17. Come (non) uccidere qualcuno
Un forte colpo di tosse infranse il silenzio calato sui due ragazzi dal momento del loro ingresso in soffitta.
«Salute!»
«Grazie.»
Mormorò il mezzelfo scostando la mano dalle labbra.
«È da molto che nessuno mette piede qui, vero?»
Chiese il corvino mentre si faceva spazio tra quella massa informe di scatoloni e cianfrusaglie varie che stavano sparse a terra per raggiungere la piccola finestra tondeggiante.
«Almeno un paio d'anni... Ah- Aspetta! È inutile. Quella finestra è bloccata.» Lo avvertí Kenneth non appena capí quali fossero le sue intenzioni. «Ricordo di aver provato anch'io ad aprirla l'ultima volta che sono salito, ma non c'è stato verso di-»
Una spallata e l'anta compí una rotazione di cent'ottanta gradi, appiattendosi con un tonfo contro il muro esterno della casa.
Kenneth strabuzzó gli occhi senza dire una parola. Certo che, a dispetto della sua costituzione minuta, quel ragazzo ne aveva di energie.
«Molto meglio.»
Sospirò il corvino sporgendo il capo oltre il piccolo davanzale per prendere qualche boccata d'aria, finché la caduta di una goccia d'acqua sul volto non gli fece arricciare il naso, convincendolo a ritirarsi.
«Sbrighiamoci a trovare questo acquario, prima che inizi a piovere sul serio!»
Esclamó, guardandosi intorno alla ricerca dell'oggetto in questione.
Vide il mezzelfo afferrare con convinzione i lembi di un telo bianco abbandonato su un oggetto dalla forma rettangolare e sfilarlo con un colpo secco. Stava giá avvicinandosi per congratularsi con lui, quando, nel sentire l'altro sospirare e abbassare le spalle, intuì che dopotutto non si trattava dell'acquario che stavano cercando. Avvicinandosi di un paio di passi e sporgendosi oltre la spalla del maggiore, notò con disappunto che effettivamente si trattava solo di una vecchia cassettiera.
«Non ti ricordi dove si trova?»
Il mezzelfo scosse le spalle sconsolato, andando a spostare delle alte pile di libri nella speranza di trovarlo dietro di esse. Speranza vana, purtroppo.
«No, a portarlo qui è stato mio padre... Ora che ci penso, non ho mai visto quell'acquario quelle rare volte che sono salito qui, ma pensavo che sarebbe stato facile da trovare considerando quanto sia grande. Insomma, sará alto quasi un metro e lungo almeno il doppio!»
Il corvino compì un lento giro su sè stesso, osservando con attenzione ogni dettaglio della soffitta.
Non c'era un minimo di ordine, tutte quelle cianfrusaglie erano state accatastate le une sulle altre nel corso degli ultimi vent'anni senza alcun metodo. Il tetto spiovente impediva di accedere agli scatoloni più in fondo senza doversi mettere a gattonare, ma considerando quanto fosse alto l'acquario, era impossibile che fosse nascosto lì dietro. L'unico nascondiglio possibile -per quanto non riuscisse a capire che senso potesse avere nascondere un acquario vuoto- era costituito dalla libreria alta poco più di un metro che era stata incastrata in fondo, fino a incontrarsi con il soffitto.
Senza dire nulla, si diresse in quella direzione venendo costretto, mano a mano che avanzava, ad ingobbirsi sempre di più, finché non si ritrovò a procedere sulle ginocchia.
Con un po' di fatica riuscì a scostare lo scatolone che gli impediva di guardare dietro la bassa libreria e finalmente...
«L'hai trovata?»
Chiese Kenneth, avvicinandosi finché il soffitto glielo permise.
In un primo momento Ragnar non rispose e il mezzelfo stava quasi per raggiungerlo e controllare da sè cosa avesse scoperto, quando gli giunse la sua voce, roca e atona proprio come l'aveva sentita poche ore prima, nella casa nel bosco, quando aveva sgridato i suoi compagni.
«Per quale motivo avete deciso di portare questo acquario in soffitta?»
Kenneth aggrottò la fronte, preso alla sprovvista da una domanda del genere.
«Perchè non c'erano più pesci, no?»
«E come mai non c'erano più?»
Il mezzelfo distolse lo sguardo a disagio, benchè il corvino neanche lo stesse guardando. Tutta la sua attenzione era infatti ancora catturata da qualunque cosa avesse appena trovato dietro quel mobile.
«Ecco... A dire la verità è stata colpa mia. È successo otto o sette anni fa, ora non ricordo bene... Quell'estate i miei genitori sono stati fuori casa per qualche giorno, così io e Linn ce ne siamo dovuti occupare. Lei doveva dargli da mangiare e io cambiare l'acqua ogni due giorni.»
«Te ne sei dimenticato?»
«No, assolutamente! Ma l'ultimo giorno, mentre mi avvicinavo per trasferirli in una bacinella, per poter cambiare l'acqua senza problemi... Ecco, il pavimento era bagnato e io ero scalzo, così sono scivolato e ho fatto cadere l'acquario a terra. Ovviamente non si è rotto, ma rovesciandosi ha fatto spargere per terra ogni cosa. Prima che potessi sistemare quel macello e rimettere i pesci in acqua... Era giá troppo tardi.»
«Dopo quella volta ne avete comprati altri?»
«No, abbiamo deciso di non averne più. È per questo che mio padre ha portato qui l'acquario.»
Il corvino tacque per qualche istante, come se stesse rimuginando sulle sue parole. Quindi, senza dire nulla, gli fece un cenno con il capo per dirgli di avvicinarsi. Impresa che non fu certo facile per il mezzelfo, visto il suo metro e ottanta, ma che alla fine in qualche modo riuscì a compiere.
Quando si ritrovò accucciato a terra in quello spazio angusto, spalla a spalla con il corvino, in un primo momento non riuscì a pensare ad altro che alla loro eccessiva vicinanza, ma non appena si voltò a guardare cosa ci fosse di tanto interessante dietro quella libreria, ogni altro pensiero passò in secondo piano.
«Ma cosa-?»
Mormorò strabuzzando gli occhi dall'incredulità, senza riuscire a dare un senso a ciò che aveva davanti.
«Hai qualche idea di cosa potrebbe sognificare?»
Chiese Ragnar e Kenneth scosse il capo.
Dopo una leggera esitazione iniziale, il mezzelfo picchiettò con una nocca sulla superficie dell'acquario e la carpa allarmata si ritrasse con un deciso colpo di coda, mettendo per qualche istante in agitazione anche le sue sei compagne.
«Non ha alcun senso...» Mormorò scuotendo il capo. «Perchè mio padre avrebbe dovuto comprare delle nuove carpe e nasconderle qui?»
«Qualunque sia la ragione, adesso chi glielo spiega a Moyra che dovrá restarsene in quella bacinella?»
Sbuffò il corvino, abbandonando in un moto sconsolato il capo sulla spalla del mezzelfo.
Quest'ultimo si irrigidì a quel contatto improvviso e per alcuni istanti le carpe passarono in secondo piano.
«T-troveremo una soluzione.» Biascicò, tornando a puntare lo sguardo sull'acquario solo per cercare di nascondere il proprio nervosismo. «Possiamo sempre comprarne uno nuovo, ma temo che di queste dimensioni sarebbe un po' troppo costoso... Allora magari possiamo prendere una piscina gonfiabile! Anche quella andrebbe bene, giusto?»
«Ottima idea.»
Concordò Ragnar annuendo, andando così a solleticare il collo del maggiore con i propri capelli, causandogli una nuova ondata di brividi lungo tutta la spina dorsale.
«Allora a-... Abbiamo finito qui, giusto?»
«Sì, sará meglio andare al più presto a comprare questa piscina.»
E nel dire ciò sollevò il capo e si voltò verso l'altro, pronto a gattonare fuori di lì.
Kenneth però non mosse un muscolo.
I suoi occhi erano ancora puntati sull'acquario, o per la precisione su una delle carpe. Così spalancati che sembrava gli stessero per uscire dalle orbite, neanche avesse avuto davanti un fantasma.
«Cos'hai?»
Chiese subito Ragnar, scuotendogli delicatamente il braccio.
Ma quel contatto, che normalmente avrebbe catturato la completa attenzione del mezzelfo, rendendolo incapace di dedicarsi a qualsiasi altro pensiero, in quel momento non ebbe alcun effetto su di lui, come se non se ne fosse minimamente reso conto.
«Gill.»
«Eh?»
«Quel pesce.» Mormorò il mezzelfo indicando una carpa interamente nera con uno squarcio sulla pinna destra. «È sicuramente Gill. Il colore, la ferita... Ma com'è possibile?»
«Non potrebbe essere una coincidenza?»
Ma Kenneth non lo sentì neanche. Il suo sguardo adesso stava correndo agli altri sei abitanti dell'acquario.
«E quello è Bubbles.» Aggiunse, indicando una carpa koi interamente bianca eccetto che per delle piccole chiazze rosse dalla forma perfettamente circolare. «Quella più in fondo è Deb... Accanto c'è Peach... E lì all'angolo Gurgle...»
«Un momento. Ma li hai chiamati come i pesci nell'acquario di "Alla ricerca di Nemo"?»
«E c'è anche Jaques.» Concluse Kenneth ignorando il suo intervento e indicando l'ultima carpa, la più grande dell'acquario e interamente bianca, con gli occhi iniettati di sangue. «Ma... Come può essere? Sono morti molti anni fa. Sono stato io a ucciderli. Quindi... Perchè?»
«Non potrebbe essere che tuo padre ne abbia cercate di identiche a quelle che avevate?»
«Se fosse cosí, non avrebbe senso che poi le abbia nascoste qui in soffitta.»
«Magari poi all'ultimo ha cambiato idea.»
«Sì, potrebbe... Potrebbe anche essere...»
«Comunque, stare qui a farsi queste domande non ha senso, l'unica cosa che ne ricaverai sará un bel mal di testa.» Liquidò la faccenda il corvino. «Piú tardi magari ne discuterai con tuo padre, sicuramente lui ha una spiegazione convincente, ma per ora andiamo a comprare questa piscina gonfiabile.»
Il mezzelfo annuì, ma lentamente, con lo sguardo ancora rivolto verso quelle carpe, come se dopotutto non fosse ancora pronto a gettarsi quel mistero alle spalle.
Tuttavia, che alla fine fosse riuscito a mettere da parte quel pensiero o che ce l'avesse ancora impuntato come un chiodo fisso in testa, ben presto assecondò la richiesta di Ragnar, iniziando ad allontanarsi da lì camminando prima a quattro zampe, poi incurvato e infine in posizione eretta, come se avesse ripercorso il ciclo dell'evoluzione alla massima velocità.
Mentre si apprestavano a scendere le scale, Kenneth si ritrovò a farsi da parte per far passare prima il corvino.
In origine il suo sarebbe dovuto essere un semplice gesto di cortesia, privo di alcun genere di cattive intenzioni, tuttavia mentre il mezzelfo scendeva i primi gradini, il rosso dell'aura che circondava il ragazzo di fronte a sè gli diede alla testa e nella sua mente tornarono inevitabilmente a risuonare le parole del licantropo.
In quel momento Ragnar era così rilassato e vulnerabile che sarebbe stato fin troppo semplice allungare un piede per farlo inciampare o magari dargli semplicemente una piccola spinta. Data la differenza di altezza e corporatura, per non parlare poi dell'effetto sorpresa, probabilmente non sarebbe riuscito ad opporre resistenza e sarebbe capitombolato giù per le scale.
Con un po' di fortuna, nella caduta si sarebbe spezzato l'osso del collo e sarebbe morto sul colpo, senza troppe sofferenze.
Ma era davvero quella l'unica soluzione?
Se avesse fatto una cosa del genere, questo non lo avrebbe reso tale e quale a lui?
Che diritto poteva avere di stabilire che dieci miliardi di vite avevano più valore di una sola di loro, essendo stato abituato a dare alla vita un valore inestimabile?
Teoricamente l'infinito e dieci miliardi di infiniti dovrebbero avere esattamente lo stesso valore, no?
«Tutto a posto?»
Chiese improvvisamente il corvino, mettendo a tacere quel caos che stava rapidamente affollando la mente del mezzelfo.
E con sgomento Kenneth realizzò che, nel corso delle sue elucubrazioni mentali senza capo nè coda, aveva inconsapevolmente allungando una mano verso la schiena del minore, quasi fosse stato davvero intenzionato a spingerlo giù per le scale.
Immediatamente la ritrasse, stringendosela al petto come se si fosse appena preso una scossa, ma lo spavento provato lo distrasse al punto che, nel momento in cui compiendo un passo notò di aver lasciato andare il piede nel vuoto anzichè sul gradino seguente, ormai era troppo tardi per riprendere l'equilibrio.
Per un istante, mentre chiudeva gli occhi preparandosi all'impatto, pensò di esserselo meritato. Una legge del contrappasso coi fiocchi, non c'era che dire.
Poi però la caduta si interruppe. All'improvviso, ma non bruscamente.
Kenneth riaprì timorosamente gli occhi, quasi temendo di ritrovarsi davanti il mostruoso volto per metà cadaverico e per metà sano di Hel, sovrana dell'aldilà secondo la mitologia norrena che da bambino aveva visto tante volte rappresentata sui libri di storie.
E invece il volto che si ritrovò davanti, a solo un centimetro di distanza dal proprio naso, apparteneva chiaramente a ben altri che a lei.
Non si era mai accorto della presenza di quelle pagliuzze dorate nelle sue iridi verde smeraldo, nè di quanto le sue ciglia fossero lunghe, gettandogli sottili ombre sulle gote pallide.
«Ehi, fai attenzione.»
Lo rimproverò Ragnar riscuotendolo e spingendolo per le spalle fino a fargli riottenere l'equilibrio.
Kenneth strabuzzò gli occhi, chiedendosi come avesse fatto a sostenerlo.
Ma poi, nel notare come avesse piegato il ginocchio destro e puntato il piede sinistro sul gradino più in basso per darsi la spinta necessaria, comprese. Per quanto fosse esile, i suoi riflessi non erano da sottovalutare.
Probabilmente se anche avesse avuto davvero intenzione di spingerlo giù dalle scale, non ci sarebbe riuscito. Ragnar lo avrebbe schivato in tempo e a quel punto sarebbe stato lui a capitombolare e rompersi l'osso del collo, proprio come sarebbe accaduto in quel momento se il corvino non fosse intervenuto.
«Stai bene?»
Aggiunse poi il minore, rivolgendogli uno sguardo accigliato.
E nello scorgere della sincere preoccupazione sul suo volto, Kenneth non potè che vergognarsi per aver anche solo potuto pensare di fargli qualcosa del genere.
«S-sì... Grazie... E scusami.»
Mormorò, mentre l'altro si voltava e affrettava il passo.
«Figurati.» Ribattè Ragnar. «Adesso però sbrigati, non voglio passare tutto il giorno a sbrigare le faccende di quella sirena.»
In quel momento il mezzelfo decise che non aveva alcuna importanza che quel ragazzo fosse circondato da un'aura rosso sangue e avesse in programma un genocidio di massa, non lo avrebbe mai potuto uccidere.
Nè lui, nè nessun'altro.
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