sulla punta.
Era la verità, da due anni a quel al parte mi sentivo sempre in conflitto con una parte di me che sembrava sempre avere la meglio.
Inoltre, il fatto che ogni notte sognassi la persona che più di tutte avrei voluto cancellare dalla mia memoria, non mi aiutava di certo.
Avevo tentato così tante volte di dimenticare il passato, di andare avanti e di non voltarmi mai perché sapevo che i ricordi a volte erano più affil ati delle lame. Tuttavia non ero mai riuscito nel mio intento fino in fondo, c'era sempre un momento in cui venivo inghiottito dal passato e in cui mi lasciavo divorare come una preda tra le grinfie di una pantera.
" Non c'è di che" rispose, abbassando lo sguardo e fissandolo sulle sue All Star bianche che, tra l'altro, erano completamente pregne dell'acqua piovana.
Hayley tremava leggermente e ciò mi inducesse a dedurre che, probabilmente, fosse piuttosto infreddolita.
" Andiamo, ti accompagno all'hotel" dissi, prima di iniziare a camminare e prestando attenzione a non mettere i piedi nelle pozzanghere.
Io e Hayley restammo in silenzio per buona parte del tragitto ed io continuai a osservare le persone che ci passavano accanto, soffermandomi con particolarmente attenzione su coloro che ritenevo differenziarsi dalla massa. Per esempio, poco distante da noi vi era una donna che era completamente vestita di rosa, a cominciare dall'ombrello che le riparava il capo dalla pioggia, fino agli stivali di gomma che portava ai piedi. Era una macchia sgargiante di colore che spiccava in mezzo ad una massa di persone grigie e monotone.
Essendo un patito di Harry Potter da quando da piccolo avevo visto il primo film della saga e, successivamente, letto il libro, mi ritrovai a pensare che quella donna vestita di rosa assomigliasse a Dolores Umbridge. Quel pensiero mi fece ridere leggermente.
" Tu e Ash non vi assomigliate molto, per essere gemelli " disse Hayley, interrompendo così il silenzio che si era creato tra di noi e facendomi così distogliere l'attenzione dalla donna che stavo osservando.
Lanciai un'occhiata verso di lei e la vidi giocherellare con la manica della sua felpa, l'aveva allungata fino a nascondere completamente la mano destra. Di lì a poco fece la medesima cosa con la sinistra, per poi portarsela alla bocca e mordicchiare la stoffa della felpa. Quel gesto fece aprire Hayley come una bambina piccola e fragile che era stata spaventata da un brutto sogno.
" Sì, lo so. Però siamo molto legati, farei qualsiasi cosa per lei" risposi, mentre le mie labbra si allargavano in un sorriso al pensiero di mia sorella.
Ash era sempre stata allegra, gentile e solare, tutti l'hanno sempre amata, soprattutto mio padre. Io al contrario mi divertivo spesso a stuzzicare mia sorella, combinavo spesso casini e nonostante fossi simpatico, avevo dei seri problemi a gestire la rabbia. Tuttavia, io e mia sorella siamo sempre stati molto legati, senza di lei probabilmente sarei stato morto in questo momento.
Tentai di scacciare quel pensiero dalla mia mente e tornai a guardare davanti a me, osservai una bambina saltare in una grande pozzanghera vicino al ciglio della strada, sotto lo sguardo divertito di sua madre.
Lanciai un'occhiata ad Hayley, perché il silenzio aveva iniziato nuovamente a permeare l'aria che ci circondava e la vidi guardare il marciapiede mentre camminava, lo sguardo perso da qualche parte, chissà dove e chissà quanto lontano.
" È giusto così, mi raccomando proteggila" disse, per poi darmi un piccolo colpo sul braccio e sorridere.
Nonostante le sue labbra fossero allargate in quel sorriso, nei suoi occhi io vedevo solo dolore.
Non riuscivo a comprendere cosa facesse cambiare l'umore di Hayley in modo così repentino. Mi chiedevo che cosa si nascondesse dietro a quel sorriso finto e da quali pensieri fosse affollata la sua mente, ogni qualvolta il suo sguardo si fissava troppo a lungo su un punto indefinito.
" Angelo, perché sei triste? " domandai senza pensare e realizzai di aver fatto una cazzata nel momento in cui lei cessò di camminare ed alzò lo sguardo per fissarlo nel mio.
Non parlò subito, anzi, restò a guardarmi negli occhi per svariati secondi lasciandomi con mille incognite per la testa. Aveva gli occhi sgranati e la sua bocca era leggermente schiusa, quasi il mio quesito l'avesse colta di sorpresa o fosse particolarmente complesso e lei dovesse riflettere a lungo per rispondere.
" Che cosa hai detto? " replicò, la voce tremante come a volermi lasciar comprendere quanto fosse genuinamente sorpresa.
Hayley infatti pareva seriamente confusa, come se non avesse capito la domanda o non accettasse di credere alle sue orecchie. Data la sua reazione indugiai per qualche secondo, prima di rispondere. Riflettei sul da farsi, chiedendomi se fosse opportuno liquidare l'argomento o ripetere la domanda; alla fine, optai per la seconda opzione.
" Ti ho chiesto perché sei triste. Stavi sorridendo ma avevi gli occhi lucidi, cosa c'è che non va? " domandai nuovamente, facendo un passo verso di lei.
Hailey non rispose, rimase a fissarmi come una bambina che era stata beccata con la mano dentro al barattolo dei biscotti.
Di lì a poco, riprese a camminare a testa bassa senza proferire parola e quando arrivammo dinanzi al Plaza mi guardò finalmente negli occhi. Le sue iridi parevano riflettere la confusione che provava in quella circostanza è riuscire addirittura a trasmettermela.
" Grazie per avermi accompagnata" disse, il tono di voce basso, quasi stesse trattenendo le lacrime o facesse fatica a respirare.
La pioggia persisteva a ricaderle sul viso e bagnarle i vestiti sempre di più, alcune ciocche di capelli le erano aderite al viso e il trucco sciolto che le circondava gli occhi la faceva apparire come una ragazza sperduta e fragile.
" Figurati " risposi, continuando a scrutare i suoi occhi in cerca di una risposta che, probabilmente, non avrei trovato e che mi avrebbe lasciato con un' incognita a cui non avrei saputo rispondere per molto tempo ancora.
A quel punto lei si voltò per entrare nell'hotel, ma io le afferrai il braccio per fermarla; avevo bisogno di chiederle una sola cosa, poi sarei stato in grado di lasciarla andare.
" Angelo, me lo dirai un giorno? " indagai, stupendo persino me stesso con quel quesito.
Non riuscivo a comprendere quale fosse la precisa ragione per la quale io provassi tanto interesse nei confronti di quella ragazza. Non ero in grado di capire fino in fondo come mai volessi cancellare quel falso sorriso dalle sue labbra e desiderassi farla ridere.
Hayley non rispose, si limitò ad annuire leggermente senza neanche voltarsi a guardarmi.
Quando la lasciai andare, lei oltrepassò la porta di vetro che le era già stata aperta dal portiere e mi lasciò solo sotto il getto della pioggia scrosciante.
Dal momento in cui avevo lasciato Hayley a quello in ci uscii dalla doccia, non smisi nemmeno per un secondo di pensare a lei.
La conoscevo da soli due giorni e miei pensieri continuavano a ruotarle attorno ininterrottamente. Era come se lei fosse divenuta il centro del mio universo, un punto fisso e luminoso che mi attirava a se come una calamita. Tirai un pugno all'anta del mio armadio per la frustrazione, sapevo che sarebbe già finita in modo tragico, io non ero ciò di cui aveva bisogno.
Io non facevo altro che distruggere, lo avevo già dimostrato in passato e non avevo bisogno di altre conferme. Non potevo permettermi di avvicinarmi ulteriormente a Hayley, altrimenti lei avrebbe finito per rimanere affogata dalle onde dell'oceano denominato Aiden.
In quel momento il suono del mio cellulare mi distolse dai miei pensieri. Mi diressi verso il letto sul quale il telefono giaceva abbandonato e lo afferrai, era Will a chiamarmi.
" Pronto?" risposi, passandomi una mano tra i capelli bagnati e scrutando la mia stanza in cerca della maglietta che indossavo per restare in casa.
Iniziai a passare in rassegna una pila di vestiti che giacevano sulla sedia e trovai ciò che cercavo sotto l'ammasso informe. Indossai la maglietta con due semplici movimenti e prestai attenzione a ciò che aveva da dire il mio migliore amico.
" Aiden, amico ti va di venire a giocare a biliardo stasera? Non ho voglia di stare a casa" domandò Will, mentre io ero intento a scompigliarmi i capelli con la mano libera, sperando che quel gesto avrebbe contribuito ad asciugarli più in fretta.
No, idiota. Ora sembra che tu abbia messo le dita in una presa.
Sono sexy allora.
No, sei solo scemo.
Sorrisi nell'udire le parole del ragazzo, Will aveva il potere di farsi vivo ogni volta che ne avevo bisogno senza che neanche glielo chiedessi.
Presi la pila di vestiti e la buttai nella cesta del bucato, era il mio modo di fare ordine in camera mia, non che fosse particolarmente disordinata, tuttavia mia madre aveva sempre di che lamentarsi quando vi ci metteva piede. Soprattutto in quel periodo considerando che Dolores, la nostra domestica, era andata in Messico a fare visita ai suoi parenti per quattro giorni.
" Ci vediamo tra mezz'ora al Ruby's " replicai felice e dopo quelle parole riattaccai.
Aprii l'armadio e prelevai i miei jeans scuri, sopra indossai una maglia a maniche corte grigia e la mia giacca di pelle nera. Mi preoccupai di usare l'asciuga capelli di mia sorella, nonostante lei detestasse quando toccavo le sue cose. Quando ritenni che i miei capelli fossero sufficientemente asciutti, mi misi il profumo ed uscii dal bagno.
Quando spalancai la porta, mi trovai faccia a faccia con mia sorella che, tra l'altro, reggeva tra le braccia una serie di vestiti appallottolati gli uni sugli altri. Io ed ash condividevamo il grande bagno posto in fondo al corridoio, perciò non restai molto sorpreso di avere un incontro ravvicinato con lei.
" Ciao Ash, io esco" le comunicai, prima di avvicinarmi al suo viso e lasciarle un delicato bacio sulla guancia.
Dopodiché le scompigliai i capelli amichevolmente come ero solito fare e lei sbuffò scocciata.
" Aiden, lo sai che papà si arrabbia se non lo avvisi prima che non ci sei a cena" replicò lei, mentre io ero già metà del corridoio.
" Che differenza fa? Tanto se la prenderà con me in ogni caso e poi è sempre arrabbiato, perciò non importa che io lo avvisi o meno. Diglielo tu " dissi, la via voce accompagnata dal suono prodotto dalla suola delle mie scarpe a contatto con i gradini della scala che conduceva al piano inferiore.
La casa dove io e la mia famiglia abitavamo era stata arredata in modo moderno da mia madre che, per l'appunto, aveva una passione per il design. Si trattava di un'abitazione dislocata su due piani il quale ambiente era permeato dall'odore di arancia emesso dal profumo per ambienti e dal silenzio, dato che i miei genitori tornavano a casa la sera tardi.
Una volta scese le scale, a destra si trovava la cucina la quale era caratterizzata dal pavimento di marmo a scacchi bianchi e neri, quelle sue gradazioni di colore caratterizzavano la stanza. Feci il mio ingresso nella cucina la quale, tra l'altro era priva porta e prelevai un bicchiere dal piano posto sopra il lavandino. Il pezzo di arredamento era composto di legno laccato bianco, in netto contrasto con il bancone che poggiava al muro posto accanto all'entrata il quale era composto di marmo nero che, probabilmente, era costato una fortuna. Mia madre amava cucinare, nonostante la maggior parte delle vite fosse Dolores a preparare i nostri pasti. Infatti il piano cucina era caratterizzato dai fornelli ad induzione e da un forno piuttosto grande che era uno dei migliori sul mercato. Lo sapevo perché mia madre aveva trascorso giorni a vantarsi di quel forno, tanto da condurre me e mia sorella all'esaurimento.
Mi avviai verso il frigorifero e fruttai il distributore posto di una delle due ante per riempirmi il bicchiere di acqua fresca.
Dopo aver abbandonato il bicchiere nel lavabo, mi diressi verso l'uscita e mi diressi verso la mia auto.
Il Ruby's era il locale che preferivo in assoluto, per svariati motivi: suonavano musica dal vivo, si giocava a biliardo e si potevano vincere parecchi soldi scommettendo. Quella sera, inoltre, era particolarmente affollato, il che implicava che le partite a biliardo sarebbero state decisamente più divertenti. Il locale era gremito principalmente di persone sopra i vent'anni, il che era nella norma, considerando che era frequentato soprattutto dagli studenti delle università. Al bancone Danny, il barista, era intento a servire una birra ad un uomo che sembrava già aver bevuto abbastanza, lo si poteva notare dal modo in cui rideva e cercava di parlare con una ragazza seduta accanto a lui che, tra l'altro, sembrava estremamente disgustata da lui. Sul palco invece vi era l'ennesima band che tentava di guadagnare quel tanto che bastava per arrivare a fine mese e che, con ogni probabilità, sperava che un giorno, possibilmente non troppo lontano, dalla porta del Ruby's sarebbe entrato un famoso produttore discografico che avrebbe offerto loro un contratto.
La canzone che stavano suonando era orecchiabile, ma non mi sembrava niente di particolare o che valesse la pena ascoltare. Le band migliori, quelle veramente degne di nota, si potevano trovare solo nel weekend.
" Amico che ne dici, facciamo una scommessa?" mi chiese Will, mentre era intento a guardare una cameriera che era intenta a servire un ragazzo nel tavolo da biliardo accanto al nostro.
La ragazza aveva i capelli lunghi e rossi legati in una coda che le accarezzava la schiena, le sue braccia erano ricoperte di tatuaggi ed aveva un fisico tutto curve.
Carina.
Non quanto Hayley.
Il mio amico soffermò il suo sguardo sul sedere della cameriera che era fasciato da un paio di jeans scuri. Will, come me, era piuttosto bravo a farsi notare dalle ragazze. Sapeva quali parole scegliere affinché il sesso opposto si interessasse a lui, gli cedesse il suo numero di telefono e lo invitasse al suo appartamento. Sia io che Will, tuttavia, non ci eravamo mai stabiliti con una sola ragazza, perché non avevamo mai trovato quella che ritenessimo adatta.
Il mio migliore amico continuò a seguire la cameriera con lo sguardo fino a quando la sua figura non scomparì dalla sua visione.
" Ci sto" replicai, colpendo il mio pugno con il suo come a voler sancire il nostro accordo.
Mi incamminai verso uno dei tavoli da biliardo liberi, accompagnato dall'assolo di batteria proveniente dal paco il quale suono si mescolò al chiacchiericcio confuso che permeava il locale. Le mie narici erano riempite dall'odore fermentato della birra, misto a quello dello pungente di fumo.
Iniziai a mettere la cera sulla una delle stecche che avevo prelevato dal muro sul cui poggiavano ed osservai la punta colorarsi leggermente di blu.
Anche Will ne prese una e ne coprì la punta con un leggero strato di cera.
" Io scelgo per te, tu scegli per me. Ci stai? " propose, prima di togliersi la giacca di pelle che indossava e gettarla sullo sgabello posto vicino al tavolo da biliardo.
Tutte le volte che andavamo al Ruby's, sia io che Will, sfidavamo qualcuno a giocare a biliardo puntando un'azzardata cifra di soldi, sperando poi di vincerne il doppio. Era un gioco come un altro per rendere divertente la nostra serata, considerando che io e il mio migliore amico non possedevamo ancora l'età per bere e che, di conseguenza, non potevamo concederci qualche tranquilla chiacchierata dinanzi ad un boccale di birra. Io possedevo un documento falso, avevo tentato di usarlo una sola volta al Ruby's per comprare uno whiskey e in cambio avevo ricevuto una lattina di Coca Cola. Il barista mi conosceva abbastanza bene da sapere che non avevo l'età adatta per bere, perciò non si era lasciato ingannare dal mio documento falso. Ad ogni modo, adoravo il Ruby's e il fatto che non potessi permettermi di bere una birra, non mi aveva mai impedito di recarmi nel locale per giocare a biliardo.
Scrutai la sala alla ricerca di qualcuno che potesse sfidare il mio migliore amico, tralasciai i membri delle varie università perché sapevo già che sarebbero stati fin troppo facili da battere. Io e Will giocavamo più per il divertimento che per i soldi, quindi dovevo scegliere un soggetto che sembrasse quantomeno bravo.
" L'uomo al tavolo davanti alla batteria. Quello alto con la barba " dissi, indicandolo discretamente colui che avevo scelto con un dito.
Il mio migliore amico si voltò a guardare l'uomo da me indicato e successivamente annuì. Dopodiché si guardò un po' intorno e scosse la testa un paio di volte, probabilmente perché non convinto della propria scelta, prima che i suoi occhi si soffermassero su un soggetto in particolare.
" Per te io ho scelto quello alto e muscoloso al tavolo in fondo alla sala " annunciò, le labbra allargate in un sorriso stampato in viso e aveva l'aria di essere contendo di colui che aveva scelto.
Cercai l'uomo di cui parlava il mio migliore amico e lo vidi mentre deglutiva la birra che rimaneva nel suo boccale tutta di un fiato, per poi pulirsi la bocca dalla schiuma con il dorso della mano.
" Perfetto, buona fortuna amico" replicai, prima di dare il cinque a Will e mi avviarmi verso il tavolo che mi aveva indicato poco prima.
La band che era intenta a suonare in quel momento era molto meglio della precedente, il chitarrista, infatti, stava suonando un assolo degno di un professionista. Alle mie orecchie giunse un'imprecazione avanzata da qualcuno dall'altro lato del locale che, probabilmente, aveva mancato un colpo a biliardo.
" Hey amico, ti va di fare una partita? " chiesi, poggiando una banconota da cento dollari sul rivestimento verde del tavolo.
L'uomo mi guardò e sorrise, dandomi così la possibilità di notare che aveva un dente d'oro che rifletteva la luce gialla e soffusa del locale. I suoi capelli erano rossi e crespi, aveva una barba folta ed ispida che lo faceva sembrare più vecchio di quanto non fosse in realtà.
" Non sei un po' troppo giovane per scommettere, ragazzino? " mi schernì, prima di scoppiare in una rumorosa risata e lanciare un'occhiata al il suo amico, un uomo alto e grasso che indossava un cappellino da baseball nero.
Mi soffermai qualche secondo ad osservare i suoi lunghi capelli castani che gli ricadevano sulle spalle e la sua barba altrettanto lunga, mi chiesi da quanto non se la tagliasse per essere riuscito a farla crescere così. Distolsi lo sguardo disgustato, quando mi accorsi che la maglietta bianca che indossava sotto alla camicia a quadri era sporca di unto.
" Hai paura per caso?" asserii sfacciato e l'uomo con la camicia scoppiò a ridere di gusto.
Lo guardai prendere il suo boccale di birra e bere lungo sorso, qualche goccia gli cadde sulla barba ma lui non sembrò interessarsene o prestarci particolare attenzione.
" Duecento verdoni sono la posta In gioco. Spacchi tu, ragazzino " disse l'uomo che avevo sfidato, prima di sorridere mettendo nuovamente in mostra il suo dente d'oro.
Lo vidi infilare una mano nella tasca posteriore dei suoi jeans chiari che, tra l'altro, erano sporchi di vernice bianca in diversi punti e ne dedussi che, probabilmente, faceva l'imbianchino o un lavoro simile.
Posizionai il triangolo al centro del tavolo da biliardo e con un colpo secco spaccai, mandando in buca tre biglie.
Sono troppo bravo.
Sei troppo idiota.
Dopo un quarto d'ora avevo già messo in buca un abbondante numero di biglie e potevo capire dall'espressione frustrata e confusa del mio avversario che lui non si fosse aspetto minimamente che io fossi così bravo a giocare. L'uomo era intento a grattarsi nervosamente la barba, pensando a quale sarebbe stata la sua prossima mossa e una volta prescelta la biglia adatta la colpì, tuttavia non riuscì a mandarla in buca. Imprecò sotto voce ed un sorriso si fece strada sulle mie labbra, ero ormai consapevole di avere la vittoria in tasca.
Una volta terminato di giocare, mi recai verso il tavolo in cui era intento a mettere fine alla sua partita il mio migliore amico. Non trascorse molto tempo, prima che Will imbucasse la voglia vincente e si infilasse nelle tasche i soldi in palio.
" Quanto hai vinto? " chiesi, mentre uscivamo dal Ruby's.
L'aria non era particolarmente fredda quella sera ma l'umidità che la pioggia si era lasciata alle spalle appesantiva l'appesantiva.
Il sole era ormai tramontato da tempo, avevamo trascorso dentro al Ruby's decisamente più tempo del previsto. Presi il telefono che tenevo nella tasca dei pantaloni e avvisai mia madre che non sarei tornato in casa per cena, dato che non volevo farla preoccupare inutilmente.
" Trecento dollari, tu?" replicò Will, prima di indossare la giacca con un movimento fluido e veloce.
Sembrava particolarmente soddisfatto della sua partita a biliardo e sulle labbra sfoggiava un sorriso che lo dimostrava.
" Duecento, visto che hai guadagnato tutti questi soldi mi offri la cena" dissi indicando il Burger's King che era poco distante da dove ci trovavamo.
L'insegna del fast food si rifletteva sull'asfalto bagnato, dando all'acqua una colorazione rossa e blu. Di lì a poco un cane privo di guinzaglio passeggiò sul marciapiede, seguito da un ragazzo con indosso una felpa verde il cui cappuccio gli copriva il capo, nonostante avesse ormai cassato di piovere da tempo.
" Amico i soldi non ti mancano, compratela da solo la cena" replicò il mio migliore amico, dandomi una leggera spinta al braccio.
Scoppiai a ridere nell'udire le sue parole e gli diedi un colpo dietro alla testa per ripicca al suo gesto.
" Guarda che nemmeno a te mancano i soldi, quindi vedi di non fare il tirchio e di comprarmi un hamburger" lo rimproverai, prima di afferrarlo per le spalle e sfregare le mie nocche sulla sua testa.
Sapevo che quel gesto avrebbe dato molto fastidio a Will, dato che ogni volta che da piccolo gli facevo quel dispetto finiva sempre per cessare di parlarmi per qualche minuto, quasi fosse la mia punizione.
" Va bene, hai vinto. Allora dimmi, è Hayley la ragazza di cui mi hai parlato ieri? " mi chiese incuriosito, sfuggendo alla mia presa e cominciando a passarmi le dita tra i capelli per rimetterli in ordine, fallendo miseramente.
Avevo parlato a Will di Hayley, ovviamente non avevo accennato neanche minimamente al modo in cui mi aveva fatto sentire trascorrere un'intera giornata accanto a lei. Tuttavia gli avevo raccontato lo strano modo in cui ci eravamo incontrati e il modo in cui avevamo passato il pomeriggio. Aveva addirittura visto la foto che avevo scattato a Hayley e ricordavo di averlo visto osservarla intensamente, quasi come ne avesse voluto cogliere ogni dettaglio.
" Sì " confermai, camminando a testa bassa e osservando l'asfalto bagnato.
Aveva smesso di piovere e mi chiesi se Hayley ne fosse triste.
Mi tornò in mente il momento in cui l'avevo vista restare sotto lo scroscio incessante della pioggia, noncurante di ciò che la circondasse e del fatto che i suoi vestiti si stessero infradiciando completamente.
" È proprio una bella ragazza, non mi stupisce che ti abbia colpito così tanto" disse Will, distogliendomi dai miei pensieri e portandomi a lanciargli una veloce occhiata.
Era intento a calciare il tappo di una birra che aveva trovato lungo il cammino, il cui suono metallico a contatto con l'asfalto ci accompagnava verso il Burger's King.
" La trovo interessante " puntualizzai, considerando che fosse azzardato affermare che mi piacesse una ragazza che conoscevo da soli due giorni.
Per di più io non ero il tipo che si faceva coinvolgere sentimentalmente, principalmente perché non potevo permettere che qualcun altro si facesse male a causa mia.
" Beh con il carattere che si ritrova non potrebbe essere altrimenti " rispose Will ridendo leggermente e avvicinando la mano alla mia spalla in modo da picchiettarla un paio di volte.
In quel momento alle mie orecchie giunse il suono prodotto dalla sirena di una volante di polizia che, lentamente, si fece sempre più fuoco a mano a mano che si allontanava.
" Già" confermai, prima di passarmi una mano tra i capelli.
Will aveva ragione.
Hayley era così particolare: prima fredda e distaccata, poi estroversa e solare. Passava dall'essere sorridente all'essere arrabbiata ed era capace di fissare il vuoto con lo sguardo perso e di piangere dal ridere il minuto dopo. Era un uragano di emozioni e non riuscivo a smettere di pensare a lei e a quanto volevo averla accanto, per quanto fosse maledettamente in contrasto con i miei principi.
Lei si merita di meglio, io sono un disastro.
Forse non rovinerai tutto.
Invece sì, io rovino sempre tutto e tutti.
Strinsi i pugni per la rabbia che provavo e che sentivo ribollirmi dentro come un vulcano sul punto di esplodere. Tentai di ricacciare il volto che era riemerso dai miei ricordi in un angolo polveroso della mia mente, sperando che non ne sarebbe riemerso.
" Hey! " sentii gridare a qualcuno alle mie spalle.
Quando mi voltai vidi l'uomo con cui avevo giocato a biliardo poco prima. Aveva dipinta sul volto un'espressione arrabbiata e dal tono della sua voce potevo dedurre che fosse piuttosto alticcio.
" Ridammi i miei soldi ragazzino " gridò nuovamente, nonostante mi avesse ormai raggiunto e fosse poco distante da me.
Il suo amico - l'uomo con indosso la camicia a quadri e la canottiera bianca sporca di unto - lo raggiunse di lì a poco.
" Amico li ho guadagnati lealmente" risposi pacato, nonostante sapessi dove ci avrebbe condotto quella situazione.
Non era la prima volta che qualcuno mi inseguiva dopo averlo battuto onestamente a biliardo e la maggior parte delle volte - quasi sempre a dire la verità -, mi ritrovavo coinvolto in una rissa.
" Mi servono per sfamare la mia famiglia, coglione " replicò burbero, prima di tentare di colpirmi il viso con un pugno.
Schivai il colpo con un movimento fluido, dato che ero abituato a combattere. Infatti, per guadagnare soldi facili, oltre a scommettere durante le partite a biliardo, sia io che Will partecipavano agli incontri clandestini di MMA che venivano organizzati in città.
" Forse dovevi pensarci prima di scommettere ciò che avevi " dissi, lasciando che la mia voce gli permettesse di carpire quanto mi stessi incollerendo.
L'uomo si lanciò verso di me e quella volta non riuscii a schivare il suo pugno che, con mio grande disappunto, mi colpì vino all'occhio destro. A quel punto, l'amico di dente d'oro ci iniziò ad attaccare briga con Will nonostante lui non fosse direttamente coinvolto nella vicenda.
Iniziammo a picchiarci sul marciapiede, cosa che, per altro, trovavo di pessimo gusto. Mi dava l'idea di essere tornati all'età della pietra, nonostante io amassi combattere.
Pochi minuti dopo i due sconosciuti erano entrambi sul pavimento semi incoscienti e piuttosto mal messi, il loro respiro pesante e le labbra che si muovevano producendo suoni sconnessi per via del troppo alcol da loro ingerito.
" Tieniti i tuoi soldi, non mi servono " dissi lanciando i duecento dollari all'uomo con il dente d'oro.
Non era del tutto vero, ma sicuramente lui e la sua famiglia ne avevano più bisogno di me. Inoltre di lì a poco avrei avuto un incontro di box, quindi ero sicuro che avrei guadagnato molti più soldi di quanti ne avessi vinti quella sera.
Io e il mio migliore amico ci allontanammo dai due ed entrammo da Burger's King. Nel momento in cui varcai la porta mi tornò alla mente il viso felice di Hayley mentre ordinava da mangiare da Mc Donald's, io modo in cui la luce del locale le illuminava gli occhi e come era solita sbuffare quando la fissavo mentre mangiava.
Quel pensiero mi fece ribollire il sangue nelle vene.
Cosa mi stava facendo quella ragazza?
Hayley
Mio papà era dovuto andare ad una cena di lavoro, perciò mi ritrovavo nella mia camera d'albergo a mangiare una coppa di gelato grande quanto la mia faccia che avevo ordinato con il servizi in camera, davanti agli episodi di Scrubs.
Chissà che cosa starà facendo Aiden.
Magari le flessioni a petto nudo.
Ma ti pare?!
Beh, però devi ammettere che come pensiero non è male.
Alzai gli occhi al cielo per la conversazione che stavo avendo con la mia coscienza, era incredibile quanto potessi essere in rivalità con la mia stessa mente e quanto il mio subconscio sembrasse interessato a quel ragazzo che conoscevo da soli due giorni.
Ancora non potevo credere che Aiden si fosse accorto che mi era venuto da piangere sentendolo dire che avrebbe fatto qualsiasi cosa per Ash.
Nessuno si era mai accorto quando sorridevo per finta, nemmeno mio papà che mi conosceva da tutta la vita, eppure a lui è bastato uno sguardo.
Ammettilo, vorresti vederlo adesso.
No, lui si merita di meglio. Io sono solo un disastro.
Di nuovo con questa storia?
Sì, ora lasciami in pace.
Continuai a guardare gli episodi di Scrubs fino a quando non iniziai a sentire le palpebre pesanti e caddi in un sonno profondo.
" Dai Hayley andiamo, tuo padre e tua sorella ci stanno aspettando" disse una voce dolce e familiare che conoscevo fin troppo bene.
Avevo otto anni e stavo camminando con mia mamma per le strade di New York che, in quel momento, erano deserte ed avevano assunto un aspetto particolarmente tetro a causa della luce dei lampioni mista ad una fitta nebbia.
Erano le nove di sera ed eravamo dinanzi alla nostra macchina con l'intenzione di tornare a casa, quando tre ragazzi sbucarono da dietro un vicolo e ci sbarrarono la strada. Uno di loro aveva una pistola tra le mani e il capo chino coperto in parte dal cappuccio della grande felpa nera che indossava, l'arma che stringeva mi costrinse a focalizzare la mia attenzione su di lui, ignorando gli altri due. Il giovane aveva lo sguardo accigliato e puntava l'oggetto che teneva stretto nella mano destra contro di noi.
" Dammi la borsa e non guardarmi in faccia! " gridò a mia mamma, mentre qualche goccia di saliva aduggiava dalle sue labbra per la troppa enfasi con cui era intento a parlare.
Mia mamma nascose dietro la sua schiena con fare protettivo, prima di fare ciò che il ragazzo le aveva gridato.
Sentivo i battiti del mio cuore diventare sempre più veloci con il passare dei secondi e nonostante fosse febbraio e l'aria fredda mi sferzasse il viso, riuscivo a sentire una goccia di sudore accarezzarmi lentamente la fronte.
L'aria era permeata dall'odore di asfalto bagnato e dal profumo alle pesche che era solita indossare mia madre.
" Dammi le chiavi della macchina, non guardarmi " continuò il ragazzo, la voce intrisa di rabbia.
Mi fece venire i brividi e sentii la paura farai strada dentro di me come un serpente sinuoso che mi strisciava sulla pelle.
" Non guardo " rispose mia mamma porgendogli le chiavi, la testa volta di lato e gli occhi chiusi.
Uno degli amici di colui che era intento a minacciarci, afferrò le chiavi e alle mie orecchie giuste il tintinnio da esse prodotto.
Salirono subito sulla nostra auto e mentre uno di loro metteva in moto, io fissai il ragazzo che ci aveva minacciate negli occhi.
Aveva il viso giovane e le sue iridi scure erano fisse nelle mie, tanto nere da premi due buchi riempiti di oscurità. Aveva i lineamenti piuttosto marcati e due profonde occhiaie gli contornavano gli occhi.
Il ragazzo mi guardò per un secondo con lo sguardo truce, poi abbassò il finestrino, puntò la pistola verso di me e, mentre io rimasi immobile incapace di muovermi per la paura, mia madre si fiondò davanti a me.
" No" gridò, la voce tanto forte e carica di disperazione che mi pece rimbombarmi nella testa e ripetersi svariate volte, come in un loop senza fine.
Cadde davanti a me, mentre la macchina sfrecciava via nella notte, scomparendo nella fitta nebbia con una sgommata e lasciandoci sole. Restai immobile, pietrificata dalla paura e dalla sorpresa. I miei occhi fissi sul corpo riverso a terra sotto il quale, lentamente, si allargava una macchia rossa.
" Mamma" gridai all'improvviso, come se mi fossi risvegliata da un sogno.
Caddi sulle ginocchia accanto al corpo di mia madre, senza sentire il dolore della mia pelle che si sbucciava a contatto con i sassi dell'asfalto. I miei occhi iniziarono ad offuscarsi per via delle lacrime che, di lì a poco, asciugai con il dorso della mano.
Il vestito color cipria di mia mamma era macchiato all'altezza del cuore da una chiazza di sangue che non faceva altro che allargarsi, nonostante io stessi tentando di coprire il buco al centro di essa.
Il liquido denso e scuro mi impregnava le mani e il volto di mia mamma era divenuto pallido e diverso sul lato sinistro, lo sguardo vitreo viso su un punto indefinito. Sentivo la gola bruciare e gli occhi persistere ad essere offuscati dalle lacrime, il cuore che batteva all'impazzata dentro al mio cuore.
Avevo compreso che non si sarebbe svegliata, che sarebbe rimasta immobile in quella posizione e che i suoi occhi sarebbero restati vacui e spalancati. Volevo chiamare la polizia, qualcuno che mi aiutasse, ma non avevo il cellulare e la borsa di mia mamma era stata portata via dal suo assassino.
Restai a fissare il corpo di mia madre con gli occhi colmi di lacrime, continuando a gridare a squarcia fino a quando attirai l'attenzione di qualcuno.
Mi svegliai madida di sudore e con il cuore in gola nella mia stanza d'albergo.
Non facevo quel sogno da anni ormai, ma probabilmente tornare a New York mi aveva fatto più effetto di quanto credessi.
Per anni mi ero incolpata della sua morte, in tanti dopo quel giorno avevano provato a consolarmi e a convincermi che le cose dovevano andare così, ma io non ci avevo mai creduto e mi sono sempre sentita direttamente responsabile dell'accaduto.
Avevo solo otto anni e la mia stupidità aveva dato il via al processo di distruzione della famiglia che tanto amavo. Quel giorno persi una parte di me stessa che nulla, nemmeno il tempo, era stato in grado di restituirmi.
Scesi dal letto e mi diressi sul balcone, quando aprii la portafinestra lasciai che il vento fresco di settembre mi investisse il viso e mi scompigliasse i capelli. Dopodiché mi sedetti sul davanzale del balcone e lasciai che i miei polmoni si riempissero della brezza che odorava di pioggia, sperando che potesse aiutare a calmare i miei nervi tesi come corde di violino.
Osservai la città di New York e non potei fare a meno di chiedermi perché, tra tutte le città degli Stati Uniti, papà aveva scelto di tornare lì. Tuttavia, dopo pochi minuti, lo capii da sola: mio padre aveva conosciuto mia madre in quella splendida città, si erano sposati lì e avevano iniziato la loro vita insieme. Era stato egoista da parte mia pensare che avremmo potuto scegliere un'altra città per permettere alla mia mente di dimenticare ciò che era accaduto a Los Angeles.
Mi chiedevo se mio papà fosse già andato a fare visita alla mamma e se aveva pianto davanti alla sua tomba, io ci ero stata solo una volta: il giorno del suo funerale, dopodiché non ci ero più voluta tornare. Non mi ritenevo degna, una ragazza troppo stupida e decisamente troppo maldestra e distruttiva per potersi concedere di compiangere sua madre.
Un'altra folata di vento mi colpì il viso, abbassai lo sguardo sulle strade che si trovavano sotto di me e trascorsi il resto della notte a osservare lo skyline di New York.
Ecco la parte cinque!
Le cose tra Aiden e Hayley iniziano a farsi interessanti ehehehe.
È abbastanza tardi ma volevo pubblicare il capitolo a tutti i costi quindi mi sono rimboccata le maniche e ho finito :)
Spero che il capitolo vi piaccia, fatemi sapere che cosa ne pensate nei commenti.
Al prossimo capitolo,
Baci
-A
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