22. Come (non) tentare il suicidio
Il tempo sembrava essersi fermato all'interno della sala da ballo del palazzo reale di Oslo.
Tutti i presenti osservavano quel gracile ventenne dai sottili capelli corvini con gli occhi sgranati dallo stupore. Nessuno osava fiatare, come se fossero tutti in attesa che lui potesse ribattere da un momento all'altro di averli appena presi in giro e che adesso avrebbe esposto loro il suo vero piano.
A infrangere quel silenzio ci pensò proprio il diretto interessato...
«Io sarei il figlio del Draugen!? Ma che stai dicendo?»
Sbottò Kenneth, liberandosi con uno strattone dalla sua stretta.
«Già. Anche a me piacerebbe saperlo.»
Si aggiunse l'uomo, che anche senza alcuna presentazione presto avevano tutti riconosciuto come uno dei più importanti esponenti della famiglia reale: Robert Magnus di Norvegia, attuale principe ereditario.
«Non hai parlato con tuo padre di quella faccenda dell'acquario?»
«Ecco... Quella sera è tornato molto tardi, quando ero già a letto, invece questa mattina non ci ho proprio pensato, me ne sono completamente dimenticato...»
«Peccato. Se l'avessi fatto mi sarei risparmiato un buon quarto d'ora di spiegazione. Comunque fa niente, alla fine tutto ciò che conta è che tu sia qui adesso.»
«Esattamente in che modo questo presunto figlio della Morte dovrebbe essere in grado di ostacolare il Ragnarök?» Si intromise il principe. «A me sinceramente sembra solo che si sia aggiunta una nuova minaccia a quelle di cui mi devo già occupare. Scommetto che adesso mi dirai che quei due lì sul divanetto sono i figli perduti di Odino o magari addirittura le reincarnazioni degli dei Loki e Thor! E io che volevo risparmiare almeno i tuoi amici...»
«Non serve che ti prendi questo disturbo. Loro due non sono nessuno, solo un doppelgänger e un vampiro qualsiasi, come ce ne sono a milioni.»
Replicò il corvino facendo sospirare sconsolato Elias, che già si stava rivendicando il ruolo da reincarnazione di Loki con la morra cinese.
«Non hai ancora risposto alla mia domanda.»
Lo riprese il principe, puntando lo sguardo su Kenneth.
«Davvero non ci arrivi?» Sorrise il corvino, facendo indurire lo sguardo dell'uomo. «Forse non te ne sei ancora reso conto, ma il Ragnarök ha già avuto inizio, sai? Le tue guardie non ti hanno riferito che il loro prezioso protetto cinque giorni fa è morto?»
Robert ebbe un impercettibile sussulto e subito fece saettare lo sguardo, che si andò ad abbattere sulle due guardie reali. Entrambe balzarono sull'attenti, facendo però del loro meglio per evitarlo, rivolgendo i propri verso il basso.
«Sei stato tu? Hai ucciso tu Baldr?»
«Anche se ti dicessi di no, tu non mi crederesti, quindi che senso ha risponderti?» Replicò Ragnar stringendosi nelle spalle. «Fatto sta che ormai lo spettacolo ha già avuto inizio. Puoi anche uccidermi adesso, in questo preciso istante, ma sappi che così insieme a me avrai fatto fuori anche la tua ultima possibilità di rimediare allo sbaglio che hai commesso ventuno anni fa, dato che io sono l'unico a conoscere il modo in cui il figlio del Draugen potrà interrompere il Ragnarök.»
«Credo che tu stia dando per scontate troppe cose.» Replicò il principe. «Mi sembra di capire che il tuo intero piano si basi sul presupposto che quel ragazzo lì accanto a te, quello con la parola "mezzelfo" scritta in fronte, sia in realtà il figlio della Morte in persona. Avete un modo per dimostrarlo o ti aspetti che io creda senza fare storie a questa ridicola messinscena?»
«Innanzitutto, lui è davvero un mezzelfo, non ci sono dubbi al riguardo.» Proruppe il corvino, affatto intimorito dal suo fare intimidatorio. «Semplicemente non è mezzo umano. In secondo luogo... Certo che non mi aspetto che tu mi creda così ciecamente, ci mancherrebbe. Infatti ho già in mente un modo in cui potrò al tempo stesso dimostrarti la sua autenticità come figlio del Draugen e darti un indizio su quello che è il mio piano.»
«Sto aspettando.»
Sbuffò l'uomo, incrociando le braccia al petto e facendo cenno alle due guardie di spostarsi in prossimità della porta, così da prevenire un suo possibile tentativo di fuga.
«Molto bene.» Quindi Ragnar puntò l'indice contro una delle due guardie e ordinò: «Tu. Oltre a quella tazza di camomilla, ce l'hai un'arma come si deve, giusto? Valla a prendere. Possibilmente che sia da fuoco.»
L'uomo rivolse uno sguardo interdetto al principe e quando quello dopo un attimo di esitazione annuì con il capo per dargli il suo consenso, uscì dalla sala, scomparendo in quell'intricato labirinto di corridoi per poi riemergerne solo due minuti dopo.
Senza dire una parola porse il proprio fucile al corvino.
Quest'ultimo se lo rigirò tra le mani per qualche istante, saggiandone il peso e provando quale fosse la posizione più appropriata per utilizzarlo.
«Sì, perfetto. Adesso un proiettile.»
«Cos'hai intenzione di fare?»
Si intromise subito Robert, aggrottando le folte sopracciglia scure.
«Che c'è? Pensavi che il fucile da solo sarebbe stato abbastanza? Cosa dovrei farci se è privo di munizioni?»
«Cosa dovresti farci con le munizioni, semmai! Puoi anche scordartelo che io ti consegni un'arma.»
«Allora potevi anche dirlo subito.» Sbuffò gettando il fucile a terra. «Così mi stai solo facendo perdere tempo... Tu.» Disse, rivolgendosi questa volta all'altra guardia. «Dammi la tua zuccheriera. Questa posso averla, giusto?» Aggiunse, rivolgendo all'uomo una rapida occhiata di sbieco.
«Dagliela.»
Sospirò lui in tutta risposta.
Non appena Ragnar ebbe il contenitore tra le mani, tolse il coperchio e, di fronte agli sguardi interdetti dei presenti, ne riversò l'intero contenuto a terra. Quindi con un movimento fulmineo tirò fuori qualcosa dalla propria tasca e ne riversò il contenuto liquido all'interno della zuccheriera.
«Bevi.»
Disse voltandosi verso Kenneth.
Il ragazzo sobbalzò nel sentirsi imporre tutto d'un tratto un ordine del genere e titubante si sporse per guardare cosa fosse.
«Di che si tratta?»
«È un sonnifero.» Gli spiegò Ragnar. «Ti addormenterai nel giro di pochi istanti e, se sei il figlio del Ragnar, ti risveglierai altrettanto in fretta. Altrimenti riaprirai comunque gli occhi nel giro di poco più di mezz'ora.»
«Esattamente su quale base-»
«Adesso bevi.»
Ordinò il corvino in tono perentorio, sovrastando con la propria voce l'ennesima protesta che stava per giungergli da parte del principe.
«Mezz'ora, dici?»
Stava borbottando invece Kenneth, allungando titubante le mani per afferrare la zuccheriera.
«O pochi secondi.»
Aggiunse Ragnar, tenendo lo sguardo puntato su di lui mentre si portava il sonnifero alla bocca, prendendone prima solo un piccolo sorso, giusto per bagnarsi le labbra e poi, nel sentire il suo buon sapore, reso ancora più dolce dallo zucchero rimasto sul fondo del contenitore, prenderne uno più grande.
«Non male.» Commentò leccandosi le labbra. «Però non sento affatto sonno.»
«Cosa stai cercando di dimostrare con questo?» Si intromise subito il principe. «Bere del presunto sonnifero e non sentire sonno. Non mi pare una prova sufficiente.»
«Hai perfettamente ragione. Fargli bere del sonnifero e vedere la sua reazione non sarebbe abbastanza per dimostrare che è il figlio del Draugen.» Concordò Ragnar, riprendendo la zuccheriera dalle mani del mezzelfo prima che se la finisse con un altro sorso. «Questo infatti non è un sonnifero.»
Detto ciò inclinò il piccolo contenitore d'argento, riversandone poche gocce sul pavimento.
Non appena queste toccarono terra, le piastrelle iniziarono a sfrigolare e ben presto vennero completamente corrose, aprendo uno spiraglio sul piano inferiore.
«Porca paletta!» Esclamò Elias strabuzzando gli occhi. «Sembra la zuppa di mia madre.»
«Ma cosa...?»
Mormorò Kenneth incredulo.
E subito la sua mano corse alla tasca della giacca, dove aveva messo la fialetta trovata la sera prima nel cassetto della scrivania di Vilde. Quella contenente il veleno altamente letale che originariamente sarebbe stato destinato alla missione alla centrale idrica.
Ma la tasca era vuota.
«Vuoi farlo assaggiare a uno di loro per accertarti che non sia una messinscena?»
Chiese Ragnar facendo come per porgere la zuccheriera alle due guardie. Quelle però si ritrassero all'istante, costringendo l'uomo a scuotere seccamente il capo.
«Non dubito che sia un vero veleno mortale e per di più altamente corrosivo, tuttavia continuo a non capire come questo dimostri che quel ragazzo è il figlio del Draugen. Essendo un mezzelfo, potrebbe esserne immune a priori, o aver imparato un qualche incantesimo di immunità.»
«Infatti non è finita qui.» Replicò il corvino, dando nuovamente la zuccheriera a Kenneth. «Bevi quello che resta.»
Il mezzelfo esitò, rivolgendo uno sguardo al pavimento. Non aveva la più vaga idea di cosa stesse succedendo e lo confondeva il fatto che Ragnar sembrasse conoscere più cose di lui di quante ne sapesse lui stesso. Se quella dimostrazione sulla corrosività del veleno fosse avvenuta prima, ovviamente non avrebbe mai accettato di assaggiarlo. Tuttavia, considerando che la prima volta non gli aveva fatto nulla, non c'era motivo per cui avrebbe dovuto fargliene la seconda.
Anche se un po' sentiva del risentimento nei confronti di Ragnar per averlo ingannato a quel modo, capiva che la situazione in cui si trovavano era estremamente delicata e considerando che il corvino sembrava essere l'unico lì a sapere cosa stesse accadendo, pensò che forse per il momento fosse meglio dargli corda.
In un solo sorso finì ciò che restava del veleno, ma ancora non lo aveva mandato giù, quando si ritrovò il volto di Ragnar a un palmo dal naso.
Sussultò non capendo cos'avesse intenzione di fare.
Si voleva forse assicurare che lo avesse finito tutto? Ma che bisogno c'era di avvicinarsi tanto? Perchè tanta fretta?
Intenzionato a chiedergli al più presto cosa volesse, Kenneth fece come per mandare giù il sorso e fu in quel momento esatto che capì.
Vide lo sguardo di Ragnar farsi vacuo mentre indugiava sulle sue labbra e istintivamente capì che dovevano essere quelli gli occhi di chi sa di stare andando incontro alla morte.
Eppure c'era anche qualcos'altro. Un momento prima di strattonarlo verso il basso e intrappolare le sue labbra con le proprie, il ragazzo guardò il mezzelfo negli occhi e quest'ultimo notò nei suoi una scintilla di determinazione che, ne era certo, non sarebbe mai potuta brillare negli occhi di un suicida.
Era uno sguardo di sfida il suo, un "o la va o la spacca" e al tempo stesso era anche una promessa, benchè Kenneth non fu in grado in un primo momento di coglierne il vero significato.
Fu tutto così improvviso che semplicemente non ebbe modo di sottrarsi. Le sue labbra si dischiusero sotto la pressione della lingua del corvino e parte del veleno che aveva ancora in bocca si andò a riversare in quella di Ragnar.
Prima che potesse capire cosa fosse appena accaduto, il corpo del ventenne si afflosciò tra le sue braccia.
Con le gambe che vacillavano e le braccia tremanti, il mezzelfo adagiò il ragazzo a terra per poi cadere in ginocchio al suo fianco, osservando incredulo i suoi occhi vitrei.
Una delle guardie accorse subito accanto a lui e senza dire nulla afferrò il polso di Ragnar, posandovi due dita per sentire il battito cardiaco.
Rimase in ascolto per quella che a Kenneth parve un eternità,
«È morto.»
Non appena quelle parole arrivarono alle orecchie del mezzelfo, subito si fiondò sul ragazzo. In un primo momento esitò, chiedendosi se fosse il caso di praticare la manovra di heimlich o il massaggio cardiaco, ma alla fine optò per la prima opzione. Dopo avergli fatto sputare almeno parte del veleno che aveva ingerito, avrebbe pensato alle compressioni, ma non c'era tempo da perdere.
Ebbe appena il tempo di mettersi in posizione, però, quando si sentì tirare via di lì con la forza.
Era una delle due guardie.
«Lasciami!»
Esclamò, dibattendosi invano nella sua stretta ferrea.
Capendo di non avere possibilità di sfuggirgli, si voltò in direzione del divano, per chiedere aiuto a Florian ed Elias, ma la seconda guardia aveva già pensato a loro: teneva sotto tiro il doppelgänger con il fucile che proprio Ragnar gli aveva fatto portare lì non più di cinque minuti prima. A quanto pareva aveva preso anche le munizioni, sebbene si fosse rifiutato di consegnarle al corvino.
«Non pensavo che sarebbe stato così semplice!» Esclamò il principe, scoppiando in una fragorosa risata. «Ma cosa gli è passato per la mente a quello squilibrato? Oh beh, ormai non è più un mio problema. Voi due, portateli di sotto, dalla strega. Ditele di cancellare i loro ricordi delle ultime dieci ore e riportateli esattamente dove avete trovato quel mutaforma. Io vado a occuparmi di Grethe.»
Prima di uscire, Robert si incamminò verso il corpo privo di vita di Ragnar, osservando impossibile il suo volto ormai esangue.
«Mentre li portate al piano di sotto, dite ai camerieri di venire subito qui per disfarsene, prima che mi appesti tutta la sala. Fategli cambiare anche il tappeto, mi raccomando.»
Le guardie fecero un secco cenno di assenso con il capo, quindi si diressero verso l'uscita, trascinandosi dietro i tre ragazzi.
Anche Kenneth ormai camminava senza più protestare; lo sguardo perso nel vuoto, a ripercorrere mentalmente gli ultimi istanti di vita del ragazzo. Quello sguardo che gli aveva rivolto prima di baciarlo per bere il veleno... Davvero non aveva alcun significato? Il suo intento era stato davvero solo quello di togliersi la vita? Ma allora perchè farlo in quel modo? Avrebbe potuto semplicemente bere il veleno dalla zuccheriera, anzichè farlo fare a lui.
Una parte della sua mente ancora si rifiutava di accettare la realtà dei fatti e il mezzelfo, mentre si apprestava a imboccare il corridoio, stava ancora ripensando a quell'inspiegabile scintilla di determinazione che aveva visto brillare nello sguardo di Ragnar un attimo prima che si suicidasse, quando udì un colpo di tosse alle sue spalle.
Si fermò di colpo, facendo sbattere la guardia contro la sua schiena.
Doveva essere stato il principe a tossire, non c'era altra spiegazione, eppure...
Un secondo colpo di tosse, ancora più forte e seguito da una rapida serie di sputi.
Si voltò di scatto, appena in tempo per vedere Robert indietreggiare dallo spavento, talmente in fretta che perse l'equilibrio e cadde a terra.
«Cavoli. Certo che morire fa proprio schifo!»
Esclamó Ragnar, alzando le braccia al cielo per sgranchirsi.
«Come... Com'è possibile?»
Balbettò il principe, osservando incredulo come il corvino si stesse rialzando in piedi senza alcuna fatica.
Il ragazzo ghignò nel vedere il suo sguardo spaesato e con giusto un paio di passi giunse di fronte a lui, osservandolo a lungo dall'alto in basso prima di chiedere:
«Dunque, Maestà. Adesso è disposto a dare una possibilità al mio piano?»
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