33. Come (non) fare la cosa giusta
Le alte mura del palazzo erano un viscido contorcersi di squame nere. Lunghi sibili provenivano dal tetto, da quelli che a prima vista sembrarono loro degli spuntoni allineati e che invece scoprirono con un certo ribrezzo essere teste di serpenti.
«Carino, vero?»
Chiese d'un tratto una voce allegra e trillante, attirando subito su di sé l'attenzione del piccolo gruppo.
«Vi stavamo aspettando.»
Aggiunse Vilde, avvicinandosi a loro.
«Bah.» Stava borbottando la fata, squadrando Elias da capo a piedi. «Devo dire che mi hai delusa. Mi aspettavo chissà che cosa e invece sei solo un po' più biondo di prima.»
«Yvette!»
La riprese la strega.
«Che c'è?» Sbuffò lei. «Adesso non si può neanche dire alla gente che è bionda?»
Il doppelgänger scoppiò a ridere, scuotendo leggermente il capo come a dire che non c'era alcun problema.
«Dai, non perdiamo tempo, entriamo.»
Li riprese Linn, già con la mano sulla maniglia, l'unica cosa dell'intero palazzo a non essere fatta di serpente.
Moðguðr fece come per intervenire e dirle di lasciarlo fare a lei, non essendo quella una porta che poteva essere aperta da una persona qualunque, ma non fece neanche in tempo ad aprire bocca che era già spalancata.
Per un attimo si era dimenticata che quella ragazza non era affatto una persona qualunque.
Senza aspettare che gli altri la raggiungessero, Linn iniziò a salire di corsa l'alta scala a chiocciola che si vide comparire davanti appena entrata. Ogni volta che saliva di un piano, finiva su una sorta di pianerottolo ad qualche si poteva accedere ad una porta, ma lei li ignorò e continuò a salire finché non ebbe raggiunto l'ultimo gradino.
Quindi, senza neanche bussare, spalancò la porta di colpo, gridando "permesso!".
Entrò come una furia, iniziando a guardarsi intorno alla ricerca della madre, quando alle sue spalle, da dietro la porta che aveva appena sbattuto contro il muro...
«Ma chi è che chiede il permesso quando sta già aprendo?»
Borbottava una voce dolorante.
«Oh, mi dispiace.» Si scusò subito la ragazza, spostando la porta e chinando il capo per vedere in volto la sua povera vittima. «Tutto a posto, vero?»
«Sì, tranquilla, ho la pellaccia dura, io!»
«Senti, per caso sai dove si trova Hel?»
«Certo, ma al momento non è proprio in condizioni di ricevere visite.»
«Io la devo vedere assolutamente. È urgente.»
«Di norma non sono solita farmi in quattro per la prima persona che mi sbatte la porta in faccia, ma nonostante quel brutto cipiglio hai una faccia simpatica, quindi se mi dici cosa ti serve e chi sei, posso provare a chiederle se ti può dare udienza.»
«Sono Linn Nilsen, sua figlia, e ho bisogno di vederla perchè mi deve spiegare che cavolo sta succedendo.»
«Sì, se le dico così probabilmente accetterà di... Un momento. Sua figlia!? Ma che ci fai qui? Muoviti, che ti sta aspettando! È al piano di sopra.»
«Ma la scala finiva su questo-»
«Gradini invisibili.»
Con un sospiro di esasperazione Linn la ringraziò frettolosamente e poi uscì di corsa, rischiando per poco di scontrarsi contro gli altri, che erano appena arrivati.
«Non ho tempo di spiegare, chiede alla tipa di pietra!»
Esclamò mentre saggiava con un piede l'effettiva presenza dei gradini invisibili, per poi iniziare a percorrerli di corsa, sotto gli sguardi sconvolti degli altri.
«Ma sta volando?»
Borbottò Elias.
«Tipa di pietra?»
Chiese Florian.
«Adesso sì che questo è davvero l'inferno.»
Mormorò invece Svein, che voltandosi verso la stanza dalla quale era appena uscita Linn, aveva riconosciuto qualcuno di ben noto.
«A chi lo dici.»
Replicò la troll.
«Tove! Ma sei davvero tu?» Esclamò Vilde, frapponendosi tra i due e chinandosi per abbracciarla. «Cosa ci fai qui?»
«Ci lavoro.»
Rispose stringendosi nelle spalle, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Come sarebbe a dire?»
«Vediamo... A quest'ora Ragnar vi avrà raccontato la storia della sua vita, giusto? A tutti voi, intendo.»
«Sì, e allora?»
«Quindi vi avrà parlato anche di quella troll profeta che faceva da secoli da consigliera ai sovrani e che ventidue anni fa ha predetto loro che il prossimo membro della famiglia reale che fosse nato sarebbe stato l'iniziatore del Ragnarök, giusto? Ebbene, non si trattava sempre della stessa troll, ma di generazioni e generazioni di troll. Quella che ha predetto il destino di Ragnar era mia nonna. I troll però non possiedono alcun potere visionario, l'unico motivo per cui sapeva quelle cose, come anche tutti gli altri nostri antenati, è perchè gliele ha dette Hel in persona. La mia famiglia lavora per lei dalla notte dei tempi, ci usa come suoi messaggeri, per far andare le cose sulla Terra come vuole lei. In realtà però non è stata Hel a ordinare a mia nonna di dare quella notizia, semplicemente lei l'ha scoperto e ha pensato che andandolo a dire avrebbe potuto cambiare le cose, inutile dire che ha fatto un bel macello. Così Hel ha ordinato a me di tenere d'occhio la situazione, è per questo che stavo sempre a bazzicare dalle vostre parti: dovevo controllare i movimenti Ragnar. Avrei dovuto impedirgli di uccidere Baldr, ma purtroppo non ci sono riuscita.»
«Non è stata colpa tua se è morto.»
La interruppe Lillian, voltandosi per un istante verso la fata, come anche tutti gli altri presenti.
«Cosa volete? Che significano quegli sguardi?»
Ribatté Yvette, incrociando le braccia al petto.
«Quel che è fatto, è fatto, ormai. È inutile prendersela con te» Sospirò il licantropo. «Però almeno ammettilo che, anche se probabilmente non lo si sarebbe potuto evitare in ogni caso, di fatto sei stata tu a catturare Baldr e sparargli. Anche se è morto a causa dell'intervento di Ragnar, che buttandosi su Vilde per salvarla ha fatto in modo che il proiettile rimbalzasse e lo colpisse, comunque sei stata tu a far partire il colpo.»
La fata la guardò allibita, così sconvolta da non sapere neanche cosa dire.
«Ma di che stai parlando?» Chiese Tove, rivolgendole il medesimo sguardo perplesso. «Io c'ero quando lui ha ucciso Baldr. Purtroppo sono arrivata troppo tardi per fermarlo, ma affacciandomi dalla finestra ho visto perfettamente la scena e di Yvette non c'era alcuna traccia, come neanche di Vilde, te lo posso assicurare!»
«Ma allora l'incendio avvenuto quella sera?» Chiese ancora Lillian, tornando a rivolgersi alla fata. «Non l'hai appiccato perchè eri rimasta sconvolta per aver rischiato di uccidere Vilde?»
«Ma che dici? Quello è stato un incidente! Ho semplicemente messo a bollire l'acqua per il the, ma poi me ne sono andata a dipingere e ho dimenticato il fornello acceso. E a quanto pareva ci avevo anche lasciato accanto uno straccio, che ha preso fuoco e dato inizio all'incendio. Sì, è stato un errore stupido e pericoloso, ma sicuramente non intenzionale, non sono pazza fino a questo punto.»
«Vi ha proprio infiocchettati a dovere, non c'è che dire.» Mormorò la troll, senza neanche troppa sorpresa. «Come vi ho già detto, io purtroppo ho assistito alla scena e vi posso assicurare che non c'è stato alcun intervento, rimbalzo o deviazione del tragitto del proiettile. Quando Ragnar ha fatto partire il colpo, teneva la pistola premuta contro la fronte di Baldr. A ucciderlo non è stato un fatale intervento del destino, ma solo la furia cieca di un ragazzo a cui è stato ripetuto talmente tante volte che avrebbe ucciso l'intera umanità, che alla fine ha iniziato a convincersene lui stesso.»
~
«Senti, ma tu... Perchè vuoi distruggere l'umanità?»
«Io non lo voglio, infatti.»
Replicò Ragnar con un sussulto, chinando perplesso lo sguardo sul mezzelfo, inginocchiato di fianco al corpo inerme della sorella e ancora intento a farle delle compressioni sulla gabbia toracica.
Nei suoi movimenti, tuttavia, non vi era più alcuna foga, al contrario, per qualche motivo adesso sembrava incredibilmente calmo.
«Allora per quale motivo hai radunato quanti più misantropi sei riuscito a trovare e hai fatto quello strano sondaggio su internet? Non potevi farne uno in cui chiedevi appoggio per salvare l'umanità anziché farla fuori?»
«Intanto come hai potuto vedere quei misantropi non le erano poi granché. Invece riguardo il sondaggio... Io l'ho fatto.» Replicò il corvino, chiedendosi dentro di sé il motivo di quelle domande e, soprattutto, come facesse l'altro ad essere così tranquillo mentre cercava di rianimare il cadavere di sua sorella, passando di tanto in tanto a dare compressioni anche quello del satiro e del licantropo. «Ma sai quanti ne esistono di sondaggi del genere? Il mio è stato semplicemente ignorato. E quei pochi che hanno risposto a favore, si sono volatilizzati nel nulla quando poi gli ho mandato un email chiedendo loro di aiutarmi facendo qualcosa di concreto. Così ho semplicemente pensato di rivolgermi ad un pubblico diverso e, come immaginavo, ho ottenuto ottimi risultati. Certo, in qualche modo li ho ingannati dato che il mio vero obbiettivo era di utilizzarli per fare l'esatto opposto di distruggere l'umanità, ma alla fine non è stato neanche necessario che ricorressi a loro, dato che ho trovato te.»
«E allora perché rubare la Naglfar?»
Chiese Kenneth fermandosi e sollevando lo sguardo a incrociare quello sorpreso dell'altro.
«Come?»
«Ieri sera mentre ero a casa ho fatto alcune ricerche sul Ragnarök e ho scoperto che la Naglfar è necessaria alle anime che vivono nel regno di Hel per tornare sulla Terra.»
«Sì, certo, ma per seminare distruzione. Per questo ho portato via la barca prima che fosse troppo tardi.»
«Eppure tu hai detto che il tuo piano ruota tutto intorno al fatto che io causi un genocidio mondiale e che le anime di tutte le persone morte a causa mia, uccise dal veleno di Miðgarðsormr che ho risvegliato o da Fenrir a cui ho dato l'ordine di seminare caos, una volta arrivate all'aldilà, vengano rimandate indietro per tornare in vita. Questo perchè io sono il figlio del Draugen, l'incarnazione della Morte in persona, e la Morte non può decidere arbitrariamente chi deve morire e chi no.»
«Sì, esattamente.»
«Ma allora, se questa è la nave delle anime, è sì vero che con l'arrivo del Ragnarök, guidata da Hel e Moðguðr, avrebbe portato sulla Terra spiriti maligni intenzionati a seminare il caos, ma non è sempre grazie a questa barca che le anime di coloro che sono morti a causa mia dovrebbero tornare indietro? Voglio dire, quelle persone morte ingiustamente a causa di un capriccio della Morte, come dovrebbero tornare sulla Terra se non hanno la Naglfar, l'unica barca in grado di trasportare le anime dal regno dei morti al mondo dei vivi? Tu, dopo essere morto a causa di quel veleno, hai avuto il permesso di tornare in vita perchè sono stato io a causare la tua morte, ma ci sei riuscito grazie alla Naglfar, no?»
«Sì, è così, ma questa non è certo l'unica barca in grado di viaggiare da un mondo all'altro.» Ribatté Ragnar prontamente. «Anche quella del Draugen ha lo stesso potere, infatti è grazie alla sua barca che le anime arrivano nel regno di Hel, non con la Naglfar. Sarà lui ad occuparsi che tutti coloro morti a causa tua tornino in vita, una volta che avremmo scongiurato il Ragnarök.»
Ma Kenneth sembrava non starlo più ad ascoltare. Fatte delle ultime compressioni sui toraci di Lillian e Svein, mormorò qualcosa come "questo dovrebbe bastare per darvi un po' più di tempo", quindi si rialzò in piedi e, guardando il corvino dritto nei suoi occhi verde smeraldo, chiese:
«Ma allora, se quello che dici è vero, se il tuo vero obiettivo è quello di salvare l'umanità e non di distruggerla, allora perchè la tua aura è rosso sangue?»
E a quel punto, come se con quelle parole avesse lanciato un segnale, Moyra comparve alle spalle di Ragnar, e uscendo dall'acqua con un balzo si gettò su di lui buttandolo a terra per immobilizzarlo.
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