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Capitolo 17 - Hot Laps


Regno Unito, Inghilterra.
Silverstone Circuit.

Era sveglia ormai da un pezzo, ancora però non aveva trovato la voglia di alzarsi da quel comodo letto. Sapeva di essere sola, la sua amica era uscita ormai parecchi minuti prima, diretta verso una meta a lei ignota, dal momento in cui aveva finto di star ancora dormendo e quindi aveva evitato qualsiasi possibile conversazione. La camera era avvolta dal buio che quelle tende scure causavano, fermando qualsiasi luce esterna, mentre il piumino le avvolgeva il corpo, creando una piacevole sensazione di pace attorno a lei. Qualcosa che fu interrotto troppo presto, dal momento in cui Skye fece nuovamente il suo ingresso nella stanza.

«Okay, basta dormire» sentenziò, avvicinandosi alla finestra e spalancando le tende, inondando l'interno di quella camera di luce solare. Jourdan, prontamente, si portò un braccio a coprirsi gli occhi, ancora troppo sensibili. «Quella potete pure poggiarla sul tavolo esterno» la bionda parlò poi con qualcun altro e la curiosità della modella prevalse, facendole rimuovere gradualmente quel braccio, curiosando di chi si trattasse. Due camerieri stavano portando alcune cloche argentate, uscendo sul balconcino. La ragazza si tirò a sedere, stiracchiandosi e sistemandosi i capelli lunghi dietro le orecchie.

«Colazione?» chiese all'amica, allungando il collo per sbirciare quello che i due uomini stavano ultimando di preparare appena lì fuori.

«Colazione» confermò Skye, voltandosi verso di lei. «Con una vista speciale» aggiunse, sorridendo in modo furbo, come se stesse tramando qualcosa. Quando i camerieri lasciarono quella stanza, Jourdan decise finalmente di alzarsi dal letto, indossando un paio di pantaloncini, abbinati alla canottiera grigia che aveva usato per la notte. Un abbigliamento decisamente diverso da quello dell'amica, che invece portava una gonna lunga, aderente al suo fisico snello, dal color panna, con un top uguale, dalle spalline sottili e il taglio dritto. Non aveva idea di dove fosse stata, ma si sarebbe riservata ogni domanda solo dopo aver messo qualcosa sotto i denti.

Scalza, camminò sul pavimento in legno lucido, fino a raggiungere la finestra spalancata. Uscì sul balcone dal parapetto in vetro e lasciò che i suoi occhi si godessero il panorama sottostante. Il circuito di Silverstone si espandeva ai suoi piedi e dall'altezza in cui si trovava, riusciva a vederne grande parte, oltre al rettilineo della partenza sul quale quell'hotel affacciava.

Dopo la cena a casa di Skye, Jourdan le aveva raccontato ogni cosa successa tra lei e Hamilton. Mettendola al corrente di parecchi dettagli, ma facendole giurare di non rivelarli mai a nessuno. La bionda aveva giurato e aveva anche acconsentito di partire assieme a lei la mattina dopo, imbucandosi su quello stesso aereo privato che Charles e il suo compagno di squadra avrebbero preso. Nel frattempo, Skye si era anche premurata di chiamare suo padre e farsi riservare una camera all'Hilton Hotel, che si trovava proprio dentro al circuito di Silverstone, per quei due giorni prima dell'inizio del weekend, quando poi si sarebbero spostate nel centro di Londra.

Jourdan prese posto su una delle due sedie, guardando il cibo e le bevande poggiate sulla superficie di quel tavolo, cercando di capire da quale iniziare. Alla fine, optò per la piccola scodella di yogurt greco, che guarnì con del miele e dei cereali, mentre la sua amica si mise nel piatto due pancake. «Dove sei stata?» chiese alla bionda.

«A fare qualche commissione per conto dei miei» rispose Skye, dopo aver ingoiato un boccone di quel delizioso dolce, per poi farsi scivolare da sopra la testa gli occhiali da sole, posizionandoli sugli occhi e puntando il suo sguardo verso la pit lane di quel circuito. «In perfetto orario» commentò, facendo aggrottare la fronte della modella, che subito si voltò, cercando di capire a cosa si stesse riferendo.

Si rese conto che doveva essere decisamente più presto di quello che pensava, quando vide le serrande dei box della Mercedes e della McLaren tirarsi su. In lontananza, dietro alcuni membri dei due team, vide arrivare anche i quattro piloti. Lewis, Daniel, George e Lando erano intenti a parlare e ridere assieme di un qualcosa che lei ovviamente non poteva udire.

Tutti e quattro indossavano dei pantaloni lunghi e delle magliette del proprio team, Daniel e Lewis, poi, sulla testa portavano anche un cappellino. Dall'abbigliamento e dalle persone che li stavano accompagnando, la ragazza intuì che dovessero fare qualcosa legato ad una parte un po' più leggera del loro lavoro. E ciò le venne confermato anche dalle parole dell'amica. «Devono girare dei video su pista, per i social.»

«E tu come fai a saperlo?» le domandò, sorseggiando il suo latte di soia macchiato.

«Potrei o non potrei essermi informata tramite Lando» fece spallucce.

«Ah, perché, parla?» scherzò l'altra, incrociando le braccia al petto. «In due anni che lo conosco, il massimo delle interazioni tra di noi sono stati dei veloci "ciao" o dei cenni con la testa» aggiunse. Jourdan sospettava che non dovesse stargli particolarmente simpatica, dal momento in cui, nonostante ormai lo vedesse spesso, per via della sua amicizia con il fratello, comunque non avessero mai parlato seriamente, nemmeno per una volta.

Skye scosse la testa. «Parla, parla. A volte anche più del dovuto» le rispose, ricordando bene le molteplici occasioni in cui si era lasciato sfuggire dalle labbra frasi mal formulate, che avevano attirato alcune critiche.

«Non gli avrai mica detto che...» lasciò le sue parole in sospeso, non volendo credere che gli potesse avere rivelato di ciò che era accaduto tra lei e Lewis.

«Ma che dici!» esclamò, facendo aleggiare una mano. «Gli ho semplicemente chiesto se sapeva quali fossero i programmi del circuito per questa settimana, dal momento che è inglese, oltre che un pilota, e sicuramente sarebbe stato più informato di me su questo» spiegò, facendole tirare un sospiro di sollievo.

Jourdan si voltò ancora una volta, lasciando che il suo sguardo si posasse nuovamente su quei ragazzi, per poi soffermarsi su uno in particolare. Nessuno sembrava essersi accorto dei suoi occhi addosso, nemmeno Lewis, che, sistemandosi meglio il cappellino sulla testa, continuava a parlare assieme a Daniel. L'australiano aveva un gran sorriso in volto e sembrava sinceramente divertito da qualsiasi cosa l'altro gli stesse dicendo. Gli poggiò una mano sulla spalla, piegando leggermente la schiena e scoppiando a ridere, accompagnato dall'inglese.

A Lewis piaceva sempre passare del tempo con Daniel. A dire il vero, forse non esisteva una persona a cui non piacesse avere accanto uno come Ricciardo. Era un ragazzo all'apparenza sempre spensierato, con un sorriso contagioso e una voglia di divertirsi impossibile da non apprezzare. Semplicemente riusciva a mettere il buon umore a chiunque, anche con la sua sola presenza. Era bravo a nascondere tutti i suoi problemi dietro quel sorriso, facendo credere agli altri che nulla lo turbasse, anche quando si trovava in periodi parecchio difficili.

«Ci vediamo dopo» Danny dovette interrompere la conversazione con Lewis, dal momento in cui venne chiamato da una delle ragazze che si occupavano di gestire i contenuti social del team McLaren, costretto così a congedarsi dall'amico, per iniziare, assieme al suo compagno di squadra, il lavoro che gli spettava quel giorno. L'inglese lo salutò di rimando, attendendo che i ragazzi della Mercedes sistemassero il garage con le cose che gli sarebbero servite.

«Hai capito che cosa dobbiamo fare?» domandò a George, non essendo soventi le occasioni in cui si prestava a realizzare quella tipologia di contenuti per i social.

«Sì, tra poco dovrebbe arrivare anche Toto e ci daranno tre macchine, con cui dovremmo fare dei giri in pista, sfidandoci» spiegò, ma Lewis aveva smesso quasi subito di ascoltarlo. Dal momento in cui aveva iniziato a parlare, gli occhi del pilota si erano accorti di quelle due figure che si trovavano su uno dei balconi dell'hotel.

Jourdan era in piedi, poggiata di schiena al parapetto in vetro spesso e stava ascoltando il discorso che la sua amica le stava facendo. Non riusciva a scorgere molti particolari, data la distanza che li sperava, ma vedeva perfettamente le gambe nude della ragazza, coperte solo per un piccolo pezzo da quei pantaloncini grigi.

Vide però chiaramente il cenno che l'amica le fece, comunicandole senza parole di voltarsi. Lewis mantenne il suo sguardo su di lei, attendendo che quegli occhi azzurri incrociassero i suoi e nel momento in cui accadde, alzò un braccio, salutandola con la mano e un sorriso sulle labbra. Jourdan ricambiò il saluto, ma i due non ebbero tempo per stare lì a scrutarsi, Toto arrivò, ponendo fine a quel contatto visivo, richiamando i suoi due piloti al lavoro.

Lewis entrò dentro il suo box e la ragazza tornò a guardare la sua amica, che imitò il saluto che lui le aveva rivolto. «Smettila» l'ammonì subito, tirandole una leggera sberla sul braccio.

«Che ci posso fare, siete carini» alzò le spalle, guadagnandosi un'occhiataccia.

«Non siamo carini, non siamo nulla. Te l'ho già abbondantemente spiegato l'altra sera» le ricordò, puntandole un dito contro. «Ti avevo detto: niente film mentali. Perché ti conosco e so come fai poi quando ti fissi su qualcosa» Skye alzò gli occhi al cielo, ponendole una mano davanti al volto e stoppando le sue parole.

«Come vuoi» tagliò corto, fingendo di dargliela vinta, non avendo alcuna voglia di riaffrontare quel discorso in cui lei fingeva di avere tutto sotto controllo e che i sentimenti fossero gli ultimi ad essere coinvolti. «Io ora vado a fare qualche telefonata per conto di mio padre, poi decideremo come passare la giornata» rientrò nella stanza, lasciandola sola, fuori su quel terrazzo.

Jourdan rifletté, cercando di risolvere il dilemma che la sua mente le stava ponendo. Rientrare a sua volta o restare ancora un po' lì fuori, godendosi quel sole mattutino? Alla fine, non prese una vera e propria decisione a riguardo. Semplicemente, quando i suoi occhi scorsero nuovamente la figura di Lewis, giù in pista, si dimentico quella di quella scelta.

Il pilota stava camminando verso la linea di partenza di quel tracciato. Era vestito come prima, con la sola differenza che il cappellino sulla sua testa era sparito. Al suo posto, tra le mani, teneva due caschi, uno integrale, lo stesso che usava per correre nelle gare, e uno modello jet, con i medesimi colori dell'altro. Raggiunse Toto e George, che si trovavano già lì, assieme ad altri membri del team.

Un ragazzo, con una professionale macchina fotografica al collo, si avvicinò a lui. «Il capo dice che con le foto devi iniziare tu» parlò, grattandosi la nuca e lanciando una veloce occhiata al team principal.

Lewis annuì, andando a posizionarsi davanti ad una delle tre auto modello sportivo che erano state portate in pista. «Aspetta, quello dammelo» gli prese il casco jet dalla mano, passandolo al collega che lo stava seguendo.

«Possiamo farne qualcuna mentre reggo questo» indicò con il mento il casco che ancora stringeva tra le dita. «E qualcun'altra mentre lo indosso, no?» propose infine.

«Mi piace l'idea» approvò il fotografo. Lewis allora iniziò a mettersi in posa, davanti al muso di quella Mercedes dal colore giallo, che andava a riprendere quello che aveva sul suo casco. Ed era stata una cosa voluta, quell'abbinamento, perché il suo compagno di squadra, infatti, ne aveva una blu, mentre Toto una grigia.

Il pilota si poggiò di poco all'auto dietro di sé, mentre il fotografo continuava a scattare. «Okay, ora prova ad indossarlo» gli disse, soddisfatto di quella prima sessione. Lewis si liberò dell'elastico che teneva legate assieme tutte le treccine, lasciando che gli ricadessero libere a tutti i lati della testa. Con una mano le portò indietro, per poi, con l'altra, iniziare ad infilare quel casco integrale.

Gli occhi di Jourdan, da lontano, stavano seguendo ogni suo gesto. Lo osservavano curiosi, notando la sua bravura nel posare e nel catturare, in tutto e per tutto, l'attenzione dell'obbiettivo. Se non lo avesse conosciuto, se non avesse avuto idea di quale fosse il suo lavoro, si sarebbe tranquillamente fatta ingannare dal fatto che potesse essere un modello, invece che un pilota. E non solo per la sua bellezza disarmante, soprattutto per la naturale bravura che aveva nel prendersi la scena e far ricadere tutti gli occhi su di lui.

Era la prima volta che lo vedeva con indosso quel casco, sopra dei vestiti normali, non abbinato con la solita tuta da corsa. E non sapeva dire in che modo gli stesse meglio. L'unica cosa di cui era consapevole, era quanto riuscisse ad attrarla. Lo vide posare ancora, affiancandosi all'auto e portando una mano ad aggrapparsi in quel piccolo spazio che il visore, tirato su, lasciava. Se fosse stato compito suo decidere quale decretare come miglior scatto, sicuramente avrebbe scelto quell'ultimo.

«Perfetto!» esclamò il fotografo, battendo le mani assieme. «George, tocca a te» richiamò l'altro ragazzo.

La modella osservò anche lui essere protagonista di quegli scatti e poi fece lo stesso con Toto. Si protrasse sul quel balcone decisamente più del dovuto, invasa dalla curiosità di capire che cosa avrebbero fatto in pista con quelle macchine. Una risposta che non tardò molto ad arrivare, perché, una volta terminate le fotografie, i tre procedettero indossando i caschi jet, per poi salire in auto. Altre persone del team si avvicinarono, controllando che le piccole telecamere installate all'interno e all'esterno dell'abitacolo funzionassero correttamente. Per poi accertarsi anche sui microfoni, che avrebbero permesso di registrare qualsiasi cosa avessero detto durante quella piccola gara.

Prima di chiudere definitivamente la portiera della sua macchina, Lewis si prese qualche veloce secondo per lasciare che il suo sguardo ricadesse indisturbato in direzione di quell'hotel. Sul balcone vi trovò ancora Jourdan, ora rimasta sola, intenta a scrutare qualsiasi cosa succedesse su quella pista. Si accorse degli occhi di lui posarsi su di lei, ma decise di fare finta di nulla.

«Mi sentite?» Toto parlò, facendo arrivare la sua voce alle orecchie degli altri due, tramite le cuffiette che tutti stavano indossando.

«Check» rispose Lewis, stringendo già il volante tra le sue mani. Nel suo cervello scattava qualcosa, ogni volta in cui sedeva su un auto e osservava la pista distendersi davanti ai suoi occhi. Era come se un interruttore si accendesse e lasciasse libero sfogo a quella voglia, quella necessità, che il suo corpo avvertiva di percepire la velocità sin dentro le sue vene. Non amava guidare in altre circostanze, anzi, quando poteva lo evitava sempre. Ma, quando sapeva di poter andare veloce, di potersi spingere al limite, allora non riusciva mai a tirarsi indietro.

Ed era proprio quello spingersi al limite che animava il suo corpo. L'adrenalina era come una droga e lui ne era decisamente dipendente. Lo faceva sentire vivo, in un modo che a parole gli sarebbe stato impossibile spiegare. E le corse non erano l'unico modo in cui si nutriva di quella sensazione, lo faceva anche attraverso altre attività, come il surf, lo skydiving, i safari, l'allenamento e qualsiasi altra cosa fosse in grado di dargli quel tipo di brivido.

«Allora? Possiamo partire?» domandò impaziente, nel momento in cui tutti gli altri addetti del team Mercedes si allontanarono dalla pista, mettendosi ad osservarli al di là del muretto dei box.

«Calmo, Lewis. Non avere fretta» ridacchiò Toto, per poi mettere in moto la sua auto. «Come di consuetudine, si parte allo spegnimento dei semafori» avvisò entrambi i piloti. Gli occhi di tutti e tre si puntarono sulle luci davanti a loro, guardandole accendersi e colorarsi di rosso, in sequenza. Quando apparve il verde, poi tutto si spense e nessuno esitò per far scattare le macchine in avanti, oltrepassando la linea di partenza, iniziando a tutti gli effetti quella piccola gara.

Era un qualcosa organizzato dal team, per creare dei contenuti social per i fan, per promuovere il marchio e le auto Mercedes e anche per dare visibilità ad alcuni sponsor. Una mix perfetto in un solo video. Lewis non era solito prendere parte a quel tipo di contenuti e anche loro come squadra non li facevano in modo sovente, ma quella volta, in onore del Gran Premio di casa di entrambi i piloti, avevano deciso in modo unanime di realizzarne uno, facendo mettere in gioco le tre figure più importanti.

«Sorpassare il capo, mossa audace George» scherzò Lewis, parlando nel microfono, che dal casco arrivava quasi alle sue labbra, nel momento in cui, dal suo specchietto retrovisore vide la macchina del ragazzo passare avanti rispetto a quella di Toto.

«Sì, George, fossi in te non oserei troppo» rispose l'austriaco, premendo l'acceleratore e avvicinandosi nuovamente a lui.

Il ragazzo si spostò sulla sinistra, proteggendosi da un possibile sorpasso di Toto e cercando di capire se fosse stato possibile tentarne uno su Lewis, che gli stava davanti. «Vi siete coalizzati contro di me?» domandò, sorridendo appena, mantenendo la concentrazione.

Lo scambio di battute andò avanti ancora per poco, perché quando iniziarono il secondo giro, tutti e tre si ritrovarono più vicini e le loro posizioni si scambiarono. George passò in testa e Toto quasi mando Lewis giù al terzo posto. Alla fine, quest'ultimo, riuscì a riprendersi la prima posizione e la protesse fino al termine di quella breve gara.

Durante tutto quel tempo, Jourdan non si era mai mossa dal balcone, restando poggiata al parapetto, con gli occhi fissi sulla pista. Aveva seguito ogni movimento delle auto e ora che si erano fermate, continuava a mantenere l'attenzione sui tre uomini che erano scesi. Si erano tolti i caschi, avvicinandosi e stringendosi le mani. Continuarono a parlare tra loro per un po', scherzando e lasciandosi delle pacche sulle spalle. Lewis, poi, senza farsi notare, nel mezzo di una conversazione intrattenuta tra George e Toto, voltò la testa in direzione dell'hotel. Si stupì nel ritrovare ancora, con sua piacevole sorpresa, la ragazza lì affacciata.

Intuendo che dovesse essere rimasta ad osservarli per tutto il tempo, le rivolse un sorriso contento, che lei ricambiò senza esitazioni. E poi, seguendo quell'impulso della sua mente, alzò una mano, facendole segno con un gesto di raggiungerlo lì. Jourdan, per un attimo pensò di esserselo immaginata, di non aver visto bene e aver frainteso quello che poteva essere, ancora una volta, un saluto. Ma, quando lui lo ripetè, capì che invece la stava davvero invitando a scendere e raggiungerlo.

La sua mente sembrò quasi spegnersi, come incapace di prendere una decisione a riguardo. Non sarebbe stata la prima volta in cui si ritrovavano assieme, però sarebbe avvenuta in circostanze un po' diverse dal solito. Su quella pista vi era poca gente, non c'era una gara o un evento e quindi, nessuna scusa a coprire la presenza di entrambi lì. Se qualcuno avesse deciso di raccontare in giro come lei, dall'hotel, si fosse recata sul circuito per restarsene sola con Lewis, una marea di nuovi articoli sarebbero usciti.

Era anche vero però, che su quella pista vi era presente Daniel e pure Lando, entrambi amici di suo fratello, persone che conosceva. Lewis quindi poteva non essere l'unica ragione per la quale si sarebbe potuta trovare sul tracciato. Insomma, alloggiava nell'hotel del circuito, aveva visto dei suoi amici lì sotto e aveva pensato di passare a salutarli, prima di uscire con la sua amica. Come copertura avrebbe potuto reggere.

Con questa convinzione nella mente, decise di rispondere all'invito di Lewis, a sua volta con un gesto della mano, facendo il numero cinque con le dita e indicandogli che sarebbe scesa da lì a poco. Il tempo di indossare qualcosa di più consono rispetto al pigiama.

Rientrò velocemente in camera, fiondandosi verso la sua valigia, che aveva deciso di non svuotare, visti i pochi giorni in cui si sarebbero fermate in quell'hotel, prima di cambiarlo e dirigersi a Londra, più lontano dal via vai che avrebbe interessato il circuito a partire da venerdì, fino alla domenica. «Quanta fretta» commentò Skye, riapparendo dal salotto di quella suite, facendola sussultare.

«Sto solo cercando qualcosa da mettermi» rispose vaga, continuando a frugare in quel bagaglio.

«Hai scelto cosa fare oggi per passare il tempo?» le chiese, alzando un sopracciglio. Jourdan non rispose subito, cercando di pensare ad una possibile scusa da inventarle, per poi rendersi conto che sarebbe stato del tutto inutile. Nel caso in cui l'amica si fosse affacciata dal balcone, avrebbe potuto vederla lì sotto. E poi, proprio lei era l'unica a sapere di quello che realmente era accaduto con Lewis. Capì quindi che non valeva la pena scervellarsi per trovare una bugia plausibile.

Alzò la testa, osservandola dal basso. «No, ma per il momento vado giù in pista» confessò, facendole comparire sul volto un sorriso divertito.

«Ma dai. E si può sapere a fare che cosa?» insistette curiosa.

«A salutare Daniel» provò a farle credere.

«Certo, come no» non abboccò nemmeno per un secondo a quella frase. Skye decise di avvicinarsi a lei, chinandosi a sua volta su quella valigia. Recuperò una gonna corta, dal taglio dritto e il colore giallo pastello, decorata da dei piccoli fiorellini lilla e rosa chiaro. La lanciò sul letto, per poi afferrare anche un un cardigan a maniche corte, dello stesso colore della gonna, ma adornato da un motivo a costine non troppo fini. «Ecco, metti questo» decretò, tornando in piedi soddisfatta.

Jourdan fece lo stesso, osservando quei due capi poggiati sul piumino del letto. «Ottima scelta» annuì, correndo verso il bagno per sciacquarsi il viso e lavarsi velocemente. Riapparve qualche minuto dopo, con anche i capelli pettinati. Si spogliò definitivamente, indossando quei vestiti che l'amica aveva scelto per lei. Tirò su la zip della gonna, ma, prima che potesse chiudere il cardigan, Skye la fermò.

«Allaccia solo questi due» le disse, facendolo al posto suo, infilando nelle asole il secondo e il terzo bottone di quel capo.

«Forse è meglio chiudere anche il primo, sono anche senza reggiseno» rifletté ad alta voce, notando che lo scollo, in quel modo, a seconda di come si muoveva, faceva un gioco vedo e non vedo. E quella sarebbe stata una situazione in cui, forse, osare non era la cosa più saggia da fare.

«Appunto per questo che devi lasciarlo aperto» le rispose per tanto l'amica. «Se non ti diverti adesso, quando pensi di farlo» aggiunse, passandole un paio di tennis bianche.

Jourdan aggrottò la fronte. «Mi sono già divertita abbastanza» si sedette sul bordo del letto, per infilare le calze e successivamente le scarpe.

«Sì, ma l'hai sempre fatto nel modo sbagliato» le fece notare, riferendosi alle sue brutte abitudini passate. «E se c'è una cosa di cui sono certa, è che divertirsi con uno come Lewis, è tutto fuorché sbagliato» concluse, accompagnandola fino alla porta di quella stanza, quasi più impaziente di lei.

«Meno male che mio fratello ti aveva chiesto di tenermi d'occhio» le ricordò, sorridendo divertita.

«Ho un debole per lui, ma non per questo impedirò alla mia amica di frequentarsi con il sogno erotico di praticamente più di metà popolazione del pianeta» scherzò. La stava buttando sempre e solo sul lato fisico, ma aveva intuito che quella conoscenza con Lewis, in realtà le stava facendo decisamente bene soprattutto sotto l'aspetto psicologico.

Quando le aveva raccontato ogni cosa successa tra loro, lei aveva visto nei suoi occhi una specie di scintilla di felicità. L'aveva vista semplicemente serena e contenta nel rivivere a parole quei momenti che aveva condiviso con lui. Certamente vi era dell'attrazione fisica tra i due, era stata in grado di capirlo ancora prima di essere messa al corrente di tali dettagli, le era bastato osservarli quel giorno sulla spiaggia di Larvotto, per comprendere la chimica naturale che vi era tra i loro corpi.

Oltre a ciò però, era chiaro che, anche se presto per definirlo in modo concreto, vi fosse un interesse più profondo tra i due. Non si trattava di amore, per quello ci voleva più tempo, ma era sicura che la curiosità di conoscere quanto più possibile l'uno dell'altra, fosse forte e reciproca. Un qualcosa di cui anche loro stessi ne erano consapevoli, nonostante tendessero ancora a negarlo fin troppo spesso alle loro menti, nascondendosi dietro piccole scuse e bugie che si raccontavano da soli.

«Quando ti deciderai invece tu a parlare con Max?» domandò, ormai oltre la soglia della porta. Skye si preoccupava sempre per la vita privata dell'amica, a volte facendo anche più del necessario e poi si dimenticava della sua. Dava consigli saggi agli altri, che lei però non seguiva.

La bionda fece aleggiare una mano. «Io e lui siamo a posto così» mentì, perché non era vero. O almeno, per lei quella situazione non era affatto l'ideale. Restare in quel limbo di ipotesi e supposizioni, senza mai avere una chiara risposta su nulla, era snervante. Eppure non faceva nulla per cambiarlo. Sapeva che sarebbe bastato prenderlo da parte, mostrargli le carte in tavola e rischiare un po', sperando che lui fosse della sua stessa idea. Sembrava decisamente più facile a dirsi che a farsi. Skye preferiva mantenere l'amicizia con lui, piuttosto che rovinare tutto confessandogli di provare qualcosa di più nei suoi confronti.

E così, restava in compagnia dei suoi dubbi, che la portavano a domandarsi se Max si ricordasse di quel bacio che si erano scambiati in discoteca o se fosse stato troppo ubriaco, in quel momento, per rendersene davvero conto. A chiedersi se anche lui, quando erano assieme, avvertiva quella voglia stare più vicini, di passare ore a parlare e ridere, come capitava a lei.
Alla fine, anche se per problemi diversi, esattamente come Jourdan, aveva tante domande nella testa e nemmeno una risposta.

La modella uscì definitivamente da quella stanza, dirigendosi verso l'ascensore e scendendo fino al piano terra. Camminò lungo le alte protezioni che circondavano tutto il perimetro della pista, arrivando fino all'entrata di quella pit-lane. La oltrepassò, incrociando, in lontananza, lo sguardo di Lewis. Il pilota le andò incontro, sfoggiando quel suo sorriso brillante e genuino. «Ehi» la salutò, fermandosi a pochi centimetri da lei.

«Ehi» rispose, stringendosi nelle spalle e lanciando una veloce occhiata al team principal che, più in là, li stava osservando con le braccia conserte e un'espressione seria.

Gli occhi del pilota si presero il loro tempo per ammirare il corpo di lei, vestito in un modo che lui avrebbe definito delicato. Risalì dalla porzione di pancia che il cardigan lasciava scoperta, soffermandosi su quello scollo a V, che gli rese impossibile non notare che sotto di esso non stesse indossando nulla. Si diede una scossa immaginaria, riprendendosi mentalmente e maledicendosi per quella voglia di avventarsi sulle sua labbra, che già lo aveva invaso.

«Non pensavo che con il tuo "Arrivo domani" intendessi che saresti arrivata proprio qui sul circuito» citò il messaggio che gli aveva inviato, cercando anche distrarsi dai suoi pensieri.

«La mia amica ha deciso di prendere una camera in questo hotel, fino a venerdì mattina» spiegò.

Lewis aggrottò le sopracciglia. «Andrai via prima del weekend?» chiese confuso, quasi deluso.

«Oh, no» scosse la testa. «Semplicemente ci spostiamo nel centro di Londra, per non stare qui in mezzo alla miriade di persone che arriverà per l'occasione.»

«Il centro di Londra è rinomato per la sua tranquillità invece» rise divertito, facendo fare lo stesso anche a lei, prima di sistemarsi meglio quelle tre collanine che portava al collo, tutte fini, composte da piccoli quadratini brillanti, dai colori che sfumavano dal viola al verde. Degli accessori che era sempre solito portare e che lei apprezzava particolarmente su di lui.

«Sicuramente lo sarà più che questo posto durante un Gran Premio» rispose per tanto.

Lui arricciò le labbra. «Effettivamente» le diede ragione. «Hai guardato tutta la nostra piccola gara?» cambiò discorso, curioso di sapere tale informazione.

Lei annuì. «Se non ho capito male,  hai anche vinto» alzò un angolo della bocca, notando la sua espressione fiera. «Comunque, gran belle macchine» aggiunse, lasciando che i suoi occhi ricadessero su di esse.

«Ti piacciono?» domandò retorico, voltandosi a sua volta a guardarle. «Vieni» la invitò allora, iniziando ad incamminarsi in quella direzione. Jourdan, titubante, iniziò a seguirlo, sperando con tutta se stessa di aver preso la scelta giusta, non volendo che tutta quella storia potesse ritorcersele contro, portando ad altri articoli o altre liti con il fratello.

Camminarono lungo quella pit-lane, sorpassando i box dei vari team e soffermandosi per poco davanti a quello della McLaren, dal momento in cui Daniel corse fuori. «J, non sapevo fossi qui» l'attirò in un abbraccio.

«C'è anche Skye» si affrettò a dire, come per mascherare il fatto che si trovasse in quel posto ed evitare che pensasse fosse lì solo con Lewis.

«Allora dopo vado a salutare anche lei» parlò. «Ci vediamo in questi giorni» disse poi, sapendo di dover ritornare al lavoro per terminare di filmare quei video per il suo team. Jourdan lasciò che il suo sguardo si incrociasse con quello di Lando. Il ragazzo era rimasto dentro i box, ma non aveva ignorato del tutto la sua presenza, osservando di sottecchi quella scena.

Sia lui che Daniel erano amici di suo fratello e sperava che entrambi non si lasciassero scappare, in sua presenza, il fatto di averla vista assieme a Lewis quella mattina. Sapeva che l'australiano non avrebbe mai fatto la spia, ma sapeva anche che le probabilità che quell'informazione sfuggisse dalla sua bocca, in un momento di distrazione, erano tante. Dall'altra parte, invece, non conosceva così bene Lando, da poter definire se fosse o meno quel tipo di persona che non sapeva farsi gli affari propri. Forse non stava aspettando altro che vederla proseguire su quella pit-lane, per poi dire a Max dove si trovasse e con chi.

Le cose però non stavano così. Lando era solito farsi gli affari propri, quando si trattava di qualcosa che non lo riguardava. Ecco perché, nonostante tutto quel tempo passato, non aveva mai comunque chiesto all'amico nessun tipo di informazione in più riguardo sua sorella, accontentandosi di quelle che lui stesso gli aveva detto. Certo, si stava domandando cosa ci facesse lì e come mai fosse proprio al fianco di Hamilton. Infondo, gli articoli di giornale li aveva letti anche lui e chiedersi se allora fossero veri, era inevitabile in quel momento. In ogni caso, quando i due oltrepassarono i box della McLaren, lui tornò a concentrarsi sul suo lavoro, fingendo di non averli mai nemmeno visti.

Dopo alcuni altri passi, mossi in silenzio tra loro, i due raggiunsero i garage Mercedes, soffermandosi davanti ad essi. «Abbiamo un ospite oggi» il team principal si avvicinò a loro, tirando le labbra in un sorriso gentile, smorzando quell'espressione seria. «Piacere, Toto» si presentò, allungandole una mano.

Lei la strinse decisa. «Jourdan» rispose semplicemente, ricambiando anche quel sorriso.

«Non male, vero?» le chiese poi, notando come il suo sguardo continuasse a ricadere su quelle auto sportive, intuendo il suo interesse.

«Sono stupende» ammise, avvicinandosi di poco, lasciando gli altri due un po' più indietro, dando così la possibilità a Toto di spostare lo sguardo su Lewis, senza essere notato da lei.

Con le dita gli fece il segno dell'okay, comunicandogli la sua approvazione verso quella ragazza che, non solo era molto bella, ma gli era sembrata anche gentile e soprattutto interessata alle auto. Toto non aveva idea di chi fosse, non sapeva facesse la modella e fosse famosa a livello mondiale, perché non si era mai interessato di quel mondo.

Lewis, con le sole labbra, senza emettere alcun suono, gli mimò uno: "Smettila", ammonendolo prima che potesse dire altro a riguardo. Lui però sembrò non ascoltarlo, continuando per la sua strada, divertendosi a stuzzicarlo in quel modo.

«Non posso fartene guidare una» la informò, attirando tutta l'attenzione di entrambi, che stavano cercando di capire dove volesse andare a parare. «Ma, c'è ancora un po' di tempo prima del nostro ritorno in hotel» indicò i membri del team che si trovavano nel garage dietro di loro. «Quindi, forse, Lewis può portarti a fare un giro in pista» lanciò quell'idea, guadagnandosi subito uno sguardo stupito da parte del pilota.

Nonostante ciò, non si fece trovare impreparato, saltando subito sull'onda di quella proposta. «Ti va?» le chiese, avvicinandosi a lei.

Contrariamente a quanto si aspettava, il suo cervello decise di non remarle contro, non ponendo alla sua attenzione nemmeno un singolo dubbio riguardo quella domanda. «Sì, sarebbe fantastico» acconsentì, presa da un'irrefrenabile voglia di salire su quell'auto dalla carrozzeria gialla. Era già stata in macchina con Lewis e si era resa conto di quanto sapesse guidare bene, tuttavia era curiosa di scoprire come sapesse farlo nel momento in cui non aveva alcun limite di velocità da rispettare o altre possibili macchine a creare traffico.

«Hannah, puoi portarci due caschi, per favore» Toto si voltò, alzando la voce, di modo che quella ragazza, all'interno del loro box, potesse sentirli. Poco dopo, li raggiunse, porgendo prima a Lewis il suo casco jet, lo stesso che aveva indossato precedentemente, durante quella piccola gara per il video. E poi a lei un altro, molto semplice, bianco, con sopra i loghi degli sponsor e centralmente quello Mercedes. «Ti spiegherà tutto lui, io vado a finire di fare alcune cose in ufficio» si congedò con quella frase, per poi lasciarli soli accanto alla vettura.

«In realtà non c'è niente da spiegare» Lewis fece spallucce. «Ti metti il casco, ti accomodi sul sedile del passeggero, allacci la cintura e poi non ti resta altro che fidarti di me» le rivolse uno sguardo sagace.

Jourdan si spostò i capelli dietro le orecchie. «Mi toccherà fidarmi allora, per questa volta» disse, infilando il casco, per poi allacciarlo.

Il pilota, ancora una volta, sciolse quelle treccine, indossando la protezione e avvicinandosi di più a lei. «Per questa volta» ripeté, sfiorandole il braccio con la mano, provocandole una scossa di brividi lungo tutta la spina dorsale, per quel minimo contatto inaspettato. La oltrepassò, dirigendosi verso la portiera, aprendogliela. «Prego» la invitò a salire, facendola sorridere per quell'ennesimo gesto gentile. Una volta dopo essersi seduta, lui aggirò l'auto, prendendo posto alla sua destra. Erano in Inghilterra e giustamente avevano scelto auto con la guida da quel lato.

Lo guardò allacciarsi la cintura e controllare gli specchietti. Lewis si sistemò meglio sul sedile in stoffa con inserti in pelle, prima di mettere in moto l'auto, che si accese con un rombo. «Puoi tenerti alla maniglia della portiera» l'avvisò, indicandogliela.

«Non credo che mi servirà-» le sue parole si stopparono nell'esatto momento in cui lui premette il piede sull'acceleratore, facendo scattare quella macchina in avanti e spingendo il suo corpo ad aderire completamente con lo schienale di quel sedile. «Cazzo, okay, mi tengo» commentò, afferrando quella maniglia, stringendola tra le dita sottili.

Lewis sorrise divertito, lanciandole una veloce occhiata. «Il rettilineo che stiamo percorrendo porta il mio nome. Mentre le prossime due curve, molto dolci, si chiamano Abbey e Farm» le spiegò, prendendo quell'occasione per illustrare un po' anche il suo circuito di casa.

Jourdan recepì quelle informazioni, ma non le immagazzinò in quel momento, troppo concentrata ad osservare la strada che scorreva veloce davanti a loro. Il cuore aveva preso a batterle più forte nel petto, animato da quella sensazione di adrenalina che il suo corpo stava vivendo. Staccò gli occhi dalla strada solo per osservarlo mentre scalava le marce e girava il volante, premendo i pedali con una straordinaria abilità e imboccando la quinta curva che si parava sulla loro strada. Quella volta la affrontò in un modo un po' diverso dalle precedenti, facendo sterzare l'auto e lasciando che scivolasse lateralmente lungo tutta la sua lunghezza. Non credeva che potesse trovare tanto sexy l'azione di guidare una macchina, ma lui le aveva appena dato tutta un'altra prospettiva.

Voltò velocemente la testa, portando i suoi occhi a guardare fuori dal finestrino, il fumo che gli pneumatici avevano prodotto a quel contatto con l'asfalto e il modo in cui avessero lasciato alcuni segni del loro passaggio. Un sorriso entusiasta le si formò sul volto, non aveva paura, il suo corpo e la sua mente si stavano fidando del tutto di Lewis. Aveva appurato che sapeva bene ciò che stava facendo e soprattutto che fosse decisamente bravo nel farlo, perciò si godette quel giro di pista con la testa sgombra e la sola idea di divertirsi quanto più possibile.

Il pilota diminuì la velocità, affrontando il tornante, per poi aumentarla nuovamente quando si ritrovò sul successivo rettilineo. Ogni tanto, staccava per pochissimi secondi gli occhi dalla strada, per osservare il viso di lei. E, nel vederlo adornato da quell'espressione divertita, si sentiva felice, venendo spronato a fare ancora meglio durante quella guida. La linea del traguardo iniziò ad intravedersi in lontananza e lui rallentò. «Ne vuoi fare ancora uno?» le chiese, temendo che quel sorriso, che tanto gli stava piacendo, potesse spegnersi.

«Se puoi, sì» rispose entusiasta. Era la prima volta che saliva su un auto che andava a tale velocità e veniva guidata su un tracciato che permettesse di fare quel tipo di manovre. Dal momento in cui aveva acconsentito a fare quei giri sul circuito, che poi scoprì chiamarsi hot laps, non aveva idea di cosa aspettarsi, né di come il suo corpo avrebbe reagito. Era curiosa di farli con lui alla guida, ma non avrebbe mai pensato che le sarebbero piaciuti tanto. Era una delle cose più divertenti che avesse mai provato e mentre lui premeva il piede fino in fondo sull'acceleratore, passando nuovamente dal via e iniziando un secondo giro, lei avrebbe tanto desiderato saper guidare in quel modo. Ma si accontentava anche di essere una semplice passeggera, godendosi ogni sensazione che stava provando.

Lewis affrontò nuovamente qualche curva facendo sterzare la macchina, tenendola sempre perfettamente in pista, senza nemmeno una sbavatura. «Quando arriviamo sul rettilineo della partenza, ti mostro anche i burnout, tanto ormai le gomme sono già andate» le disse, sapendo che, in ogni caso, quell'auto, così come le altre due, sarebbero dovute passare sotto le mani dei meccanici, per cambiare gli pneumatici e fare alcuni controlli.

«Che cosa sono?» chiese, aggrappandosi meglio alla maniglia, mentre uscivano dall'ennesima curva ad una elevata velocità.

«Adesso lo vedrai» rispose, restando vago. Raggiunta nuovamente quella linea del traguardo, Lewis fermò l'auto, voltando il capo verso di lei. «Continua a tenerti, mi raccomando» si accertò, facendola annuire in modo deciso. Tornò a concentrarsi sul volante, sotto lo sguardo attento di lei, che osservò ogni suo movimento. Schiacciò la frizione, ingranando la prima marcia, lasciò il freno, che stava tenendo con l'altro piede, permettendo all'auto di scivolare leggermente all'indietro e poi, con un veloce scatto, premette l'acceleratore, facendo ruotare il volante e lasciando la frizione. Mantenendo il controllo su quell'unico pedale e sul volante, fece girare la macchia a trecentosessanta gradi, formando dei veri e propri cerchi sull'asfalto, marchiandolo nuovamente dai segni degli pneumatici.

Jourdan rise divertita. «Che cazzo, è assurdo» commentò, quasi incredula, non riuscendo davvero a capire come si potesse avere un controllo tale di una vettura. Sapeva che l'essere un pilota era il suo lavoro e sapeva che era uno di quei trucchi che probabilmente chiunque guidasse una Formula Uno sapeva fare. Ma viverlo in quel modo, stando nel sedile del passeggero e osservando con quanta naturalezza lo stava compiendo, la lasciava quasi senza parole.

Lewis fece ancora qualche giro su se stesso, prima di fermarsi definitivamente e spegnere l'auto. «Ti giuro, vorrei troppo saper guidare così anche io» commentò, slacciandosi la cintura, affascinata da tutto ciò che aveva appena visto e vissuto.

Il pilota si liberò del casco e lei imitò quel gesto, poggiandolo accanto ai suoi piedi. «Puoi sempre imparare» le disse, adagiando il braccio tra i due sedili. I loro occhi si incatenarono, fissandosi per qualche secondo in silenzio.

«Mi insegneresti tu?» domandò lei, dimenticandosi per un attimo dove si trovasse e sporgendosi verso di lui. Avvertì la sua mano poggiarsi sulla coscia nuda, toccando la sua pelle chiara, diventata improvvisamente bollente e non per via del caldo estivo.

Il pilota fece svicolare di poco più in giù le dita, iniziando ad accarezzarle leggermente e con lentezza l'interno coscia. «Perché no, se mai ce ne fosse l'occasione, potrei farti da insegnate» rispose, ormai decisamente troppo vicino al suo volto. L'indice si spinse leggermente più in su, arrivando a pochi centimetri dal suo inguine, facendole stringere d'impulso le gambe, intrappolando la sua mano tra esse.

«Lewis» lo richiamò, per poi deglutire, cercando di aggrapparsi a quell'ultimo bagliore di razionalità che illuminava la sua mente.

«Uhm» disse semplicemente, alzando il volto e tornando a guardarla negli occhi, dalle pupille ormai già dilatate.

«Poco più in là c'è il tuo team e anche quello della McLaren» gli ricordò, aprendo di poco le gambe, permettendogli nuovamente di muovere la mano. Sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi per qualche secondo, quando i polpastrelli le sfiorarono anche l'altra coscia. «E... e da qualche parte c'è anche il tuo capo» aggiunse, lanciando una veloce occhiata verso i box, notando come la stessa ragazza che aveva portato loro i caschi, stava camminando in direzione della macchina.

«Sì, purtroppo lo so» commentò, passandosi l'altra mano sul volto, cercando di mettere un freno a tutta l'eccitazione che stava animando il suo corpo. «Hai detto che resti nei paraggi fino a domenica, giusto?» volle accertarsi nuovamente.

Jourdan annuì in modo veloce. «Sì» parlò poi, facendogli interrompere ogni contatto con lei, con la speranza che, durante quei giorni, sarebbero riusciti a ritagliarsi del tempo da poter passare insieme, da soli. La ragazza scese velocemente dall'auto, avendo bisogno di più aria, per scacciare via tutte le sensazioni provate, alle quali non aveva potuto dare sfogo. Anche Lewis fece lo stesso, passando entrambi i caschi nelle mani della ragazza che lo aveva raggiunto.

«Devo riportare la macchina ai box?» le chiese.

«No, tranquillo. Ci pensano loro» rispose lei, indicando alcuni meccanici che si stavano accingendo a raggiungerli.

Il pilota tornò a concentrarsi sulla modella. «Vuoi che ti riaccompagni all'hotel?» domandò, nonostante sapesse che la distanza che la separava da quell'edificio fosse alquanto minima.

Avrebbe voluto dire di sì, ma così facendo avrebbe solo rischiato di mettersi ancora una volta in una situazione pericolosa assieme a lui. E forse non era il caso di tirare così tanto la corda, visto tutti gli occhi che già avevano addosso da giorni e giorni. «Oh, no, tranquillo» declinò quell'offerta.

«Ci vediamo in questi giorni, allora» non era una domanda, ma aveva tutta l'aria di esserlo, dato il tono e l'espressione che aveva assunto il suo viso.

«Certo» gli confermò, sperando di poterlo rivedere il prima possibile, soprattutto in una situazione decisamente più tranquilla di quella. Senza aggiungere altro, girò sulle sue scarpe, voltandosi e iniziando a camminare velocemente vero l'uscita di quel circuito. «Porca puttana» imprecò, prendendo un profondo respiro, rivivendo per qualche secondo tutte le sensazioni che aveva provato, durante i giri in macchina e alla fine, grazie a quel semplice contatto tra di loro. Scosse la testa, cercando di scacciare tutti quei pensieri da essa.

Sentendosi osservata, istintivamente alzò lo sguardo, portandolo sul balcone della sua stanza d'hotel, trovandoci sopra Skye, che la stava fissando con un sorriso compiaciuto, mentre con la stessa annuiva. Intuì che dovesse aver visto qualcosa, sapendo che non l'avrebbe lasciata in pace fino a quando non l'avrebbe aggiornata su ogni cosa. Si ricordò anche che suo fratello sarebbe arrivato il giorno seguente e che aveva ancora quel problema con Rob da risolvere. E in un attimo tutte le sensazioni positive vennero spazzate via.

Emise un gemito frustrato, lasciandosi ricadere le braccia lungo i fianchi, consapevole del fatto che quelli, probabilmente, sarebbero stati dei lunghissimi giorni da affrontare.

🌟🌟🌟

Non dimenticatevi di lasciare una stellina🙏🏻

Jourdan ha avuto l'opportunità di fare quello che io ho sempre desiderato di fare, degli hot laps con un pilota di F1 alla guida. Chissà se prima o poi diventerà realtà anche per me🤞🏻

In ogni caso, Skye è ormai sempre di più fan di questa possibile relazione tra Jourdan e Lewis. E anche Toto sembra aver fatto del suo, proponendo ai due quel giro del circuito👀

È stato un capitolo privo di problemi, ma non abituatevi, perché come sapete, Max deve arrivare a sua volta in Inghilterra e Rob sta ancora aspettando le sue informazioni. In più, chissà se davvero Daniel e Lando non si faranno scappare di aver visto la modella assieme a Lewis🤷🏻‍♀️

Per scoprire tutto ciò, non dovrete fare altro che continuare a leggere😈

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XOXO, Allison💕

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