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Capitolo 29: The ocean

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Capitolo 29

Hayley

Era mattina e quel giorno, a causa della febbre, non sarei andata a scuola. Aiden aveva insistito fino allo sfinimento affinché io acconsentissi a lasciare che lui restasse a casa con me per farmi compagnia.
Quel giorno la sveglia non era suonata e sia io che Aiden eravamo restati a letto a dormire fino a tardi e nonostante fossero da poco passate le undici e io mi fossi ormai svegliata da svariati minuti, Adien, al contrario, persisteva a riposare.
Aveva il viso premuto contro il morbido cuscino e i capelli scuri si erano spettinati durante il corso della notte, mentre le labbra erano leggermente schiuse. Mi era sempre piaciuto osservare Aiden mentre dormiva, aveva un'aria così rilassata rispetto al solito.
Tralasciamo quanto tutto ciò sia inquietante.
Che noiosa che sei, non ti va mai bene nulla.
A me andrebbe bene se tu lo svegliassi e lo baciassi.
Non avevo dubbi a riguardo.
Sembrava quasi che i pensieri che sapevo lo tormentassero di continuo non riuscissero a raggiungerlo di notte; eppure ero perfettamente consapevole che svariate volte il suo sonno era tormentato dagli incubi. Avevo perso il conto di tutte le volte che avevo sentito Ash riferirmi quanto fosse preoccupata per suo fratello.
Ora che avevo confessato ad Aiden ciò che si nascondeva nel mio passato mi sentivo incredibilmente sollevata, soprattutto se consideravo il modo in cui lui aveva reagito. Mi aspettavo che avrebbe iniziato a guardarmi con lo stesso sguardo negli occhi che mi rivolgevano coloro che conoscevo quando ancora vivevo a Los Angeles. Pensavo che parte di lui mi avrebbe sempre vista come una persona rotta che non riusciva più a ricongiungere i pezzi del suo cuore, della sua vita, infranta esattamente come la promessa che avevo fatto a mia madre. Invece Aiden si era limitato a sorridermi e a tentare di convincermi che no, non era stata colpa mia se Emma era morta quella notte di luna piena. Era capitato più di una volta che qualcuno cercasse di farmi comprendere che, qualunque cosa io avessi fatto, non sarei riuscita ad evitare che mia sorella perdesse la vita. Il fatto che anche Aiden avesse tentato farmelo capire non cambiava nulla, avevo apprezzato incredibilmente ciò che mi aveva detto ed ero rimasta commossa dalle sue parole; tuttavia, persistevo a sentirmi responsabile quanto prima.
Gli psicologi che mi avevano avuta in cura avevano capito subito che io avevo delle difficoltà ad accettare la perdita di mia sorella e che ero soffocata dai sensi di colpa. Mi avevano spiegato che la mia difficoltà nell'accettare il lutto era data dal fatto che io persistevo ad illudermi che, in qualche modo, avrei potuto evitare che l'incidente avesse luogo. I miei psicologi avevano compreso che la mia mente era tormentata da una serie infinita di se: se non le avessi regalato i biglietti per quel concerto; se fossimo partite prima; se solo avessi raggiunto Emma prima che l'altra macchina si scontrasse con la mia.
Mi avevano aiutata a comprendere che a volte la vita prende una piega differente da quella che ci aspettiamo, che a volte la volontà non è sufficiente e che talvolta non c'è nulla che possiamo fare per evitare che certe situazioni si presentino. Mi avevano portata ad apprezzare nuovamente le piccole cose della vita, a gioire per ciò che avevo e ad imparare a vivere senza Emma. Tuttavia, mi avevano anche comunicato che, purtroppo, l'elaborazione del senso di colpa era una cosa che avveniva con il trascorrere del tempo, che certi giorni mi sarei sentita in pace con me stessa, mentre altri avrei rincominciato a tormentarmi e a pensare ancora che io fossi responsabile dell'incidente. Ed effettivamente era proprio così, vi erano giorni in cui mi convincevo di aver fatto il possibile per salvarla; mentre altri ero sicura di non essermi sforzata abbastanza.
Gli psicologi mi avevano spiegato che era normale, che l'unica persona in grado di aiutarmi a comprendere che, effettivamente, io non avrei mai potuto fare nulla per evitare che Emma morisse e che non dovevo sentirmi in colpa perché io ero sopravvissuta e lei no, ero solo ed esclusivamente io.
Ricordo che la prima volta che la signorina Bloom mi aveva spiegato tutto ciò ero rimasta sbigottita, perché mi ero chiesta come mai fosse possibile che lei non potesse fare nulla per aiutarmi. Con il trascorrere del tempo però, avevo compreso che, per quanto lei potesse essere brava nel suo lavoro, non poteva di certo entrare nella mia mente. Come non poteva di certo convincermi ad ogni costo che io non fossi responsabile della morte di Emma. Semplicemente non era nelle sue possibilità, era compito mio.
Erano trascorsi due anni, eppure non mi sembrava di essere riuscita a fare molti progressi. Con il tempo i sogni erano quasi del tutto dalla mia mente, tuttavia nell'ultimo periodo si erano ripresentati di tanto in tanto. Più mi sforzavo di capire come poter placare i miei sensi di colpa e più mi risultava difficile. La verità era che avrei voluto dirle addio, che avrei voluto piangere al suo funerale e che mi sarebbe piaciuto ascoltare l'intero discorso fatto dal preside in sua memoria, invece di scappare per rinchiudermi in un bagno e tentare di buttare via la mia vita. Mi sarebbe piaciuto riuscire a cantare 21 guns prima che lei chiudesse gli occhi e smettesse di respirare, riuscire a rassicurarla almeno quel tanto necessario per farla sorridere un'ultima volta e non essermi limitata a piangere come una disperata senza proferire parola, versando lacrime macchiate di sangue sul suo viso.
Ormai però era troppo tardi, era trascorso svariato tempo e quelle erano e sarebbero sempre rimaste delle occasioni perse e nulla di più.
Guardai ancora una volta il viso dormiente di Aiden e sorrisi nel vedere quanto i suoi lineamenti fossero rilassati. Lui era stato il primo a cui avevo raccontato l'intera storia di Emma; infatti ai miei psicologi l'avevo trascritta su un foglio di carta, poiché per me era sempre stato troppo doloroso parlare di lei. Ricordavo perfettamente che la Signorina Bloom, la psicologa che mi aveva aiutata a trovare il coraggio di rimettermi al volante, mi aveva confessato che il giorno in cui sarei riuscita a parlare a qualcuno di Emma e di come la sua vita era giunta al termine, avrebbe rappresentato un enorme svolta per me. Guardando il viso pacato di Aiden, illuminato leggermente dalla luce solare che filtrava attraverso le tende scure, realizzai quanto la signorina Bloom avesse avuto ragione. Mi sentivo come se mi fossi tolta un enorme peso dallo stomaco, ero sollevata e aver confessato al mio ragazzo il mio più grande segreto, mi sembrava il primo passo verso il cambiamento. Forse stavo finalmente imparando ad accettare che Emma non c'era più e che, per quanto io lo volessi ardentemente, non c'era nulla che potessi fare per cambiare le cose.
Mi sentivo ancora febbricitante e dopo essermi arrovellata in maniera spropositata sui miei pensieri, mi sentii incredibilmente stanca, così chiusi gli occhi e dopo poco caddi in un sonno profondo.

Quando mi risvegliai, realizzai che Aiden non si trovava più accanto a me e che la sveglia poggiata sul suo comodino segnava le tre del pomeriggio. Mi strofinai gli occhi assonnati e restai a fissare il soffitto stellato della camera di Aiden, sapevo che lo aveva dipinto Ash perché la avevo accompagnata io a comprare la vernice per realizzare quel murales. La mia migliore amica mi aveva confessato che aveva intenzione di dipingere la galassia sul soffitto della stanza di suo fratello, poiché sperava ardentemente che lo aiutasse a rilassarsi prima di addormentarsi e che fosse in grado di calmarlo ogni qualvolta si suo sonno veniva tormentato dagli incubi.
Da quel punto di vista Aiden mi assomigliava incredibilmente, se si considerava che anche lui, come me, talvolta faticasse a dormire. Eppure, mentre ora mai lui sapesse quale fosse il soggetto dei miei incubi e, soprattuto, cosa si nascondeva nel mio passato, io, al contrario, non ero al corrente di nulla che riguardasse il suo.
Mi dispiaceva essere all'oscuro di una parte della vita di Aiden, tuttavia non avevo intenzione di forzarlo a parlarmene. Ero sicura che, quando si sarebbe sentito pronto, lo avrebbe fatto. Inoltre, grazie ad Ash, sapevo che suo fratello era restio a parlare del suo passato persino con lei.
Restai a guardare le stelle dipinte sul soffitto e ad osservare il modo in cui i colori utilizzati dalla mia migliore amica si mescolavano l'uno con l'altro in modo omogeneo, per un tempo che mi parve infinito e quando mi convinsi a distogliere lo sguardo, afferrai il mio cellulare con l'intenzione di chiamare mio padre.
Composi velocemente il numero, dopo aver realizzato che, come era prevedibile, mi aveva già chiamata diverse volte, senza tuttavia ottenere risposta.

" Tesoro, finalmente. Stavo iniziando a preoccuparmi" mio papà rispose al terzo squillo e il suo tono di voce lasciava trapelare quanto fosse allarmato.

Mi misi a sedere sul materasso e, poiché mi sentivo accaldata, spostai le coperte dal mio corpo. La luce che filtrava attraverso le tende illuminava lievemente la stanza di Aiden e notai che un raggio di sole colpiva uno degli obbiettivi per la macchina fotografica che possedeva e che poggiava sulla scrivania.

" Scusami papi, ma mi è venuta l'influenza e sono restata a dormire tutto il giorno. Ad ogni modo mi sento già meglio, spero di riuscire a riprendermi completamente domani" replicai, prima di sbagliare rumorosamente e strofinarmi nuovamente l'occhio destro.

Mi convinsi ad alzarmi dal letto e mi affrettai ad appoggiare la mano al muro, in modo da evitare che un capogiro mi facesse perdere l'equilibrio. Indossavo gli stessi vestiti del giorno prima e mi sentivo come se non avessi bevuto per gironi interi, sentivo la gola secca e la lingua asciutta. Avevo riacquistato l'appetito, perciò iniziavo ad accusare il fatto che non avessi toccato cibo quasi per un giorno intero.

" Sei sicura di stare bene? Posso tornare prima. Mi inventerò una scusa così ti faccio compagnia, non è un problema. Il lavoro può aspettare" si affrettò a dire mio padre, il tono colmo di preoccupazione.

Risi leggermente e scossi la testa, nonostante fossi perfettamente consapevole che lui non potesse vedermi. Era sempre stato solito allarmarsi per un nonnulla, ma da quando Emma non c'era più anche quando mi tagliavo per sbaglio il dito mentre tagliavo le carote, cominciava a chiedermi se fosse necessario andare all'ospedale. Mi rattristava leggermente tutto ciò. Era come se vivesse nella constante paura di perdermi; tuttavia non potevo dargli tutti i torti, considerando che aveva perso una moglie, una figlia e che l'altra aveva tentato il suicidio. Ricordavo perfettamente che, quel giorno, quando giunsi in ospedale, mio padre mi restò accanto per tutto il tempo. Pianse per ore intere, stringendo la mia mano fra le sue e pregandomi di non lasciarlo, informandomi che se lo avessi fatto lui non sarebbe riuscito a sopravvivere. Fu proprio allora che realizzai che anche se, a quel tempo, la mia vita per me non contasse nulla, per le persone che mi amavano era incredibilmente importante.

" Stai tranquillo, è solo una banale influenza. Non c'è assolutamente bisogno che tu torni per me, sono a casa di Aiden e lui ed Ash si stanno prendendo cura di me. Perciò non hai nulla di cui preoccuparti, promesso. Inoltre anche se tu tornassi a New York, potresti solamente imbottirmi di medicine, cosa che posso fare benissimo da sola" dissi, avviandomi verso la porta della stanza di Aiden, per poi scendere le scale.

Sentii mio padre sospirare dall'altro capo del telefono e sorrisi, immaginandomelo mentre si passava nervosamente una mano tra i capelli e annuiva dopo aver realizzato che, effettivamente, era stupido da parte sua tornare da Londra solo per un'influenza.

" Va bene, però chiamami per farmi sapere se ti senti meglio e mi raccomando resta al caldo e ricorda di prendere le medicine senza fare storie" rispose, scoppiando in una leggera risata.

Roteai gli occhi, per poi sbuffare. Mio padre mi aveva sempre schernita perché odiavo prendere le medicine, dato che odiavo il loro sapore e finivo sempre per rovesciare il miscuglio di acqua e antibiotico nel lavandino, per poi fingere di averlo ingerito. Da quando ero diventata abbastanza grande, per fortuna, papà aveva deciso di acquistare solamente pastiglie, onde evitare che facessi storie. Ricordavo che più di una volta mi avesse ripetuto che l'odio profondo che nutrivo nei confronti dei farmaci lo avessi ereditato da mia mamma, infatti lei, proprio come me, si rifiutava di prendere le medicine se queste avevano un sapore che non la aggradava, a differenza di Emma e mio padre che, invece, non avevano mai avanzato lamentele a riguardo. Mia sorella quando era piccola addirittura era felice che le venisse la tosse perché così avrebbe avuto l'occasione di prendere lo sciroppo alla fragola, medicinale che io avevo posto sul podio di quelle che detestavo maggiormente.

" Va bene e tu non ti preoccupare troppo e concentrati sul lavoro, mi raccomando " replicai, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ed entrando nel soggiorno dove trovai Aiden seduto sul divano, intento a guardare un episodio dei Simpson.

Il ragazzo si voltò a guardarmi e mi sorrise, gli stampai un leggero bacio sulla guancia e presi posto accanto a lui, lasciando che mi avvolgesse un braccio attorno alle spalle e che mi avvicinasse a sé. Ormai la febbre era scesa considerevolmente, non mi sentivo più scossa dai brividi di freddo e nonostante ciò, la sensazione del calore del corpo di Aiden premuto contro il mio mi scaldo il cuore che, tra l'altro, prese a battere assiduamente.

" Va bene, ciao tesoro. Fai la brava" con quelle parole, mio padre mise fine alla telefonata lasciandomi sola con Aiden.

Lui mi baciò dolcemente la testa e prese a muovere la mano sul mio braccio, come a volermi riscaldare e lasciò che appoggiassi il capo sulla sua spalla.
L'aria era permeata dell'odore di arancia emanato dal deodorante per ambienti poggiato sul tavolino di cristallo posto dinanzi al divano grigio e quella fragranza si mescolava a quella di Aiden.

" Angelo, come ti senti?" chiese, abbassando il volume della televisione e spostandosi leggermente in modo che i nostri sguardi potessero incontrarsi.

Aveva ancora i capelli spettinati ed indossava un paio di pantaloni grigi della tuta sotto ad una maglietta nera sulla quale era stampato il logo di Star Wars. Il suo viso era parzialmente illuminato dalla luce scaturita dal televisore e in quella circostanza i suoi occhi mi ricordarono le onde del mare tinte dai raggi argentei della luna.

" Mi sento meglio, grazie Aiden" replicai, sorridendogli e riappoggiando la testa sulla sua spalla.

Passammo il resto della giornata a guardare film, fino a quando Ash tornò a casa e io convinsi entrambi che non sarei di certo morta se fossi tornata nel mio appartamento e che sarei stata in grado di prendermi cura di me stessa. Aiden mi fece promettere che non sarei tornata a scuola fino a quando la febbre non si fosse completamente abbassata e io non mi sarei sentita al pieno delle mie forze.
Una volta tornata nel mio appartamento, mi affrettai a farmi una doccia e a prepararmi una cena leggera.
Non mi dispiaceva particolarmente essere a casa da sola, non era la prima volta che accadeva e a volte io sentivo come il bisogno di restare in solitudine per un po'. Inoltre il fatto che il giorno seguente non mi sarei recata a scuola, rappresentava un'enorme fonte di relax per me. Ero intenzionata a trascorrere la serata a letto, in compagnia di una grande tazza di tè caldo e a guardare film fino a quando il sonno non avrebbe avuto la meglio su di me.

Era il giorno del ringraziamento e da quando avevo confessato ad Aiden ciò che era successo ad Emma, il nostro legame era divenuto ancora più forte. Quel giorno mi sarei dovuta recare a casa sua con mio padre per festeggiare il ringraziamento assieme alla sua famiglia.
Mi sentivo incredibilmente in forma, nonostante quella mattina mi fossi svegliata presto per preparare la torta di zucca che mio padre amava tanto. Mentre ero intenta a miscelarle gli ingredienti tra loro, rinvangai vecchi ricordi. Rammentai i giorni in cui io ed Emma preparavamo quella torta insieme e sorrisi quando mi ricordai la volta in cui mia sorella aveva azionato il frullino elettrico troppo velocemente, macchiando di impasto mezza cucina e sia me che sé stessa. Entrambe ci eravamo affrettate a pulire ogni più piccola macchia prima che mio padre se ne accorgesse e trascorremmo un'ora a cercare di rimuovere tutto l'impasto dai capelli. Per il resto della giornata, entrambe odorammo di zucca e cannella. Emma era sempre stata un vero e proprio disastro in cucina, eppure ogni qualvolta le si presentava l'occasione si impegnava a sfoggiare le due doti culinarie inesistenti finendo puntualmente per mandare all'aria l'intera ricetta. Era più forte di lei, per quanto ci provasse, non era in grado di preparare nemmeno le uova senza rischiare di cuocerle in modo esagerato. Il giorno in cui aveva provato a preparare i biscotti aveva dimenticato di controllare il tempo di cottura, finendo inevitabilmente per bruciarli completamente e far scattare i sensori antincendio che si trovavano in casa, proprio mentre io ero sotto la doccia. Ricordavo perfettamente di essere uscita dal bagno con indosso un asciugamano striminzito e i capelli completamente fradici spinta dalla preoccupazione. Emma quel giorno aveva riso fino alle lacrime nel vedermi scivolare sul pavimento della cucina, mentre io le gridavo contro e le vietavo di rimettersi ai fornelli senza la supervisione di qualcuno.
Risi inconsciamente ripensando a quel giorno e scossi leggermente il capo con fare disperato ricordando le lamentele e le scuse avanzate da mia sorella riguardo all'avversione naturale che la cucina nutriva nei suoi confronti.
Mentre ero intenta a mescolare gli ingredienti, mio padre fece capolino in cucina e si affrettò ad immergere un dito nella miscela, per poi portarselo alla bocca.

" Ehi! Giù le mani dalla mia torta" lo rimproverai, prima schiaffeggiargli la mano, onde evitare che affondasse nuovamente il dito nell'impasto.

Mio padre scoppiò in una leggera risata e cominciò a riporre gli ingredienti che avevo usato nella credenza, in modo che non dovessi farlo io una volta finito di preparare la torta. Ero sicura che fosse appena uscito dalla doccia, poiché aveva i capelli biondo cenere bagnati e riuscivo a sentire perfettamente il profumo del suo shampoo al pino invadermi le narici.

" È inutile che fai la furba, sono sicuro che hai intenzione di mangiare l'impasto che rimarrà attaccato alle pareti di quel recipiente, dopo che lo avrai versato nella teglia" disse divertito, mentre era intento a richiudere il sacchetto di farina.

Mi indicai con fare innocente e scossi la testa leggermente, lui rise sommessamente e mi fece l'occhiolino. Io e lui avevamo sempre adorato mangiare l'impasto crudo dei dolci, era una cosa che mia madre detestava profondamente e per cui era solita rimproverarci, nonostante finisse sempre per guardarci divertita e scoppiare a ridere.
Anche ad Emma non piaceva magiare l'impasto, riteneva che non fosse salutare e che i dolci fossero molto più buoni una volta cotti, eppure io e mio papà non avevamo mai dato peso alle lamentele né di una né dell'altra, nonostante entrambe le avanzassero ogni qualvolta si presentasse loro l'occasione.

" Tesoro, dici che per quando la torta sarà cotta sai pronta?" domandò mio papà, afferrando una pezza poggiata vicino al lavabo e passarla sotto il getto d'acqua, prima di strizzarla.

Lo osservai pulire il bancone dalla farina e dai piccoli granelli di zucchero sparpagliati su di esso con fare meticoloso, dimostrandomi ancora una volta quanto fosse affezionato all'igene in modo a dir poco maniacale. Il mio naso era riempito dal profumo di cannella e di chiodi di garofano che veniva emanato dall'impasto che stavo miscelando e quella fragranza mi ricordò il giorno del ringraziamento di due anni prima. Lo avevamo trascorso con la famiglia di Scott e ricordavo che Grace, la sorella del mio migliore amico, aveva mangiato così tante fette di torta che sua mamma dovette intimarle di lasciarne un po' per gli altri presenti, poiché allarmata che la figlia fosse capace di finire tutto il dolce da sola. Avevamo trascorso l'intero arco della giornata a ridere e scherzare senza preoccuparci di nulla, si trattava del periodo in cui tutto sembrava andare per il verso giusto e in cui nulla pareva poter mandare in frantumi la felicità che provavamo all'epoca. Emma e Scott avevano acquistato delle stelle filanti e durante la sera avevano insistito tanto perché ci recassimo in spiaggia e trascorressimo il nostro tempo ad arrostire marshmallow sul fuoco e ballare le canzoni sul letto di sabbia baciato dalle onde del mare. Quella notte Scott insegnò ad Emma ad usare lo skateboard, nonostante lei fosse impaurita e temesse che la sua goffaggine la portasse a cadere. Lui le tenne sempre la mano, senza lasciarla mai, promettendole che non avrebbe mai lasciato che nulla le accadesse. Scott era persino salito sulla tavola assieme a lei e ricordavo perfettamente che quando presero abbastanza velocità, lei allargò le braccia quasi sperasse di poter spiccare il volo, mentre il vento le accarezzava il viso e le scompigliava le ciocche bionde dei capelli. Il suo sorriso era così luminoso da poter fare invidia alla luna.

" Penso di sì, però ti devo affidare il compito di estrarre la torta dal forno" risposi, mentre versavo l'impasto nella teglia precedentemente imburrata e infarinata.

Mio padre annuì e si affrettò ad aprire il forno, nel vedermi afferrare la teglia ed avviarmi verso di esso. Il mio viso fu investito dall'aria calda che mosse leggermente le piccole ciocche di capelli che erano sfuggite alla mia coda di cavallo. Feci attenzione a non bruciarmi e una volta poggiata la teglia sul ripiano, mio papà richiuse il forno.
Ci demmo il cinque ed entrambi ci avviamo verso la ciotola dove fino a poco prima era contenuto l'impasto della torta.

"Sì, non ti preoccupare" afferrò un cucchiaio e me lo porse, mentre lui sfruttava la spatola per ripulire il bordo del recipiente dinnanzi a noi.

Mio padre indossava una delle magliette logore che sfruttava per dormire e, proprio come la maggior parte di esse, quella era bucata. Il foro si trovava vicino al colletto e lasciava intravedere un piccolo lembo di pelle sottostante. Per qualche strana ragione lui si affezionava ai suoi indumenti tanti da non volerli buttare via nemmeno quando venivano consumate dal tempo, preferiva tenerle per usarle tra le mura di casa piuttosto che gettarle.

"Sono davvero felice che tu abbia fatto amicizia con quei ragazzi, ti vedo felice come non la eri da tempo " disse, il tono serio e gli occhi color caramello puntati nei miei.

I lineamenti del suo viso lasciavano intendere quanto stesse ardentemente aspettando che io gli confermassi che fossi felice.
Era quasi come se la sua felicità dipendesse da me, anche se forse non era così assurdo, se si considerava l'affetto che provava nei miei confronti e che mi avesse vista profondamente triste in precedenza.

" Sì, sono contenta. Tornare qui è stata una buona idea" risposi, prima di ripulire il cucchiaio che tenevo in mano dai rimasugli di impasto.

Assaporai il gusto di cannella misto a quello di zucca e chiodi di garofano che si mescolava a quello delle altre spezie. Avevo sentito la mancanza di quel sapore.
Chiusi gli occhi per qualche secondo e immaginai che Emma e mia madre fossero lì presenti, intente a ridere e a scherzare vicino al pianoforte. Per un attimo mi parve addirittura di sentire il suono delle loro risate mescolarsi a quello delle note che scaturivano ogni qualvolta mia mamma sfiorava delicatamente i tasti del piano. Mi sembrò quasi che quel ricordo stesse lottando per rompere le pareti della mia mente e manifestarsi dinanzi ai miei occhi, come a volermi consolare o a riscaldarmi il cuore e indurmi a sorridere. Quel pensiero fu sufficiente perché io mi sentissi felice.

" Vai a prepararti, altrimenti arriveremo in ritardo" mi intimò mio papà, afferrando la ciotola poggiata sul bancone ed avviandosi verso il lavabo con l'intenzione di pulirla.

Gli sorrisi e annuii, prima di scoccargli un veloce bacio sulla guancia e avviarmi verso la mia camera per prendere un cambio di biancheria intima ed entrare in bagno per farmi la doccia.
Sotto lo scroscio persistente e caldo dell'acqua ripensai alle parole di mio padre.
Ripensandoci, non aveva tutti i torti. Da quando eravamo tornati a New York avevo fatto nuove conoscenze, avevo trovato una migliore amica fantastica e un ragazzo di cui mi stavo lentamente innamorando. Il fatto che i miei incubi si palesassero ancora di tanto in tanto rappresentava solo un puntino insignificante nella mia vita.
Avevo finalmente trovato il coraggio di raccontare l'intera storia di Emma a qualcuno, stavo cercando in tutti i modi di non lasciare che i sensi di colpa mi soffocassero. Mi stavo sforzando di non considerarmi un disastro, di non distruggere più tutto ciò che toccavo e di non farmi sopraffare dalla paura. Non volevo lasciare che i miei incubi avessero la meglio su di me. Ero intenzionata ad ignorare i fantasmi del mio dolore, con la speranza che, con il tempo, si sarebbero stancati di tormentarmi e che mi avrebbero finalmente lasciata in pace. Forse era giunto per me il momento di andare avanti, di cessare di rimanere ancorata ad un passato che non ero in grado di cambiare, come un albero le quali radici erano insinuate in un terreno ricco di dolore, costretto a rimanere nello stesso luogo fino alla fine dei suoi giorni. Io non ero una pianta, avevo la possibilità di spostarmi, per quanto potesse essere difficile e ciò, proprio come diceva Aiden non implicava che io mi dovessi dimenticare di ciò che era accaduto. Dovevo semplicemente accettare la mia vita così com'era e il fatto che non importava quanto ardentemente lo desiderassi, non sarei mai riuscita a cambiare nemmeno una virgola del mio passato. Volente o nolente, dovevo deglutire quel boccone amaro e proseguire per la mia strada.
Mentre ero intenta a scegliere il vestito che avrei indossato, il mio telefono prese a squillare e quando guardai il nome sul display, un sorriso spontaneo mi increspò le labbra.

" Scotty" esclamai felice, scrutando attentamente il contenuto del mio armadio con fare pensieroso.

Sentii il mio migliore amico ridere dall'altro capo del telefono e rimproverare sua sorella per essere entrata in camera sua senza il suo permesso. Ridi divertita, mentre passavo la mano libera tra i vestiti appesi, in cerca di quello adatto per l'occasione, immaginandomi gli i grandi occhi celesti e luminosi della piccola Grace roteare con fare scocciato. Ero certa che avesse rivolto una linguaccia a suo fratello e che successivamente gli avesse voltato le spalle per correre in camera sua con fare offeso. Scott amava i suoi spazi e detestava che sua sorella invadesse la sua privacy ogni qualvolta lo riteneva necessario e nonostante lui la rimproverasse spesso per i suoi gesti infantili, quando lei aveva degli incubi durante la notte o non riusciva a dormire per paura del buio, lui la invitava a restare nel suo letto accarezzandole i capelli fino a farla addormentare.

" Hey Uragano, buon Ringraziamento" disse il ragazzo, con il tono ancora leggermente divertito.

Riuscivo ad immaginarmelo seduto sul letto di camera sua, intento a rigirarsi tra le mani la pallina di stoffa con cui giocava spesso nei momenti di noia.

" Anche a te, vedi di non ingozzarti come l'anno scorso" replicai, afferrando un vestito rosso e poggiandomelo sul corpo mentre mi osservavo allo specchio.

Mi sembrava decisamente troppo provocante per un pranzo a casa degli Stephenson, anche se ero sicura che ad Aiden sarebbe piaciuto parecchio.
Riposi l'abito nell'armadio e ripresi la mia ricerca, canticchiando a bassa voce. Mi domandai per quale ragione mi risultasse sempre così difficile scegliere quali vestiti indossare, persino nelle circostanze più banali e per quale motivo ogni volta che compravo qualche capo di abbigliamento e lo riponevo nell'armadio, quest'ultimo sembrasse inghiottirne altri. Più vestiti acquistavo e meno si sembrava di possederne.

" Va bene, mamma. Tu salutami Aiden ed Ash" rispose, prima di sbadigliare e facendomi così roteare gli occhi.

Avevo detto a Scott che avrei trascorso il ringraziamento a casa dei gemelli e lui ne era rimasto subito molto felice. Quando gli avevo comunicato che avevo intenzione di cucinare la torta che lui amava tanto, aveva quasi perso la testa per l'invidia. Aveva persino affermato di voler prendere il primo volo per New York solo per mangiare la mia torta, confessando inoltre che ne avrebbe approfittato per rincontrarmi. Per un attimo avevo sperato che lo facesse davvero, considerando che nonostante fosse trascorso meno di un mese dall'ultima volta che lo avevo visto, sentivo incredibilmente la sua mancanza. Non ero ancora riuscita ad abituarmi al fatto che non fossi in grado di incontrarlo ogni mattina a scuola o che non vi fosse più occasione per noi di vederci a tarda sera per fumare qualche sigaretta ed arrostire marshmellows tra le fiamme del nostro falò improvvisato sulla spiaggia.

" Guarda che la prossima volta che ci vediamo devi prepararmi la tua torta alla zucche, chiaro? Altrimenti non ti parlerò mai più " aggiunse con tono di pretesa.

" Sarà fatto, senti ti richiamo domani. In questo momento sono impegnata a scegliere un vestito per il pranzo e in questo maledetto armadio non c'è niente. Inizio a sospettare che il mio maggiordomo mi rubi i vestiti e che li indossi da solo a casa sua mentre finge di essere Hanna Montana" dissi, persistendo a passare le mani tra i svariati abiti che possedevo e storcendo il naso di tanto in tanto.

Sentii Scott ridere dall'altro capo del telefono e sbuffai stizzita. Era sempre stato solito prendermi in giro per il consistente ammontare di tempo che impiegavo per decidere cosa indossare. Una sera aveva persino deciso di entrare nella mia stanza di prepotenza e di scegliere lui i miei abiti, pur di non arrivare in ritardo ad una festa alla quale voleva prendere parte nel minor tempo possibile. Non aveva nemmeno prestato attenzione al fatto che fossi in intimo, aveva semplicemente recuperato un vestito ed una giacca dal mio armadio, me li aveva gettati addosso ed era uscito dalla mia stanza con il viso imbronciato, borbottando tra sé e sé.

" Va bene scema, ci sentiamo domani. Mettiti quello verde scuro che avevi indossato Natale, ti sta bene. E comunque lascia in pace il tuo povero maggiordomo, lo sappiamo benissimo tutti e due che sei tu che ti compri le cose e dopo averle messe una volta non le guardi neanche più " disse Scott, prima di riattaccare e lasciarmi sola.

Passai in rassegna tutti i vestiti contenuti nel guardaroba in cerca di quello a cui si riferiva scott e quando lo trovai sorrisi soddisfatta.
Una volta indossato l'abito, mi occupai del viso e quando mi guardai nuovamente allo specchio fui soddisfatta del risultato. Ringraziai mentalmente il mio migliore amico per essermi stato d'aiuto anche dall'altro lato del paese.
Quando arrivammo a casa di Aiden, fummo accolti dal viso vivace e sorridente di Shirley che si affrettò subito a prendere in nostri cappotti e a riporli sull'appendiabiti vicino all'entrata. Successivamente si preoccupò di prendere la torta che tenevo tra le mani e a sorridermi.
Alle mie narici giunse subito il profumo di patate dolci, misto a quello di rosmarino che proveniva dalla cucina nella quale, tra l'altro, si trovava Dolores, la domestica degli Stephenson. La donna era messicano e nonostante fosse di corporazione piuttosto robusta aveva un viso molto bello, illuminato dai suoi dolci occhi castani.
Doveva avere all'incirca una quarantina di anni e sapevo che si occupava di pulire l'abitazione degli Stephenson due volte a settimana e che durante le festività veniva incaricata di preparare i pasti, nonostante Ash mi avesse confessato più volte che Shirley fosse un'ottima cuoca. Si trattava di una donna molto simpatia e che lavorava per quella famiglia da così tanto tempo da aver insegnato lo spagnolo ad entrambi i gemelli che, di conseguenza, lo sapevano parlare molto fluentemente. Sapevo che avesse due figlie e che il primogenito maschio frequentasse l'accademia militare. Sia Aiden che Ash amavano Dolores e la consideravano come la zia che non avevano mai avuto, una persona sulla quale. Contare e alla quale chiedere consigli di tanto in tanto.

" Hayley, Robert, è una gioia vedervi. Vi prego accomodatevi e fate come se foste a casa vostra, Rob mio marito è in soggiorno se lo vuoi raggiungere. Hayley, i miei figli sono al piano superiore, temo che Ash si trovi ancora sotto la doccia. Però puoi aspettarla nella sua stanza" ci informò Shirley, prima di sfoggiare un luminoso sorriso che mi ricordò incredibilmente quelli di Ash.

Quel giorno Shirley indossava un vestito bianco che si trovava in netto contrasto con i suoi capelli scuri che, come l'ultima volta che l'avevo vista, erano legati in uno chignon.
Il collo della donna era ornato da una collana di perle che si abbinava perfettamente a ciò che indossava, l'unica nota di colore del suo abbigliamento era data data dai tacchi rossi che calzava. Lei ed Ash sembravano luna la fotocopia dell'altra e sapevo che anche caratterialmente si somigliassero molto, che entrambe fossero dolci e gentili con tutti coloro che incontravano, sfoggiando una serie di allegri sorrisi e che non si arrabbiavano quasi mai, contrariamente ai due uomini della famiglia.

" Ti ringrazio" replicai, avviandomi verso le scale e appoggiando la mano al lungo corrimano di legno scuro e lucido che rifletteva la luce emessa dai lampadari appesi al soffitto.

Sentii lo scosciare dell'acqua provenire dal bagno e ne dedussi che, proprio come aveva detto Shirley, Ash stesse ancora facendo la doccia.
Mentre aspettavo che la mia migliore amica uscisse dal bagno, mi diressi verso la camera di Aiden e percorsi il lungo corridoio accompagnata dal lieve rumore prodotto dalle mie scarpe a contatto con il pavimento di legno.
Quando aprii la porta della stanza vidi il ragazzo in piedi dinanzi all'armadio, indossava un paio di jeans scuri e una camicia di un azzurro così chiaro da sembrare quasi bianca ed era ancora completamente sbottonata. Sentendomi entrare, Aiden si voltò a guardarmi e permettendomi di ammirare la bellezza del suo petto nudo.
Ok dato che è il giorno del ringraziamento, direi che è il caso di ringraziare gli Dei e tutte le stelle presenti in cielo per averci concesso di assistere a tanta bellezza.
Tu sei fuori di testa.
Hai ragione, forse dovremmo ringraziare direttamente Shirley.

" Angelo, se volevi vedermi senza camicia bastava chiedere" disse lui divertito avvicinandomisi e lasciando così che il suo profumo mi avvolgesse completamente.

Roteai gli occhi scocciata, ma al contempo mi sentii avvampare per l'imbarazzo. Tesi la mano verso il letto per afferrare il cuscino e lo colpì al braccio, suscitando così il suo divertimento e facendolo scoppiare in una leggera risata che riempì il silenzio che si era instaurato nella stanza. Non ero ancora riuscita ad abituarmi al modo in cui ad Aiden risultasse semplice imbarazzarmi, in che mi suscitava un certo fastidio e mi spingeva a desiderare che prima o poi gli sarebbe risultato impossibile, nonostante lo credessi io stessa altamente improbabile.

" Smettila di prendermi in giro " gli intimai, colpendolo ripetutamente e non facendo altro che alimentare le sue risate.

Persistetti a colpirlo, fino a quando lui non mi strappò il cuscino dalle mani ed iniziò a farmi il solletico. Indietreggiai fino a ritrovarmi con la schiena premuta contro il freddo muro accanto al letto, iniziando a faticare a a respirare per via delle risate che non riuscivo a controllare.
Cercai in tutti i modi di impedire che le sue mani raggiungessero la mia pancia, dando il via ad una sorta di lotta che, tuttavia, era chiaro che non fossi in grado di vincere.

" Mi arrendo, basta ti prego" dissi disperata, tra le risate e sperando che Aiden smettesse di farmi il solletico.

Un sorriso soddisfatto gli increspò le labbra, spostai lentamente lo sguardo dai suoi addominali al suo viso. Osservai il modo in cui la camicia che indossava metteva in risalto le sfumature azzurre dei suoi occhi e il modo in cui il colore di questi ultimi fosse in netto contrasto con quello scuro dei suoi capelli.
Aiden mi portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, per poi poggiare la mano sulla mia guancia e avvicinarsi lentamente al mio viso.
In poco tempo le sue labbra furono sulle mie e mi sembrò come se fossi rimasta per mesi nell'arido deserto del Sahara e lui fosse l'acqua che avevo bramato e desiderato per giorni. Appoggiai le mani sul suo petto e riuscii a sentire i battiti veloci del suo cuore contro il mio palmo destro.
Le nostre labbra si muovevano in sincronia e il mio battito cardiaco si velocizzò considerevolmente.
Baciare Aiden era come sfiorare le stelle con un dito, perdevo completamente il contatto con la realtà e tutto il mondo smetteva di esistere.
Quel ragazzo dagli occhi tempestosi era in grado di portarmi in alto soltanto sfiorandomi, non riuscivo a comprendere quale fosse la portata dei miei sentimenti nei suoi confronti, ma ero sicura che crescessero ogni giorno di più. Mi chiedevo se sarei finita per essere composta semplicemente dai sentimenti che provavo per Aiden, se fossi diventata fatta solo di amore e nulla di più.
A quel punto lui si allontanò da me e mi osservò per qualche secondo, prima che io afferrassi il bordo della sua camicia e lo attirassi nuovamente a me. Le labbra di Aiden si spostarono dalle mie e percorsero ogni più piccolo centimetro della mia mandibola, per poi tracciare una linea immaginaria che andava dal mio collo alla clavicola. Ogni suo bacio sembrava essere capace di incendiarmi e ringraziai che la mia schiena fosse premuta contro al muro, perché in caso contrario temevo che non sarei stata in grado di reggermi in piedi.
Lasciai che Aiden mi sollevasse a allacciai le gambe dietro la sua schiena, mentre lui continuava a costellare la pelle del mio collo di baci umidi che scatenavano una serie di brividi lungo la mia spina dorsale.
Portai le mani dietro il suo collo e dopo poco iniziai a giocherellare con alcune ciocche dei suoi capelli scuri, nel frattempo, le sue labbra si spostarono lentamente dalla mia clavicola alla mia bocca.
Mi sentivo percorrere dai brividi e ardere di piacere, mentre il nostro bacio si faceva meno famelico e più dolce con lo scandire di ogni secondo. Mentre le nostre lingue persistevano a cercarsi l'un l'altra, mi ritrovai a desiderare che il sentimento che sentivo crescere con il progredire dei giorni non mi fosse scivolato tra le dita, che sarei riuscita a maneggiarlo con cura e che non avrei finito per mandarlo in frantumi proprio come era accaduto più volte al mio cuore. Avevo intenzione di proteggere quel sentimento, di non permettere nemmeno che si scheggiasse. Volevo che Aiden continuasse a far parte della mia vita, nutrire quell'amore con cura, come un piccolo bocciolo di rosa che speravo fosse divenuto un fiore splendido. Non mi importava se mi sarei innamorata di lui tanto da star male, se con il tempo avrei finito per soffrire e se avrei pianto lacrime amare per lui la notte, immersa nel buio di camera mia, proprio come avevo visto fare a mio padre per mia madre tempo addietro. Non interessava per niente se mi avrebbe distrutta, tutto ciò che desideravo era averlo al mio fianco e lasciare che quei sentimenti mi consumassero. Avevo scelto di smettere di avere paura, di lasciare che la mia vita prendesse il corso che preferisse, di impegnarmi a protegger ciò che ci legava nonostante non avessi nessuna certezza che ne valesse veramente la pena. Volevo essere fiduciosa e credere che fosse giusto quantomeno provarci.

" Aiden, vieni giù è ora di - oh mio dio, voglio morire. Scusatemi vado a vomitare e a lavarmi gli occhi con la candeggina" la voce famigliare di Ash mi giunse alle orecchie poco dopo aver udito la porta della camera di Aiden aprirsi.

La mia migliore amica finse un conato di vomito e arricciò il naso, prima di scuotere leggermente il capo e incrociare le braccia sul petto. Il vestito azzurro che indossava metteva in risalto il colore dei suoi occhi che, tra l'altro, erano messi in evidenza dall'ombretto scuro che aveva accuratamente sfumato sulla palpebra. Era visibilmente disgustata e in quel momento io avrei voluto che nel pavimento di quella stanza si aprisse una voragine in grado di inghiottirmi in modo che io potessi scomparire. Mi sentii avvampare per l'imbarazzo ed ero certa che quando Aiden se ne sarebbe accorto si sarebbe bucato di me come era solito fare spesso.

" Cancellerò questa immagine dalla mia mente; anzi, spero di riuscirci. Forza Batman e Catwoman, venite al piano di sotto, è ora di pranzo" disse leggermente divertita, per poi affermare la maniglia della porta e chiudendosela alle spalle. " Ah, Aiden, ricordati di riabbottonarti quella camicia" aggiunse, scoppiando a ridere leggermente.

Mi sentii le guance avvampate ed ero sicura che il mio viso fosse diventato dello stesso colore delle scarpe con il tacco indossate dalla madre di Aiden. Ero estremamente imbarazzata da ciò che era accaduto e con la coda dell'occhio ero in grado di vedere il viso di Aiden illuminato da un sorriso divertito che, ovviamente, mi diede sui nervi.

" Dovresti vedere la tua faccia. Hai le guance dello stesso colore di un'aragosta, ti mancano solo le chele " mi schernì, prima di ridere di gusto.

Tesi la mano perso di lui e lo colpii dietro il capo, con l'obbiettivo di zittirlo; tuttavia, il mio gesto non fece altro che alimentare le sue risate. Gli saltai sulla schiena e lui non esitò nemmeno un secondo ad afferrarmi le gambe per reggermi. Spostai di poco il tessuto della sua camicia e lo morsi lievemente sulla spalla, facendogli così storcere il naso per il fastidio. Quel mio gesto mi riportò alla mente il giorno in cui avevo morso Aiden allo stesso modo, quando mi aveva sottratto i marshmellow e si era rifiutato di restituirmi nonostante le mie insistenti e continue minacce nei suoi confronti.

" Ehi piccola vampira, smettila di mordermi" mi rimproverò, prima mollare la presa sulle mie gambe e avvicinare le mani ai bottoni della sua camicia.

Persistetti a reggermi a lui anche mentre camminò in direzione dello specchio e lo osservai abbottonarsi la camicia con movimenti svelti e decisi. Ero sicura che avesse compiuto quell'azione diverse volte, considerando che, sicuramente, suo padre portava sia lui che Ash alle stesse feste sfarzose ed eleganti a cui mi recavo anche io con mio padre. Si trattava dei party a casa di una qualche famiglia ricca di New York, nei quali il tempo veniva trascorso sorseggiando champagne e mangiando pietanze dal nome complicato. Detestavo quelle feste; ero sempre costretta a fingermi gentile con tutti, anche con coloro che non mi inspiravano per niente simpatia. Inoltre, l'ambiente viziato e vizioso non era mai stato particolarmente prediletto da parte mia.
Quel genere di feste era sempre piaciuto ad Emma, lei si ambientava bene ovunque e riusciva sempre a suscitare la simpatia da parte di tutti coloro che la incontravano; al contrario di me, che faticavo incredibilmente a seguire i noiosi discorsi delle persone e finivo sempre per lasciarmi sfuggire un qualche commento poco educato nei loro confronti.
Papà mi aveva riferito più di una volta che anche quel lato del mio carattere era uguale al suo.
Lasciai un leggero bacio sul collo di Aiden, prima di scendere dalla sua schiena ed avvicinarmi alla porta.

" Questo pranzo sarà infernale, me lo sento" disse il ragazzo alle mie spalle, spingendomi così a voltarmi per guardarlo.

Aiden era seduto sul bordo del suo materasso, aveva le braccia appoggiate sulle gambe e fissava un punto indefinito del pavimento. Sembrava quasi un bambino spaventato e mi chiesi quale fosse la fonte di tanto timore.

" Perché mai dovrebbe esserlo? " chiesi incuriosita, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio con un gesto veloce della mano.

Feci un passo verso di lui, incredibilmente titubante. Era come se Aiden fosse stato una tigre ed io volessi muovermi più lentamente che potevo, affinché non lo disturbassi o lo spaventassi al punto da risultare come una minaccia ai suoi occhi e scatenare così la sua ira.
Lui non era solito avanzare confessioni e temevo che se mi fossi avvicinata troppo, avrebbe deciso di porre fine alla conversazione, lasciandomi sola con un ulteriore quesito privo di risposta.

" Mio padre, ecco perché. Lui sarà sicuramente capace di rovinare tutto, troverà il modo per far sì che questo giorno del ringraziamento diventi orrendo" confessò, strofinando le mani l'una contro l'altra.

Persisteva a fissare il pavimento di legno che rifletteva la luce emanata dal lampadario appeso sul soffitto stellato di camera sua. Avrei pagato per sapere cosa gli frullasse per la testa in quel momento, tuttavia, ero perfettamente consapevole che, per quanto intensamente lo desiderassi, non sarei mai riuscita a scoprirlo. Sembrava che qualcuno lo avesse improvvisamente privato di ogni energia che possedeva, lasciandolo inerme ed indifeso nella sua sua stanza.

" Aiden, magari questa volta sarà diverso" dissi titubante, muovendo un altro passo verso di lui.

Lui scosse ripetutamente la testa, per poi passarsi la mano tra i capelli. Era un gesto che Aiden non compiva spesso, il che mi fece intuire che, in quel momento, fosse particolarmente nervoso. A dire la verità, sembrava addirittura pronto a calarsi dalla finestra di camera sua pur di scendere al piano inferiore e dover prendere parte al pranzo organizzato dai suoi genitori per il ringraziamento. Speravo che le mie parole avrebbero potuto incoraggiarlo, spingerlo a ritrovare la forza che pareva aver perduto nell'arco di pochi secondi e che, in qualche modo, riuscissero a confortarlo. Eppure non fu così, continuo a mantenere lo sguardo fisso nel vuoto quasi sperasse che sul pavimento della sua stanza avrebbe potuto trovare una soluzione. Mi chiesi per quale ragione Aiden non avesse deciso di lasciare quel l'abitazione per sempre, andando a vivere da solo. Sapevo che aveva già compiuto diciotto anni dato che, proprio come me, sia lui che ai sorella avevano iniziato la scuola con un anno di ritardo e che gli incontri di MMA gli fruttassero abbastanza da permettersi di mantenersi da sé cosa che, per altro, praticamente faceva già. Tuttavia, improvvisamente la realtà mi piombò addosso come un'onda gelida e realizzai che, probabilmente, Aiden non volesse lasciare Ash da sola in quella casa. Quella con ogni probabilità era l'unica ragione che lo aveva destato dal fare i bagagli e recarsi altrove.

" Tu non lo conosci bene quanto me. Riesce sempre a far uscire la mia parte peggiore, sempre. Non voglio che tu veda quel lato di me. E poi ho promesso ad Ash di mantenere la calma, ma quello stronzo di mio padre trova sempre un modo per farmi incazzare, sempre. Non importa quanto io mi sforzi per non dargli corda, lui riesce a dire qualcosa che mi manda su tutte le furie" replicò, il tono fermo e deciso di chi è sicuro delle proprie parole.

Non avevo idea del perché Aiden avesse un rapporto così conflittuale con suo padre, ma dell'espressione dipinta sul suo viso ero in grado di capire quanto fosse effettivamente spaventato.
A quel punto mi decisi ad avvicinarmici e mi inginocchiai dinnanzi a lui. Gli presi il viso tra le mani ed aspettai che si decidesse a spostare gli occhi dal pavimento, per puntarli nei miei. Mi sarebbe piaciuto poter cancellare quell'espressione dal suo volto, eliminare ogni traccia di preoccupazione e potergli assicurare che quel giorno tutto sarebbe andato per il meglio. Però io non potevo dagli quella certezza perché io per prima non la possedevo e trovavo incredibile che, più che per sé stesso, lui fosse preoccupato per le persone a le quali teneva. Sembrava quasi che non gli importasse che suo padre lo demoralizzasse o lo riempisse di collera, l'unica cosa che gli interessava era non ferire gli altri. Socchiuse gli occhi per un attimo e restò in silenzio, come se sperasse che a quel modo sarebbe stato in grado di bloccare il mondo, di metterlo in pausa. Mi diede l'impressione di voler credere che attraverso quel semplice gesto sarebbe scomparso all'improvviso, che niente e nessuno sarebbe stato in grado di accorgersi di ricordarsi che lui esistesse.

" Aiden, guardami. Non mi interessa di ciò che potresti fare, ti ho già visto arrabbiato prima d'ora e se mai dovesse succedere di nuovo, sicuramente non sarà la tua rabbia a farmi allontanare da te. Ti starò vicino, okay? " dissi, prima di lasciagli un leggero bacio a fior di labbra e sorridergli.

Prima che potessi accorgermene, Aiden mi strinse in un abbraccio. Il mio cuore prese a battere all'impazza per via dell'emozione, fui cullata dalla fragranza del suo profumo che, ormai, mi era incredibilmente familiare.

" Non saprei come sopravvivere a questo pranzo senza di te, Hayley e in tutta onestà non so nemmeno se la tua presenza possa impedire a mio padre di farmi arrabbiare. Vorrei solo che per una volta si comportasse decentemente " confessò, affondando il viso nell'incavo del mio collo.

Mi strinse come se fossi stata la sua ancora, come se, senza di me, non sarebbe riuscito ad impedirsi di crollare.
Aiden era come il mare: imprevedibile. Eppure, talvolta, mi pareva che persino lui avesse difficoltà a restare a galla, a sopravvivere a se stesso. Avevo come l'impressione che il suo passato rappresentasse la tempesta che era in grado di agitarlo e renderlo inavvicinabile. Sembrava costantemente spaventato di poter ferire gli altri, di affogarli nelle sue acque e condurli verso la morte. Pareva quasi che nella sua mente ogni suo gesto, anche il più piccolo, avesse delle conseguenze enormi su chi lo circondava, come se una sola sua parola fosse stata in grado di distruggere chiunque. In quel momento realizzai che la paura più grande di Aiden fosse proprio quella di ferire e non di essere ferito, dimostrandomi che non gli importasse patire del dolore e dandomi l'idea che, in realtà, ne avesse patito già molto, abbastanza perché vi ci fosse ormai abituato e avesse cessato di temerlo. A sufficienza perché desiderasse che nessuno di coloro che amava ne provasse altrettanto.
Nonostante Aiden fosse colmo di segreti, proprio come l'oceano, io mi sentivo attratta da lui in modo incredibile. Il mare mi aveva sempre affascinata in qualsiasi circostanza, non aveva mai fatto differenza che esso fosse tranquillo come un fiume oppure tempestoso. A dire la verità il mare in tempesta aveva sempre avuto un certo fascino per me, quando vivevo in California amavo restare sulla spiaggia ed osservare le onde burrascose infrangersi sulla costa. Di conseguenza, ero sicura che Aiden non mi avrebbe di certo allontanata mostrandomi quanto tempestoso il suo animo potesse diventare.
Il fascino che Aiden esercitava su di me era direttamente proporzionale alle palpitazioni che il mare scatenava nel mio cuore.

" Dobbiamo andare adesso" lo informai, allontanandomi da lui e afferrandogli la mano per indurlo ad alzarsi dal letto.

Il ragazzo sospirò leggermente e mi seguì in direzione della porta con riluttanza, ma prima che la raggiungessimo lui mi condusse verso il muro e si fiondò a capofitto sulle mie labbra.
Al diavolo il ringraziamento, io suggerirei di trascorrere la giornata a baciare Aiden.
Stai buona.
Fu un bacio breve. Colmo di passione e di sentimento, uno di quei baci che durano un secondo, ma che rimangono impressi nella mente fino alla fine dei tempi. Marchiati a fuoco nella memoria, in delebili, fissi come dei chiodi piantati così in profondità da non poter essere rimossi. Così pieni di passione da non poter essere scalfiti nemmeno dal fiume del tempo.
Quando si allontanò da me, Aiden appoggiò la fronte alla mia e fissò i suoi occhi nei miei. Le sue labbra rosee erano increspate da un dolce sorriso.

" Scusami, ne avevo bisogno prima di affrontare questo pranzo" disse, prima di prendermi per mano e condurmi fuori dalla sua stanza.

Percorremmo il corridoio che conduceva alle scale e, in quella circostanza, il tragitto mi sembrò meno duraturo del solito. Mi sentivo improvvisamente in agitazione, temevo davvero che Max potesse far perdere le staffe ad Aiden e rovinargli completamente la giornata. Tuttavia non volevo darlo a vedere al ragazzo accanto a me perché temevo che, se mai se ne fosse accorto, non avrei fatto altro che alimentare la sua di agitazione.
Percorremmo le scale accompagnati dal suono dei nostri passi e a quello delle chiacchiere provenienti dal soggiorno che, lentamente, si facevano sempre più vivide.
Quando entrammo nel salotto, notai che Ash era comodamente seduta sul turacciolo del grande divano grigio e che Max e mio padre stavano parlando animatamente, interrompendosi solo per ridere di tanto in tanto. Shirley, d'altro canto, era intenta a spostare il grande centrotavola sul tavolino di cristallo posto dinnanzi al divano.
Dopo poco, lo sguardo di Max si posò su me ed Aiden e si soffermò per qualche secondo su quest'ultimo.

" Beh, ora che il principe Aiden ci ha degnati della sua presenza direi che possiamo comodamente cominciare il nostro pasto" affermò, dirigendosi verso il tavolo e prendendo posto a capotavola.

Sentii la mano di Aiden stringere con più vigore la mia e io feci lo stesso con la sua con l'intenzione di indurlo a comprendere che io fossi lì per lui. Attraverso quella stretta di mano speravo che lui capisse che aveva tutto il mio supporto e che avrei fatto il possibile per aiutarlo ad affrontare quel pranzo, anche se, a dire la verità, non ero sicura che una semplice stretta di mano potesse comunicare tutto ciò.
Dopo quella frase infelice emessa dalle labbra di Max, notai che Ash persisteva ad osservare Aiden come se fosse stato una bomba ad orologeria. Era come se la mia migliore amica temesse che, da un momento all'altro, suo fratello sarebbe esploso. Non mi era per nulla difficile immaginare quale fosse la fonte di tanta preoccupazione.
Non passò molto prima che lei decidesse di prendere Aiden per mano e di condurlo fuori dalla stanza ed io, inevitabilmente, mi chiesi quali fossero le sue intenzioni.
Quando i due gemelli si ripresentarono in soggiorno, li vidi lanciarsi degli sguardi di intesa, prima che prendessero posto a tavola.
Il pranzo trascorse tranquillo poiché Max, con grande sorpresa da parte di entrambi i suoi figli e da parte mia, non avanzò ulteriori frecciatine nei confronti di Aiden. Mangiammo il delizioso tacchino preparato accuratamente da Dolores il cui profumo permeava la stanza, mescolandosi a quello delle patate al forno. Mio padre e Max trascorsero l'intera durata del pranzo a conversare allegramente, ridendo e scherzando come amici di vecchia data quali erano. Shirley interloquiva con me di tanto in tanto, ma per la maggior parte del tempo si limitò ad ascoltare la conversazione tra suo marito e mio padre, sorridendo ed annuendo di tanto in tanto.
Ash ed Aiden, d'altro canto, parlarono soltanto con me e notai che, spesso, lanciavano delle occhiate verso il padre come a volersi assicurare che non stesse ascoltando ciò che dicevamo. Ad essere sincera nonostante non ve ne fosse alcuni motivo, io persistetti a sentire il nervosismo accarezzarmi amorevolmente le spalle come un amante segreto, sussurrandomi all'orecchio che tutta quella tranquillità sarebbe presto andata il pezzi.
Nel momento in cui Dolores portò la torta a tavola, tutti i presenti restarono per qualche secondo in silenzio, in attesa che Shirley tagliasse le fette di dolce e le distribuisse.

" Hayley devo farti i miei complimenti, questa torta è eccezionale" esclamò Max, sorridendomi.

Ricambiai il sorriso e mi sentii felice che il dolce mi fosse riuscito bene, nonostante fosse passato del tempo dall'ultima volta che lo avevo preparato. Il profumo dei chiodi di garofano che avevo utilizzato per cucinare al torta mi riempì le narici non appena avvicinai la forchetta alla bocca, mischiandosi a quello speziato della cannella e quello dolce della zucca. Il sapore del dolce invase le mie papille gustative e mi riportò alla memoria vecchi ricordi di anni che mi parevano ormai troppo lontani. Per un attimo pensai addirittura che avrei udito Emma e Scott litigare assiduamente tra di loro per decidere chi dei due avrebbe mangiato l'ultima fetta rimasta, per poi giungere ad un compromesso e decidere di tagliarmi a metà in modo che fossero entrambi soddisfatti.

" Ti ringrazio Max" replicai, dopo aver deglutito.

Guardai Ash ed Aiden e notai che avevano entrambi già terminato la loro fetta di torta. Risi leggermente, prima di riportare la mia attenzione sul mio piatto e ripensando al giorno in cui Scott aveva assaggiato per la prima volta la mia torta di zucca. Gli era piaciuta tanto che, da allora, divenne il suo dolce preferito. Mi chiesi cosa stesse facendo il mio migliore amico in quel momento e lo immaginai intento a giocare con la piccola Grace in giardino, mentre la loro madre li osservava seduta sul dondolo nel portico di casa con le labbra allargate in un sorriso e un album da disegno tra le mani. Rachel adorava disegnare e ogni volta che ne aveva il tempo si sedeva sulla poltrona in salotto o sul dondolo fuori casa con una matita tra le mani, realizzando splendidi ritratti di ciò che catturava la sua attenzione. Era un'artista eccezionale e sua figlia Grace nutriva le sua stessa passione per il disegno.

" Sai Hayley, adesso che tu e mio figlio siete amici, o forse anche qualcosa di più, potresti aiutarlo a comprendere che sarebbe meglio se si occupasse dell'azienda di famiglia in futuro. È ora che capisca che le sue fotografie non lo porteranno mai da nessuna parte" aggiunse Max, tendendo una mano verso il bicchiere che aveva dinnanzi e bere ciò che rimane del suo vino bianco.

Spostai lo sguardo verso Aiden e mi accorsi che stava stringendo i pugni tanto che le sue nocche erano divenute bianche. Riuscivo persino a vedere i nervi tesi delle braccia in parte scoperte dalle maniche della camicia che indossava, mi fu subito chiaro che le parole di Max lo stessero considerevolmente irritando e che, di certo, si stesse trattenendo dal colpire il tavolo con un pugno in modo da zittire suo padre con il suono secco e forte che avrebbe emesso .
Aiden afferrò il bicchiere di cristallo e bevve un lungo sorso d'acqua, come se sperasse che questa potesse avere un effetto calmante su di lui.

" Papà, le foto di Aiden sono bellissime. Forse sarebbe il caso che, prima di giudicarle, ne guardassi alcune" intervenne Ash, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e puntando gli occhi azzurri in quelli di suo padre.

Max sembrò stupirsi delle parole pronunciate dalla figlia e restò qualche secondo a fissarla, come se non sapesse come rispondere. Sperai con ogni più piccola cellula del mio corpo che l'intervento di Ash fosse necessario a mettere fine alle conversazione, nonostante dubitassi che la sua semplice frase fosse sufficiente per mettere a tacere suo padre. Quest'ultimo restò qualche istante in silenzio, prima di allargare le labbra in un sorriso beffardo e scuotere leggermente il capo, quasi stesse pensando che sua figlia fosse troppo innocente per capire cosa fosse meglio o meno per suo fratello.

" Ashley non è necessario che tu difenda tuo fratello, sono sicuro che è in grado di farlo da solo. Ad ogni modo non ho bisogno di vedere le sue foto, sono sicuro che giocare con la macchina fotografica non gli frutterà molti soldi.
È meglio che si occupi dell'azienda assieme a te" rispose, il tono di voce pacato e gli occhi puntati sul figlio durante l'intero discorso.

Ash si prese a mordicchiarsi nervosamente il labbro, mentre mio padre rivolse lo sguardo verso Max, scuotendo ripetutamente il capo. Shirley persisteva a fissare ciò che rimaneva della sua fetta di torta, giocherellando con le briciole con lo sguardo perso, quasi volesse completamente estraniarsi dalla realtà che la circondava. Aveva l'aria stanca, come se avesse udito quel tipo di conversazione così tante volte da esserne esausta, al punto da preferire ignorarla platealmente se interferire, quasi fosse certa di quale sarebbe stato il risultato nel caso lo avesse fatto.
Aiden, invece, mi sembrava sul punto di esplodere. Si rigirava il bicchiere, ormai vuoto, tra le mani e, probabilmente, sperava che compiere quel gesto lo avrebbe aiutato a mantenere il controllo della sua rabbia.

" Aiden dammi retta, prendi una buona decisione per una volta nella tua vita e lascia perdere la macchina fotografica. L'azienda è il futuro tuo e di tua sorella, quella sì che ti potrà assicurare un futuro degno di questo nome, oltre che ottimi guadagni. C'è gente che pagherebbe per essere al vostro posto " continuò Max, riempiendosi il bicchiere di vino.

" Che c'è Aiden, hai perso la lingua? " aggiunse poco dopo, prima di scoppiare in una leggera risata e guardandosi intorno quasi fosse convinto che qualcun altro a quel tavolo vi si sarebbe unito.

Mi sentii le mani prudere per la voglia che avevo di prendere quell'uomo a schiaffi. Ero sempre stata convinta che fosse una brava persona ma, evidentemente, mi sbagliavo. Sembrava provare un sadico piacere nel mettere il figlio in difficoltà, era come se non aspettasse altro che vederlo cedere. Sapeva scegliere in modo impeccabile le parole da pronunciare, così che queste potessero colpire Aiden nel profondo ed innescare la sua rabbia. Aveva l'aria di qualcuno che stava semplicemente attendendo il momento il cui il proprio figlio non sarebbe più riuscito a zittirsi e in cuor mio sapevo che sarebbe giunto molto presto, se si considerava che Aiden, proprio come me, non fosse solito mordersi la lingua ed impedirsi di dire ciò che pensava ad alta voce, senza preoccuparsi di quali sarebbero state le conseguenze. Eppure riuscivo a vedere lo sforzo sul suo viso, ad ammirare l'impegno che stava impiegando per evitare di dare sfogo alla rabbia che gli ribolliva dentro.

" Forse non mi interessano i soldi. Voglio poter decidere io del mio futuro, potrei benissimo fare fotografie e prendermi cura dell'azienda" rispose Aiden, il tono di voce così calmo da mettere i brividi.

Il bicchiere si trovava ormai nella sua mano destra e lui persisteva a fissarlo intensamente, dandomi l'impressione che sarebbe addirittura a mandarlo in frantumi come se fosse stato Superman o possedesse una sorta di potere speciale come uno degli Xman. Lanciai un'occhiata veloce ad Ash e la vidi passarsi una mano sul viso con fare disperato, mentre mio padre scosse nuovamente il capo. Era evidente che la mia amica fosse al corrente che, ora che uso fratello aveva risposto al padre, non vi era più alcun modo di riuscire a scampare ad una possibile lite. Ash sembrava stanca tanto quanto Shirley e per un attimo pensai che anche lei avrebbe desiderato alzarsi da quella svolta e scappare di casa senza mai voltarsi indietro pur di non dover assistere all'ennesima discussione.

" Non dire idiozie, bisogna dedicarsi completamente all'azienda per fare in modo che non fallisca. Io e i miei avi abbiamo faticato per tenere in piedi e farla prosperare. Non ho intenzione di permettere che i capricci di un adolescente mandino all'aria il lavoro di intere generazioni " affermò il padre di Aiden, il suono tono di voce si faceva sempre più alto mentre proseguiva il suo discorso.

" Sia maledetto il giorno in cui hai conosciuto Bella. Quella ragazza complessata non ha fatto altro che rovinarti" aggiunse severo, indicando il figlio.

Dopo quelle parole, Max bevve il vino contenuto nel suo bicchiere tutto di un sorso, come a dimostrare a tutti di non essersi scomposto nemmeno di una virgola e di non vergognarsi nemmeno un briciolo per la figura che stava facendo ma dando a vedere a tutti quanto andasse fiero dei suoi rimproveri nei confronti del figlio. Aiden , invece, perse le staffe. Strinse il bicchiere di cristallo che reggeva nella mano destra con così tanto vigore da mandarlo in frantumi.
Il suo sangue macchiò la tovaglia candida che ricopriva il tavolo e si mescolò ai cocci di cristallo che riflettevano la luce emanata dal grande lampadario che illuminava il soggiorno, facendoli brillare i come se fossero stati diamanti e ricordandomi terribilmente le schegge di vetro che ricoprivano l'asfalto sotto i raggi argentei dei la luna la notte in cui Emma aveva perso la vita tra le mie braccia.

" Non ti devi permettere di parlare di lei. Mai. Non sei nella posizione di poter sparare sentenze riguardo a persone che conosci a malapena, dovresti imparare che ci sono cose al mondo che valgono molto più del denaro. Eppure sono sicuro che non lo capirai mai; anzi, forse lo comprenderai quando ti ritroverai sul letto di morte e io non sarò lì per dirti addio" dalle parole di Aiden trapelava tutto il disprezzo che provava nei confronti del padre e quest'ultimo ne restò completamente sbigottito.

Aiden si alzò dal tavolo e corse al piano superiore, seguito a ruota dalla sorella, il sui viso era divenuto pallido come un cencio. Quando Ash si trovava ancora a metà delle scale, sentii un forte rumore provenire dalla camera di Aiden. Udendo quel frastuono, immaginai che avesse preso a pugni il muro o un qualche mobile della sua camera, in modo da dare sfogo alla rabbia che sapevo scorrergli nelle vene.
La stanza restò completamente avvolta nel silenzio, nessuno sembrava dell'umore giusto per proferire parola. Max restò a fissare il bicchiere di vino ormai vuoto con lo sguardo perso, mentre sua moglie gli accarezzava delicatamente il braccio anche se i suoi occhi lucidi erano puntati sulle scale. Probabilmente Shirley sperava che Aiden si sarebbe presto ripresentato in soggiorno anche se ero sicura che, in cuor suo, sapeva che tali speranze fossero vane.
Ripensando alle parole di Max, realizzai che anche lui conosceva Bella. La figura di quella ragazza era divenuta sempre più misteriosa e, al contempo, affascinante ai miei occhi. Mi chiedevo se e quando Adien me ne avrebbe parlato, nonostante fossi perfettamente consapevole che quel giorno, probabilmente, era ancora piuttosto lontano.

Aiden

Entrai in camera mia in cerca delle chiavi della mia aiuto e, non appena misi piede nella mia stanza, tirai un forte pugno contro l'anta del mio armadio. Il sangue che fuoriusciva dalle ferite causare dai frammenti di cristallo prese a sgorgare più copiosamente dai tagli, ma non ci diedi troppo peso.
Afferrai le chiavi poggiate sul comodino, mi diressi verso la porta e mi scontrai con Ash.
Aveva il viso pallido e gli occhi lucidi, come se stesse trattenendo le lacrime. Prima di pranzo, le avevo promesso che avrei fatto il possibile per mantenere la calma e non rovinarle il Ringraziamento. Tuttavia, avevo fallito miseramente.
Le poggiai una mano sulla guancia e la accarezzai delicatamente, aveva l'espressione triste e mi sarei volentieri preso a pugni da solo perché, purtroppo, sapevo che quella malinconia era causa mia.

" Ash mi dispiace, ti giuro che ci ho provato" mi scusai, abbassando lo sguardo con fare colpevole.

Mi osservai la punta delle scarpe e le due piccole gocce di sangue che cadute dalla ferita alla mia mano destra ed avevano macchiato il pavimento. Sentii le ferite pizzicare leggermente, ma cercai di ignorare il dolore. Ero troppo impegnato a tentare di placare la mia rabbia e a mettere a tacere le parole pronunciate da mio padre che, con mio grande disappunto, continuavo a fare eco nella mia mente.

" Non è colpa tua, devo riconoscere che questa volta ha dato il peggio di sé. Ha fatto arrabbiare persino me" replicò, poggiando la sua mano sulla mia.

Aveva ragione, mio padre non doveva assolutamente permettersi di mettere Bella in mezzo al nostro discorso, tantomeno in presenza di Ash. Odiavo il fatto che lui fosse in grado di sfruttare qualsiasi mezzo pur di farmi arrabbiare. Odiavo il suo modo di parlare, quello di porsi con le persone e il finto sorriso che rifilava a coloro che credevano fosse una brava persona. Odiavo lui, in tutto e per tutto. Parte di me si stenti a in colpa per questo, perché sapeva che non fosse giusto provare tanto astio verso il proprio padre o forse era semplicemente disappunto perché, in realtà, non ero in grato di detestarlo quanto avrei voluto.

" Cazzo, volevo che fosse una bella giornata. Volevo che, per una stramaledetta volta, andasse tutto bene. Speravo che lo avrebbe fatto almeno per te e per mamma, invece niente. Dio, persino davanti a Hayley e a suo padre" dissi imbarazzato, prima di allontanare la mano dal volto di Ash e passarmela tra i capelli.

Mi chiedevo cosa stesse pensando Hayley di ciò che era accaduto e se fosse curiosa di venire a conoscenza di Bella. Ero sicuro che Ash le avesse parlato di lei almeno una volta, considerando che mia sorella la riteneva una grande amica e che Hayley fosse piuttosto curiosa.
Tuttavia io non mi sentivo pronto a parlare di lei. Dopotutto, che bisogno ce n'era?
Anche Hayley avrebbe potuto non parlarti di Emma, invece l'ha fatto.
È diverso.
No, non lo è e sei un idiota se lo pensi.
Proteggere mia sorella era una delle cose che mi premevano di più, assicurarmi che lei non soffrisse e non dovesse mai litigare con mio padre. Io volevo semplicemente che Ash fosse libera di vivere la vita che preferiva, senza che si sentisse costretta a lavorare per nostro padre voltando così le spalle alla sua passione per il disegno e la moda, oltre che al. Suo sogni di diventare una famosa stilista. Io mi ero deciso a battermi per entrambi, preferendo essere io a dover subire la collera della nostra figura paterna al posto suo e di certo non lo facevo perché ritenessi che mia sorella non fosse in grado di difendersi da sé o perché credessi che fosse troppo debole per farlo. Lo facevo semplicemente perché Ash tendeva sempre a voler accontentare tutti a costo di non essere felice, lei preferiva rinunciare ai suoi sogni pur di non deludere nostro padre, mentre io desideravo che lei riuscisse ad ottenere tutto ciò che voleva e anche di più, tutto quello che si meritava di possedere e di certo lei non aspirava a gestire un'azienda per cui non nutriva nessun particolare interesse. Per entrambi era sufficiente giungere ad un compromesso, riuscire a convincere mio padre che nessuno dei due sarebbe di certo morto se avesse svolto due lavori contemporaneamente e che non fosse così difficile farlo.

" Sono sicura che dopo ciò che è accaduto Hayley e suo padre inizieranno a guardare con occhi diversi papà, non di certo te" rispose lei, facendo spallucce.

Mi rivolse un sorriso, nonostante avesse gli occhi lucidi e io la avvicinai a me con la mano pulita - e non gocciolante di sangue come l'altra-, stringendola al mio petto.
Non sopportavo vedere Ash triste, tanto quanto non sopportavo mio padre. Sapere che la sua tristezza fosse causa sua e mia, non faceva altro che alimentare la rabbia che mi ribolliva dentro. Avevo bisogno di bere dell'alcol ed ero sicuro che il farlo documento che Matt mi aveva procurato due anni prima, mi sarebbe tornato utile ancora una volta.
Quella casa mi sembrava improvvisamente troppo piccola, troppo stretta è decisamente troppo asfissiante.
Se fossi rimasto lì un minuto di più, sarei impazzito.
A volte era come se l'oceano risiedesse dentro di me ed era sufficiente un soffio di vento troppo brusco ad agitarlo e a scatenare una tempesta.
Ero mosso dalla forza di un mare in burrasca, le cui onde si infrangevano contro la mia cassa toracica e la cui forza mi spingeva a voler uscire di casa per recarmi in un posto lontano.
Lasciai un delicato bacio sulla fronte di Ash e mi avviai a passo spedito verso le scale, i miei passi rimbombarono sul marmo a causa della velocità con cui percorsi i gradini.
Gli sguardi di coloro che erano rimasti seduti al tavolo si puntarono su di me, compreso quello di Hayley che sembrava estremamente preoccupato.

" Aiden se esci da quella porta, non disturbarti a tornare questa sera" disse mio padre, il tono di voce fermo e deciso.

Rivolsi un'occhiata prima a lui e poi a mia sorella, vidi quest'ultima annuire e quel gesto mi fu sufficiente per convincermi ad aprire la porta e chiudermela alle spalle. Ero stanco, tanto, forse troppo per riuscire a sopportare altre liti. Avrei voluto che il mondo mi concedesse una pausa da ogni cosa, che il tempo si congelasse per qualche giorno e che i ricordi del mio passato potessero oscurarsi per un po'. Avrei voluto vivere senza dover costantemente lottare contro me stesso, senza dover essere schiavo dell'odio e della rabbia che provavo nei confronti di chi mi aveva fatto soffrire per lungo tempo, per così tanto da farmi abituare ad un certo tipo di dolore. Mi sarebbe piaciuto eliminare tutto il rancore, il rimorso, il senso di colpa e la nostalgia che provavo nei confronti di una serie di ricordi che avrei preferito dimenticare per sempre. Mi riusciva ancora difficile convivere con il mio passato, con gli errori indelebili e madornali che avevo commesso, gli stessi che mi rendevano ai miei occhi solo ed esclusivamente un mostro. I miei sbagli delineavano ciò che ero: un mare in tempesta che era in grado di affogare chiunque, anche chi non se lo meritava. 

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Hey! Che ne pensate del capitolo? Cosa vi aspettate dal prossimo?
Chiedo scusa per il ritardo, ma tra l'esame e tutto ho avuto davvero poco tempo per scrivere. Inoltre mi scuro immensamente per eventuali errori, ma ho poso internet e se mi metto a rileggere tutto rischio di non poter più pubblicare.
Mancano ancora due capitoli! Stay turned
Baci
xoxo
-Alex

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