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14. Come (non) andare tutti d'accordo

«Ehi, guarda un po' chi c'è.»

Commentò seccamente Tove nel momento in cui la porta si aprì, rivelando l'arrivo di Svein.

Il satiro, che fino a quel momento non doveva aver ancora realizzato per bene cosa Ragnar l'avesse convinto a fare, assottigliò istintivamente le folte sopracciglia bionde nel sentire il tono di sufficienza con il quale la troll lo aveva accolto in soggiorno.

«Cosa succede? Devo tornare di là?»

Gli chiese invece Lillian, girandosi nella sua direzione con una rotazione del busto e posando l'avambraccio sopra lo schienale del divano su cui era stravaccata insieme all'altra.

«Non ancora. Ragnar ha deciso di ritardare l'assegnazione dei compiti a quando arriverà Florian. Comunque è solo questione di minuti, Elias è appena uscito per andarlo a prendere.»

«Quindi cosa ci fai qui?»

Gli chiese Tove a bruciapelo, senza neanche voltarsi nella sua direzione.

«Mi assicuro che tu non faccia nulla di strano.»

«Strano?»

Replicò lei in un tono che poteva voler dire al tempo stesso "allora mi sa che sei arrivato troppo tardi" e "guarda che in questa stanza l'unica cosa ad essere strana sei tu".

«Potete abbassare un po' il volume?»

Chiese il satiro cambiando repentinamente argomento.
Infatti, se già dalla cucina era possibile sentire alla perfezione ciò che si stava dicendo in TV, ora che si trovava in salone era a dir poco insopportabile.

«A me piace così.» Ribattè Tove con un'alzata di spalle. «Ma se a te da fastidio, puoi anche uscire. Nessuno proverà a trattenerti.»

Le gote di Svein si tinsero di rosso dalla rabbia e lui era sul punto di risponderle per le rime -dando sicuramente inizio ad una litigata coi controfiocchi-, quando il volume si abbassò, andando tutto in una volta dal 90 al 35 per cento.

«Anche a me iniziava a dare fastidio.» Spiegò Lillian mentre rimetteva il telecomando al suo posto, incassando la testa tra le spalle nel vedersi puntare contro quelle due paia di sguardi sconcertati. «Dopotutto, essendo un licantropo, ho le orecchie molto sensibili, sapete? E poi gli scleri di questo chef mi stavano facendo venire il nervoso e... Oh, ma insomma! Smettetela di fare quelle facce da pesci lessi, che semmai dovrei essere io a guardarvi così. Siete così infantili che mi ricordate i miei cuginetti e sapete quanti anni hanno loro? Vi do un indizio: si tratta di un numero a una sola cifra.»

I due incassarono il colpo in silenzio e subito distolsero lo sguardo imbarazzati, punti sul vivo.
Svein in particolar modo sembrava aver preso molto sul serio il rimprovero della ragazza, chinando leggermente il capo, come intento a riflettere su quanto appena accaduto.

Il licantropo ormai, notando quanto se la fossero presa, stava per scusarsi e dire che forse aveva un po' esagerato, quando d'un tratto Tove sollevò lo sguardo verso di lei e, in tono mortalmente serio, disse:

«Otto?»

«Sette, il più grande. Gli altri due ne hanno sei e quattro.»

Rispose Lillian, per poi, nel sentire l'altra uscirsene con un "dannazione, c'ero quasi!", sospirare sconsolata. Solo poco dopo, però, ripensandoci non riuscì a trattenere un breve risolino e con la coda dell'occhio notò che anche Svein per un istante si era lasciato sfuggire un piccolo sorriso divertito. Probabilmente il primo che gli vedeva fare da quando lo conosceva.

«Ad ogni modo...» Riprese il licantropo, rivolgendosi al satiro. «Se proprio devi rimanere qui a tenerci d'occhio, non rimanere lì in piedi alle nostre spalle, che mi metti ansia. Siediti qui.» Aggiunse, picchiettando con la mano accanto a sè.

Per un istante il ragazzo fu titubante. Un po' anche perché sorpreso dalla facilità con la quale la novellina si era ambientata in quella casa, tanto da dare quasi l'idea che vivesse lì da sempre.
Poi però, convinto dal suo sguardo insistente, si arrese e andò a sedersi sul divano accanto a lei, chiaramente dal lato del bracciolo e non al centro, tra lei e la troll.

«Senti.» Esordì Lillian pochi minuti dopo, distogliendo l'attenzione del satiro dal programma. «Tu per quale motivo sei qui? Cioè, perché vuoi distruggere l'umanità? Io ho raccontato la mia storia poco fa e mi sembra di aver capito che anche tu hai dovuto dire la tua quando ti sei unito al gruppo, quindi immagino che non sia un segreto.»

«No, infatti non lo è.» Rispose Svein distrattamente, osservando la ragazza solo con la coda dell'occhio, fingendo di continuare a seguire ciò che stava accadendo in televisione. «Ma preferirei non parlarne. Quando sono arrivato ho dovuto farlo per forza, altrimenti non mi avrebbero fatto entrare, ma adesso non ce n'è motivo. È una faccenda dolorosa e molto complicata. Quindi mi dispiace, ma...»

«Perchè è solo come un cane.» Rispose di getto Tove, facendo trasalire il satiro e aggrottare la fronte al licantropo. «Che c'è? Ti eri dimenticato che c'ero anch'io quando sei arrivato qui la prima volta? Vedi, Lillian, il fatto è che a diciannove anni questo soggetto ancora non ha uno straccio di vita sociale, esclusa sua madre che però non se lo fila perchè è troppo presa dal suo nuovo compagno. E così, anzichè provare a correggere il suo carattere di merda o cercarsi uno psicologo di quelli bravi, ha pensato bene di eliminare il problema alla radice.»

«Non è così che stanno le cose! Non rigirartela come ti pare e piace.» La contraddisse il diretto interessato, mente il volto tornava a tingersi di porpora dalla rabbia e dall'imbarazzo. «È vero, non ho amici e mia madre non è mai in casa. E allora? Non è un problema per me. Non lo è mai stato. È per farla pagare ai bulli che lo sto facendo. A loro e a tutti quelli che sapevano e non hanno mai mosso un dito!»

«Sai, questo motivo è ancora peggiore di quello che ho detto io.» Replicò la troll senza scomporsi. «Uccidere miliardi di persone solo perchè ce l'hai con qualche decina? Sul serio?»

«A giustificare la morte delle persone restanti ci pensano le motivazioni degli altri.»

Replicò il satiro con una scrollata di spalle.
Proprio in quel momento si udì il suono del campanello, così si alzò in fretta dal divano e, rivolto un breve sguardo al volto stupefatto del licantropo, chinò bruscamente il capo e uscì dal soggiorno di filato.

«Quello sta fuori.» Borbottò Tove non appena se ne fu andato. «Tu non credi?»

«Indubbiamente.» Rispose Lillian con una piccola alzata di spalle. «Ma bisogna anche considerare tutto quello che ci ha detto. Sfido chiunque a rimanere sani e razionali in condizioni del genere... Ad ogni modo, fuori di testa o no, non potete continuare a scannarvi tutte le volte che vi vedete.» Sentenziò, alzandosi dal divano per andare a conoscere il nuovo arrivato. «Anche se tu non fai parte del gruppo, comunque per un motivo o per un altro passi diverso tempo qui. Non dico che dovete diventare amici, ma almeno puoi sforzarti un po' di non attaccarci briga, dopotutto sei tu l'adulta qui, no?»

«Ho solo venticinque anni.»

Bofonchiò la troll.

«Appunto.» Annuì il licantropo, già con la mano sulla maniglia. «Siamo in dieci qui dentro, è chiaro che non possiamo andarci tutti a genio. Ma che ci stiamo simpatici o no, almeno dovremmo sforzarci di andare d'accordo, non credi? Considerala come una tregua temporanea.»

E dicendo ciò, Lillian aprì la porta del soggiorno, ritrovandosi così faccia a faccia con il nuovo arrivato, che in quel momento stava percorrendo il corridoio per raggiungere la cucina.

La ragazza osservò in silenzio quel ragazzo dalla pelle diafana, i sottili capelli castani tendenti al rosso e gli occhi cremisi. Lui fece lo stesso, così i due iniziarono a guardarsi senza dire una parola, in un primo momento con circospezione, studiandosi a vicenda cercando di capire dove si fossero già incontrati. Ben presto però la perplessità si tramutò in sconcerto ed entrambi spiccarono un balzo all'indietro, come se si fossero presi una scossa.

«Tu!» Esclamò il licantropo digrignando i denti. «Cosa ci fai qui!?»

«Questo semmai dovrei chiedertelo io!» Replicò il vampiro. «Come hai fatto a entrare? Non mi pare che la porta d'ingresso abbia uno sportello per i cani.»

«E tu allora? Mi piacerebbe proprio sapere chi è l'idiota che ti ha invitato ad entrare!»

Alle sue spalle Tove -affacciatasi in corridoio a causa di tutto quel trambusto- borbottò tra sè e sè: "dovremmo sforzarci di andare d'accordo, eh?", ma la rabbia e il disgusto che Lillian provava per l'essere di fronte a sè, l'avevano resa cieca e sorda a tutto ciò che le stava intorno, facendole ignorare completamente il commento della troll.

Lei e il vampiro sicuramente sarebbero ben presto passati alle mani -o meglio, ai canini-, se non fosse stato per l'arrivo di Ragnar.

«Cosa sta succedendo?»

Chiese il corvino affrettandosi giù per le scale.

«Perchè lei è qui?!»

«Perché lui è qui!?»

Chiesero i due contemporaneamente, voltandosi di scatto verso il ragazzo.

Ragnar, di fronte all'assurdità di quella situazione, non potè fare a meno di scuotere il capo sconsolato, avvicinandosi a loro mentre borbottava tra sè e sè:

«Sto iniziando a chiedermelo anch'io...» Quindi sollevò lo sguardo verso la persona che si trovava alle spalle del vampiro. «Tu ovviamente eri pronto a intervenire, vero?»

«Come no!» Rispose Elias sorridendo. «Stavo giusto per separarli.»

A quel punto si sentirono nuovamente dei passi per le scale e ben presto Kenneth fece la sua comparsa. In un primo momento osservò la scena perplesso, chiedendosi il perchè di quell'atmosfera così tesa. Poi però, nel momento stesso in cui vide l'amica e il vampiro l'una di fronte all'altro, capì.

«Non mi dire che è lui...»

Mormorò, sgranando gli occhi quando Lillian annuì gravemente con il capo.
Certo che era proprio piccolo il mondo.

«Di che parlate?» Si intromise Ragnar. «Conoscevate già Florian?»

«Non esattamente...» Rispose il mezzelfo. «Si sono visti solo una volta all'Elven Inn qualche anno fa, tra l'altro quello è stato quello il modo in cui ho conosciuto Lillian. Non penso si conoscessero già, semplicemente si erano seduti entrambi al bancone e parlando hanno iniziato a litigare per una stupidaggine, poi presto la situazione è degenerata, al punto che quasi mi hanno distrutto il locale. Si sono fermati solo grazie all'intervento degli altri clienti.»

«Esagerato.» Sbuffò il licantropo alzando lo sguardo al cielo. «Sì, stavamo facendo un po' di macello, lo ammetto, ma che ti stessimo distruggendo il locale...»

«Esagerazione o meno, non si ripeterà la stessa cosa in questa casa, chiaro?» Stabilì Ragnar in tono perentorio, rivolgendo ad entrambi uno sguardo severo, che non ammetteva repliche. «Già stavo iniziando a perdere la pazienza con loro...» Proseguì, guardando prima Tove e poi Svein. «Se adesso vi ci mettete anche voi, giuro che vi caccio tutti e formo una nuova squadra. Anzi, farò tutto per conto mio. Ma chi me l'ha fatto fare di andare in giro a reclutare gente a caso?»

E mentre continuava a maledire il sè stesso del passato, si incamminò verso la sala da pranzo, facendo segno a Florian di seguirlo.

In un primo momento Kenneth quasi temette che lo volesse punire o perlomeno sgridare ulteriormente per aver fatto tanta confusione, poi però ricordò che il motivo per cui il vampiro si era presentato così tardi, era il fatto che fosse in missione.
A fare cosa era un mistero, ma sicuramente era di questo che Ragnar voleva parlare con lui: se fosse riuscito o meno a svolgere il suo incarico.
Tuttavia, i due non riuscirono a entrare in cucina, perchè a solo un passo dalla soglia, Elias chiese:

«Ehi, Florian. Sbaglio o dovevamo dire qualcosa a tutti quanti non appena fossimo arrivati?»

Il moro ebbe un attimo di esitazione, ma poi, capendo improvvisamente a cosa si stesse riferendo, sussultò, iniziando poi a far saettare lo sguardo tra tutti i presenti, improvvisamente colto da una forte agitazione.

«Dannazione, vedere quella lì me l'ha fatto passare di mente.» Sbuffò, rivolgendo un'occhiataccia prima al licantropo e poi anche al doppelgänger. «È perchè non l'hai detto direttamente tu?»

«Non volevo interrompere il vostro battibecco, no? Era davvero divertente, mi ha riportato alla mente simpatici ricordi dell'asilo.»

Rispose Elias, mentre Florian fremeva dall'irritazione.

«Insomma.» Si intromise Ragnar. «Si può sapere cosa dovevate dirci di tanto urgente?»

«Dei tizi mi hanno seguito.»

Sputò fuori il vampiro tutto in una volta.

«Cosa? Ma se hai avuto anche il tempo di chiamarci dalla stazione della funicolare!»

«Perché ancora non me n'ero accorto, lì c'è sempre talmente tanta gente! Li abbiamo notati mentre ci inoltravamo nel bosco. Siamo riusciti a seminarli, ma di certo sono ancora nei paraggi e sono quasi certo che uno di loro sia un licantropo, quindi l'incantestimo d'invisibilità fatto su questa casa non avrà alcun effetto su di lui dato che è in grado di sentire il nostro odore.»

A questa rivelazione seguirono cinque secondi esatti di silenzio più assoluto, durante i quali nelle loro menti i presenti dovevano aver escogitato almeno trenta modi diversi per farla pagare a Florian ed Elias per aver aspettato tutto quel tempo per avvisarli. Dallo sguardo sconfortato che Kenneth vide sul volto di Ragnar, intuì che lui invece dovesse essere arrivato almeno a cinquanta.

«Cosa facciamo?» Chiese Svein. «Come ce ne andiamo da qui? E poi dove ci nasconderemo?»

«In quanto a dove nasconderci, possiamo andare al Elven Inn.» Propose Lillian. «Tanto a quest'ora è chiuso.»

«Aspetta, non possiamo!» Ribattè subito Kenneth. «Cosa gli dico a mio padre se passa e li vede?»

«Posso dirgli che sono miei compagni di scuola e che ci stiamo organizzando insieme per il Russ.» Fu la risposta pronta del licantropo. «Farà finta di essere arrabbiato giusto per cinque minuti, lamentandosi di non essere stato avvertito e del fatto che non possiamo abusare in quel modo del suo locale. Poi ci dirà di divertirci e andrà via, perchè infondo lo sappiamo tutti quanto lui speri che tu prima o poi ti faccia una vita sociale.»

La ragazza prese il silenzio sbigottito dell'amico come un segno di resa, così si voltò soddisfatta verso gli altri, alzando il pollice per comunicare loro che almeno uno dei loro problemi era risolto.

«Va bene, sappiamo dove nasconderci, ma come ci arriviamo lì senza farci notare?»

Chiese ancora il satiro.

«Ci penso io.»

Disse una voce in fondo al corridoio, attirando subito su di sè lo sguardo di tutti i presenti.

Il mezzelfo, come anche la maggior parte degli altri, sentì un brivido percorrergli la spina dorsale alla vista di quegli occhi vermigli, dai quali scaturiva uno sguardo così intenso e saettante da ricordare degli scoppiettanti carboni ardenti.
Non avevano più nulla in comune con quegli occhi spenti, opachi, quasi privi di vita, che il mezzelfo aveva visto il mattino prima al momento del suo risveglio in quella casa.

La fata si incamminò nella loro direzione con passi rapidi e decisi, rivelando presto la presenza alle sue spalle di due grandi ali da libellula.

«Nessuno entra nel mio bosco senza permesso e ne esce vivo.»

Sentenziò Yvette, in un tono di voce talmente grave che gli stessi ragazzi per un istante si ritrovarono a temere per la propria incolumità.

Tutta la serietà del momento, però, venne inevitabilmente infranta  non appena Vilde, scendendo di corsa le scale, esclamò all'altra:

«Ehi! Non erano questi i patti!»

La fata ruotò gli occhi, voltandosi verso la bionda con uno sbuffo, incrociando le braccia al petto.

«Almeno posso divertirmi un po' mentre faccio da diversivo?»

«Nei limiti del legale.»

«Non c'è nulla di legale in ciò che stiamo facendo.»

«Allora diciamo che basta che tu non diventi un'assassina. Considerando quello che vogliamo fare, mi sembra proprio da stupidi finire in carcere per l'omicidio di due seccatori.»

«E va bene. Dopotutto, anche se voi potreste avere da ridire al riguardo, in fondo sono una persona molto gentile.» Acconsentì la fata, dirigendosi verso l'uscita mentre un angolo delle labbra le si incurvava verso l'alto. «Così gentile che, nonostante la mia promessa, sinceramente non so se avrò il cuore di rifiutare quando mi imploreranno di ucciderli.»

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