15. Come sistemare quattro intrusi
«A che ora devi aprire?»
«Adesso sono le undici e mezza, giusto? Allora tra sette ore esatte. Il fine settimana in realtà apriamo anche per il pranzo, da mezzogiorno fino alle dieci e mezza, facciamo orario continuato, ma per fortuna oggi è martedì.»
Rispose Kenneth, mentre richiudeva a chiave la porta sul retro.
Ancora non riusciva a credere di averli seriamente portati lì.
Sperava solo che la scusa di Lillian avrebbe retto in caso suo padre lo avesse scoperto.
«Carino questo posto.»
Commentò Elias, uscendo dalla cucina per affacciarsi nella sala principale.
Subito il mezzelfo infilò le chiavi in tasca e si affrettò per raggiungere gli altri, sperando solo che non combinassero casini.
Vedere quei ragazzi sparpagliati tra i tavoli del Elven Inn, un luogo a lui più familiare perfino della sua stessa casa, gli fece uno strano effetto. Era come se fino a quel momento avesse inconsciamente considerato tutta quella faccenda del complotto come qualcosa di astratto, quasi onirico, mentre ora finalmente, nel vederli immersi in un ambiente così abituale per lui, avesse realizzato quanto fosse reale ciò in cui si era invischiato.
«Stare qui mi sta facendo venire fame.»
Commentò tutto d'un tratto Florian, al che buona parte dei presenti si voltò nella sua direzione con uno sguardo che era un misto tra l'interdetto e l'allarmato.
Riconoscendo all'istante quel tipo di reazione, il vampiro ruotò gli occhi, alzando i palmi delle mani come a volerli rassicurare di non avere cattive intenzioni.
«Ve l'ho già spiegato, io non bevo sangue. Sono astemio. È solo che questa mattina non sono riuscito a fare colazione e mi sono appena ricordato di quanto fosse buono il cibo che fanno qui. Nulla di più. Tranquilli, non dovrete tirare a sorte per scegliere chi sacrificare per saziare la mia sete.»
A quella rassicurazione, che fosse solo internamente o in senso letterale, tutti i presenti meno uno sentirono l'impulso di tirare un sospiro di sollievo. Tuttavia questo sospiro non fece neanche in tempo a lasciare le loro labbra -metaforiche o reali che fossero-, che intervenne proprio l'unico dei presenti al quale quelle parole non avevano dato il minimo conforto.
«Peccato. Io mi sarei offerto volontario molto volentieri.»
Commentò, attirando su di sè sei paia di sguardi.
«Non avevo dubbi al riguardo. Ma scordati che una cosa del genere possa davvero accadere.»
Replicò Florian in uno sbuffo spazientito, come se si fosse aspettato l'arrivo di un commento del genere -non che il possedere questa consapevolezza gli avesse risparmiato il bisogno di distogliere a disagio lo sguardo da quello del doppelgänger-.
«Oh, lo credo bene.» Ribattè prontamente proprio quest'ultimo, sollevando lentamente un angolo delle labbra in un ghigno. «Dopotutto, se perdessi il controllo e mi facessi fuori -cosa altamente probabile dato che il mio sangue è sicuramente delizioso-, poi come potresti continuare a vivere senza di me?»
«Non metterla in questo modo, che così mi tenti davvero.» Sbuffò il vampiro, volgendo lo sguardo verso di lui solo per poi distoglierlo nuovamente, scuotendo il capo. «E poi sono sicuro che, considerata la tua carenza di senso del pericolo, non ci sarà bisogno del mio intervento per farti fuori.»
«Non posso negare che ci sia un fondo di verità in quello che hai detto, ammetto di trovare estremamente divertenti le situazioni potenzialmente mortali. Ma tanto lo sappiamo entrambi che se anche mi dovesse accadere qualcosa, tu mi seguiresti subito a ruota.»
«Certo, come no... Se ne sei così convinto, allora perchè non facciamo una prova?»
«Quando vuoi.»
Sorrise Elias, costringendo Florian a distogliere lo sguardo dall'imbarazzo per la terza volta.
«Coughcoughprendeteviunastanzacoughcough-»
Tossì Moyra, ma così piano che venne notata solo da Kenneth e Lillian. In particolar modo proprio da quest'ultima, essendo toccato a lei di portare la sirena in braccio fin lì, dato che usare il carrello della spesa sarebbe stato solo una complicazione, rallentandoli nella fuga.
«Bene, adesso sappiamo a chi possiamo affidare i compiti più rischiosi senza sentire rimorso.»
Commentò seccamente Ragnar, mettendo così fine al piccolo botta e risposta appena avvenuto tra i due ragazzi, ma con un fare affatto sorpreso, come se per loro situazioni del genere fossero solo normale amministrazione.
«Comunque...» Esordì Lillian non appena ebbe smesso di ridere per il commento della ceasg, dirottando rapidamente su di sè l'attenzione generale. «Da chi siamo scappati esattamente?»
«Solo da un paio di tipi della sicurezza.» Rispose Florian con una scrollata di spalle, come se non fosse nulla di che. «In effetti avevo notato già da un po' di tempo che mi tenevano d'occhio, ma non immaginavo che sarebbero arrivati a pedinarmi. Immagino che ormai non potrò più presentarmi lì...»
«Sicurezza di cosa? Presentarti dove?»
Insistette il licantropo, al che il vampiro si voltò in direzione del corvino, attendendo che, con un breve cenno del capo, gli desse il permesso di continuare.
«Al centro idrico.»
I due apprendisti complottisti non poterono che sussultare a quella rivelazione, Kenneth in particolar modo.
«E cosa ci facevi lì?»
Chiese ancora Lillian.
«Prendevo confidenza con quel tipo di ambiente.» Rispose il vampiro. «Certo, c'è il pericolo che ora aumentino un po' le misure di sicurezza, ma non mi preoccuperei troppo. Dopo aver passato lì le ultime due settimane, conosco quel posto a memoria. Non ci resta che aspettare che Vilde e Yvette abbiano finito e decidere chi mandarci al posto mio, così posso dargli tutte le indicazioni.»
«Aspetta, non capisco. Indicazioni per cosa? E cosa devono finire Vilde e Yvette?»
Florian esitò nuovamente, ma questa volta non ci fu bisogno di chiedere al corvino il permesso di continuare.
«Un veleno.» Rispose Kenneth di getto, quasi senza pensarci. «Vogliono avvelenare la rete idrica della città.»
Ragnar sorrise e, di fronte allo sguardo interrogativo della mora, annuì leggermente con il capo.
«Esatto. Il piano è questo.» Aggiunse. «Solo che non si tratta semplicemente della rete idrica di Bergen. Ho contatti in tutta la Scandinavia e anche in Gran Bretagna. Non appena il veleno sarà pronto, ne manderò la quantità necessaria a ognuno di loro e potremo iniziare.»
«Iniziare?» Replicò il licantropo, sorridendo nervosamente. «Perché, c'è di più?»
«Certo.» Rispose Ragnar, stendendo le labbra nel sorriso sicuro e rilassato di chi sa di avere il pieno controllo della situazione. «Questo è solo l'inizio. Considerala come la spintarella necessaria a buttare giù la prima di una lunga serie di tessere del domino.»
E la ragazza stava per chiedere spiegazioni ancora una volta, quando si sentirono dei colpi provenire dalla cucina, come se qualcuno stesse bussando alla porta sul retro.
«Saranno Yvette e Vilde. Hanno fatto in fretta.»
Commentò Ragnar, mentre Kenneth si affrettava per andare ad aprire.
Mentre girava la chiave nella toppa -con i colpi che si facevano sempre più insistenti- si ritrovò ad esitare per un istante.
Di che colore sarebbero state le loro aure adesso?
Il fatto che ci avevano messo così poco significava forse che dopotutto avevano deciso di ritirarsi anzichè sistemare quegli intrusi?
Da un lato ci sperava, tuttavia ricordava perfettamente in che stato fosse la fata nel momento in cui era uscita di casa. Sicuramente non era in vena di mettersi a giocare ad acchiapparello con loro per allontanarli dalla base e poi darsi alla fuga.
Non appena la porta venne sbloccata, venne spalancata di colpo dalle due, con così tanta forza che quasi fecero cadere a terra il mezzelfo dalla sorpresa.
Kenneth si aspettava di vederle tristi, arrabbiate o forse semplicemente stanche e irritate, invece, contro ogni previsione, le vide entrare nella cucina ridendo. Così sguaiatamente da fare fatica a respirare.
In un primo momento si preoccupò, temendo che il loro fosse un attacco isterico -dopo ciò che gli aveva raccontato Ragnar sulla loro situazione, si aspettava di tutto-, ma ben presto dovette ricredersi.
«Cos'avete da ridere?»
Chiese Elias affacciandosi in cucina, subito seguito dagli altri.
«Le loro facce! Oddio, hai visto le loro facce?»
Stava dicendo però la fata tra le risa, asciugandosi una lacrima.
«Come potrei non averle viste?» Replicò la strega, mettendosi una mano all'altezza della milza, che tra la corsa e le risate stava iniziando a farle davvero male. «Non me le dimenticherò mai!»
E di nuovo giù a ridere.
La prima a interrompersi fu Vilde, la quale, nel notare quel manipolo di curiosi riunitosi tutto intorno a loro, arrossì dall'imbarazzo fino alla punta delle orecchie.
«Cos'è successo?» Chiese Ragnar. «Li avete sistemati, vero? Non corriamo il rischio che siano ancora sulle nostre tracce, giusto?»
La bionda stava per rispondere, ma l'altra la precedette.
«Oh, tranquillo, avranno ben altro a cui pensare ancora per un bel po' di tempo.»
Quindi rivolse uno sguardo fugace in direzione della strega, la quale nel ricambiarlo non potè che scoppiare nuovamente a ridere.
«Insomma!» Esclamò all'improvviso il doppelgänger. «Si può sapere cos'è successo in quel bosco?»
«Fidati. Meno sai e meglio è.»
Sentenziò Yvette in un tono di voce che si era fatto improvvisamente grave.
E Vilde stava per scoppiare ancora una volta nell'ennessima risata, quando, facendo appello a tutto l'autocontrollo di cui era in possesso, si impose di darsi una calmata e riuscì a mettere insieme un discorso di senso compiuto.
«Praticamente li abbiamo trovati che stavano a circa venti metri da casa e si stavano dirigendo proprio in quella direzione. Avete visto com'era arrabbiata Yvette quando siamo uscire per sistemarli, no? Ebbene, il piano era semplicemente quello di fare in modo che lei li toccasse, così da attaccargli qualcosa che li stendesse per un po'. A dirla tutta, considerando quanto fosse fuori di sè, temevo che li avrebbe proprio uccisi, ma ad ogni modo... Noi due ci pariamo di fronte a questi quattro colossi. Due licantropi, un elfo e un essere umano, che però sembrava il più minaccioso di tutti. Quando ci vedono all'inizio sembra che stiano per scoppiare a ridere, ma poi quando vedono le sue ali e capiscono che è una fata, si bloccano e iniziano a indietreggiare. Yvette spicca il volo e in fretta li tocca tutti e quattro sul volto. Quelli impallidiscono, della serie che si stavano frugando nelle tasche alla ricerca di carta e penna per scrivere il testamento. Poi però l'umano si blocca, gonfia le guance come se stesse per vomitare, ma non lo fa. La sua faccia diventa verde e lui si regge la pancia, che intanto ha iniziato a gorgogliare. Intanto, uno ad uno, anche gli altri tre iniziano a presentare gli stessi sintomi. Non appena capiscono cosa stia succedendo, si voltano e scappano via senza mai guardarsi indietro, veloci come la luce. Oddio, pagherei oro per rivedere quella scena... Quattro uomini della sicurezza grandi e grossi messi fuori gioco dal cagotto!»
E qui non resistette più, scoppiando in una risata ancora più fragorosa delle precedenti, subito seguita a ruota dalla fata.
«Beh, immagino che anche così vada bene. Dubito che li rivedremo tanto presto.»
Sorrise il corvino, per poi fare segno alle due, ma anche a tutti gli altri presenti, di tornare nella sala principale.
Una volta lì, non appena si furono accomodati tutti intorno a uno dei tavoli più grandi, iniziò la tanto attesa riunione strategica.
«A che punto siete con il veleno?»
Fu la prima domanda posta da Ragnar.
«Quasi ultimato.» Annuì la strega, per poi rivolgere un'occhiata di sbieco in direzione della fata. «Un altro giorno senza i suoi farmaci e con un solo tocco potrà completarla. A quel punto ci vorrà solo un'altra mezza giornata per produrne la quantità necessaria.»
«Perfetto. Allora Florian, sai cosa significa, giusto? Hai due giorni esatti per dare a Kenneth tutte le informazioni necessarie.»
«Come!?»
Esclamò contemporaneamente buona parte dei presenti -anche se tra tutte, fu la voce del mezzelfo a spiccare-, voltandosi allibiti verso il corvino.
«Sì, è così.» Rispose il ragazzo con un'alzata di spalle, infastidito da quell'inutile trambusto. «Sarà compito di Kenneth infiltrarsi nel centro idrico e diffondere il veleno. Florian lo seguirà per assisterlo e intervenire in caso di bisogno, ma sottoforma di pipistrello, così da non farsi riconoscere. Obiezioni?»
Il mezzelfo stava per rispondere a quell'appello, deciso a rifiutare l'incarico, ma prima che potesse aprire bocca, la mano di Lillian gli artigliò il polso, intimandogli di non fare scemenze.
«Bene.» Annuì Ragnar, non sentendo repliche. «Invece... Svein, come procedono le ricerche di Lyngvi?»
«Non molto bene, temo.» Rispose il satiro, battendo nervosamente lo zoccolo a terra. «Quell'isola non è presente su nessun atlante, nè cartaceo, nè digitale. Anche su internet, se ne parla solo in maniera molto vaga, senza alcun accenno a quale potrebbe essere la sua posizione effettiva. Ho provato anche a chiedere in giro, ma tutti sembrano considerarla una semplice leggenda. Nessuno sa dove-»
«Io la conosco.»
Rispose Moyra, attirando subito su di sè lo sguardo di tutti i presenti.
«Sai dove si trova?»
Le chiese il corvino.
«Certo che lo so. Ma me ne sono sempre tenuta alla larga. Non è un bel posto, proprio per niente. Girano solo stramboidi da quelle parti.»
Ragnar rimase in silenzio per qualche istante, tenendo lo sguardo perso nel vuoto con fare meditabondo. Quindi, quasi sovrappensiero, decise:
«Moyra, Svein e Lillian. Voglio che andiate a fare un sopralluogo in quell'isola. Svein vi spiegherà cosa dovete fare.»
«Ma non possiamo farcela da soli!»
Esclamò subito il satiro, fattosi tutto un fremito per la paura.
«Lo so bene, infatti non dovete fare nulla di concreto. Un sopralluogo, ho detto. Andate lì, vi assicurate che ci sia ciò di cui abbiamo bisogno e, senza toccare nulla, tornate indietro. Ad ogni modo, anche volendo non è che potreste fare granchè. Non avevi detto che c'era bisogno del potere di un elfo oscuro? Prima di passare all'azione, io ed Elias dovremo passare nel loro regno per reclutarne uno.»
«Oh, se è di un elfo oscuro che avete bisogno, allora non serve andare così lontani!»
Esclamò tutto d'un tratto una voce femminile.
Kenneth fece appena in tempo a riconoscerla, che una ragazza dalla pelle d'ebano e i capelli d'argento si materializzò davanti a tutti loro, seduta a gambe incrociate al centro del tavolo a cui erano riuniti.
«Linn!»
Esclamò il mezzelfo alla vista della sorella.
«Lo so, ti avevo promesso che l'avrei smessa di diventare invisibile per farmi i fatti tuoi, ma ultimamente eri così strano che non ho potuto farne a meno. Lo sai, Ken, sei davvero fortunato che io non mi diverta più a fare la spia da almeno dieci anni.» Disse lei, sorridendo divertita alla vista della sua espressione incredula. «Perché altrimenti non oso neanche immaginare come reagirebbe la mamma. Dico sul serio, quando ho iniziato a pedinarti, immaginavo di beccarti in qualcosa di molto più tranquillo e banale, tipo una relazione segreta o qualche hobby strano e particolarmente imbarazzante. E invece... La distruzione dell'umanità? Sul serio? Da quand'è che il mio fratellone è diventato così interessante?»
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