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24. Come avventurarsi in un'isola deserta

Con lo sguardo fisso di fronte a sè, la ragazza osservava la linea dell'orizzonte farsi sempre più sottile e indefinita, fondendo mare e cielo in un tutt'uno.

Quel giorno la corrente era molto più forte del solito, per cui doveva continuamente correggere la rotta, con un orecchio sempre teso in attesa di un intervento da parte della sirena.
Per qualche motivo, però, ormai era da almeno un quarto d'ora che Moyra non si faceva vedere.

L'ondeggiare della barca rilassò poco per volta i suoi muscoli, sempre tesi e pronti a scattare per qualsiasi evenienza, facendola abbandonare contro lo schienale con uno sbadiglio.
Non era così assonnata da poter prendere sonno da un momento all'altro, tuttavia per un momento si ritrovò a socchiudere gli occhi... e l'acqua si tinse di rosso.

Davanti a lei si estendeva un burrascoso mare di sangue e il cielo era oscurato da una distesa di nuvole così scure da sembrare nere.
E con una calma che aveva in sè qualcosa di ancora più inquietante dello spettacolo che le si era improvvisamente palesato davanti, lei chinò lo sguardo sulle proprie mani.
Stringevano ancora il timone, ma non era lo stesso di prima: il colore e la forma erano cambiati. La consistenza stessa era diversa. Ruvido e irregolare sotto i suoi polpastrelli, nel momento in cui lasciò la presa, si graffiò sul palmo della mano e subito se la portò alle labbra per leccarne via il sangue.
Ma non ne trovò neanche una goccia.
Lentamente allontanò la mano da sè e finalmente la vide per ciò che era davvero, ossia un arto che non era il suo. La carnagione pallida, quasi cadaverica, le unghie smussare e le vene... No, non c'erano vene. I polsi erano candidi come la neve, eppure non riusciva a distinguere un solo vaso sanguigno.
Da fuori, invece dello sciabordio delle onde o dello stridio dei gabbiani, proveniva il rombo dei tuoni, mischiato a delle grida. Grida di battaglia, urla di dolore. C'era una guerra.
Alle sue spalle, invece, risate sguaiate, mescolate a lunghi lamenti pieni di strazio. Il clangore delle armi dei soldati che stava portando sul campo di battaglia, insieme alle loro voci e ai loro gemiti di dolore, le si affollarono nelle orecchie.
Era circondata dal caos.
Nelle sue iridi, nuovamente puntate sull'orizzonte, si riflesse la sfumatura purpurea del mare e...

La porta alle sue spalle si spalancò, facendola trasalire.
Linn si voltò di scatto e nel contempo spalancò gli occhi.
Il mondo era tornato alla normalità.

«Ehi, hai bisogno di una ma-» Iniziò Lillian, per poi interrompersi bruscamente e aggrottare la fronte. «Ti... Ti senti bene?»

«Come?»

Replicò la mezzelfa con un filo di voce, per poi schiarirsi la voce e porre nuovamente la domanda in tono più chiaro.

«È tutto a posto?»

Insistette Lillian.

«Perchè non dovrebbe?»

Il licantropo distolse lo sguardo nel sentirsi porgere quella domanda e, con leggero imbarazzo, rispose:

«Perchè stai piangendo.»

Linn sussultò e subito si voltò dall'altra parte, portò una mano al viso e nello scoprire che la ragazza le aveva detto la verita, iniziò ad asciugarsi con foga il volto con le maniche del suo giubbotto.

«Cos'è successo?»

Chiese Lillian avvicinandosi all'altra con cautela.

«Nulla. È solo che... Credo di essermi addormentata. Ho avuto un altro incubo.»

«Ti succede spesso?»

«Non proprio... Cioè, ovviamente qualche volta mi capita di fare dei brutti sogni, ma non così di frequente e... Mai come questi.»

«Ti va di parlare?»

«Grazie, ma...»

«Va bene, ho capito. Scusa, forse sono stata troppo invadente...»

«Ma no, figurati. Ormai tu sei come una di famiglia!»

Non sapendo se dover prendere quell'affermazione come un buono o un cattivo segno, il licantropo si limitò ad annuire, accennando un lieve sorriso mentre si avvicinava alla mezzelfa e si sedeva al suo fianco.

«Comunque, quello che ti volevo chiedere è... Hai qualche idea sul nostro piano d'azione?»

«Come?»

«Sì, una strategia per quando arriveremo a destinazione. Solo Svein sa cosa ci dobbiamo combinare su quest'isola, ma comunque dovremmo pensare a qualcosa, per ogni evenienza.»

«Ragnar non diceva di fare un semplice sopralluogo?»

«E allora? Lo faremo il sopralluogo, solo che subito dopo, quando sapremo finalmente qual è l'obbiettivo finale, accopperemo Svein in qualche modo e manometteremo tutto.»

«Vedi che ce l'hai già un piano?»

«Questo non è un piano. Sono solo linee guida! Ad esempio, con Moyra che facciamo? Non credo che ci vorrebbe granchè a portarla dalla nostra parte, ma il problema è il desiderio di Ragnar. Sicuramente le avrà ordinato cosa deve fare per filo e per segno. Magari aggiungendo anche un "non obbedire ad alcun ordine che metta in discussione quelli che ti ho appena dato".»

«Però una volta che saremo sull'isola non potrà seguirci. Non ci vedrà manomettere il piano e quando torneremo portandoci dietro Svein privo di sensi, possiamo dirle che è stato punto da qualche insetto velenoso.»

«E se chiede di vedere la puntura?»

«Le diciamo che è stato punto mentre stava pisciando tra i cespugli. Non farà altre domande.»

«Perfetto. Quindi come facciamo a metterlo fuori gioco?»

«Non mi sembra un'impresa tanto ardua. Un bel colpo in testa e-»

«Aspetta, ma è proprio necessario usare le maniere forti? Non conosci un incantesimo per addormentarlo?»

«Sì, ce ne sarebbe uno, ma gli causerebbe incubi assurdi per almeno una settimana.»

«Meglio gli incubi di una commozione cerebrale.»

«Non hai tutti i torti... Per farlo però ho bisogno di qualcosa che mi protegga dal Sole. La luce blocca i poteri magici dei drow. Una grotta sarebbe l'ideale, ma anche un ombrello abbastanza grande dovrebbe andare bene.»

«Temo che non ci siano ombrelli a bordo... Ho visto dalle previsioni meteo che non avrebbe piovuto e così non ne ho portati.»

«E allora incrociamo le dita che su quest'isola ci sia una grotta o qualcosa del genere.»

Concluse la mezzelfa con un sospiro.

Le due si voltarono poi verso il mare.
Ci misero alcuni istanti per capire che il puntino marrone all'orizzonte non era una macchiolina di sporcizia sulla finestra, bensì un'isola.

«Terra!»

Sentirono esclamare da Moyra e subito si affacciarono per chiederle conferma.

«Scusa, ma circa mezz'ora fa non avevi detto che mancavano ancora tre ore?»

Chiese Lillian.

«Se devo essere onesta io del tempo non ci capisco proprio nulla.» Replicò la sirena stringendosi nelle spalle. «Non ci sono orologi in mare, sai? Ho detto una cosa a caso, giusto per farvi stare calmi.»

E detto ciò scomparve sotto la superficie dell'acqua e non si fece più vedere fino al loro approdo.

~

«

Quindi... Confermi che sia questo il posto?»

Chiese Lillian, guardandosi intorno con le orecchie drizzare e il naso arricciato. C'era qualcosa che non la convinceva in quel posto.

L'isola non era di grandi dimensioni, camminando sul bagnasciuga ne si sarebbe potuta percorrere a piedi l'intera circonferenza in meno di un'ora. Non c'era alcuna traccia del passaggio di altri esseri umani, tutto ciò di cui poteva vantare era una vegetazione fitta e lussureggiante.
La si sarebbe potuta scambiare per una semplice isola deserta come tante altre, tuttavia...

«Lo sentite?»

Chiese Moyra, distesa sulla sabbia con la coda immersa in acqua.

Per qualche istante rimasero tutti in silenzio, mettendosi in ascolto.

«Io non sento proprio nulla.»

Replicò Linn aggrottando perplessa la fronte.

«Perchè non c'è nulla.»

Risposero in coro Lillian e Svein, sussultando leggermente per quella loro uscita in sincrono, mentre la sirena annuiva lentamente con il capo.

«Esattamente. Guardatevi intorno? Ci sono talmente tanti alberi che non si riesce a guardare a due metri di distanza, eppure non si sente il verso di un gabbiano, il ronzio di un insetto, i passi di qualche animaletto locale... Nulla. Questo posto è così inquietante che non può non essere quello che stavamo cercando.»

«Grazie, adesso sì che sono rassicurata.»

Borbottò il licantropo, alzando gli occhi al cielo nel sentirsi rispondere con uno squillante "non c'è di che!".

E così presto iniziarono ad incamminarsi in mezzo alla vegetazione, facendosi strada tra rami e arbusti e addentrandosi sempre di più verso il centro dell'isola.

«Adesso possiamo sapere cosa stiamo facendo?»

Chiese la mezzelfo con leggera irritazione. Tutto quel mistero stava iniziando a darle sui nervi.

Il satiro però non rispose, continuando a camminare a passo spedito, verso una meta nota a lui soltanto.

«Svein...» Lo riprese il licantropo. «E dai! Come facciamo ad aiutarti se non sappiamo neanche cosa stiamo facendo?»

«Stiamo cercando una grotta.»

Borbottò lui senza neanche voltarsi.

Le due si rivolsero uno sguardo d'intesa con la coda dell'occhio. Una grotta. Proprio ciò di cui avevano bisogno, così avrebbero preso due piccioni con una fava.

«E a cosa ci serve questa grotta?»

Chiese ancora Lillian.

«Ci dobbiamo assicurare che dentro ci sia una cosa.»

«E se non c'è?»

«Significa che abbiamo sbagliato isola.»

E non appena lo disse, le due ragazze capirono che, qualunque cosa stessero cercando, l'avrebbero sicuramente trovata.

«Sicuro che si tratti di un qualcosa e non di un qualcuno?»

Chiese Linn, ricordandosi della domanda che Ragnar le aveva fatto riguardo la sua abilità nello spezzare le maledizioni degli elfi oscuri.

Il satiro non rispose, cosa che per le due ebbe lo stesso valore di un'ammissione.
In cosa consisteva davvero il piano di quel pazzo? Cosa voleva risvegliare?

Prese com'erano da queste domande, le due non fecero caso al piccolo fiumiciattolo che scorreva davanti a loro e stavano quasi per immergervi un piede, quando...

«Attenta!»

Esclamò il satiro, che aveva appena superato il piccolo torrente con un balzo, voltandosi e dando uno spintone al licantropo non appena notò cosa stesse per fare.
La mezzelfo si fermò con il piede sospeso a mezz'aria nell'assistere a quella scena e subito si fece indietro, porgendo una mano a Lillian per aiutarla a rialzarsi.

«Ahia...» Si lamentò lei massaggiandosi l'osso sacro. «Era proprio necessario?»

«Fai più attenzione a dove metti i piedi.» La riprese lui. «Avresti potuto perderli.»

A quelle parole, la ragazza strabuzzò gli occhi, chinando incredula lo sguardo sull'apparentemente innocuo fiumiciattolo che le scorreva davanti.
Guardando meglio, notò che effettivamente aveva una strana consistenza, sembrava denso, torbido, quasi melmoso. Ma che dell'acqua sporca avrebbe potuto farle perdere i piedi non l'aveva mai sentito.

«Dobbiamo trovare la fonte.» Sentenziò il satiro, guardando prima da un lato e poi dall'altro. «Questo fiume di bava ci porterà dritti alla grotta.»

«Bava?»

Ripetè Linn sperando di aver sentito male, ma lo sguardo truce che le rivolse il satiro, le fece capire che non fosse così.

«Destra o sinistra?»

Chiese poi Svein, indeciso sulla direzione da prendere.

«Destra.»

Rispose Lillian.

«Sinistra.»

Sentenziò Linn nel medesimo istante.

Svein rivolse loro un rapido sguardo e poi, senza dire una parola, iniziò ad incamminarsi verso sinistra. Chi delle due avesse "vinto", però, rimase un mistero dato che, a pensarci bene, si resero conto che dal punto di vista del satiro, trovandosi dal lato opposto del fiume e rivolto verso di loro, quella direzione corrispondeva in realtà alla destra.

Continuarono a camminare per venti minuti prima di iniziare a scorgere qualcosa di grigio in mezzo alle fronde degli alberi. Affrettarono il passo e ben presto si ritrovarono davanti ad una parete di roccia alta tre metri. L'ingresso era bloccato.
Videro il fiumiciattolo di bava fuoriuscire dalla caverna passando attraverso lo stretto spazio tra due massi. Decisamente troppo stretto perchè uno di loro ci passasse attraverso.

«Cosa facciamo adesso?»

Chiese Linn, sospirando alla vista di tutti quei massi accatastati gli uni sugli altri. Ci avrebbero messo una vita ad aprirsi un varco lì in mezzo.

«Conosci qualche incantesimo esplosivo?»

Tentò il licantropo, per poi ricordare che ad ogni modo, se anche ne avesse conosciuto uno, non avrebbe potuto usarlo a causa della sua esposizione al Sole. Certo, la vegetazione era fitta, ma non c'era un punto in cui potesse stare interamente in ombra.

«Allora forse se trasformassi le mie mani, potrei riuscire ad aprirmi un varco.» Disse, mentre le sue mani si deformavano, ricoprendosi di peli e crescendo fino a triplicare la propria grandezza, come anche le unghie, che si fecero lunghe e affilate. «Non ho mai provato a scavare nella pietra, ma pensò che se mi ci mettessi, potrei farcela nel giro di-»

Non fece in tempo a finire, che Svein le passò davanti, iniziando a posizionare con nonchalance una serie di piccoli dispositivi sulle rocce.

«Ma sono... Bombe?»

Chiese la mezzelfo, ritraendosi con un balzo nel momento in cui le riconobbe.

«Me le ha lasciare Ragnar, per ogni evenienza.»

Spiegò lui con una breve alzata di spalle.

La detonazione fu più potente di quanto i tre non avrebbero mai immaginato.
Pur essendosi distanziati di quasi cento metri, rischiarono quasi di venire sbalzati all'indietro. Riuscirono a tenersi in piedi solo reggendosi ai tronchi degli alberi.
Quando tornarono in prossimità della grotta, quasi non credettero ai loro occhi: non solo la parete di rocce, ma anche tutta la vegetazione circostante era stata disintegrata.

«I satiri in teoria non dovevano essere gli amanti della natura per eccellenza? Tipo Puffi, ma meno blu e più capra.»

Borbottò Linn tra sè e sè, ma il diretto interessato non la degnò di uno sguardo.

«È sicuro?»

Chiese invece Lillian, osservando dubbiosa come piccoli ciottoli di pietra continuavano a cadere dalla sommità della grotta.

«Il problema è solo l'ingresso. Se aspettiamo un momento di calma e corriamo, ce la dovremmo fare senza problemi.»

Replicò Svein e così fecero.

Le cose fino a quel momento erano filate così lisce che quasi non ci fu da sorprendersi quando, subito dopo aver messo piede nella caverna, iniziarono i guai.

Linn si portò le mani alle tempie con un debole gemito di dolore, ma Lillian non fece in tempo ad avvicinarsi per chiederle cos'avesse, che le pareti della grotta iniziarono a tremare.
Subito Svein intimò loro di iniziare a correre per allontanarsi dall'ingresso, ma dopo aver compiuto qualche passo, voltandosi alle proprie spalle il licantropo notò che l'altra non si stava muovendo.

Subito corse indietro e fece appena in tempo a tirarla via di lì, che una cascata di massi cadde proprio nel punto in cui si trovavano fino a  poco prima, chiudendo la loro unica via d'uscita.

«Dimmi che hai altre bombe.»

«Ce le ho.»

«Per fortu-»

«Ma non possiamo usarle qui dentro. Ci rimarremo secchi.»

«Incantesimi di teletrasporto?»

Tentò rivolgendosi alla mezzelfo. Ma la ragazza le era svenuta tra le braccia subito dopo la frana.

«Fantastico...»

Mormorò il licantropo.

«Dai, niente lagne, ci penseremo dopo!»

Replicò Svein, che aveva appena tirato fuori dal suo zaino una torcia e si stava ora iniziando a incamminare.

«Ma lo sai che sei più equipaggiato di Dora l'esploratrice?»

Rise Lillian, sistemandosi l'altra dietro la schiena per poi ricominciare a seguire insieme al satiro il lungo torrente di bava che li avrebbe ben presto condotti a destinazione.

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