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18. Come portare un doppelgänger dalla tua parte

Un indice dall'unghia tutta mangiucchiata si allungò verso il campanello dell'appartamento numero tredici. Prima che avvenisse il contatto, però, ci ripensò e si unì alle altre dita in un pugno, pronto adesso a bussare sulla porta.
Cambiando idea un'ennesima volta, la mano si ritrasse di scatto, indugiando ancora alcuni istanti sul campanello e poi nuovamente sulla porta.

«Ma ne sei proprio sicuro?»

Chiese Lillian, voltandosi di scatto per rivolgere uno sguardo accigliato al mezzelfo.

«Da quand'è che ti fai tanti problemi a rompere le scatole a qualcuno?»

Replicò Kenneth, non capendo il motivo di tutta quell'esitazione.

«Da quando la persona che a cui devo, anzi, a cui dobbiamo rompere le scatole è un pazzo imprevedibile che se ne frega altamente di tutto e tutti e che per di più a quanto pare vive in un quartiere che non è proprio dei più raccomandabili. Ecco da quando!»

«Eppure quando stavamo nel bosco mi sembravi perfettamente a tuo agio, pur essendo letteralmente circondata da pazzi imprevedibili.»

«Ma è proprio questo il punto! Lì eravamo tutti insieme, Ragnar in qualche modo li teneva in riga e c'era anche Tove che aveva promesso di proteggerci in caso di pericolo, anche se effettivamente non so se sarebbe stata in grado di fare qualcosa contro di loro in caso ce ne fosse stato bisogno... Ma comunque, il punto è che stavolta invece siamo da soli. Io non mi fido di lui, Ken. Proprio per niente.»

«Neanche io, ma che ci vuoi fare?» Sospirò il maggiore. «È l'unico in grado di aiutarci.»

«Il punto è se vorrá aiutarci.» Replicò il licantropo, tornando a voltarsi verso la porta. «Lasciatelo dire, il tuo piano è un incredibile azzardo. Stai letteralmente mettendo il futuro dell'umanitá nelle mani della persona più inaffidabile che potevi trovare. Per non parlare poi del fatto che così facendo faremo saltare la nostra copertura! Sarebbe molto più semplice se-»

«Ne abbiamo già parlato, Lillian. Non ucciderò Ragnar e non permetterò neanche a te o a Linn di farlo. Dopodomani lui andrà ad Oslo da solo e Tove ti ha detto chiaramente che l'esito del suo piano dipende in gran parte da questa sua missione in solitario. Qualcuno lo dovrà pur fermare, no?»

«Ma è proprio necessario coinvolgere Elias?»

«Se non mi presentassi al centro idrico, Florian avviserebbe subito Ragnar e addio al mio piano, non ci metterebbe nulla a capire che lo sto seguendo. Ho bisogno che Elias mi copra.»

«Ti ricordo che lui fa parte dell'altro lato!»

«Non stiamo in Star Wars, Lillian. Non esiste un "lato oscuro". Io sono convinto che in fondo in fondo nessuna di quelle persone desideri seriamente mettere fine all'umanitá, devono solo rendersene conto. E tra tutti Elias non solo possiede proprio il potere che ci serve in questo momento, ma, tra tutti, è anche il più facile da convincere a collaborare con noi.»

«E cosa te lo fa pensare?»

«Beh, tutti dicono che agisce sempre e solo per il proprio tornaconto, no? L'unica cosa che lo interessa è divertirsi ed ora come ora cosa può esserci di più divertente di un doppio gioco con i sabotatori?»

E così dicendo allungò una mano a suonare il campanello.

Quel breve trillo acuto venne subito seguito da un silenzio tombale.
Nessun suono proveniente dall'interno dell'appartamento.

I due si rivolsero un rapido sguardo di sottecchi. La tentazione di fare dietro front e filare via era forte, ma arrivati a quel punto non la si poteva più considerare neanche una possibilitá.

Kenneth prese un respiro profondo e stava ormai per mettersi a bussare, quando si udì un rumore metallico provenire dall'altro lato della porta, come se qualcuno stesse girando la chiave nella serratura.
Il mezzelfo trattenne il fiato mentre la porta si apriva di uno spiraglio -giusto quel tanto consentitole dalla costrizione di almeno una decina di piccole catenelle- e anche a quel punto, pur non riuscendo a scorgere la figura del padrone di casa data l'oscurità che c'era all'interno dell'appartamento, continuò a rimanere in silenzio lasciando che fosse lui a rivolgere loro la parola per primo.

«Quanto mi mancava il suono di quel campanello.» Sospirò una voce maschile. Voce che però non combaciava con quella di Elias. «Non ne potevo piú di tutte quelle strane combinazioni e codici segreti... Tipo due bussate, un secondo di silenzio e poi altri tre colpi... Oppure un colpo, una pausa, un altro colpo, una pausa e così via all'infinito... O ancora quello a picchio... Oddio, quando bussano a picchio non lo sopporto proprio! Mi faranno diventare matto se non inizieranno a seguire il vostro esempio e suonare il campanello come delle persone civili.»

«Chi sei tu?»

Lo interruppe Kenneth, aggrottando la fronte all'udire quella voce.

«Chi siete voi, semmai!» Replicò lo sconosciuto. «Il fatto che abbiate suonato il campanello mi fa presumere che non siate stati mandati qui da Olsen o Halsen, giusto? E neanche da Berg, spero! Quel tipo è troppo impaziente. Sentite, tornate indietro e ditegli che lo farò, ok? Io rispetto sempre gli accordi. Ho solo bisogno di un altro po' di tempo, un giorno o due e-»

«Non siamo stati mandati da nessuno di loro.»

Replicò Lillian accigliandosi.

Ci fu un attimo di silenzio e poi, accompagnato dallo sferragliare delle catenelle che venivano sganciate una ad una...

«Ah, ma siete voi! E potevate anche dirlo subito! Quando ha parlato il mezzo umano non l'ho riconosciuto, perchè parla sempre così poco e piano che non ho ancora memorizzato il suono della sua voce. Per fortuna che sei intervenuta tu, altrimenti chissà quanto altro tempo avremmo perso!»

A quel punto la porta fu spalancata e davanti ai due si palesò un energumeno sulla trentina, alto due metri abbondanti e largo quanto un armadio a due ante, dal volto ispido e burbero.

«Ma tu chi...?»

Mormorò Lillian, sollevando il mento osservando a dir poco sconcertata quello sconosciuto che per qualche motivo si comportava come se li conoscesse.

Kenneth invece lo riconobbe all'istante.
Il fatto che non avesse un'aura a circondarlo era una presentazione più che sufficiente per lui.

«Elias?»

L'uomo aggrottò la fronte, non capendo il perchè di quel tono interrogativo, quindi chinò lo sguardo, osservò il proprio corpo per alcuni istanti e poi strabuzzò gli occhi con una punta d'imbarazzo, come chi nella fretta fosse andato ad accogliere i propri ospiti in pigiama o addirittura in mutande.

«Oh, scusate. Datemi solo un secondo, sono ancora ancora in tenuta da lavoro.»

E fu così che i due poterono assistere per una seconda volta alla trasformazione del doppelgänger, che ridusse nel giro di un battito di ciglia quello spaventoso trentenne tarchiato nel ventunenne con il sorriso da Gioconda a cui erano abituati.

«Avanti, che fate lì impalati?»

Li incitò facendosi da parte per farli passare. Quindi, dato che loro non si decidevano, assottigliò lo sguardo, dicendo in un bisbiglio da cospiratore:

«Vi conviene entrare prima che arrivino i tizi per cui vi ho scambiato prima.»

Non dovette ripeterlo due volte.

«Ah- E state tranquilli.» Aggiunse mentre faceva loro strada all'interno del suo appartamento. «Quello non era il mio vero aspetto. Come ho già detto, lo uso solo per lavoro.»

«E questo invece?» Replicó il licantropo mentre si richiudeva la porta alle spalle. «Voglio dire, é cosí che sei davvero o...?»

«Io ho sentito che quando un doppelgänger si sta fingendo qualcun'altro...» Intervenne Kenneth. «Non ha l'ombra.»

Elias si voltò per un istante nella sua direzione e sollevò le sopracciglia, come per dirsi colpito.

«Vedo che hai studiato.»

Commentó prima di accendere la luce del soggiorno e fare loro segno di accomodarsi sul piccolo divanetto a due posti.

Prima di prendere posto, Lillian non poté fare a meno di passare in rassegna con lo sguardo il pavimento e la parete alle sue spalle.
A Kenneth invece non servì controllare, ci aveva già pensato quella mattina, quando nella casa nel bosco Elias aveva fatto cadere il suo travestimento da Ragnar rivelandosi per un mutaforma.

«Non c'é...» Mormoró la ragazza strabuzzando gli occhi. «Quindi anche questo é un travestimento?»

«Fidati, se mai dovessi mostrarmi con il mio vero aspetto, lo capiresti subito.» Ridacchiò Elias, lasciandosi andare di peso su una poltrona in pelle per poi puntare il gomito su un bracciolo e osservarli in silenzio, in attesa. «...Allora?»

«Allora cosa?»

«Che volete?» Chiese il doppelgänger alzando lo sguardo al cielo. «Non credo proprio che siate venuti qui solo per farmi un interrogatorio sul mio vero aspetto. Ma poi chi ve l'ha dato il mio indirizzo?» 

«Florian.»

Il ragazzo ebbe un attimo di esitazione, quindi scosse il capo come a scacciare un brutto pensiero e chiese ancora una volta:

«Quindi? Che vi serve? Vi conviene fare in fretta, che se dovessero arrivare quei tipi, non potrò certo farli aspettare lì fuori mentre voi cercate di mettere insieme una frase di senso compiuto.»

«Ma chi sono questi tipi di cui continui a parlare? C'entrano con il tuo lavoro? Quello per cui non potrai aiutarci con le missioni dei prossimi giorni?»

Chiese Lillian.

«Fidati, meno ne sai e meglio é.»

Replicó l'altro, liquidando la questione con una scrollata di spalle.

Il licantropo rivolse uno sguardo di sbieco all'amico.
Da un lato sperava che avesse deciso di farsi indietro, ma dall'altro era consapevole che il suo, nonostante gli innumerevoli rischi, fosse il piano migliore.

«Ti dobbiamo chiedere un favore.»

«Io non faccio favori. Non mi piacciono i debiti.»

«Infatti non ce ne saranno. L'ho chiamato favore, ma in realtá anche tu hai da guadagnarci.»

«Ovvero?»

«Prima fammi dire di cosa si tratta, così poi giudicherai tu se ti conviene o no.»

Elias inarcò un angolo delle labbra e, stravaccandosi contro lo schienale della poltrona, gli fece segno con un cenno del capo di continuare.

«Dopodomani andrai tu alla centrale idrica al posto mio.»

Disse il mezzelfo tutto d'un fiato, chinando poi il capo verso terra.

«É una richiesta di Ragnar?»

Kenneth scosse il capo.

«Dovrai fare finta di essere me.»

«E tu dove sarai?»

Il mezzelfo strinse le labbra.

«Ho capito.»

Replicó il doppelgänger, al che l'altro sollevò finalmente lo sguardo.
Non si sorprese nel vedere che Elias stava sorridendo, tuttavia non riusciva a capire cosa significasse.
Stava dalla loro parte o aveva intenzione di smascherarli davanti agli altri appena ne avesse avuto l'occasione?

«Fammi ricapitolare...» Disse il ragazzo raddrizzandosi con la schiena e posando poi gli avambracci sulle ginocchia. «Dopodomani io prendo le tue sembianze e vado in centrale-»

«O le mie sembianze!»

Esclamó d'un tratto Lillian, facendo sussultare l'amico.

«Ma che dici?»

«Puó anche prendere il mio di posto, no? Nella spedizione all'isola.»

Insistette lei.

«Spiacente, questo non é possibile.» Replicó Elias sollevando le mani e scuotendo seccamente il capo. «I miei poteri hanno dei limiti. Solo maschi.»

«E non puoi essere me, ma con...»

«Ma con un un pene?» Concluse il doppelgänger scoppiando a ridere. «No, temo proprio di no. Solo persone di sesso maschile realmente esistenti. Tanto per farti un esempio, se ora volessi farmi rosso o volessi essere più alto di cinque centimetri, non potrei farlo. Posso solo rubare l'aspetto agli altri, non modificare il mio per diventare quello che mi pare. Quindi, a meno che lì sotto tu non ci stia nascondendo qualcosa...»

Il licantropo sbuffò e scosse brevemente il capo.

«Bene.» Elias tornò a rivolgersi a Kenneth. «Quindi io vi do una mano nel vostro complotto contro i complottisti e... E poi? Tutto qui? Devo solo coprirti mentre tu vai ad Oslo a pedinare Ragnar?»

Il mezzelfo sussultò nel sentire le sue ultime parole, ma alla fine non potè fare altro che assentire.

«D'accordo... Allora fatemici pensare due minuti. Devo valutare pro e contro...» Quindi sollevò la mano sinistra a pugno davanti a sè e iniziò a sollevare le dita una ad una mente elencava i vari punti. «Da un lato rifiuto. Così non tradisco i miei compagni, rispetto gli accordi presi con i miei clienti paganti e smascherandovi entrerò anche nelle grazie di Ragnar.» Poi sollevò la destra e continuò: «Dall'altro accetto. Così disdico tutti i miei incarichi, mandando a quel paese la mia reputazione e rovinandomi la clientela per sempre e corro anche l'inutile rischio di essere beccato e punito per aver fatto il doppiogiochista insieme a voi. Serve che vi dica dove pendono i piatti della bilancia?»

«Ma non pensi a quanto sarebbe divertente? Voglio dire, andresti in missione spacciandoti per me! Pensavo di piacessero gli scherzi.»

«Non posso negarlo. Ma sicuramente non al punto da mettere in gioco il mio lavoro e il mio posto nel gruppo di Ragnar. Voglio dire, come idea in sè sarebbe anche divertente, ma alla fine che me ne frega di fare uno scherzo del genere a... Aspetta, con chi è stavi in gruppo?»

«Florian.»

«Nessun'altro? Cioè, in missione sareste dovuti essere tu e Florian e basta? Da soli?»

Il mezzelfo annuì, chinando lo sguardo e già iniziando a maledirsi per quella trovata. Alla fine aveva ragione Lillian, era riuscito solo a rovinare tutto. Era certo che Elias avrebbe abboccato e invece...

«Ma potevi dirlo subito!» Esclamò il doppelgänger battendo le mani sulle ginocchia, facendo sobbalzare i due. «Questo cambia tutto. Fare uno scherzo coi fiocchi a Florian rompendogli le scatole per tutto il corso della missione e disubbidire a Ragnar mandando all'aria la sua preziosa missione nella centrale idrica... Due piccioni con una fava. Certo che sono con voi!»

«Sul serio?» Ribattè Lillian, poco convinta da quel cambiamento improvviso. «E il tuo lavoro?»

«Oh, tanto aveva iniziato a stancarmi, uno di questi giorni mi volevo licenziare!»

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