Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 6.2 - Niente da perdere


Stati Uniti, Miami.
Bal Harbour.

La gara era terminata da ore ormai e l'atmosfera all'interno del motorhome Red Bull era alquanto tesa. Jourdan, dopo aver rimandato il momento per più tempo possibile, alla fine aveva dovuto tornare lì, ritrovandosi faccia a faccia con Jos e suo fratello. Ma, a differenza di ciò che si aspettava, dalla bocca di nessuno dei due era uscita nemmeno una parola. E lei, allora, aveva preferito far finta di nulla. Quando c'era suo padre di mezzo, il silenzio era sempre da prediligere a qualsiasi discorso.

Max si era fatto una doccia e si era cambiato, mentre il Jos aveva passato il tempo facendo avanti e indietro tra l'ufficio del team principal e la stanza degli ingegneri. Jourdan, invece, si era semplicemente seduta su uno dei divanetti, intrattenendosi con il suo cellulare, sperando che il momento di un eventuale confronto potesse non arrivare mai.

Aveva cercato di non dar peso alle voci che si stavano alimentando su di lei, via social media, ma sembrava impossibile farlo. Quegli articoli di giornale si stavano diffondendo in modo capillare e come sempre succedeva quando c'era la modella di mezzo, tutti ne parlavano, nessuno si privava di dire la propria opinione a riguardo. Non le mancava affatto tutto ciò, per anni si era ritrovata in mezzo a gossip di ogni genere e ogni volta era sempre una perseguitazione.

Le sarebbe piaciuto dire che ormai ci aveva fatto l'abitudine, però non era così. E non lo sarebbe mai stato. Per quanto avesse imparato a farsi scivolare addosso i commenti cattivi, comunque era impossibile che nessuno di essi le rimanesse in testa. Ma, le parole che più facevano male, non erano quelle degli sconosciuti, erano quelle provenienti dalle persone che, invece, avrebbero dovuto essere dalla sua parte.

Parole che non mancarono di arrivare, una volta che tutti e tre si ritrovarono in hotel.
In camera di Max, dopo averli richiamati entrambi, il padre non aveva più atteso per poter dire ciò che pensava. «Io sono profondamente deluso.»

Jourdan alzò gli occhi al cielo, mentre il fratello subito abbassò la testa, incurvando le spalle. Sin da quando era bambino, Jos gli ripeteva quella frase e anche ora che era ormai un adulto, la sua reazione difronte a ciò non cambiava.

«Da cosa, padre, se posso chiedere?» lo prese in giro la ragazza, dimostrando un approccio ben diverso rispetto a quello di suo fratello. Lei non aveva alcuna paura di affrontarlo, a differenza di Max.

«Mi prendi anche per il culo?!» il tono di voce si alzò sin da subito. «Cosa sono questi articoli? Cos'è questo schifo di notizia per cui dicono che voi due abbiate una relazione?» chiese, sventolando il cellulare, che sullo schermo riportava la pagina del primo giornale colpevole di aver diffuso quella voce.

Jourdan sorrise divertita. «Oh, ma non lo sai? È una cosa vecchia ormai. Adesso, a quanto pare, ho una relazione con Gasly.»

Il viso del padre si fece scuro e lo sguardo la inchiodò. «La mia pazienza è minima e so che ti diverti a tirare la corda finché non si spezza, ma qui non ci sei di mezzo solo tu. Qui ne va anche della reputazione di tuo fratello. Se a te non frega niente della tua, non significa che anche per lui sia lo stesso» era sempre così, Jos si permetteva di parlare a nome di Max. E la cosa che più la infastidiva, era che lui glielo lasciava fare.

Il ragazzo stava sempre in silenzio quando il padre parlava. Qualsiasi cosa dicesse, a chiunque la dicesse, lui si limitava ad ascoltare, senza mai far valere la sua voce. Jourdan, invece, la pensava in modo del tutto diverso. Non era mai stata zitta davanti alle parole di Jos, nemmeno quando era bambina.

«Max, forse, si è scordato di dirti come stanno le cose» iniziò, lanciando un'occhiata al fratello, che ancora era intento a guardare il pavimento. «Quando quella notizia è uscita, io sono stata la prima a volerla smentire, così da evitare il diffondersi delle voci» puntualizzò. «È stato lui a non voler dire nulla e io lo sto solo accontentando» si aspettava una risposta molto diversa rispetto a quella che invece ricevette.

«E ha fatto bene» disse, facendole strabuzzare gli occhi, chiedendosi se la stesse prendendo in giro. «Max, a differenza tua, si preoccupa per la reputazione della nostra famiglia. Sa che se diceste la verità saremmo perseguitati dai giornalisti, che non vedevano l'ora di poter scavare nel nostro passato e parlare di cose che non li riguardano» il ragazzo incrociò gli occhi di Jos per una frazione di secondo.

Jourdan scosse la testa. «Quindi, l'unica che ci deve andare di mezzo davvero e uscirne male, in tutta questa storia, sono io» la pose con il tono di una domanda, ma sapeva bene che quella era la realtà dei fatti.

«Lo hai fatto per tutta la vita. Sei stata protagonista di scandali e gossip, senza mai fare niente per evitarlo. E adesso ti fai problemi?» Jos, come sempre aveva fatto, stava dimostrando di non aver il minimo spirito paterno. Di essere solo guidato dal suo ego e dalla cattiveria che lo alimentava.

«Ma questa volta non è colpa mia» parlò lei, con un filo di voce, voltandosi verso Max, cercando un minimo di conforto. Ma il ragazzo continuava ad evitare lo sguardo di entrambi, fingendo quasi di non essere nella stanza.

«Sei tu che sei andata in Bahrein. Tu ti sei trasferita da Max. Tu hai portato tutti i tuoi problemi con te, facendoli pesare anche sulle spalle di tuo fratello e mettendolo in mezzo» come sempre, Jos pensava solo a se stesso. Quelle notizie, che comprendevano anche il figlio, minavano la sua reputazione e questa era l'unica cosa che gli interessava per davvero. Gli scandali che Jourdan aveva provocato nel tempo non gli erano mai importati, questo perché nessuno associava lei alla famiglia Verstappen. Adesso però, che era stata vista assieme a Max, tutta quella storia era diventata una questione che gli interessava eccome mettere a tacere.

La ragazza contrasse la mandibola, stringendo i pugni, fino a conficcarsi le unghie nei palmi delle mani. «Ma sei tu che hai tradito tua moglie e hai scelto di non dire mai la verità» gli fece presente.

«Qui non si sta parlando di me. Non sono io il problema» non si sarebbe mai assunto le proprie responsabilità, lei ormai lo aveva capito bene. «Qui il problema sei tu, che ovunque vai porti guai» le puntò il dito contro.

Jourdan sorrise amaramente, intanto che una vocina iniziava ad impossessarsi della sua mente. La stessa vocina che negli anni l'aveva portata a commettere un errore dopo l'altro, compiendo azioni per andare contro a chi le imponeva ciò che lei non voleva. Si comportava in modo scorretto per fare dispetti ad Agnes o ai suoi manager, sperando che così l'avrebbero finalmente lasciata in pace. Ma, nonostante li colpisse con i suoi comportamenti, alla fine, chi ne usciva sempre più ferita, era lei.

E proprio quella maledetta vocina, che non sentiva da tempo, sembrava essere tornata, spingendola per fare qualsiasi cosa, a qualsiasi costo, pur di andare contro il padre.

«Oh, Jos, non hai ancora visto cosa posso essere davvero capace di fare» fu a quel punto che Max alzò lo sguardo. Prima di allora, solo una volta gli era capitato di assistere ad una lite fra sua sorella e il padre, quando erano ancora bambini, e sinceramente avrebbe preferito non doverlo fare mai più.

«Sarebbe una specie di minaccia?» le chiese lui, puntando gli occhi azzurri nei suoi, che avevano le medesime sfumature fredde.

«Una semplice constatazione» rispose, sorridendo furbamente.

«Te ne devi andare» disse di botto il padre. «Devi andare via da casa di tuo fratello, devi tornare in America. Questo è l'unico modo per mettere un punto alla falsa voce sulla vostra storia e per evitare che ne escano delle altre» sentenziò, facendo aleggiare una mano, come se stesse parlando di un argomento privo di spessore.

«Papà, questo non-» Max, munendosi di quel poco coraggio che aveva trovato, provò a dire la sua. Ma, come sempre succedeva, lui non glielo permise, interrompendolo.

Jos alzò un dito, posizionandolo davanti al volto del figlio, zittendolo immediatamente con quel semplice gesto. «Non ti intromettere in cose che non ti riguardano» lo ammoni con tono severo, trattandolo come se fosse ancora un bambino. «Se ci tieni tanto a parlare, lo farai dopo, magari spiegandomi come hai fatto a farti fottere in quel modo in pista, durante la gara» Max sperava che concentrandosi su Jourdan si fosse dimenticato di quella storia, purtroppo per lui non era così. «Mi hai costretto ad assistere ad una grande figura di merda, oltre al casino che hai combinato, non essendo stato in grado di gestire questa situazione» indicò prima lui e poi la sorella. «Continui a deludermi, Max» ed eccole lì, di nuovo, quelle parole che gli trafiggevano il cuore peggio di una lama affilata.

Lo sguardo del ragazzo non resse più e tornò a fissare il pavimento, mentre i pensieri nella sua mente si incupivano. Jourdan avrebbe voluto intervenire, difenderlo, perché lei non aveva alcun problema ad andare contro il padre. Ma si trattenne. Max non lo aveva fatto con lei. E lei lo avrebbe ripagato di conseguenza.

«In ogni caso, affrontiamo un problema alla volta» tornò a guardare la figlia. «La soluzione è quella che ti ho dato. E faresti bene a seguirla» le intimò, incrociando le braccia al petto.

La ragazza osservò con rabbia quel volto, che nel corso degli anni non era cambiato, si era solo riempito di qualche ruga in più. «Eh no, papà, è qui che ti sbagli» le era pesato chiamarlo con quel nome, lo aveva fatto solo per mostrargli tutto il suo disprezzo tramite il tono di voce usato. «Hai detto che quella è l'unica soluzione. Ma non è vero, io ne conosco un'altra» gli sorrise beffardamente. Jos assottigliò lo sguardo, per nulla divertito da quel discorso, a differenza sua. «Che ne dici se la smetti di intrometterti e lasci gestire questa cosa a me e a Max, da adulti quali siamo. Prendendoti, se ce ne sarà bisogno e se avrai le palle per farlo, le tue responsabilità?» non gli diede il tempo di ribattere. «Altrimenti, la verità sulla nostra famiglia la farò venire fuori io» concluse.

Jos spalancò gli occhi. «Non oseresti» disse, serrando la mandibola, lanciando uno sguardo al figlio, come per cercare di capire se lei fosse davvero seria con quell'affermazione. Lui, però, ormai non stava più sentendo una sola parola di quello che la sorella e il padre si stavano dicendo. Si era completamente estraniato dalla realtà e nella sua testa continuava a rimbombare solo quella frase: "Continui a deludermi, Max."

«Oh, oserei eccome» confermò Jourdan. «Io non ho quasi più niente da perdere. Ma tu, tu hai tutto. La credibilità, la reputazione, la tua nuova e giovane fidanzata» gli sorrise ancora, rancorosa, elencando tutto ciò. Raccontare la verità sarebbe stato il male minore per lei e in realtà anche per suo fratello. Chi ci sarebbe andato di mezzo in tutto e per tutto sarebbe stato proprio il padre.

Max non voleva parlare, per difenderlo ed evitargli tali conseguenze. Nonostante ogni cosa successa, comunque non riusciva a ripagarlo con la stessa moneta, trattandolo come lo aveva sempre trattato, con menefreghismo per le conseguenze delle azioni che compiva su di lui.
Jourdan, invece, non aveva alcun problema a farlo e se l'avesse messa nella condizione, avrebbe parlato, mettendoci anche la faccia.

Negli anni era stata protagonista di qualsiasi tipo di gossip, di ogni possibile notizia e dopo lo scandalo che più di tutti l'aveva duramente colpita, costringendola a ritirarsi dai riflettori, non aveva davvero più molto da perdere. Ciò che di peggio poteva capitarle, già le era successo.

Viaggiò con la mente indietro nel tempo, ricordando riluttante uno dei periodi più bui della sua vita. Ricordando i ricatti, le minacce, gli errori e quel dubbio che ancora oggi restava senza una risposta certa.
Scacciò via ogni cosa, evitando di peggiorare la sua già precaria situazione emotiva, che il padre aveva provveduto a mettere ancora più a dura prova.

«Ti stai infilando in un gioco che è molto più grande di te, Jourdan» l'avvisò Jos, certo che tutta quella storia le si sarebbe solo ritorta contro.

Ma lei era convinta del contrario, chi rischiava di più, in quel momento, era solo lui. «Vedremo chi sarà più bravo a giocare allora» decise di chiudere quella discussione, oltrepassandolo e abbandonando quella stanza d'hotel.

Si chiuse con poca cura la porta alle spalle, poggiando poi la schiena ad essa. Prese un profondo respiro, calmandosi il più possibile. Ricacciò indietro ogni sua emozione negativa, frenando lacrime e rabbia. E soprattutto, stoppando quell'impulso che le faceva venire solo una gran voglia di urlare e rompere qualcosa. Non avrebbe mai capito perché suo padre sembrasse essere sempre lì apposta per abbatterla o rovinare ogni cosa. E non avrebbe nemmeno mai capito come facesse suo fratello a non rendersene conto, continuando a stargli dietro come se fosse ancora un bambino incapace di intendere e volere.

Passandosi una mano sul volto, scosse la testa, ignorando tutto ciò che era appena successo. Quella sera sarebbe uscita con i suoi amici, si sarebbe divertita, ed era solo a quello che voleva pensare. Riprese a camminare nel corridoio dell'hotel, come se nulla fosse mai successo, diretta nella sua stanza. Una volta raggiunta la meta, non perse ulteriore tempo, buttandosi sotto la doccia e cercando di scacciare via tutto lo stress accumulato durante la giornata. Ordinò una cena in camera e la mangiò velocemente, nel silenzio di quelle mura che la circondavano, con gli occhi che osservavano malinconici il panorama fuori dalla finestra.

Per quella sera voleva fingere che tutto andasse bene. Fingere che tutti i suoi problemi non esistessero, che le discussioni con suo fratello, le parole di suo padre, i gossip, le foto e quel maledetto giornalista che anche quel giorno non aveva mancato di presentarsi sul circuito, fossero solo un brutto sogno.

Decise di vestirsi e scendere al bar dell'albergo, per passare il tempo intanto che attendeva l'orario in cui sarebbero usciti. La hall era decisamente tranquilla, con solo pochi clienti che entravano e uscivano di tanto in tanto, ai quali lei fece poco caso. Andò a sedersi al bancone del bar, dagli arredi scuri e le luci soffuse, prendendo posto su uno di quegli alti e imbottiti sgabelli. «Buonasera» la accolse subito il cameriere, vestito con un'elegante uniforme. «Cosa le porto?» chiese poi, facendola riflettere più del dovuto.

Non avrebbe voluto ordinare nulla di alcolico, eppure, in quel momento le sembra l'unica cosa capace di poterla rilassare e distrarre da tutti i problemi che le premevano sul petto. Per anni era stata la sua soluzione, una soluzione che aveva portato più guai che altro, ma che, almeno per quelle poche ore, sembrava davvero capace di zittire ogni suo pensiero.

«Un Long Island, grazie» rispose. Da quando aveva lasciato gli Stati Uniti, andando a Monte-Carlo dal fratello, le era capitato di bere qualche volta. Un bicchiere di champagne o del vino alle cene, senza mai superare quella singola quantità. Mai più però aveva toccato dei super alcolici e ora che si ritrovava di nuovo nel paese che per quasi tutta la sua vita era stato la sua casa, ecco che la sua mente tornava sui vecchi passi.

E capì per davvero di non potersi fidarsi di se stessa. Era così debole davanti alle sue insicurezze, così cedevole davanti ai suoi vizi. Tornare in America, anche solo per quella settimana, continuava a rivelarsi sempre di più, nient'altro che un errore.

"Non puoi farcela, non puoi resistere."

E mentre la sua mente continuava a remarle contro, il cameriere le poggiò quel cocktail davanti, sorridendole gentilmente. Jourdan lo fissò per qualche secondo, osservandone i colori che sfumavano dal marrone al giallo tenue, il ghiaccio manteneva freddo il mix di liquidi alcolici, facendo scivolare qualche gocciolina d'acqua verso il poggia bicchiere sottostante.

Si mise a giocherellare con la cannuccia, mescolando quel cocktail e perdendosi con lo sguardo in un punto indefinito. «Ti dispiace se mi siedo qua?» una voce, diventata ormai del tutto familiare, la risvegliò dai suoi pensieri, facendola voltare. Incontrò subito gli occhi di Lewis, dallo sguardo sorridente, che la fissavano in attesa di una risposta.

Scosse la testa, indicandogli lo sgabello accanto a lei e invitandolo a prendere posto. Il pilota, nell'accomodarsi, non si lasciò sfuggire l'occasione di osservarla meglio. Indossava un completo interamente di pelle nera, formato da un corsetto steccato, che metteva in risalto sia la vita stretta che il seno, e da un pantalone non troppo aderente, dal taglio dritto. Era seduta con le gambe accavallate, ai piedi portava delle costose sneakers e ne faceva dondolare leggermente uno, come a scandire il tempo. I capelli sciolti, quella sera anche completamente lisci, le ricadevano morbidamente sulle spalle scoperte, incorniciandole il volto dall'espressione pensierosa, quasi imbronciata.

«Come mai qui da sola?» le chiese, cercando di intavolare una conversazione.

«Sei da solo anche tu» rispose per tanto, smettendo di giocherellare con quella cannuccia, ma restando sempre con lo sguardo distratto da un qualcosa a lui sconosciuto.

Lewis sorrise. «Touché» ordinò da bere a sua volta. «Sto aspettando degli amici e ho pensato che il tempo sarebbe passato prima qui che in camera» aggiunse, sistemandosi meglio l'elastico che teneva legate assieme quelle treccine.

«Allora abbiamo pensato la stessa cosa» confessò Jourdan, osservandolo di sottecchi. La barba era corta e perfettamente curata, incorniciava il suo volto, mettendo ancora più in risalto quei lineamenti decisi e allo stesso tempo delicati. Si tolse la giacca, adagiandola accuratamente sullo schienale e lasciando scoperte le braccia, che poi incrociò, poggiandole sul bancone, facendo flettere ogni muscolo presente su di esse. E Jourdan non fu in grado di distogliere lo sguardo. Non riuscì a farlo subito nemmeno quando lui le parlò ancora.

«Quella di oggi era la prima gara alla quale assistevi?» domandò curioso.

La ragazza tornò a prestare attenzione al suo volto, costringendosi ad abbandonare quelle braccia tatuate. «Sì» rispose semplicemente, perdendosi per un altro attimo di troppo nei suoi profondi occhi scuri.

Era come se, qualsiasi punto si ritrovasse ad osservare del suo corpo, la portava a smarrirsi. Le idee si confondevano e la sua attenzione verso qualsiasi altra cosa, svaniva completamente. Mai prima di allora aveva trovato qualcuno capace di provocarle tale effetto sulla sua mente e mai avrebbe pensato che quel qualcuno sarebbe stato in grado di farlo senza nemmeno il bisogno di toccarla. E con lui, invece, sembrava accadere il contrario. Prima ancora di un contatto, la sua mente si annebbiava e quando poi il suo corpo si avvicinava, sembrava andare completamente in tilt. Era un'attrazione fisica così forte, irrazionale, mai provata prima.

«Come ti è sembrata?» proseguì sulla linea di quel discorso.

Senza pensarci su ulteriormente si ritrovò a dargli corda. «È stata molto interessante. La strategia di sorpasso che hai utilizzato mi ha stupita e ancor di più, il fatto che sembrava quasi che tu e Charles foste d'accordo sul come muovervi» analizzò, rendendosi conto che quello era il primo momento, da dopo la gara, che si prendeva per riflettere appieno su di essa.

Lewis si lasciò scappare una leggera risata. «Charles è stato molto bravo nel saper cogliere l'opportunità. Ha un grande talento e l'esperienza che fa ogni anno in pista lo sta migliorando sempre di più» spiegò, consapevole della bravura di quel ragazzo, che da subito non aveva mai avuto timore di elogiare. «Lui e Max hanno in mano l'eredità di questo sport per i prossimi anni» ammise. «Così come chiunque altro che corre in Formula 1» si affrettò ad aggiungere. «Però, al momento loro hanno più opportunità di prendere il posto che io e altri, ormai anziani, prima o poi lasceremo» scherzò utilizzando quella parola, perché sapeva benissimo di non essere vecchio, ma nello sport, purtroppo, gli anni venivano contati in maniera diversa, il tempo scorreva molto più in fretta.

«Stai pensando di ritirarti?» domandò, fissandolo con la fronte corrugata, ormai presa da quella conversazione.

«Oh, no. Non fraintendermi, non ho intenzione di ritirarmi prossimamente. Mi sento ancora molto forte in pista e correre è ciò che più mi piace fare» puntualizzò. «Ma quel momento arriverà. Per me, per Alonso, per Seb, per chiunque altro, arriverà mano a mano che si va avanti con il tempo. E mi piace pensare che il retaggio di questo sport sia comunque in buone mani» concluse, prendendo un sorso del suo drink.

Jourdan annuì, aveva sentito spesso quella parola. Quando era piccola, Agnes e i vari manager gliela ripetevano in ogni occasione. Le dicevano che il mondo della moda stava cambiando, che tutto era in continua evoluzione e c'era enorme bisogno di nuove persone che divenissero il volto di quel settore. Le modelle più famose, ormai erano alla fine della loro carriera, ancora bellissime e talentose, ma il loro momento era passato e serviva qualcuno che prendesse quei posti vacanti.

Jourdan, che le piacesse o no, faceva parte di quel gruppo di persone che avrebbero dovuto essere associate ai più grandi marchi del settore per gli anni a venire. Lei sarebbe stata il retaggio di quelle modelle. E le cose, alla fine, erano andate proprio così. Aveva preso uno di quei posti, scrivendo metaforicamente il suo nome nel mondo e nella storia della moda, facendo sì che negli anni non potesse essere dimenticata.

Impossibile da dimenticare, ma lo stesso sostituibile.
Ed era da un po' che infatti aveva iniziato a sentire nuovamente tale parola, usata però in modo diverso quella volta.

Chi avrebbe preso il suo posto? Chi l'avrebbe sostituita come volto più iconico della moda?
Perché sarebbe successo, prima o poi, era inevitabile. Nonostante ancora fosse molto giovane e le restassero davanti tanti anni di carriera, lei non aveva contribuito a far sì che quest'ultima potesse essere il più lunga possibile. Con i suoi comportamenti, tante volte, si era affossata da sola. E quell'ultimo scandalo che l'aveva coinvolta, era stato un grosso colpo da reggere. Tutto questo, sommato al fatto di essere sparita, l'aveva messa in una posizione davvero precaria, davanti alla realtà che il suo tempo in quel settore potesse essere davvero terminato.

E da una parte ci sperava anche. Se così fosse stato, finalmente la vita che le era stata imposta e che tanto detestava, avrebbe preso una strada del tutto diversa, lasciandola respirare liberamente. Ma, dall'altro lato, questa cosa le faceva nascere dentro molte preoccupazioni. Per quanto odiasse ciò che faceva, era comunque l'unica cosa che sapeva fare al meglio. Era la migliore nell'indossare i capi di alta moda, nel posare, nello sfilare, nel rappresentare i marchi e nel far vendere, questa era la realtà dei fatti. Una realtà che la metteva davanti alla consapevolezza che lei non sapesse effettivamente fare altro. Perché mai aveva imparato a fare altro.

Da piccola era affascinata dall'architettura e dal design e quella curiosità verso tale campo continuava a vivere in lei, ma mai aveva imparato per davvero qualcosa di pratico a riguardo. E ormai vedeva il tempo scorrere troppo veloce, pensava che fosse troppo tardi per imboccare quella via. E allora che senso avrebbe avuto avere una vita libera da quel mondo, se poi alla fine quello era l'unico in cui sapeva di poter fare qualcosa?

Perciò, pensare che qualcun'altra avrebbe potuto prendere il suo posto, le faceva comunque ribollire dentro una certa rabbia, mista ad un'inspiegabile paura.

«È sempre stato questo ciò che sognavi di fare?» gli domandò allora.

Lewis trattenne un sorriso, facendo scorrere il dito sul bordo del suo bicchiere, perdendosi un attimo nei ricordi. «Ero molto piccolo quando mio padre mi regalò la mia prima macchinina telecomandata» iniziò a raccontare. «Ci giocavo tutti i giorni, dopo scuola e piano piano diventò una vera e propria passione. Ne comprai delle altre e partecipai anche a dei tornei organizzati» paradossalmente, il periodo in cui aveva scoperto ciò che più amava fare, coincideva anche con uno dei periodi più difficili che aveva avuto affrontare: la scuola.

Ma decise di concentrarsi solo sui ricordi belli. «Ero il più piccolo in mezzo agli adulti, eppure li battevo quasi sempre» ammise, guardandola con gli occhi illuminati da una gioia capace di farla sorridere involontariamente. «Il passo successivo, quello di iniziare a guidare in modo più attivo, sui kart, fu del tutto naturale» Jourdan ormai era del tutto rapita dal suo racconto, tanto da poggiarsi con un gomito al bancone e adagiare la guancia sul palmo della mano. «La mia famiglia aveva davvero pochi soldi e mantenere quella passione costava parecchio. Decisamente di più di quello che potevamo permetterci. Mio padre faceva parecchi lavori e io dormivo sul suo divano, perché la casa in cui stavamo non era abbastanza grande per tutti» lo raccontava senza alcun tipo di vergogna, fiero di tutto quello che aveva affrontato e che aveva contribuito a farlo diventare chi era.

La ragazza si rese conto di quanto le loro infanzie fossero state diverse. Lei non aveva mai dovuto, nemmeno una volta, preoccuparsi dei soldi. Ciò che di materiale aveva voluto, lo aveva sempre ottenuto. In compenso, le era mancato del tutto l'affetto, quei gesti e quell'amore che i soldi non possono e mai avrebbero potuto comprare. Cosa che, invece, nella crescita di Lewis, da parte dei suoi genitori non era mai mancata, anche se vi erano comunque state delle difficoltà nei rapporti con loro.

«Eppure, in qualche modo siamo sempre riusciti a cavarcela. Ero bravo, vincevo e scalavo le tappe. Fino a che un giorno riuscì finalmente ad approdare in Formula 1» si fermò per qualche secondo, riflettendo con la fronte leggermente corrugata. «Quindi, sì, posso dire che questo è sempre stato quello che volevo fare. È stata la mia prima passione, la prima cosa che ho amato fare e ad oggi non ho ancora smesso» concluse.

«È molto bella come storia» confessò Jourdan, smettendola di sostenersi il capo e poggiando delicatamente la mano sul suo avambraccio.

Lewis le rivolse tutta la sua attenzione, facendo scorrere lo sguardo sulle unghie lunghe, laccate di un rosa tenue e sulle dita magre, adornate da un paio di piccoli anelli. Anelli che anche lui portava, ma di forme e dimensioni decisamente diverse dai suoi. La guardò negli occhi, ritrovandosi, per l'ennesima volta, a pensare a quanto fosse particolare la sua bellezza. Non assomigliava al fratello, se non per i lineamenti marcati, che caratterizzavano anche lui, e per gli occhi azzurri, freddi, quasi come se fossero ghiaccio puro, altro tratto distintivo dei Verstappen. Ora che sapeva la verità sul loro legame, per la prima volta gli era capitato di paragonarli fisicamente.

«E tu? Hai sempre voluto fare la modella?» le chiese di rimando, curioso anche lui di sapere. Per capire come mai avesse imboccato quella via, discostandosi così tanto dalla famiglia. Perché mai prima aveva saputo del fatto che Max avesse una sorella, e non era l'unico. Chi l'aveva scoperto prima di lui, comunque era venuto a saperlo tramite il suo arrivo a Monte-Carlo.
Ma tutti gli anni precedenti, in cui quella verità era rimasta celata quasi come un segreto, cos'era successo in realtà? Un tassello in quella storia, nonostante fosse a conoscenza della parte più importante, mancava comunque.

Dopo quella domanda, però, notò subito come lo sguardo di Jourdan si rabbuiò, facendo intorbidire quelle iridi chiare, incapaci di nascondere le emozioni negative. La ragazza interruppe quel contatto fisico che aveva spontaneamente creato, per poi scuotere la testa. «Decisamente no» fece schioccare la lingua sul palato, sistemandosi meglio sullo sgabello. «Da piccola amavo l'architettura. Mi piaceva molto osservare gli edifici e ragionare su come fossero stati costruiti. Amavo anche il design, spesso, infatti, mi ritrovavo a rivoluzionare del tutto la disposizione della mia cameretta e mi interrogavo se i mobili in casa potessero stare meglio in altre posizioni» si stava addentrando in ricordi potenzialmente pericolosi per la sua mente, ma questo Lewis non poteva saperlo e la incitò a proseguire.

«Mi piaceva fare dei castelli con le carte da gioco. Perché erano l'unica cosa che avevo trovato in casa che mi permettesse di erigere delle costruzioni quanto più simili a degli edifici» era nato tutto così. «A dire il vero, mi capita di farlo ancora» aggiunse, perdendosi per qualche secondo con lo sguardo in un punto indefinito della stanza.

La sua mente era stata invasa dai ricordi, dalle immagini di tutti i castelli che aveva costruito e dal modo in cui li aveva distrutti. Esattamente come aveva fatto con la sua vita. Perché, quasi ogni gesto che aveva compiuto, che l'aveva portata al punto in cui era ora, era stato intenzionale. Così come lo erano stati quelli che compiva per far crollare le sue carte.

"Perché sei cosi autodistruttiva?
Ti odi così tanto da aver sabotato tutta la tua vita?"

Aggrottò le sopracciglia, davanti ai suoi stessi pensieri. E la voce di Lewis, poi, la costrinse a distrarsi da essi. «Come mai allora hai fatto la modella?»

«Non mi è stato permesso scegliere cosa fare da grande» alzò lo sguardo, puntandolo nel suo. «Qualcuno aveva già deciso per me. Sarei diventata una modella e così è stato» serrò la mandibola, sentendo tutta la rabbia che provava nei confronti di Jos e Agnes crescere sempre di più.

Il pilota schiuse le labbra, rendendosi conto che, in realtà, non sapeva nemmeno cosa avrebbe potuto rispondere davanti a quelle parole. Intuì che dovesse essere un argomento delicato. Lui, così come tutti gli altri, mai aveva pensato che quella carriera le fosse stata imposta. E forse iniziava a farsi un'idea del perché avesse trascorso così tanto tempo lontana dalla famiglia, lontana dal fratello. «Mi dispiace» disse solamente, poggiando una mano sopra la sua, imitando il gesto da lei precedentemente fatto.

Jourdan però la ritrasse immediatamente, come se quel contatto l'avesse appena scottata. «Non voglio la tua compassione» asserì dura.

Lewis assunse un'espressione confusa. «Non è quello che sto facendo» si difese. «Solo, non avrei mai voluto che la mia domanda ti portasse a galla brutti ricordi» spiegò, ma la mente della ragazza ormai era lontana, persa tra i suoi pensieri deleteri, annebbiata dalla rabbia.

«È stato anche questo un modo per avere informazioni su di me? Per scoprire che in realtà sono stata solo una stupida ragazzina indifesa che si è fatta manipolare dagli altri?!» era andata proprio così nella sua vita, per quanto odiasse ammetterlo, in certe situazioni era stata molto ingenua, complice l'ira e la confusione, e chi aveva potuto se ne era approfittato.

Lewis si guardò velocemente intorno, assicurandosi che nessuno lì presente avesse notato il modo in cui la loro conversazione fosse cambiata. «Jourdan, non era assolutamente questo il mio intento. Perché pensi sempre che, qualsiasi cosa faccia, sia per raggirarti in qualche modo?»

Non si fidava mai, ci metteva sempre così tanto tempo per decidere se qualcuno fosse o meno sincero con lei. E alla fine, comunque non riusciva lo stesso ad averne la certezza. Il suo passato le provocava parecchie paranoie sotto quel punto di vista, tanto che, qualche volta capitava anche che avesse dei dubbi persino su suo fratello o su quelli che ora erano i suoi migliori amici. Ecco perché, con Lewis, che era ancora un semplice sconosciuto per lei, non riusciva a non avere costanti sospetti.

Gli rivolse uno sguardo duro, chiedendosi se anche lui potesse essere come tutti gli uomini del suo passato. E non riuscì a rispondersi.
Si alzò di scatto dallo sgabello, vedendo Pierre in lontananza e ringraziandolo per il tempismo inconsapevole. «Non mi va più di proseguire questa conversazione» ammise, per poi dargli le spalle e dirigersi a grandi falcate verso il francese.

Lewis si potrò una mano sul volto, guardando distrattamente il cocktail che lei aveva lasciato sul bancone e che non aveva nemmeno toccato. Presa da quella conversazione con lui, nonostante poi non fosse finita bene, si era comunque dimenticata di quel drink a base di superalcolici che aveva ordinato, evitando di berne anche solo una goccia.

Il pilota cercò di capire cosa fosse appena successo. Un secondo prima stavano parlando e lei sembrava così presa e rilassata. E un secondo dopo, tutto era andato a rotoli. Era bastato citare il suo passato per farle cambiare repentinamente umore. E lui si rese conto di come, ogni volta in cui la incontrava, finiva quasi sempre per uscirne confuso.

Non riusciva a comprenderla. Il suo carattere sembrava essere un prisma, a seconda di come lo guardavi poteva svelare nuovi lati e nuovi colori. Ma erano sempre un'incognita, non sapevi mai quale lato avresti potuto osservare.

«Tutto bene?» le chiese Pierre, accorgendosi del suo malumore e lanciando poi un'occhiata a Lewis, che però continuava a dar loro la schiena.

Jourdan annuì, quasi impercettibilmente. «Andiamo, voglio uscire da questo posto» gli prese la mano, trascinandoselo dietro.

Alla ragazza ormai era chiaro che la vicinanza con Lewis poteva essere pericolosa. Lo aveva sperimentato la sera dell'evento, quando il suo corpo e la sua mente avevano perso il controllo per via di quel semplice contatto. E lo aveva sperimentato per ben due volte quello stesso giorno. Quando le aveva lasciato il suo cappellino dopo la gara e pochi minuti prima, per il modo in cui le sue domande l'avevano messa in difficoltà.

Se non poteva essere in grado di controllarsi vicino a lui, allora sarebbe stato meglio evitarlo del tutto. Per tenersi al sicuro.
Peccato però, che tenersi al sicuro fosse l'ultima cosa che Jourdan era capace di fare.

🌟🌟🌟

Non dimenticatevi di lasciare una stellina 🙏🏻

Qui si fa un passo avanti e poi due indietro a quanto pare. Il rapporto tra Jourdan e Lewis sembrava starsi sviluppando verso la giusta direzione. Ma ora sembra aver subito una battuta d'arresto.
Credete che durerà? Io non ci giurerei😏

Intanto, Jos ha dato il meglio di sé, tirando fuori tutta la sua stronzaggine. Max ha preferito resta in silenzio, incassando i colpi. Mentre Jourdan sembra aver messo in chiaro la sua volontà di andargli contro in ogni modo possibile. Anche svelando lei stessa tutta la verità sulla loro famiglia.
Pensate che questo accadrà? O sarà qualcun altro a far venire fuori ogni cosa?

Per scoprirlo non dovrete fare altro che continuare a leggere😈

Commentate facendomi sapere cosa ne pensate e per qualsiasi cosa non esitate a scrivermi.

Seguitemi su Instagram: _madgeneration_ per non perdervi nessuna novità!

XOXO, Allison💕

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro