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26. Come contrastare un lupo e una ex-gigantessa

Il gigantesco lupo si alzò da terra con un ringhio profondo. La luce della torcia rimbalzò sul suo muso, facendo scintillare per un istante i suoi lunghi canini acuminati prima di venire spenta bruscamente. Gli occhi iniettati di sangue scrutavano in mezzo all'oscurità, mentre il naso si arricciava nel fiutare l'odore di due persone di troppo.

«Hai portato qualcuno con te, Moðguðr?»

«Sarebbe meglio dire che sono stati loro a portarmi da te, Fenrir. La mortale della quale al momento possiedo il corpo aveva il compito di liberarti, sai?»

«Significa che è finalmente giunta l'ora del Ragnarök? Ma perchè tu sei qui? Non era mai accaduto prima. È successo qualcosa nel regno di Hel?»

«Ebbene sì. L'iniziatore questa volta sembra aver mal interpretato il suo ruolo.»

«Ovvero?»

«Quello di darci il via e poi sparire dalla circolazione. Lanciare la pietra e ritrarre la mano non è abbastanza per lui. Pare che dare semplicemente inizio al Ragnarök non lo soddisfi. Vuole partecipare attivamente alla distruzione del suo stesso universo. Più questa storia si ripete, più si fanno autodistruttivi, non trovi? Prima o poi non ci sarà neanche più bisogno di noi perchè avvenga un Ragnarök di tutto rispetto.»

A quell'ultima affermazione Fenrir reagì con una fragorosa risata, che scosse le pareti della caverna al punto che Svein e Lillian, nascosti dietro la curva con l'orecchio teso ad ascoltare la conversazione tra i due, quasi temettero che stesse per verificarsi una seconda frana.

«Non vedo dove sia il problema.» Commentò poi il lupo. «Non mi pare che prima d'ora abbiamo mai rifiutato l'aiuto di due mani in più da quando, dopo il primo Ragnarök, gli dei hanno tutti cessato di esistere.»

«Il problema è che nessuno gli ha spiegato quale siano le regole del gioco.»

Replicò freddamente Moðguðr.

«Ad esempio?»

«Ad esempio che solo io e la mia Signora possiamo toccare il timone della Naglfar.»

Il lupo, che ancora stava ridendo tra sè e sè per ciò che gli stava dicendo la guardiana, a quell'ultima rivelazione ammutolì.

«Ha rubato la Naglfar?»

Chiese, in un sussurro rapido e flebile come uno spiffero di vento.

«Sì, e non solo. Visto che c'era, ha anche liberato Garmr.»

«A questo punto, ci mancava solo che andasse a rendere i suoi omaggi alla somma Hel. Ma dimmi, hai già capito come rimediare? Rimediare alla scomparsa della Naglfar, ovviamente. Per quanto riguarda Garmr, sinceramente non posso che sentirmi sollevato al pensiero che abbia lasciato quella grotta. Che rimanga tra noi, ma devo confessarti che non è affatto un'esperienza piacevole. Provare per credere.»

«Credo proprio che mi asterrò, Fanrir, mi fido della tua parola... Come rimediare, dici, eh? Ti risponderei che sono qui proprio per questo, ma la verità è che c'è stato uno spiacevole imprevisto quando ho lasciato il regno di Hel. Era mia intenzione recarmi subito da quell'iniziatore così intraprendente e regolare i conti con lui, impossessandomi del corpo di qualcuno che gli stesse vicino, magari di quello sciocco principe, che si era illuso di potersi mettere contro il fato. E invece eccomi qui. Non so perchè, ma non appena ho varcato i confini dell'Hel, sono stata risucchiata nel corpo di questa mortale. Avendo lei ricevuto l'incarico di risvegliarti, ho ragione di credere che sia questo il motivo per cui mi trovo qui, tuttavia è anche vero che le sento addosso un odore incredibilmente familiare, al punto che potrebbe anche essere stato quello ad attrarmi.»

«Un odore?» Replicò Fenrir, fiutando a fondo con il suo tartufo color pece. «Temo che la tua presenza lo abbia offuscato, Moðguðr. Riesco a sentire solo il tuo tanfo di morte provenire dalle membra di quell'umana.»

«È proprio questo il punto. Non è mio l'odore che senti. È vero, la mia presenza l'ha amplificato, ma era già qui, te lo posso garantire. Talmente forte che ha attirato a sè la mia anima non appena sono uscita dal regno degli inferi.»

«Non so se sia più strano il fatto che una mortale ancora in vita puzzi di morte o che tu sia in possesso di un'anima. Che ne dici se quest'ultima informazione rimane tra noi? Altrimenti finirò sul lastrico con tutto il pane dolce che mi toccherà dare a Garmr per aver vinto la scommessa.»

«Non è il momento di fare dello spirito, Fenrir. È una faccenda seria.»

«Ma sì, lo so perfettamente. È solo che mi rallegra vedere una faccia amica dopo così tanto tempo. Anche se con tutto questo buio non riesco a vederti in faccia... E anche se ci riuscissi, non sarebbe la tua faccia... E anche se fosse la tua, temo che in questo momento sarebbe corrucciata in un cipiglio così severo che sarebbe difficile definirla una "faccia amica".»

«Posso garantire sull'ultimo punto.» Sospirò la guardiana, schioccando la lingua spazientita. «Ma adesso smettila di tergiversare e abbassati un po', che a forza di tenere il mento alzato per guardare quel brutto muso che ti ritrovi, finirò col far venire il torcicollo a questa povera ragazza.»

«Che senso ha? Tanto non si vede nulla.»

Borbottò Fenrir, ma comunque ubbidì alla sua richiesta, accuattandosi a terra finchè i suoi occhi non furono alla stessa altezza di quelli di Linn.

«Parla per te.» Disse Moðguðr sollevando un angolo delle labbra. «Si dà il caso che questa ragazza sia un elfo oscuro, quindi ci vede alla perfezione al buio.»

«Impressionante.» Sbuffò sarcasticamente il lupo. «Allora, mi vuoi dire il vero motivo per cui-»

Ma non fece in tempo a finire, che la ragazza con un balzo gli era montata in groppa, stringendo con forza due ciuffi di pelo per tenersi in equilibrio.

«Andiamo.»

Ordinò, dandogli un colpetto sul fianco con il tallone.

«Fallo un'altra volta e mangio il tuo contenitore.»

«Se lo facessi lasceresti la mia anima allo scoperto e poi cosa gli dici a Garmr?»

«Sai, dopotutto non era poi così male starsene qui da soli in catene a dormire tutto il giorno.»

«Tranquillo, non appena il Ragnarök sarà finito, tornerai qui. O meglio, non proprio qui, dato che quest'isola non esisterà più, ma sicuramente te ne troveranno un'altra altrettanto confortevole.»

«Adesso sì che sono motivato, grazie mille.»

«Non c'è di che.»

Quindi Moðguðr iniziò a guardarsi intorno, scrutando ogni angolo dell'antro alla ricerca degli altri due ragazzi.

«Si sono dati alla fuga?»

Chiese Fenrir ridacchiando.

«Non saranno andati lontani. Una frana ha bloccato l'unica via d'uscita.» Replicò lei. Stava quindi per dare un secondo calcio sul fianco del lupo, quando, ricordandosi del suo avvertimento, si bloccò appena in tempo, limitandosi così ad un: «Andiamo.»

Non appena ebbero svoltato la curva, però, si ritrovarono di fronte a un bivio.

«Da dove siete venuti?»

Chiese Fenrir, dando uno sguardo in entrambe le direzioni.

«Non lo so. In quel momento non avevo ancora preso il pieno possesso di questo corpo. Non puoi sentirlo col tuo olfatto?»

«Sì, ma vedi, è questo il punto. Sento una scia in quella direzione.» Disse voltandosi a sinistra. «È vecchia di qualche minuto, quindi dev'essere necessariamente la direzione da dove siete venuti. Tuttavia, sento un odore molto forte provenire da lì.» Aggiunse voltandosi di scatto verso destra. «Senza alcun dubbio, quei due si sono diretti in quella direzione. Ma per quale motivo?»

«Si saranno confusi. Comunque tu seguili, anche se da quella parte non c'è l'uscita. Non possiamo permetterci di lasciarceli sfuggire, ci devono condurre dall'iniziatore.»

Fenrir fece un breve cenno di assenso con il capo, quindi iniziò ad incamminarsi verso destra.

Camminò per uno, due, cinque e poi dieci minuti, ma per quanto affrettasse il passo, non riusciva a raggiungere i due ragazzi.
Spazientito, dopo altri cinque minuti iniziò a correre. Fu una corsa forsennata, tanto che Moðguðr quasi rischiò di cadere in più di un occasione, come quando per poco la sua cavalcatura non rischiò di finire impantanata in una profonda pozza d'acqua, ma dei due ancora nessuna traccia.
O meglio, una traccia c'era: il loro odore. Eppure, per quanto ormai fosse così forte da fargli credere che fossero proprio lì al suo fianco, non erano da nessuna parte.

«È molto strano.» Disse inspirando a fondo con il naso. «Non dovrebbero essere lontani. Lì sento vicini, molto vicini. Ma dove sono? Non riesci a vederli con la tua visione notturna?»

«No, direi proprio di no. Continua a camminare.»

Ma proprio in quel momento partì un fischio. Improvviso e acuto, perforò i timpani del lupo, facendolo tremare.
Nello stesso momento, si udì un grido provenire dal basso.

«Sono sottoterra!» Esclamò Moðguðr, sulla quale quel rumore non stava avendo alcun effetto. «Dev'esserci un tunnel sotterraneo!»

Detto ciò concentrò le proprie forze verso il terreno, facendo tremare la caverna da cima a fondo, proprio come aveva fatto all'ingresso, quando ancora stava combattendo contro la coscienza della giovane mezzelfo per impadronirsi del suo corpo.

«No! Cosa fai?»

Ringhiò Fenrir, cadendo a terra con un tonfo e un gemito di dolore.

«Preparati a fare un volo, gli cadremmo addosso!»

Esclamò Moðguðr mentre sul terreno si aprivano delle crepe profonde.

«Cosa fai, sciocca!?» Esclamò il lupo con le poche forze che gli erano rimaste. «Lì sotto non può esserci nessun tunnel, c'è solo il mare!»

Ma ormai era tardi. Il pavimento della grotta si sgretolò e ai suoi piedi si aprì una voragine d'acqua, nella quale precipitò portandosi dietro la ragazza.

Non appena furono in mare, il fischio si interruppe, ma quel momento di sollievo fu breve, perché subito a quello si sostituì un secondo rumore, forse perfino più fastidioso del primo.

Questa volta anche Moðguðr, che a forti bracciate stava provando a tornare in superficie prima che la sua ospitante rimanesse a corto di fiato, lo sentì. L'effetto fu devastante. Venne scossa dai brividi e un terrore devastante si impadronì di lei: doveva fuggire da lì il prima possibile. L'agitazione, però, le mandò in panne il cervello e le fece prendere male le misure, così che, anzichè risalire in superficie, andò a scontrarsi con il capo contro un punto in cui il pavimento della grotta era ancora perfettamente integro. Se avesse avuto il suo corpo, quell'imprevisto non le avrebbe causato alcun problema, tuttavia era il corpo di una diciannovenne quello che possedeva al momento. E così, nel momento in cui avvenne l'impatto, perse conoscenza.

Ebbe appena il tempo di vedere un'indistinta sagoma grigiastra avvicinarsi a lei prima che le si chiudessero gli occhi.

«Dove... Dove mi trovo?»

«Ti sei spinta troppo oltre, Moðguðr.»

«Cosa? Voi qui? Oh, ma io non immaginavo che...»

«Rimanda le scuse a dopo. Adesso riposa. Non è ancora il momento

«Sì, mia Signora.»

~

«Respira?»

«Sì. Ma ha preso una brutta botta.»

«Almeno così ci ha risparmiato di dovercene occupare noi.»

«Sì, ma se si fosse presa una commozione cerebrale?»

«Smettila con questi "sì, ma" e sii semplicemente felice che le cose siano andate secondo i piani. Dico bene, Moyra?»

«Non pensavo che l'avrei mai detto, ma... Svein ha ragione.»

Concordò la sirena con un'alzata di spalle.

Lillian sospirò, accarezzando il volto della mezzelfo e facendo scorrere delicatamente le dita tra i suoi lunghi capelli bianchi.

Era stato tutto così rapido, che quasi non aveva avuto modo di realizzarlo, ma a pensarci bene, ciò che era appena accaduto era stato davvero strano.
Non più di mezz'ora prima, quando aveva suggerito a Svein di allontanarsi da quell'altro prima che Fenrir e Moðguðr si ricordassero della loro esistenza, lui aveva acconsentito, ma poi, anzichè dirigersi verso l'uscita, aveva insistito per andare dalla parte opposta, dicendo che così quando quei due avessero finito di discutere e avessero deciso di andare via da quella grotta, avrebbero preso la direzione opposta e liberato la via d'uscita, permettendo così anche a loro di fuggire in un secondo momento. Tuttavia, dopo dieci minuti di corsa per distanziarsi il più possibile da loro, si erano imbattuti in nientemeno che Moyra, affacciatasi da quella che a prima vista sembrava una semplice pozzanghera e invece si era rivelato essere un collegamento diretto con il mare. Senza dire una parola, come se avesse già chiara la situazione, aveva detto loro di trattenere il fiato e li aveva trascinati con lei sott'acqua facendoli riemergere fuori dalla grotta. Ma poi, anzichè incitarli a fuggire, li aveva aiutati a scalare la grotta fino a posizionarsi sulla sua sommità, da dove Svein, dopo aver porso al licantropo dei tappi per le orecchie, si era messo a suonare il suo flauto di Pan per disorientare Fenrir, mentre Moyra, tornata sott'acqua, aveva lanciato un grido, facendo credere a Moðguðr che il suono provenisse dal basso anzichè dall'alto e spingendola così a distruggere il pavimento della caverna, segnando così la loro sconfitta.

«Come mai eri qui nella grotta?»

Chiese Lillian, rivolgendosi alla sirena.

«Perché lui mi ha ordinato di farmi trovare qui.»

Rispose semplicemente Moyra.

«Lui chi? Ragnar?»

«No, Svein.»

Il licantropo ebbe un sussulto e si voltò verso il satiro, che subito distolse lo sguardo.

«Quando abbiamo lasciato la barca non potevi sapere che Linn fosse posseduta da Moðguðr, nè che ci saremmo trovati in una situazione del genere, quindi... Perchè?»

«Non era per lei... Era per Fenrir.» Ammise lui in un basso borbottio, com'era solito parlare tutte le volte che si ritrovava costretto a confessare cose che avrebbe di gran lunga preferito portarsi nella tomba. «Dopo averlo trovato, avrei convinto Linn a liberarlo, per poi disorientarlo con il fracasso del mio flauto di Pan, dandoci così il tempo di scappare e raggiungere Moyra. Lei ci avrebbe portati fuori dalla grotta e avrebbe aiutato me a salirci sopra. Il resto sarebbe andato proprio come poco fa, solo che secondo i piani sarebbe dovuto essere Fenrir stesso a distruggere il pavimento, precipitando così in mare.»

Non c'era motivo di credere che le stesse mentendo, eppure Lillian continuava a non capire.

«Ma... Perchè avresti dovuto fare una cosa del genere?»

«Per sabotare la missione, va bene!?»

Sbottò il satiro, per poi nascondere il viso contro le ginocchia, che teneva strette al petto.

«Ma... E tutta la storia della gente che ti maltratta e di tua madre che ti ignora e dell suo nuovo compagno che non ti sopporta e la tua misantropia dovuta al fatto che nessuno è mai voluto essere tuo amico e-»

«La vuoi smettero!?» Esclamò il ragazzo sollevando il capo di scatto. Il volto rosso fino alla punta delle orecchie dall'imbarazzo. «Quella storia era vera. È tutto vero. Infatti all'inizio io avevo davvero intenzione di aiutare Ragnar con il suo piano, ma...»

«Ma?»

Lo incitò lei, dato che non proseguiva.

Lui la osservò in silenzio per qualche istante, le labbra dischiuse come a dire qualcosa. Poi però lo sguardo gli cadde sulla mano del licantropo, ancora immersa nei capelli della mezzelfo e, come riscossosi di colpo, distolse nuovamente lo sguardo dal suo.

«Ma ho cambiato idea.» Disse tutto d'un fiato. «Problemi?»

«Ecco... No, certo che no. Anzi, è un bene avere un altro alleato.»

«Certo che Ragnar è proprio un portento a fare i gruppi.» Commentò Moyra. «Ha mandato insieme in missione solo persone intenzionate a sabotarlo!»

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