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Bristol, Inghilterra
1972

La pioggia non era mai sembrata un problema per il giovane Louis, il quale, stretto nella sua giacca di jeans azzurra, si incamminava tra le strade bagnate e solitarie. Non era stato così sprovveduto da uscire senza prima verificare come le nuvole nere si avvicinavano impetuose verso la sua città, ma non era sembrato importargli quando aveva varcato la porta di casa senza un ombrello al seguito. Patch lo avrebbe rimproverato, lo sapeva, ma a lui piaceva poter sentire il suono che si imbatteva sopra il cappuccio della giacca, a tempo di musica. Come gli piaceva poter sentire il debole suono dell'acqua che si schiantava ai suoi piedi quando prendeva una pozzanghera. Sospirò annoiato quando sentì il pianto di bambini poco più in là, ma lasciò che i suoi piedi lo conducessero autonomamente verso la direzione in cui era diretto. Probabilmente pieno di persone e baccano. Patch era stato partecipe al gran progetto del festival biennale che celebra le radici della leggenda di Hollywood Cary Grant, nato a Bristol, incentivando il nuovo pubblico e ricreando l'atmosfera dell'epoca d'oro del cinema.

Lavorando per una grossa azienda era riuscito ad entrare nel progetto e portarlo avanti con grandi imprenditori, che si erano subito messi all'opera. Gli aveva spiegato che il Cary Grant Festival si svolgeva in una grossa fiera ospitante bancarelle e cibo per gli ospiti paganti e si sarebbe conclusa in un teatro con la visione di un film dedicato alla carriera di Cary Grant. Lui non ne era un fan né era stato entusiasta all'idea di dover trascorrere una giornata dedicandosi tutta al cinema degli anni '20, ma Patch gli aveva fatto promettere che si sarebbe divertito e soprattutto che gli sarebbe stato accanto per tutta la durata del festival. Aveva accettato solo perché aveva visto le nuvole avvicinarsi, e da una parte sperava che le persone si ritirassero dal festival così che non fosse invaso da rumore stramazzante di bambini o fastidioso odore di sigaretta. D'altra parte, Louis non voleva che il suo compagno risultasse triste della sua assenza. Sapeva quanto tempo e dedizione aveva impegnato nel lavoro, ritenendosi fortunato - o così Patch gli aveva detto un giorno, dandogli un bacio sulla fronte - che avesse Louis al suo fianco e che potesse occuparsi della casa e cose primarie in sua assenza. Un commento che al ragazzo non aveva fatto piacere, visto che non era una badante a cui affidare cose di questo tipo, ma aveva lasciato correre notato il tipo di gioia che lo sguardo di Patch gli aveva riservato da sotto le ciglia.

«Lou, sono qui!» sentì urlare.

Automaticamente alzò la testa dalla strada e scrutò subito il suo compagno agitare il braccio in aria per farsi notare. Gli riservó un sorriso e si incamminò nella sua direzione.

«Ciao.» mormorò quando fu abbastanza vicino da dargli un bacio sulle labbra. «Come ti senti oggi?»

«Sei senza ombrello.» disse, lanciandogli uno sguardo di rimprovero. Louis scrollò le spalle. «Ansioso.» continuò, rispondendo alla sua domanda. «Puzzo ancora di sudore nonostante mi son rinfrescato nel bagno dell'ufficio.»

«Vedrai che andrà bene.» gli lasciò un bacio sulla guancia in modo rincuorante e fece per avvicinarsi a lui per poggiargli la testa sulla spalla. Patch lo accolse subito tra le sua braccia, riparandolo con il suo ombrello. «Non c'è niente che può andar storto. Le persone sembrano entusiaste.»

Louis non aveva bisogno di guardarsi in giro per capire che la folla intorno a loro fosse contenta per quel progetto, e quando lo fece per sua fortuna notò c'erano più adulti che bambini. Ringraziò che fossero distanti dalle persone accalcate per l'attesa dell'apertura delle porte e si girò verso il volto nervoso del suo compagno.

«Non vedo l'ora di stasera.» proferì entusiasta Patch. «Mike mi ha lasciato spazio per un discorso che affronterò sul palcoscenico.»

Louis aggrottò le sopracciglia. «Pensavo che saresti stato con me tutto il tempo.»

«Lou...» mormorò agitato. «Mi spiace, ma è una grande opportunità per il nostro progetto. Porteremo le persone a finanziarci e potrei comprarti un sacco di cose.»

«Desideravo la tua compagnia.» sbuffò annoiato Louis, rialzando la testa.

«Sarà solo per il film.» si avvicinò per baciargli la punta del naso. «Lo prometto. Potrai cacciarmi di casa se ti lascerò un momento in più da solo.»

«Solo per il film?» dichiarò. Gli occhi agitati e azzurrisimi che scrutavano quelli scuri del compagno in cerca di rassicurazione.

«Solo per il film. Dovrai restar seduto in una poltroncina comoda e goderti il film. Le persone non potranno neanche darti fastidio o verranno cacciate fuori da me in persona.»

Louis si lasciò scappare una risatina divertita. «Prenderò quest'opzione come buona.»

«Dovrai sopportarmi tuuuuutto il tempo adesso, tesoro.» esclamò, allungando la "u" in modo giocoso. Prima che Louis potesse rispondere però, gli occhi del compagno si posarono sull'apertura delle porte. «É iniziata!»

Evviva, pensò.

Venne trascinato dentro ai cancelli da un Patch euforico e saltellante. Per fortuna lo tenne per il fianco tutto il tempo, perché aveva paura di perdersi o in caso di essere spintonato da altre persone che cercavano di entrare prima di lui.

La promessa di Patch per fortuna si rivelò veritiera, ma Louis non ne fu comunque contento: i proprietari di bancarelle, i compagni di lavoro che si assicurassero che il festival procedesse secondo i piani e persino le guardie di sicurezza fermarono Patch per un saluto e una chiacchierata. Il ragazzo rimase semplicemente al suo fianco, guardandosi intorno per non cadere alla noia che gli attanagliava lo stomaco, zittendosi nel momento stesso in cui sentiva nominare il nome del compagno per ogni persona che lo reclamava per due parole. Non aveva mai adorato stare tra le persone, circondandosi nel caos della folla che gli bloccava il passaggio o che gli impediva di rimuginare nei suoi pensieri come era solito fare.

Nella città di Bristol c'era sempre stata questa confusione di persone per le strade, semafori in continuo movimento, il vociare ridondante, la sensazione di soffocamento. Sarebbe riuscito a vivere in una città come quella, certo, eppure avrebbe sicuramente preferito una cittadina tranquilla, magari in campagna, dei vicini cordiali che lo avrebbero invitato al pranzo di Pasqua e anche un giardino in cui avrebbe potuto coltivare qualche fiore e spezia.

Si guardò i piedi e notò come le sue scarpe di tela si fossero bagnate sulle punte a causa delle pozzanghere che la pioggia di prima aveva causato. Alzò quindi lo sguardo al cielo, socchiudendo gli occhi per il colore luminoso delle nuvole che gli infastidiva le iridi chiare. Si disse che avrebbe piovuto ancora, anche se per il momento sembrava avesse smesso. Le persone avevano messo via gli ombrelli, concedendogli adesso l'opportunità di vagare lo sguardo più in tranquillità senza la paura che una puntina gli avrebbe infilzato gli occhi.

Le bancarelle esponevano merchandising e giocattolini, lasciando che la musica negli auto-parlanti del parco attirasse le persone verso di loro.

«Lou?» si sentì chiamare. Patch lo guardava con un sopracciglio alzato e uno sguardo divertito.

Solo ora si rese conto che l'ennesimo conoscente del compagno se n'era andato. «Sì?» proferì sorridendogli.

Lui gli passò la mano non occupata a circondargli il fianco sulla guancia. «Ti annoi?»

«No.» mormorò. «No, è che... È che non so come comportarmi quando vengono a parlarti persone che non conosco.»

«Mi dispiace. So che tutto questo non è il tuo genere ma ho voluto che tu ne facessi parte perché sei parte di me.» gli lasciò un bacio sulla fronte. «Cercherò che tutto questo finisca il prima possibile.»

«Sto bene. Non sono un bambino.» ridacchiò. «Riuscirò a sopravvivere per una giornata.»

Patch lo spinse gentilmente a riprendere a camminare. «Questo è il mio Lou. Cercherò di non farmi vedere da chi conosco così riusciremmo ad avere qualche minuto per noi.»

Louis gli si strinse addosso, in un abbraccio scoordinato. «Grazie.»

«Vuoi qualcosa da bere?» notò una bancarella più avanti. Louis annuì. «Puoi aspettarmi un minuto qui che prendo delle bibite? Muoio di sete.»

Patch si staccò da lui e si incamminò poco più avanti. Louis ne approfittò per appoggiarsi ad un muretto con le spalle e tirarsi sulla testa il cappuccio della felpa che portava sotto la giacca in jeans. Aveva ripreso a piovere, e anche se le gocce erano lievi e sinuose, le persone corsero nuovamente a riaprire gli ombrelli per ripararsi.

Osservatore di uno spettacolo in movimento, Louis si accorse di una figura poco più in là che lo incuriosì. Era diverso dagli altri, come se si distinguesse dalla folla, una macchia su una parete, eppure sembrava in simbiosi con le persone che gli passavano a fianco e gli sorridevano. Anche lui era fermo, tra quel fiume che li divideva, e aveva dei riccioli lasciati sciolti che gli ricadevano sulla fronte. I suoi occhi curiosi zigzagavano alla ricerca di qualcosa, ma il sorriso che gli impegnava le labbra era ben presente e persistente, quasi non riuscisse a smettere di farlo. Era alto, ma Louis non riusciva a distinguere altri particolari che potessero renderlo unico e diverso tra la massa. Inclinò la testa di lato, quasi come un gatto che aveva adocchiato la sua preda e incrociò le braccia al petto in trepidante attesa che succedesse qualcosa. Notò come il riccio emanava un'aura gentile, cordiale e quasi inarrivabile e che riusciva a sentirla fin dove si trovasse lui. Gli osservò le spalle curve, probabilmente per ripararsi un minimo dalla pioggerellina insistente, il maglione bianco che gli accarezzava le clavicole dalla pelle lattea, una mano che correva a tirarsi indietro i capelli in un segno di nervosismo.

Si ritrovò sorpreso da quei pensieri, scuotendo immediatamente la testa nel momento stesso in cui si rese conto di star esagerando. Era solo una persona tra le altre.

Voltò lo sguardo sul punto in cui era sparito Patch e lo vide con i contanti in mano pronto a pagare. Sospirò, contento, e si rialzò dal muretto riprendendo l'equilibrio sulle sue gambe. Con una mano si spazzolò i jeans dalla polvere e, senza accorgersene, rialzò lo sguardo sul punto in cui ci sarebbe dovuto essere il riccio.

Gli si stoppò il respiro in gola quando notò che i loro sguardi erano incrociati. Incatenati da una fune invisibile che non avrebbe permesso di dividerli. Erano degli occhi dal colore dei gioielli. Verdi. Brillanti.

Sentì un brivido circolargli lungo le spalle, attraversargli il petto e poi le gambe. Non aveva freddo. La giacca lo teneva abbastanza al caldo da non farli percepire l'aria dell'autunno, eppure si ritrovò a dover soffocare con le dita dei brividi che lo percorsero sulle braccia. Non sorrideva più, il riccio, ma qualcosa gli diceva che fosse rimasto sorpreso quanto Louis stesso, come se il loro fosse stato un contatto talmente intimo da renderlo nudo e paralizzato. Louis sentiva lo stesso.

Si interruppe tutto quando un braccio gli si posò gentilmente sul fianco. «Ho preso due cose.» Patch. «Ma dovremmo sbrigarci ad andare al teatro, è quasi ora e devo rileggere il mio discorso.»

Sì lasciò condurre dalle sue mani verso quella destinazione, lasciandosi indietro il ragazzo dagli occhi dal colore dei gioielli e tutto ciò che gli aveva fatto provare.

***

Era seduto su una sedia in velluto rossa, sorprendentemente comoda per i suoi standard. Gli avevano dato un foglio con la scaletta delle cose che avrebbero annunciato e anche una piccola rosa, «Da parte di Patch.» gli aveva sorriso il giovane ragazzo che gliel'aveva donata. Louis l'aveva ringraziato e aveva portato il fiore sotto al suo naso, annusandone l'odore e lasciando che un sorriso gli scappasse dalle labbra fini. Doveva purtroppo ammettere che Patch sapeva come farsi perdonare e lui non era un tipo che rifiutava dei fiori.

Dopotutto, si disse tra sé e sé, è solo questione di qualche ora.

Rimase a giocare con il gambo fortunatamente non spinato, rigirandoselo tra le dita fino a quando le luci della sala si spensero e un coro di applausi rimbombò nell'area.

Mike, il compagno di lavoro di Patch, quello che aveva dato lo spazio nello spettacolo per fargli fare un piccolo discorso, apparve sulla scena. Louis lo aveva sempre trovato un bell'uomo, elegante e gentiluomo. Era sulla quarantina, teneva sempre una barba lunga ma curata che gli incorniciava il viso pieno e abbronzato, gli occhi chiari gli donavano un'aria più misteriosa di quanto lo fosse in realtà, ma Louis sapeva che fosse colpa del contrasto con il color bruno dei capelli.

«Buonasera a tutti! Son lieto di essere qui stasera, con tutta questa buona compagnia.» uno schiamazzo divertito lievitò nell'aria. «Spero che vi siate divertiti oggi pomeriggio al festival, anche se mi spiace del tempo che abbiamo dovuto affrontare. Fortunatamente le nostre bancarelle avevano dei posti per restare riparati.» si muoveva per il palco avanti e indietro, cercando di comunicare con tutti e mettendo le mani in avanti per un linguaggio del corpo più sinuoso e chiaro. «In ogni caso, ringrazio infinitamente ogni persona che ha dato vita e aiutato a svolgere il progetto del Cary Grant Festival.»

«Oh, ops! Mi scusi.» si sentì sussurrare, talmente piano che Louis non voltò lo sguardo. «Cavolo, mi scusi. Permesso.»

Poi un tonfo accanto a lui lo fece destare dal discorso motivazionale che Mike aveva iniziato. Sobbalzò sorpreso e si girò frettolosamente, alzando un sopracciglio e aprendo la bocca per dire qualcosa ma il ragazzo dagli occhi dal colore dei gioielli lo guardava divertito e sorpreso nello stesso modo, ma lui sembrava più contento per questa rivelazione, quasi non si aspettasse altro che Louis al suo fianco. «Ciao.» mormorò, dopo.

Tenne un tono di voce basso, in modo da non ottenere attenzione verso di loro. «Ciao.» sospirò, non riuscendo a lasciar andare lo sguardo inchiodato dall'altro.

Era buio, le luci erano state spente fuorché da quelle del palcoscenico, eppure riuscì ugualmente a scorgere le pagliuzze dorate che si presentavano tra quelle gemme. I suoi occhi erano verdi come smeraldi, grandi e lucidi quasi commossi dall'essere così splendenti e preziosi. Il sorriso che aveva notato qualche ora prima tra la folla era lo stesso, ma in compenso vi era accompagnato anche una coppia di fossette che sembravano chiedergli di toccarle.

«Il mio nome è Harry.» si presentò, alzando la sua mano destra e porgendola verso di lui.

Eccolo. Harry. Harry dagli occhi dal colore dei gioielli.

«Piacere mio.» sussurrò, più perché gli mancava la voce che per rispetto delle persone che ancora ascoltavano lo strano discorso di Mike. «Louis.»

«Louis.» lo copiò, lasciandosi fuoriuscire il suo nome dalle labbra come fosse marmellata. «É francese?» sorrise.

Louis sorrise di rimando, quasi quello davanti a lui fosse uno specchio. «No.» si morse un labbro, trattenendo un respiro.

Cazzo, si maledì. Non riusciva a tornare con la mente verso il palco e ciò che stavano dicendo, sapendo che da un momento all'altro sarebbe potuto apparire Patch. Lo stesso Patch che gli aveva regalato una rosa per farsi perdonare di avere infranto una piccola promessa.

«É bella.» gli sussurrò Harry, sporgendosi un po' per dare un'occhiata alla rosa che teneva ancora per le mani. «Te l'hanno regalata?»

«Sì» sibilò.

Harry sembrò un attimo in imbarazzo mentre si grattava un polso. «Ehm, oh... Ti piace Grant? Eri anche alla fiera, ti ho visto vicino alla bancarella delle bibite.»

Louis cercò tutta la volontà dentro di sé per cercare di fare comunicare il suo cervello a differenza delle risposte affermative e negative. «No, io... Non sono un grande fan. Ho visto qualche suo film, ma niente di serio.»

«Quindi sei stato trascinato qui?» Harry ridacchiò. «E ti hanno regalato una rosa per farsi perdonare?»

«Se così si può definire.» sorrise, contagiato dalle labbra rosee e bagnate del riccio. «Però ne son rimasto contento. È stata una bella fiera.»

«Anche per la pioggia?»

«Soprattutto per quella.» annuì, credendo fermamente a quello che stava dicendo. «I bambini non possono uscire con la pioggia.»

Sentì il riccio al suo fianco soffocare una risata rumorosa. «Non ti piacciono i bambini?»

Louis si costrinse a buttare un occhio sul palco: Mike stava ancora parlando. «Non esattamente. Non è il genere di cosa che cerco in questo momento.»

«Ah bene, quindi è una cosa momentanea. I bambini sono adorabili.» affermò annuendo con convinzione. I suoi occhi si aprirono più del normale per enfatizzare il concetto e a Louis scappò una risatina che non riuscì a contenere.

Si sentì un boato dal palco e i due ragazzi si ritrovarono spaventati a rigirarsi verso la fonte di rumore. Louis notò con dispiacere che Patch era già sul palco, il microfono che gli era caduto dalle mani mentre con lo sguardo lo puntava. Mike al suo fianco e che lo aveva appena annunciato. Poteva giurare di aver visto passare paura e rassegnazione attraversagli le iridi come un'ombra.

«Scusate.» mormorò, chinandosi e riprendendo ciò che gli era caduto. Lo strinse forte con due mani, lasciando le sue nocche bianche. «Errori di percorso.»

Fu una battuta che fece ridere il pubblico ma non Louis, che conosceva il suo compagno e sapeva che quando si appoggiava da un piede all'altro c'era qualcosa che non andava. Patch non riusciva a staccargli gli occhi di dosso come in una richiesta di aiuto.

«Lo conosci?» Harry era ancora accanto a lui. La sua mano gli stava mandando scariche elettriche per tutto il corpo dal calore che la sua mano aveva iniziato a sprigionare quando lo aveva toccato su un braccio. Louis voltò la testa ma non il corpo, per paura forse di privarsi di quel tocco elettrico, e incrociò il suo sguardo preoccupato. «É tutto okay?»

Si perse in quei gioielli ancora un po', non riuscendo più a risalire in superficie sopraffatto da quel mare.

Sospirò come per riprendere fiato. «Credo di sì.»

Patch fece un discorso breve e riduttivo, lanciando sguardi tristi in direzione di Louis. All'inizio del film, Harry si raccomandò di avvertire Louis che lui fosse quel tipo di persona che disturbava durante i film. Si perse tra le parole di Harry che gli raccontavano le sue vicende al cinema tra amici che gli picchiettavano sulle spalle mormorando di fare silenzio e signori che gli urlavano a gran voce di tacere nei cinema all'aperto. Louis sorrise e rise divertito per tutta la sera, anche quando si erano resi conto di aver perso metà film per colpa delle loro chiacchiere. Eppure non riusciva a fare a meno di parlare, di guardarlo, di ascoltare quella voce roca che gli riempiva il cuore di battiti.

Tornò a casa con Patch che gli baciava le testa tristemente. Non chiese cosa gli fosse preso, quasi volesse tenersi stretta al petto quella gioia che Harry dagli occhi dal colore di gioielli era riuscito a donargli. Il compagno lo mise a letto e lo strinse in un abbraccio che Louis non riuscì a decifrare, ma che ricambiò senza troppe domande.

«Non sarai mai mio.» singhiozzò sulla sua spalla. «Dovrò sempre vederti andar via tra le braccia di qualcun altro.»

Poi Louis si addormentò con il calore di una stretta sul braccio che non apparteneva a Patch.













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Chiedo sinceramente scusa per tutti questi mesi senza essermi fatta viva, tristemente ho appurato quanto sia difficile dover mantenersi e andare avanti con quel poco tempo che abbiamo a disposizione. Sono in un altra nazione a fare un lavoro che non capisco nemmeno se mi sta piacendo e in questo periodo è tutto un po' grigio.

Parlando della storia, vi posso tranquillizzare dicendovi che è normale se per adesso non riuscite bene a capire cosa sta succedendo tra i nostri protagonisti, mi sono voluta infarinare le mani in qualcosa che potrebbe risultare complicato per i lettori, ma cercherò più avanti di spiegarlo nel miglior modo possibile.

Spero di rifarmi viva il prima possibile,
Un bacione
Charly

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