12. Come firmare una petizione di autodostruzione
«Ma come, avete già finito di complottare?»
Domandò la troll senza neanche voltarsi in direzione della porta e immergergendo invece la mano nel sacchetto di patatine, continuando a guardare la tv come se nulla fosse.
«Abbiamo appena iniziato, semmai!»
Ribattè prontamente il licantropo, con la stessa allegria con la quale una bambina al parcogiochi avrebbe potuto comunicare alla madre di aver fatto amicizia con tanti nuovi bambini e di non vedere l'ora di tornare lì per giocare nuovamente con loro.
«E fu così che il mondo perse un'altra giovane e promettente mente...»
Sospirò Tove, sollevando la bottiglia di coca-cola al cielo in un gesto solenne per poi portarsela alle labbra e scolarsi tutto d'un fiato quanto ne era rimasto.
«Se sei così contraria a tutta questa storia, perchè non fai qualcosa?»
Le chiese Lillian, andandosi a sedere accanto a lei sul divano e immergendo la mano nella busta alla ricerca delle patatine rimaste.
«Ma li hai visti?» Replicò la corvina in uno sbuffo, rivolgendo all'altra una rapida occhiata di disappunto per come si fosse messa a favorire senza neanche chiederle il permesso. «Con le mie sole forze non potrei fare nulla per fermarli. E di certo, senza neanche avere un piano in mente, non sono così stupida da mettermi contro quella banda di pazzi... Senza offesa. Anzi no. Offenditi pure, magari così rinsavirai un po'.»
Il licantropo ridacchiò nel vedere il broncio in cui si erano strette le labbra della troll dopo aver pronunciato quelle ultime parole.
Tove continuava a tenere lo sguardo puntato sullo schermo, dove stavano trasmettendo un programma di cucina. Cercava di dare l'impressione che non le importasse più di tanto ciò che si stava architettando all'interno di quella casa; che la fine dell'umanità non fosse qualcosa che la riguardava; che se anche la morte in persona le fosse comparsa davanti e avesse provato ad ucciderla con la sua falce, questa si sarebbe ridotta in mille pezzi al contatto con la sua pelle dura come la pietra; che le uniche cose importanti per lei fossero il divano su cui stava seduta, la busta di patatine in cui di tanto in tanto immergeva la mano e la pietanza di cui lo chef di turno stava spiegando la preparazione.
Eppure c'era quel piccolo broncio a tradirla. Il broncio e il suo sguardo distratto, che per quanto provasse a tenere fermo sullo schermo, continuava inevitabilmente a spostarsi, mettendosi in un primo momento a seguire il contorno del televisore, per poi spostarsi sui pomelli del mobile su cui era posato e infine mettendosi addirittura a studiare uno ad uno tutti i ricami della carta da parati della parete che stava dietro di questo.
Lillian allungò lentamente la mano verso il telecomando e, tacchetta dopo tacchetta, alzò il volume fino a farlo arrivare al limite della sopportazione.
«Lo sapevi che vogliono attirare il Draugen?»
Chiese a bruciapelo. Abbastanza forte perchè Tove la sentisse nonostante il volume fosse così alto, ma al tempo stesso abbastanza piano perchè un'ascoltatore esterno sentisse solo la voce del cuoco.
La troll ebbe un sussulto, come se le avessero appena tirato un pugno dritto sullo stomaco, e subito si voltò verso il licantropo.
Nel suo sguardo non c'era più neanche la minima traccia di tutta l'indiffererenza che stava provando ad ostentare solo pochi istanti prima.
«Curiosa questa reazione.» Commentò Lillian. «Di là sono tutti convinti che sia una follia, eppure tu sembri davvero temere che possa accadere sul serio.»
«Quel sociopatico sarebbe capace di tutto.» Sputò fuori la troll, indurendo lo sguardo e distogliendolo da quello dell'altra. «Gliel'avevo detto a Vilde di cacciarlo via, che un soggetto simile avrebbe portato solo guai. Invece quella bonacciona ci è cascata con tutte le scarpe.»
«Ho sentito che Ragnar vive con loro da due anni.» Chiese Lillian. «È da allora che questa storia va avanti?»
«Come? No, proprio per niente.» Disse scuotendo mestamente il capo. «Certo, è sempre stato un tipo... Particolare, diciamo. Fin dal suo arrivo. Ma questa idea strampalata risalirà a... Non saprei... Forse tre? Quattro settimane fa?»
«Così poco?!» Esclamò il licantropo, strabuzzando gli occhi dalla sorpresa. «È incredibile che in così poco tempo abbia già ideato un piano e riunito ben sette persone.»
«Sette?»
«Ehm... Sì. Ci siamo io, Kenneth, Vilde, Yvette, Elias, Svein e adesso anche Moyra, la sirena arrivata poco fa.»
«Oh, magari foste solo voi.» Sospirò la troll, continuando a scuotere il capo. «Intanto ti sei persa una persona di questi appartenenti al... Come posso chiamarlo?... Gruppo principale? Centro di operazioni? Vabbè, di quelli che circolano in questa casa, insomma. Se non l'hai ancora incontrato, sarà perchè l'hanno mandato a compiere qualche incarico.»
«Sette... Otto... Che cambia? Parliamo di una sola persona di differenza.»
Replicò il licantropo con un'alzata di spalle, non capendo il perchè di quella reazione.
«Sì, una sola persona... Per quanto riguarda noi a Bergen. Hai idea di quanti ce ne siano nel resto del mondo a seguire le sue direttive?»
«Ehm... Nove?»
Tove alzò lo sguardo al cielo.
«Dieci...»
«Tutto qui? Certo che quando ti ci metti sei proprio melodrammati-»
«Mila.»
«Eh?»
«Dieci mila. Questo è il numero dei collaboratori di Ragnar sparsi per il mondo. O almeno era questo una settimana fa, adesso non so a quanto siano arrivati. Ma non mi sorprenderebbe se nel frattempo il numero si fosse come minimo duplicato.»
«E come cappero ha fatto a radunare tutta questa gente!? Eppure non è mai uscito dalla Norvegia, giusto? Anche quella sirena... Mi hanno detto che non è dovuto andare fino in Scozia per recuperarla, ma solo in una città a cinque ore da qui in treno. Quindi come può avere sostenitori sparsi in tutto il mondo?»
«Facile.» Rispose Tove stringendosi nelle spalle. «Prendi il tuo cellulare e cerca, testuali parole: "petition to destroy humanity". Per votare c'è bisogno di farsi un'account, in cui è richiesto l'indirizzo email. Tutti quelli che votano, vengono contattati da Ragnar nel giro di mezz'ora. Molti non hanno risposto al suo invito, probabilmente hanno partecipato tanto per, pensando che fosse solo uno scherzo, tanto la petizione quanto l'invito di Ragnar. Ma forse ti sorprenderà sapere che invece la maggioranza, diciamo l'ottante per cento dei votanti, ha risposto subito all'appello. È davvero impressionante quanto noi esseri umani, pur essendo la "specie dominante", siamo portati all'autodistruzione, non trovi?»
~
«Quelle due si sono messe a fare a gara a chi si spacca i timpani per prima, per caso?»
Chiese il satiro, rivolgendo un'occhiata perplessa in direzione della porta del salone. Infatti, pur trovandosi ancora in cucina, riuscivano a sentire perfettamente tutto ciò che stava dicendo lo chef in televisione.
«Probabilmente ha alzato Tove per non farci sentire mentre prova a farle un lavaggio del cervello.»
Sbuffò Yvette, mentre si alzava da tavola per mettere la tazza nella lavastoviglie.
«Dove vai?»
Le chiese Vilde non appena la vide dirigersi verso l'uscita.
«In camera.» Rispose posando una mano sullo stipite e ruotando leggermente il capo verso l'altra, allineandolo quasi con la spalla. «Tanto qui non c'è più nulla da fare, giusto? Le reclute sono arrivate, la sirena pure e il desiderio è stato sprecato... Credo non manchi nulla.»
Detto ciò la fata uscì, percorrendo il corridoio con un passo talmente leggero da essere a malapena udibile.
La strega esitò un istante, come indecisa sul da farsi. Rivolse uno sguardo corrucciato in direzione dei tre, in particolare di Kenneth, come combattuta tra il rimanere in cucina per assicurarsi che non combinassero casini e il correre all'inseguimento dell'altra.
Al termine di un calcolo mentale durato circa cinque secondi volto a valutare e confrontare tra di loro tutte le possibili conseguenze che sarebbero potute derivare da quelle due possibili scelte, Vilde rivolse al doppelgänger un rapido sguardo da "azzardati a fare qualcosa e la prossima volta che ti serve te li cambio io i connotati" e poi corse via per raggiungere l'altra.
«Credo che mi abbia appena minacciato di morte.»
Commentò Elias, ma non sembrava esserne particolarmente sconvolto.
«Ma cos'è successo?»
Chiese il mezzelfo, non capendo perchè Vilde fosse così agitata.
«Tu non ne sai proprio nulla?»
Replicò il biondo, rivolgendogli un'occhiata di sbieco mentre era impegnato a scostarsi dal volto la frangia, eccessivamente lunga di almeno due centimetri, appuntandosi le ciocche di capelli sul capo con tre piccoli fermagli neri.
Il mezzelfo scosse il capo.
«Non penso che dovremmo parlargli di queste cose.» Si intromise Svein. «Se non lo sa ci sarà un motivo. Vilde si arrabbierà.»
«Grazie per avermelo ricordato.» Sorrise Elias. «Adesso sono ancora più motivato a dirgli tutto.»
Il satiro sussultò, assottigliando lo sguardo e stringendo i denti dal disappunto. Stava per ribattere nuovamente, però, quando l'improvviso ingresso di Ragnar in cucina fece ammutolire tutti e tre.
«Di che parlavate?»
Chiese il corvino.
Per un istante Kenneth pensò che Svein avrebbe parlato, invece il satiro ebbe abbastanza buonsenso da tacere, scuotendo il capo come a dire al ragazzo di non pensarci.
E Ragnar stava davvero per sorvolare, quando...
«Parlavamo del disturbo istrionico di Yvette.»
Il mezzelfo e il satiro si voltarono allibiti verso il doppelgänger, che rispose loro con un sorriso e un'alzata di spalle.
Quel ragazzo sembrava non avere il minimo senso del pericolo.
Ancora più del gesto avventato di Elias, però, fu la reazione di Ragnar a stupire i due:
«Ah, capisco. Proprio poco fa l'ho vista correre in camera sua con Vilde alle calcagna. In effetti è meglio che qualcuno lo informi prima che faccia qualche macello.» Commentò, riferendosi a Kenneth. «Ad ogni modo, mi dispiace ma vi devo interrompere. Elias, ho bisogno che tu vada alla funivia a recuperare Florian. Si è di nuovo dimenticato l'ombrello da qualche parte mentre faceva il biglietto per salire. La crema solare non ne parliamo, non gliel'ho neanche chiesto, di sicuro l'avrà lasciata a casa.»
«Capito, vado subito.» Annuì il doppelgänger. «Ce ne sono ancora di ombrelli all'ingresso?»
«Dovrebbe essercene ancora uno.» Rispose il corvino. «Digli che quello è l'ultimo che gli presto. I prossimi che se li compri da solo, altrimenti faremo a meno di lui.»
Detto ciò fece un breve cenno con il capo, come a dirgli che aveva finito. Quindi Elias si incamminò lungo il corridoio e presto si sentì la porta d'ingresso aprirsi e richiudersi alle sue spalle.
«Perché ha bisogno di un ombrello? Oggi non doveva piovere.»
Non potè fare a meno di chiedere il mezzelfo. Certo, la città in cui vivevano era piovosa di natura, tuttavia quella mattina quando era uscito di casa gli era sembrato che il cielo fosse sereno. Era certo di non aver visto neanche una nuvola grigia.
Inoltre, perché quel riferimento alla crema solare? Con quale razza di clima si doveva uscire di casa munendosi sia di ombrello che di crema solare?
«Appunto perchè non piove ne ha bisogno.» Rispose Ragnar senza pensarci, ma poi, nel vedere il suo sguardo farsi ancora più confuso, aggiunse: «Florian è un vampiro, si brucia molto facilmente. Bastano cinque minuti sotto il sole che diventa rosso come se lo avessero spellato e poi non lo si può sfiorare che urla dal dolore. Non è un bello spettacolo, fidati.» Quindi si rivolse a Svein. «Senti, tu invece potresti andare in salone per assicurarti che Tove non stia combinando nulla di strano? Ci andrei io, ma sai com'è fatta...»
Quasi che quell'ultimo commento avesse risvegliato nella sua mente ricordi ben poco piacevoli, il satiro annuì con un movimento secco del capo, affrettandosi ad uscire dalla cucina per raggiungere la troll e il licantropo.
Solo dopo che fu scomparso dalla sua vista, Kenneth realizzò di essere rimasto da solo con Ragnar.
Sentì le ginocchia vacillare per un istante, ma riuscì a rimanere in equilibrio. Nel ritrovarsi ad evitare accuratamente lo sguardo del minore, questa volta non solo per imbarazzo, il mezzelfo si sorprese a considerare quanto le cose fossero cambiate nel giro di così poco tempo.
Solo fino a due giorni prima avrebbe considerato un sogno poter rimanere anche solo cinque minuti da solo in sua compagnia, mentre adesso che stava accadendo sul serio, ecco che si ritrovava a desiderare con tutto sè stesso che arrivasse qualcuno al più presto.
Non che la cotta gli fosse già completamente passata, tuttavia a dover mettere su una bilancia a due piatti da una parte i suoi sentimenti per Ragnar e dall'altra il timore suscitatogli dall'aura rossa che lo circondava, la differenza era lampante: la vittoria andava senza alcuna ombra di dubbio alla seconda.
Passato mezzo minuto a guardarsi intorno per evitare il suo sguardo, Kenneth si arrischiò a voltarsi verso di lui e notò con un sussulto che anche il corvino lo stava osservando.
Sarebbe stato strano mettersi a fissarlo senza dire nulla, così alla fine il mezzelfo se ne uscì con un:
«C'è qualcosa che posso fare per le- per te?»
Provò una strana sensazione di déjà vu. Ormai aveva perso il conto delle volte in cui alla locanda gli era capitato di incantarsi a fissarlo, per poi riscuotersi tutto d'un tratto e, nel rendersi conto di cosa stesse facendo, uscirsene precipitosamente con quella domanda. Solo che in passato non si era mai corretto, come aveva fatto invece in quel momento, reputando troppo fuori luogo rivolgerglisi in quel modo fuori dal lavoro.
«Ancora ti viene da darmi del lei.» Commentò Ragnar, al quale la sua gaffe non era certo sfuggita, accennando un lieve sorriso divertito. «Comunque no, non ho incarichi per te. Tuttavia...» Esitò un istante, poi però si decise e: «Seguimi. Ho delle cose da chiederti e poi visto che ci siamo posso concludere il discorso che prima Elias non è riuscito neanche a iniziare.»
Prima che Kenneth potesse reagire in alcun modo, il corvino lo agguantò per il polso e lo trascinò fuori dalla cucina, senza dargli la possibilità di rifiutare.
Mentre lo conduceva per lo stretto e contorto corridoio e poi su per le scale, il mezzelfo si ritrovò a dischiudere e poi chiudere completamente gli occhi, lasciandosi guidare alla cieca.
Ora che non era più accecato da quella nebbiolina sanguigna, l'ansia e il timore dovuti all'essersi ritrovato da solo con lui e alle "cose da chiedergli" accennate dal ragazzo poco prima, passarono in secondo piano. Sostituiti tutto d'un tratto da un tipo di agitazione incredibilmente familiare e ben più piacevole.
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