1
Londra, Inghilterra
1960
Al di fuori della vecchia finestra a baia c'era solo la luce della luna ad illuminare il viale di Primrose Hill, qualche macchina parcheggiata degli abitanti e le stelle a far compagnia al giovane Louis, un ventiduenne dagli occhi insolitamente agitati e azzurri, che scrutavano la strada. Un impetuoso vento autunnale si stava abbattendo sulla città ululando sulle pareti esterne e graffiando il vetro delle finestre. Il ragazzo non era così sprovveduto da credere che in pieno Ottobre un temporale animato come quello potesse anticipare l'inverno di così tanto preavviso. Non si sarebbe sorpreso di vedere cadere già i primi fiocchi di neve l'indomani mattina a spolverare le strade.
Per non preoccuparsi dei fischi gracchianti del vento, continuò con la lettura del libro che il suo compagno gli aveva regalato poco tempo prima, ma sospirò frustrato per la mancanza di attenzione che non riusciva a dedicarci. Il motivo di tale distrazione lo sapeva perfettamente.
Un nuovo cittadino si stava per trasferire nella casa di fronte alla loro, una piccola abitazione che per sei anni era stata abbandonata dal suo precedente possessore e che nessuno aveva mai preso in considerazione. Era da settimane che in città non si faceva che parlare d'altro, e il povero Louis non aveva fatto a meno di farsi tanti pensieri a riguardo, tanto da farsi stringere lo stomaco. Una di quelle voci che tanto girava riguardante il proprietario era che fosse giovane, bello e di buona famiglia; un ragazzo alla mano e con due occhi che assomigliavano ai più preziosi gioielli. Una signora anziana che Louis conosceva come fioraia di un negozietto all'angolo di 7th St., diceva di averlo visto passeggiare qualche giorno prima tra quelle parti e mai aveva visto tale persona più cara e gentile di quel ragazzo.
Louis era sempre stata una persona troppo curiosa, il suo compagno glielo rimproverava sempre, perciò non aveva potuto fare a meno di accovacciarsi davanti alla finestra quella sera, per poter osservare qualche spostamento dalla casa di fronte. Voleva vedere quel ragazzo di cui tanti parlavano. Voleva accertarsi che quelle voci fossero vere e osservare gli occhi dal colore dei gioielli che avevano incantato i passanti. Quindi, del libro ancora sopra le sue ginocchia era restata solo la scusa banale da potersi affidare per non sembrare uno stupido impiccione.
Il trillo del telefono interruppe quel silenzio.
Louis recuperò il cellulare dal comodino poco dopo il terzo squillo, immaginandosi si potesse trattare di sua madre che lo rimproverava di non averlo chiamato nelle precedenti settimane.
Si portò il telefono all'orecchio e il suo orecchio non percepì niente se non un silenzio tombale. «Pronto?» chiese.
«Tesoro, ciao.» Percepì un sorriso dall'altra parte della cornetta. Era Patch, suo fidanzato da anni immemori e suo migliore amico. «Non so se riesco a tornare a casa stasera, ho troppi problemi con gli appunti che ho dovuto correggere. In caso riuscissi a liberarmi prima, arriverò a casa molto tardi, non aspettarmi alzato, d'accordo?»
Louis frenò un piccolo sorriso che gli stava spuntando sulle labbra. «D'accordo.» rispose. «Possiamo comunque parlare un po' ora? Mi sei mancato e mi annoio da morire.»
«Certo, perché no? Vuoi raccontarmi cosa stavi facendo?»
«Oh, niente di che in realtà.» Arrossii al sol pensare che dovesse raccontargli di essersi appollaiato come un gufo sulla finestra del salotto per aspettare il ragazzo della casa di fronte. «Leggevo il libro che mi avevi regalato.»
Sentii la risata leggera dall'altro lato del ricevitore. «Lou, ti conosco abbastanza bene da sapere che non ti piacciono quel genere di libri. Farò finta di credere che lo stavi facendo sul serio.»
«Ehi!» esclamò offeso ma ridendo. «A me piacciono i generi gialli, solo che faccio fatica a stare dietro alla trama.»
«Ti conosco da quando sei solo un piccolo scricciolo, tesoro, non puoi mentirmi.»
«D'accordo.» sbuffò. «Ma sto dicendo la verità, sono qui in salotto con il libro sulle ginocchia.»
«Sei seduto davanti alla finestra?» chiese, ma il suo tono sembrò sospettosamente più serio e teso.
Louis aggrottò le sopracciglia al suo perentorio cambio d'umore. «Sì, perché?»
Per un attimo che durò tre battiti di ciglia, Patch rimase in silenzio.
«Louis, ti avevo già detto di non spiare il vicino di casa. È una cattiva persona, per favore non avere niente a che fare con lui. Va a dormire.»
All'inizio pensò fosse solo uno scherzo del suo ragazzo protettivo e stessero giocando, ma dopo la risatina che emise il giovane Louis ci fu solo un irritante e agghiacciante silenzio, capì che stesse facendo sul serio.
«Stai scherzando?» chiese comunque per accertarsi di non star sbagliando. «Patch?»
«Per favore, fallo per me.»
Louis rimase inebetito e stralunato. Eppure la fioraia e quasi mezza cittadina diceva che il ragazzo fosse una buona persona.
Louis si ritrovò momentaneamente senza parole. Il suo istinto gli diceva di lasciar perdere e far credere a Patch che non sarebbe più rimasto appostato davanti alla finestra; d'altra parte, il buonsenso gridava e scalpitava di non mentire al compagno e andarsene a letto. Non era comunque la prima volta che non obbediva alle sue richieste e anche se molte volte veniva scoperto, Patch non era mai stato capace di arrabbiarsi con lui.
Quindi: «Va bene, Pat. Buonanotte.» disse.
Si giurò che sarebbe rimasto davanti alla finestra ancora per poco, solo per aspettare (e sperare) che il ragazzo dagli occhi come gioielli sarebbe apparso in quegli istanti.
Patch gli diede la buonanotte e attaccò la telefonata. Appoggiò il telefono sopra le pagine aperte del libro e distese le gambe lungo la cornice.
Non capiva neanche perché stesse fremendo così tanto per qualcuno che non aveva mai visto. Era capitato che vendessero una casa nelle vicinanze e Louis aveva aspettato il giorno dopo per portare qualche dolcetto ai nuovi abitanti per saziare la sua curiosità. Niente di più, niente di meno.
Sospirò.
Al di fuori della casa, regnava il silenzio. La strada era ancora deserta e la luna fioca illuminava a mala pena il vialetto dell'abitazione di fronte. Niente faceva capire che era abitata.
Inaspettatamente, una luce si accese.
Era una delle camere da letto al piano di sopra.
Louis trattenne il respiro e spostò il peso del suo corpo in avanti, schiacciandosi contro il vetro.
L'ombra di una figura si rifletté sulle tende chiuse, ma Louis riuscii comunque ad osservare un corpo longilineo e alto che si spostava.
Si morse un labbro, mentre un calore si espandeva lungo il suo corpo partendo dal centro.
Poi la luce si spense.
Era stato breve, Louis non era riuscito a vedere granché, ma riuscii ad andare a letto con un sorriso soddisfatto impresso sulle labbra e qualche pensiero beato sparso nella mente.
Chissà qual'è il suo nome. E di quale colore ha gli occhi.
***
Il tempo non era migliorato e, come Louis si era aspettato, una sottile comparsa di neve bianca si era depositata sopra le strade di Londra. Il vento era momentaneamente terminato, ma il ragazzo sarebbe stato certo che avrebbe incominciato a soffiare non appena sarebbe tramontato il sole. Era così da giorni, ormai. Per la precisione, da quando il ragazzo di fronte si era trasferito.
Louis purtroppo non era mai riuscito a incontrarlo e anche se l'idea di portargli qualche biscotto caldo gli era affiorata, c'era stato Patch a reprimerla con una incompresa decisione nello sguardo. Il compagno si era comportato in modo rigido e serio ogni qual volta Louis cercava di tirare fuori l'argomento. Era addirittura arrivato a pensare che potesse conoscere il nuovo abitante; o che si fossero già incontrati; oppure che Patch fosse solo un po' troppo paranoico e iperprotettivo, il che era la risposta più avvincente delle tre.
Comunque, Patch avrebbe potuto tenerlo in catene quanto voleva, ma la curiosità di Louis non si sarebbe calmata fino a quando non avrebbe tastato il terreno di persona.
Infatti, non appena Patch gli diede un bacio sulla fronte e si chiuse la porta alle spalle, si mise all'opera. I biscotti che aveva infornato la sera prima con la scusa di voler sorprendere il compagno erano stati un alibi perfetto. Si affrettò a prendere un ripiano su cui appoggiarli e si diresse fuori casa.
Non sapeva cosa avrebbe detto al ragazzo della casa di fronte, ma di sicuro avrebbe iniziato improvvisando con domande non troppo personali. Sperava che lo avrebbe ospitato in casa o che fosse stato cortese con lui.
Prese le chiavi di casa dal mobiletto vicino alla porta e per sicurezza si diede una sistemata ai capelli davanti allo specchio. Dal suo riflesso si poteva capire che non aveva riposato granché quella sera e se le occhiaie scure non ne erano una prova, potevano confermarlo i suoi occhi lucidi e grigi.
Non aveva capito cosa frenasse il suo corpo dal rilassarsi, ma da quando il ragazzo della casa di fronte si era trasferito, ormai giorni prima, non era stato in grado di dormire decentemente o chiudere gli occhi per più di quaranta minuti. Ci aveva provato, ma qualcosa nel suo stomaco lo faceva agitare e nella sua testa non riusciva a togliersi l'immagine di quell'ombra dietro le tende: una silhouette che gli aveva fatto rizzare i peli sulle braccia.
Prese un respiro per farsi coraggio e aprì la porta di casa, ma ciò che si trovò di fronte gli fece bloccare i polmoni e quasi si soffocò con la sua stessa aria.
Si lasciò sfuggire un «Oh!» sorpreso. Aveva ancora la mano poggiata sulla maniglia quando due occhi grandi e verdi e luminosi si posarono su di lui.
Si sentì risucchiato completamente in una nebbia scura che lo fece sentire bene e protetto, avvolto in una coperta confortevole come due braccia calde, protettive, rassicuranti: eppure niente di tutto quello era reale. Era ancora davanti alla soglia di casa sua; il ragazzo della casa di fronte lo guardava con uno sguardo perso, bellissimo e così dannatamente verde da farlo rabbrividire.
Era bello. Bello da mozzare il fiato. Lo superava notevolmente in altezza, ma il ragazzo si era chinato un po' in avanti probabilmente per bussare alla porta, tanto che alcuni riccioli scuri gli erano caduti sulla fronte, accarezzando la sua pelle bianca e limpida. Le leggere rughe sulla sua fronte dimostravano che era stupito e sorpreso tanto quanto lui di esserselo trovato di fronte all'improvviso, e Louis per poco non riuscì ad impedire al suo istinto di voler allungare la mano e tracciarne in contorni, per farle sparire sotto al suo tocco delicato.
«Ops...» sussurrò lui in risposta. Un basso mormorio che Louis fece fatica a sentire ma che gli impedì di respirare. Allungò la mano verso di lui in un gesto cortese. «Ciao! Stavo venendo a conoscere i miei nuovi vicini.»
Gli sorrise e Louis ebbe un sussulto. C'erano delle fossette ai lati delle sue guance: piccoli buchi a contornare delle labbra piene e rosse. Come era possibile che potesse fargli un effetto simile?
«Si, certo.» Ancora imbambolato davanti all'ingresso, porse la sua mano in risposta e la strinse alla sua. Non fece caso alla scossa elettrica che si formò al contatto con le dita fredde dell'altro ragazzo.
«Sono Harry Styles, molto piacere. Non ho avuto modo di venire prima a presentarmi, sai... con gli scatoloni e alcune pratiche da finire.» si dondolò giocosamente sui piedi, indicando casa sua mentre parlava.
«Non preoccuparti, posso... posso capire.» Balbettò, ancora imbarazzato sotto lo sguardo smeraldino dell'altro.
Harry. Harry dagli occhi dal colore dei gioielli. Si morse un labbro e quando abbassò lo sguardo Louis si accorse di avere ancora la scatola di biscotti in mano. «Anche io volevo... sai, venire a presentarmi. Stavo portando una scatola di biscotti fatti in casa.» li indicò goffamente con la testa.
Il ragazzo della casa di fronte, o meglio, Harry sembrò illuminarsi quando nominò i dolcetti. «Tu cucini?» sembrò davvero elettrizzato all'idea. «Potremmo fare un sacco di dolci insieme e poi potresti accompagnarmi a conoscere la città e tutti gli abitanti e-» si bloccò di colpo, sgranando gli occhi e mordendosi un labbro. Louis non riuscì ad impedire al suo sguardo di posarsi proprio dove la carne rossa del suo labbro inferiore sembrava diventare del colore del sangue. «A meno che tu non voglia... posso capire. Diamine, scusami, sono sempre un po' nervoso quando mi devo trasferire e conoscere altre persone. Comincio a straparlare a vanvera e il più delle volte le persone si spaventano o credono io sia pazzo.» Si bloccò un altro secondo. «Ecco lo sto facendo di nuovo.»
Louis lo guardò per un istante, in silenzio: dannatamente bello, con le mani tra i capelli e uno sguardo colpevole impresso nelle ciglia. Incominciò a ridere a crepapelle non appena realizzò la situazione e Harry si unì con lui, in un bellissimo coro di gioia, mentre la tensione e l'ansia scivolavano giù per i loro corpi come se fosse acqua.
Quando lo guardò, si rese conto di avere un calore dentro al petto a riscaldarlo. «Sei strano, Harry. Mi piaci» gli sorrise e l'altro lo fece di conseguenza.
Dopo ciò, Louis fece accomodare in casa il ragazzo cercando di ignorare che ogni volta la distanza tra i loro corpi diminuiva, in Louis si accumulava un senso di calore che lo faceva sciogliere. Era talmente rassicurante da mandarlo in paranoia: avrebbe dovuto fare qualcosa a riguardo? Perché provava queste emozioni per un ragazzo che conosceva da pochi minuti?
Harry restò a casa del più grande per più di qualche ora. Louis non si preoccupò di averlo lasciato entrare fino a quando non si accorse dell'ora che segnava l'orologio in soggiorno.
Era tardi. Tardi. Tardi.
Patch sarebbe tornato a momenti e non doveva assolutamente trovare Harry nel loro salotto.
Sì agitò nervosamente sul posto. «Io-» grattandosi nervosamente una guancia, si alzò dal divano e fissò Harry. Era seduto comodo poco lontano da lui, un sorriso ad incorniciargli il volto. Non voleva che andasse via. «Forse-, forse è tardi. Io-»
Harry sembrò destarsi tutto d'un tratto, strabuzzando gli occhi e alzandosi. «Oh! Sì!» si passò le mani sui pantaloni, stirandolo o asciugandosi i palmi sudati, Louis non lo sapeva, ma rimase comunque ipnotizzato dallo sguardo deluso e quasi ferito che Harry puntó verso il pavimento. «Hai ragione. Dovrei ancora togliere qualche arnese dagli scatoloni.»
Louis gli riservó uno sguardo dispiaciuto, talmente triste che anche lui si domandò il perché. Eppure la sensazione di calore che si era trovato a provare stando in sua compagnia non sembravano tanto lontane da quei sentimenti che Louis adorava chiamare casa. Harry dagli occhi dal colore dei gioielli. Smeraldi. Così lucenti, così travolgenti.
«Mi spiace Harry.»
Non seppe il perché glielo disse. Si sarebbero potuti vedere il giorno dopo, eppure non voleva davvero lasciarlo. Sarebbe stato tutta la notte a parlare con lui, a guardarlo negli occhi, cercando di avvicinarsi al suo corpo magnetico.
Nello stesso momento in cui Harry aprì la bocca per rispondere, il suono di un chiavistello che si apriva gli fece morire le parole in bocca.
«Tesoro, sono a casa!» Patch.
Certo, certo, Louis!, si maledì mentalmente, sapevi che sarebbe tornato! Eppure da una parte non gli importa per niente.
Harry gli riservó uno sguardo preoccupato quando incontrò il suo nervoso e gli mise una mano sul braccio, come per rincuorarlo.
Calore. Dolce e immenso mentre si irradiava dal punto in cui lo toccava fino a passare lungo il suo petto e proseguire fino alle ossa. Rabbrividì, ma non per il freddo. Si rilassò, come se Patch non fosse veramente davanti a loro che li guardava in completo panico. Gli sorrise, come se il suo compagno non stesse ribollendo di una rabbia proprio al loro cospetto. Harry era accanto a lui, e non riuscì a spiegarsi come tutto sembrasse giusto così.
«Harry, vai via.» Patch fece un passo in avanti. «Non toccarlo.»
«Oh... come fai a conoscere il mio nome?» mormorò.
Louis fece un passo indietro quando Patch ne fece un altro verso di loro, andando a finire con la schiena contro il petto del ragazzo dagli occhi dal colore dei gioielli.
Patch li raggiunse dopo due falcate, prendendo con forza il braccio di Louis, quello che era a contatto con il petto del riccio. «Non portarlo via da me. Non prendertelo ancora.»
Harry sembrò confuso. «Cosa stai dicendo, io-»
«Non mi interessa!» sbraitò, interrompendolo. «Vai via dalle nostre vite. Vai via dalla vita di Louis.» la voce piano piano scese di tono e le ultime parole rimasero un debole sussurro che si infransero non appena Louis puntó incuriosito lo sguardo sul fidanzato.
«Patch, cosa succede?» cercò di rincuorarlo Louis, prendendogli la testa tra le mani, cercando di farsi guardare. «Parlami.»
«Fallo andare via.» sussurrò.
Louis annuì con sguardo deciso. «Se ne stava giusto andando, lui era-»
«No!» la sua voce si ruppe. «Fallo andare via dal tuo cuore.»
Sembrava distrutto, appoggiato al corpo minuto di Louis che lo sorreggeva pensieroso. Lanciò curioso uno sguardo verso il ricciolino, che sorpreso lo stava guardando a sua volta. Mentí a se stesso quando si disse che in quel momento non ci fu una scintilla che lo attraversò da capo a piedi, facendolo fremere e desiderare di star stringendo il suo, di corpo, di volto, tra le mani sottili. Farsi stringere, farsi desiderare.
Negli ultimi minuti, Patch non si mosse. Harry rimase in piedi accanto al divano, incapace di distogliere lo sguardo da quelli azzurri dell'altro. Poi mosso da qualche entità che sembró spingerlo il riccio si avviò verso la porta, uscendo di casa come fosse stato un ladro, probabilmente ridestandosi dalla sua tranche e capacitandosi dell'imbarazzo che si era venuto a creare. «Ciao.» sussurrò, fievolmente.
Louis lo seguì con lo sguardo per tutto il tempo. Poi prese Patch dalle spalle e lo portò in camera. Si sdraiarono entrambi e il fidanzato sembrò alla ricerca di un abbraccio che Louis non gli aveva mai sentito voler desiderare da lui. Lo strinse forse, lasciando che ogni parte di loro si toccassero. Una mano ad accarezzargli il fianco e una che stringeva la testa di Louis vicino al suo petto. Era un contatto così disperato che Louis non riuscì a dire una sola parola, lasciando solo che Patch lo stringesse e cercasse di calmare il battito forsennato e furioso del suo cuore.
«Era così perfetto, questa volta.» sentì sussurrare. Poi cadde in un sonno talmente profondo che al buio, tra pensieri e mormorii, riuscì a distinguere solo pietre dal colore dello smeraldo.
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Angolino di Charly (di cui mi ero scordata)
Benvenuti in questa nuova storia dopo anni!
Volevo intanto avvisarvi che non avendo ancora ripreso in mano i ritmi di scrittura non so quando potrò aggiornare, o almeno, non saranno aggiornamenti regolari, e avvisarvi anche che - con ancora le idee confuse in testa - sarà una storia fuori dal mio solito standard. Spero comunque di non deludervi.
Volevo ringraziare la mia piccola beta itiswhatitis1d che senza di lei probabilmente non mi sarebbe venuta la voglia di continuare a scrivere.
Spero di non deludervi.
Bacioni,
Charly
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