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30. Come (non) fingere che sia tutto a posto

Il cellulare suonò a vuoto per un minuto, quindi interruppe la telefonata.
I due fratelli sollevarono lo sguardo, trovando riflesso l'uno negli occhi dell'altra il medesimo sgomento.

«Cosa significa?»

Chiese Svein.

Si trovavano infatti nella sala principale del Elven Inn, dove Ragnar, Florian, Elias e Svein avevano passato la notte, occupando tutte e quattro le camere disponibili. Lillian, pur avendo dormito a casa sua, li aveva raggiunti da poco.

«Vorrei saperlo anch'io.» Mormorò la mezzelfo. «Quando siamo arrivati a casa non c'era traccia di loro. Non hanno neanche lasciato un messaggio, un post-it attaccato al frigo... Nulla. E adesso non rispondono neanche al cellulare. O meglio, in realtà quello di papà era a casa, lo aveva lasciato sul comodino in camera da letto. Quello di nostra madre, invece... Io non capisco. Lo avete sentito anche voi: quando chiamiamo, non parte la vocina preregistrata che ci dice che il numero non è raggiungibile e non si attiva neanche la segreteria. È come se lei ci stesse ignorando di proposito.»

«Forse ha messo il silenzioso.»

Suggerì Florian.

«Dopo tutte le volte che ha sgridato me e mio fratello per averlo fatto?» Sbuffò lei. «No, non credo proprio. Piuttosto, potrebbe essere in condizione di non poterci rispondere. Magari vorrebbe, ma per qualche motivo non può.»

«Non so se sia peggio questo o la possibilità che ci stia semplicemente ignorando.»

Mormorò Kenneth.

«Vostro padre passa molto tempo al porto, no?» Intervenne Lillian. «Possiamo andare e fare qualche domanda ai suoi amici. Forse ne sanno qualcosa o magari ci potranno dire almeno quando è stata l'ultima volta che li hanno visti.»

«Buona idea.» Concordò Ragnar. «Tanto saremmo dovuti andare al porto in ogni caso per prendere una barca.»

«Tu vieni?»

Chiese Kenneth alla sorella.

«Certo. Vista la situazione, mi sembra proprio inutile continuare a tenere aperto questo posto solo per salvare le apparenze. Fatemi solo mettere un cartello fuori per avvisare che resteremo chiusi per qualche giorno.»

Disse correndo a cercare un foglio e una penna.

«Ehi, ma non manca qualcuno?» Chiese il licantropo guardandosi intorno con attenzione. «Che fine ha fatto Elias?»

Nel rendersi conto della mancanza del doppelgänger, tutti i presenti si voltarono simultaneamente verso il vampiro, il quale, nel rendersene conto, subito scattò sulla difensiva.

«Che volete da me? Non abbiamo mica dormito nella stessa stanza! Non lo vedo da ieri sera, proprio come voi!»

Anche se non del tutto convinti, i ragazzi decisero di lasciarlo stare.

«Chi sale a svegliare il bell'addormentato?» Chiese Lillian. «Vado io o vuoi andare tu, Flo-»

Ma lei non ebbe il tempo di finire il nome e il vampiro di arrabbiarsi per l'ennesima volta, che i presenti sentirono un rapido scalpiccio provenire dalle scale.

«Buongiorno, gente!» Esclamò allegramente Elias sollevando la mano. «Allora, siete pronti per andare in scena?»

Chiese raggiungendoli allegramente. Ma c'era qualcosa di strano in lui. Qualcosa che probabilmente sperava di riuscire a mascherare con il suo buon umore palesemente forzato, ma che fu talmente evidente da non poter fare a meno di catturare all'istante l'attenzione di tutti i presenti.

«Come mai quell'occhio pesto?»

Chiese il licantropo, osservando con sorpresa il grande livido che copriva non solo l'occhio sinistro del ragazzo, ma anche buona parte del suo viso e che lui aveva provato malamente a nascondere dietro quella ciocca che era solito raccogliersi con delle forcine.

«Sono caduto dal letto. Niente di serio, passerà entro fine giornata.» Minimizzò lui con un'alzata di spalle. «C'è qualcosa per fare colazione?»

«In cucina dovrebbero esserci pane e marmellata, forse anche qualche yogurt.»

Rispose Kenneth, prima che Elias lo ringraziasse e si fiondasse a svuotare la dispensa del locale.

«Cosa gli sarà successo?» Mormorò Linn scribacchiando sul foglio che aveva appena trovato l'avviso che avrebbe dovuto appendere sulla porta d'ingresso. «Era strano. Intendo ancora più strano del solito.»

«A me è sembrato che avesse gli occhi arrossati.»

Aggiunse Lillian.

«Con una caduta del genere, sfido io!»

Esclamò Kenneth.

«Ma sarà davvero caduto?» Replicò Svein. «Se fosse successo, non avremmo sentito almeno un po' di trambusto?»

«Non è detto. E poi forse è successo questa notte, magari ha a avuto un incubo e-»

«La volete smettere?» Li interruppe Ragnar ruotando gli occhi. «Vi ricordo che al momento abbiamo cose ben più importanti a cui pensare. Florian, vai a dirgli di darsi una mossa con la colazione, che dobbiamo uscire il prima possibile.»

Il vampiro fece un piccolo cenno di assenso con il capo e senza dire una parola filò in cucina.

Aperta la porta, però, non potè che sussultare nel vedere Elias, anzichè intento a depredare la credenza, con una mano sulla maniglia della porta sul retro.

«Dove stai andando?»

Chiese, paralizzando l'altro dalla sorpresa.

«Solo a prendere un po' d'aria. Vuoi farmi compagnia?»

Rispose Elias, voltandosi e ammiccando nella sua direzione. Ma vedere il suo viso pestato a quel modo distolse l'attenzione del vampiro dalle sue parole.

«Cos'hai fatto davvero in faccia? E dove stavi andando sul serio?»

«Mi sembra di aver già risposto a queste domande.»

«No, perchè prima non c'era nessun "davvero" o "sul serio".»

«Oh, certo. Questo cambia tutto.»

Replicò sarcasticamente il doppelgänger mentre l'altro, dopo essersi richiuso la porta alle spalle, gli si avvicinava fino ad arrivargli esattamente davanti.

«Eppure scommetto che se faccio così...»

Mormorò Florian sollevando una mano fino a toccare il grande livido violaceo che si estendeva su quasi tutta la parte sinistra del suo volto. In un primo momento limitandosi a sfiorarlo con la punta dell'indice, ma poi, non ottenendo alcuna reazione da parte sua, iniziando a premere con più forza.

Elias, preso alla sprovvista, non appena si rese conto delle intenzioni dell'altro si ritrasse di scatto, portandosi una mano al viso con un mugolio di dolore.

«Fai schifo come attore.» Commentò il vampiro impassibile. «Quella ferita non è tua, ammettilo. È stato il possessore del tuo corpo a farsela, vero?»

Il ragazzo sussultò, chiedendosi in un primo momento come avesse fatto l'altro a capirlo, per poi, di fronte al suo sguardo insistente, cedere e annuire con il capo.

«Quando un doppelgänger assume le sembianze di qualcuno, forma un legame con il corpo di quella persona.» Proseguì il vampiro. «Se l'originale viene ferito o subisce delle modifiche di alcun tipo, lo stesso avviene alla copia del mutaforma. Con la sola differenza che, essendo la vostra una semplice copertura, il vero corpo del doppelgänger non ha davvero subito tali ferite, per cui non è in grado di percepirle e di provare lo stesso dolore che invece sta sentendo in quel momento il possessore dell'originale.»

«Ma che sei, un pokèdex?» Rise Elias per sdrammatizzare. «Com'è che sei tanto informato? Anche questo faceva parte del tuo stalkeraggio?»

«Smettila con questa storia! E ora dimmi dove volevi andare.»

«Non sarebbe stato meglio se non avessi detto nulla quando mi hai visto pronto a uscire e piuttosto mi avessi pedinato di nascosto?»

«Per l'ultima volta: io non sono uno stalker!» Esclamò il vampiro, sull'orlo dell'esasperazione. «E adesso dimmi per una buona volta perché te ne stavi andando di nascosto. Ha qualcosa a che fare con la persona a cui hai copiato l'aspetto? Vedendo comparire quelle ferite ti sei preoccupato e vuoi andare a vedere come sta? Quindi lo conosci personalmente e non è una semplice persona che hai visto passare per strada e a cui hai deciso di copiare il look?»

Il mutaforma lo osservò in silenzio per diverso tempo, con un misto di stupore, meraviglia e divertimento. Quindi, così all'improvviso da far sussultare l'altro, scoppiò a ridere. Così forte che si dovette portare una mano davanti al viso per cercare di contenersi.

«Mi spieghi perchè persisti nel farmi tante domande se sai già tutto?»

Florian lo osservò interdetto.

«Ho... Ho indovinato?»

«Pare proprio di sì, Sherlock. Ti dispiacerebbe dirmi anche come hai fatto o vuoi tenere segreto il trucco per usarlo di nuovo contro di me in futuro?»

«Ma di che stai parlando? Non c'è nessun trucco segreto.» Replicò il vampiro. «Semplicemente sei talmente melodrammmatico e rompi scatole che se te lo fossi davvero fatto tu quel livido, non avresti provato a nasconderlo e sicuramente non ti saresti lasciato sfuggire un'occasione del genere per attirare l'attenzione scherzandoci su e dandoci volutamente fastidio.»

«Non mi definirei melodrammatico, ma sì, su tutto il resto hai pienamente ragione. Mi conosci troppo bene.»

Sorrise Elias, facendo alzare all'altro gli occhi al cielo.

«Quindi?»

«Quindi... Sì, sto andando a incontrare la persona a cui ho copiato questo aspetto. No, non avevo alcuna intenzione di informarvi e no, tu non puoi venire.»

«Perchè?»

«Perchè non sono affari che vi riguardano. Adesso torna di là e aiutali a salvare il mondo. Dì a Ragnar che ho deciso di tirarmi indietro.»

Il vampiro lo guardò incredulo. Anche se gli stava esattamente di fronte e poteva sentire benissimo ciò che gli stava dicendo, faticava a credere di stare davvero parlando con Elias.
Non appena aveva iniziato a parlare di quella persona si era fatto così serio da essere quasi irriconoscibile e solo dopo un attimo di riflessione Florian capì perchè il suo viso gli sembrava così strano: non era colpa del livido o di quella frangetta improvvisata, il fatto era che quella era la prima volta che vedeva il suo volto privo del benchè minimo accenno di un sorriso.

Ma mentre lo guardava senza fiatare, non sapendo come reagire a quelle parole, Florian si rese conto di un nuovo particolare.

«C'è un altro livido.»

«Come?»

Subito il doppelgänger si rivolse verso l'anta in vetro di una delle credenze, aprendola finchè non riuscì a scorgervi il proprio riflesso.
Un secondo livido, grande quasi quanto il primo, si stava rapidamente espandendo sotto il mento e, chinando lo sguardo, notò che lo stesso stava avvenendo sul palmo delle sue mani.

«Questa persona per caso è solita fare risse?» Chiese Florian, riuscendo a stento a credere ai propri occhi. «Non è normale una cosa del genere. O si sta prendendo a pugni con qualcuno o...»

«Non è una rissa.» Mormorò il mutaforma, continuando a studiare il suo riflesso con apprensione. «È una malattia. Soffre di emofilia. Prende delle medicine che facilitano la coagulazione del sangue, ma se sta succedendo una cosa del genere significa che per qualche motivo ha smesso di farlo. Senza i farmaci, anche una semplice caduta dal letto può bastare a ridurlo in questo stato. Devo andare.»

Senza aggiungere altro Elias aprì la porta sul retro e corse via.
Florian ebbe un attimo di esitazione, ma poi, sentendo lo scalpiccio farsi sempre più distante, si decise a uscire, chiudendosi la porta alle spalle per poi affrettarsi per raggiungerlo.

~

Nel frattempo, non vedendo tornare nessuno dei due, i ragazzi in attesa nella sala principale avevano iniziato a spazientirsi. Passati cinque minuti, Lillian era andata ad affacciarsi (premurandosi di bussare alla porta, perchè non si sa mai). Non trovando nessuno, Ragnar, stanco di quei contrattempi, decise di incamminarsi comunque verso il porto. Se poi quei due avessero deciso di degnarli della loro presenza, li avrebbero raggiunti lì.

«Tuo padre, Ken?» Borbottò un marinaio scuotendo adagio il capo. «No, ormai sarà da quasi una settimana che Tom non si fa vivo da queste parti.»

E ottennero la stessa risposta dalle altre venti persone che interpellarono prima di lasciar cadere ogni speranza.
Nessuno di loro aveva visto Thomas Nilsen nel corso degli ultimi giorni.

«Basta, non ci porterà a nulla continuare così.» Esordì Ragnar quando si ricongiunse agli altri, dopo essere stato informato dei loro risultati. «Ho preso in affitto una barca. Andiamo.»

«Esattamente in cosa consiste il tuo piano?» Chiese Lillian alquanto dubbiosa. «Dovremmo raggiungere quelle due? Ma hanno almeno quindici ore di vantaggio! Come-»

«Non ho mai detto che avremmo giocato ad acchiapparello con loro. Ci penserà qualcun'altro a portarci da loro.»

«Ovvero?»

«Ieri avete conosciuto Fenrir, quindi perchè non passare a fare un saluto anche a suo fratello?»

«Un momento... Non starai parlando di quel serpente acquatico che vive in fondo al mare, vero?»

«Trovo che "serpente acquatico" sia un po' riduttivo.» Commentò Ragnar. «Comunque sì, mi riferisco proprio a lui. Siete pronti per risvegliare il Miðgarðsormr?»

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