XLVIII: Back for you.
"Hostage" | Doncaster
Quando mi svegliai erano già le dieci del mattino.
Mi rigirai nel letto facendo attenzione a non svegliare Zayn, ma quando mi girai dall'altro lato, rimasi sorpresa non non trovare il suo corpo accanto al mio.
Il letto era disfatto e sul comodino vi era un foglietto, il quale intuii fosse da parte di Zayn.
Mi allungai sul letto per prenderlo e quando lo rigirai fra le mie mani, mi accorsi della sua calligrafia, similissima a quella di Niall.
'Sono andato via perché non so nemmeno come ci sia finito nel tuo letto e sono sicuro che Louis non ne sarebbe stato contento. Possiamo vederci oggi? Vorrei parlarti. Buongiorno, Zayn'.
In parte risi leggendo le righe dedicate a mio fratello, ma subito dopo il mio cuore sobbalzò, leggendo il resto della frase.
Vederci.
Mi chiesi se voleva parlare di cosa fosse successo la serata prima, ancor prima di tornare ubriaco, o se volesse semplicemente discutere di noi...
Posai il biglietto sul letto e mi alzai se pur contro voglia, andando verso in bagno.
Mi lavai, mi cambiai e mi infilai una vecchia maglietta nera che indossavo ancora quando vivevo in Inghilterra con i miei. Misi dei jeans azzurri e delle scarpe basse che nemmeno sapevo di avere.
Mi diressi verso la camera di Louis per accertarmi che stesse dormendo e che non fosse andato a lavoro con papà.
Perché se solo fosse stato così, avrei dovuto sentire la sua ramanzina per non aver ritrovato Zayn in camera sua e per averlo lasciato dormire con me.
Ma quando andai a cercarlo in camera, non lo trovai. Andai in bagno, in soggiorno ed infine raggiunsi la cucina, dove ahimè, trovai mio fratello.
Era seduto sul divano e cambiava continuamente i canali della televisione, mentre con l'altra mano si portava i cereali in bocca.
'Buongiorno', dissi, andando verso la cucina.
Non ero pronta ad affrontarlo, per questo parlai a bassa voce e cercai di evitarlo.
Mi versai il latte che era già pronto nella tazza e pensai che sarebbe stato meglio mangiare velocemente e scappare nelle altre stanze, pur di non sentirlo.
'Papà ha visto la macchina di Zayn stamattina', la voce di Louis alle mie spalle mi fece sussultare.
A quelle parole posai la tazza sul bancone e presi un profondo respiro.
'E che ha detto?' Chiesi, senza nemmeno girarmi a guardarlo.
'Gli ho detto che era un mio amico'.
Quando disse quella parole non potei far a meno di tirare un sospiro di sollievo.
Rialzai la tazza e la portai fra le mie labbra, bevendo un lungo ed interminabile sorso di latte.
'Ma questo non toglie niente al fatto che Zayn stava dormendo nel tuo letto', aggiunse poco dopo, severamente.
Mi girai e camminai verso di lui in silenzio, poi andai a sedermi a pochi centimetri di distanza dal suo corpo, sul divano.
'Non è successo niente', dissi, cingendo le mani attorno alla tazza calda.
Sentii i suoi occhi bruciarmi addosso, intensamente, quasi come se volesse leggermi dentro e scovare ogni singolo segreto.
E restò così fino a quando, deluso, si convinse del fatto che non avrei lasciato trapelare niente: 'avete scopato? Chiese schietto, con ostinazione.
A quella domanda, quasi non sputai tutto il latte nella tazza.
Mi girai a guardarlo e scossi velocemente la testa, deglutendo. 'No, scherzi!?'
Louis mi guardò poco convinto e mi lanciò un occhiataccia, portandosi una manciata di cereali in bocca.
'Lo spero per lui...' commentò, masticando nel frattempo.
L'America ormai era un sogno lontano, i soldi erano diminuiti e se volevo sapere cosa farne dalla mia vita, sarei dovuta restare in Inghilterra.
I soldi era un motivo abbastanza convincente per impedire al mio cervello di ammettere che fosse Zayn la causa principale.
Non sapevo come sarebbero andate avanti le cose tra noi, ma di certo speravo che in qualche modo migliorassero e che lui facesse qualcosa per farsi perdonare.
Volevo stare con lui, si, inutile negarlo. Ero stata molto arrabbiata con lui ed un po' lo ero ancora, ma non ero affatto pronta a rinunciare o a voltare pagina, prendere il primo volo e tornare in America per vivere la mia vita di prima.
E poi, Harry.
Lui mi occupava spesso la mente.
Niente e nessuno mi levava di dosso i sensi di colpa e la paura che potesse succedergli qualcosa.
Perché, diciamocela chiara. Se solo gli fosse successo qualcosa io mio sarei sentita tirata in ballo, mi sarei sentita una nullità per tutta la vita.
Chi vorrebbe avere un ragazzo dolce e giovane come Harry nella coscienza?
Lo conoscevo poco ma quel poco bastava per farmi capire che volevo aiutarlo, dovevo farlo.
Sospirai presa dai miei pensieri e posai la tazza ancora calda sulle mie ginocchia.
'Cosa c'è?' Sentii mio fratello accanto a me, ma non risposi.
Erano troppe le cose che non andavano nel verso giusto, troppe le cose da aggiustare e poca era la voglia di rifletterci su e raccontarle.
'Qualcosa non va?' Domandò ancora. Sentii la sua mano vagare sulla mia gamba e dopo qualche secondo perso a cercarmi, afferrò la mia mano.
'Se vuoi perdonarlo...' Lo sentii sospirare, 'provaci', era titubante quanto me forse, ma sapevo che lo diceva soltanto per farmi del bene.
Mi girai a guardarlo e lui sorrise gentilmente. 'Mi sta sul cazzo, non lo nego, ma il cuore è tuo...' Alzò le spalle e ancor prima che potessi dire qualcosa, lasciò la mia mano e mi abbracciò.
Mi strinse talmente forte che quasi non scoppiai a piangere soltanto per l'emozione. Era bello sentirselo dire da parte sua, generalmente era un ragazzo testardo ed adoravo il fatto che per me lasciasse da parte l'orgoglio.
'Lo ami tanto...' Disse sul mio orecchio, accarezzandomi la schiena.
Una lacrima mi percorse la guancia e strinsi subito gli occhi per evitare di continuare...
'È un idiota, ma lo ami' intuii che si fosse corretto dopo avermi sentito piangere e feci una risatina, stringendo ancora più forte le braccia intorno al suo corpo.
Dopo qualche ora passata a discutere con Louis delle sue cose, di cosa ne pensasse del lavoro di papà e di cosa voleva fare un giorno, quando avrebbe smesso di fare il
servo' per suo padre... I nostri genitori tornarono.
Per prima cosa ascoltammo nostro padre fare un'infinità predica per il fatto che avesse trovato un suo 'amico' a casa nostra e che non lo avesse avvisato, poi ascoltammo nostra madre che invece ci chiedeva per quale motivo avesse sentito suonare alla porta alle quattro di notte.
Cercammo di cambiare argomento nonostante le occhiatacce di Louis e c'è la scampammo così per il pranzo.
Verso le due, quando mio padre stava per tornarsene a lavoro con mio fratello, decisi di andare in camera e cambiarmi per uscire.
'Dove vai tesoro?' Mia madre mi richiamò, mentre di spalle lavava i piatti nel lavandino.
Mi voltai verso di lei e sbuffai, guardando con la coda dell'occhio Louis, ancora seduto a tavola.
Lui sopportava quella lagna da anni ormai ed era felice di dover suddividere i nostri genitori.
'Esco'. Tagliai a corto e feci per voltarmi, quando mia madre intervenne ancora, voltandosi verso di me questa volta.
'Senti ma...' Mi osservò dalla testa ai piedi mentre si sfilava i guanti di latrice. 'Cos'hai intenzione di fare?' Chiese subito.
Sapevo cosa intendeva ma speravo vivamente di sbagliarmi o di non aver sentito bene. Non era normale dar fastidio ai propri genitori soltanto dopo pochi giorni.
'In che senso?' Abbassai il sguardo.
'Se resterai qui, dovrai lavorare...' Spiegò. 'Vero Louis?' Alzai lo sguardo a mio fratello e lo vidi fare un falso sorriso a mia madre.
'Non preoccuparti per i soldi' dissi io, con sicurezza. Mia madre scattò verso di me e si accigliò.
'Cercherò un lavoro e non dovrete spendere niente', dissi.
D'altronde era così che si diventava ricchi.
Avevo sempre considerato i miei delle persone molto attente alle spese più che ai sentimenti e alle cose concrete della vita... Ma vivere con loro, non solo mi aveva confermato molti lati negativi del loro carattere, ma mi aveva anche fatto scoprire quanto fossero 'severi' nei confronti di Louis.
Spesso mi dava fastidio vederli maltrattare mio fratello in quel modo, sembrava state ai loro comandi e si limitava amore ad abbassare la testa, intimorito.
Andai in silenzio in camera, sotto allo sguardo di mia madre.
Per prima cosa, presi il telefono e mi sedetti sul letto per chiamare il proprietario del mio ex appartamento. Lo avevo lasciato sapendo che sarei tornata e poi non aveva avuto più notizie su di me.
Spiegai che sarei tornata a vive con i miei, a Doncaster e giurai che avrei pagato l'ultimo mese di affitto.
Non volevo chiedere niente ai miei, né tanto meno volevo che da quel giorno in poi avrebbero dovuto pagare le mie cose.
Per questo, quando finii di parlare, decisi di fare qualcosa.
Presi la metro e, anche se con difficoltà, cercai di orientarmi per la città ed andai alla ricerca di un lavoro.
Per le prime ore del pomeriggio passai in due bar, due bar stra pieni di personale ed entrambi mi liquidarono dicendo che non avevano bisogno di me, e poi andai in un ristorante.
Quest'ultimo invece mi aveva detto che forse avrebbero licenziato una cameriera ormai in pensione e che avrebbero tenuto conto di me, quando sarebbero rimasi senza una cameriera.
Lasciai il mio numero sperando che non fosse soltanto un modo per accontentarmi il loro e poi raggiunsi nuovamente la metro, abbastanza soddisfatta.
Restai seduta sulla panchina ad aspettare per altri dieci minuti e nel frattempo presi il telefono che tenevo in tasca.
Digitai il numero di Zayn e portai il telefono all'orecchio, aspettando che la sua voce prendesse il posto di quegli squilli piuttosto irritanti.
'Bee!' La sua voce risuonò abbastanza felice nel sentirmi e mi si riempì il cuore nell'udire quel timbro profondo che aveva sempre.
'Ehi, ho letto il biglietto stamattina...' Non sapevo come chiedergli se insomma... Potevamo vederci?
Sentii un profondo sospiro da parte sua e subito dopo parlò, ma con meno entusiasmo.
'Ah, e vuoi vedermi?' Chiese.
'Umh...' Mi guardai intorno per cercare il tabellone degli orari e sperai nel frattempo di trovare qualcosa da dire.
'Dove sei?' Domandò.
Lessi l'orario: le 17:05 e la metropolitana sarebbe passata all'incirca entro tre minuti.
'Piccola...' Mi richiamò ancora e strinsi il telefono fra le mani soltanto nel sentirlo dire quel nomignolo.
Adoravo quando lo diceva, era inutile fingere che fosse fastidioso o qualsiasi altro aggettivo incoerente. Era bello sentirlo da parte sua, dalla sua voce...
'Sì Zayn, voglio vederti' dissi con sicurezza, alzandomi per aspettare la metro.
Mi misi poco distante dalla striscia gialla sotto ai miei piedi e mi morsi nervosamente le labbra aspettando che parlasse.
'Dove sei?' Forse lo aveva già chiesto.
Mi girai alle mie spalle e lessi il nome scritto sul muro in bianco: 'Duke street'.
Per il resto del tragitto restai al telefono con Zayn, mi indicò passo passo le varie fermate e mi disse il nome della via dove sarei dovuta scendere, per arrivare vicino a casa sua.
Quando scesi, lui era ancora al telefono e stava in silenzio da qualche secondo, aspettando che dessi cenni di vita.
'Zayn?' Lo chiamai, continuando a percorrere la lunga strada deserta, decorata soltanto da degli alberi fioriti.
'Dimmi' disse subito.
'Cosa stai facendo?' Diedi un calcio ad un sassolino che trovai a terra e continuai a camminare con la testa bassa.
'Sto fumando, tu dove sei?' Una macchina mi passò di fianco, forse la prima da quando avevo imboccato quel viale.
Il posto in cui abitava Zayn era a dire poco malinconico.
'Non lo so ma credo arriverò prima o poi' feci una risatina e lo sentii ridacchiare dall'altra parte.
'Ci conto' ghignò.
Sbuffai quando il sasso raggiunse il centro della strada e non potei più prenderlo a calci.
'Ci stiamo parlando... Quindi...' Lasciò la frase a metà e lo sentii prendere un profondo respiro.
'Cosa vuoi dire?' Domandai.
'Che è un buon segno, no?' La speranza regnava nella sua voce è non potei far a meno di sorridere.
'Già'.
"Hostage" | Bradford
Quando Zayn aprì la porta, aveva addosso i vestiti della serata scorsa: una canottiera nera, una felpa abbastanza leggera dello stesso colore e dei jeans che, stranamente, non stonavano affatto con il nero degli altri indumenti.
Fece un mezzo sorriso accorgendosi dell'imbarazzo in entrambi e poi indietreggiò di qualche passo, invitandomi ad entrare.
Andammo a sederci sul divano: Zayn si sedette ed io lo seguii mettendomi accanto a lui con insicurezza.
Non era lui a mettermi in soggezione, nemmeno la casa. Era il fatto di tornare in quel posto dopo tutto quel tempo e di trovarmici in una situazione diversa... E poi, anche il fatto di parlargli dopo aver litigato e dormito insieme la notte precedente.
Zayn posò immediatamente una mano sul mio ginocchio e mi sorrise timidamente, aspettando forse che fossi io a parlare.
'Sono sicuro di aver fatto un casino stanotte...'
Lo guardai negli occhi e poi abbassai lo sguardo alla sua mano che mi accarezzava delicatamente la gamba... Forse per rilassarsi.
'Può o meno...' D'altronde aveva fatto di peggio.
'Ho bevuto a casa di Liam...non sono solito fare questa roba ma...' Lo interruppi, alzando improvvisamente lo sguardo. 'Chi è Liam?'
'Un mio amico...' Si morse il labbro inferiore e sapevo che presto avrebbe guardato altrove.
'Perché hai bevuto?' Chiesi ancora. Ed infatti sospirò andando a guardare il corridoio difronte a noi.
'Zayn, so che non è un errore irrimediabile ma...non è il giusto modo per farmi cambiare idea' cercai di spiegare.
Lo sentii prendere un profondo respiro, 'ero andato da lui per parlare di...' Mi guardò e tolse la mano dalla mia gamba per strofinarla nervosamente sulle sue gambe.
'Di?' Lo spronai.
'Di te...di noi...' Sapevo che non lo stava dicendo guardandomi negli occhi, ma il suo imbarazzo diceva tutto.
Il suo modo di guardare il pavimento e di agitare le mani era la prova tangibile che quel discorso lo toccava.
Da una parte mi dispiaceva che avesse bevuto e si fosse ubriacato per colpa mia e della nostra "relazione", ma d'altra parte ero felice che per capire fosse andato dal suo amico... Liam mi pare.
'Non so davvero cos'altro fare' disse. Appoggiò i gomiti alle sue ginocchia e si prese la testa fra le mani.
'Io lo so invece', replicai.
Zayn alzò lo sguardo evidentemente confuso e senza lasciargli il tempo di rispondere, anche perché non lo avrebbe fatto, mi chinai su di lui e gli afferrai il viso fra le mani, forzandolo a guardarmi negli occhi.
Posai le labbra sulle sue, prendendolo alla sprovvista e lo baciai.
Inizialmente, le mie labbra sulle sue, furono come un mix di emozioni che si scatenarono nel mio petto, nel mio viso, nel mio cuore...
Lo baciai lentamente e lui mi prese subito i fianchi, cominciando a ricambiare.
Mi tirò verso di se, invitandomi a salire sopra di lui mentre con la lingua accarezzava le mie labbra e mi chiedeva disperatamente di andare oltre.
Salii a cavalcioni sopra di lui e Zayn appoggiò comodamente le spalle allo schienale: fece scorrere le mani fini al mio fondoschiena e poi risalì, fin sotto alla mia maglietta.
Lo sentii mugolare mentre con foga mi afferrava il labbro inferiore fra i denti e lo tirava verso di se.
Era una sensazione nostalgica, era rabbrividente il modo in cui mi baciava e toccava la mia pelle con le sue dita gelide, dopo tantissimo tempo.
Era strano forse ma era bello potermi lasciar baciare da lui con sicurezza e senza rancori, dopo ciò che era successo.
Forse anche io cominciavo a perdonargli tutto quanto...
Gli accarezzai le guance con i pollici e Zayn sorrise sulle mie stesse labbra, continuando a baciarmi.
Fu un bacio piuttosto lungo ed alternato da piccoli ansimi da parte di entrambi: sembravamo non riuscire a respirare dalla voglia di continuare fino all'infinito e Zayn stringeva la mia pelle sotto alle sue dita, mugolando e trattenendosi a non andare oltre.
'Mi manchi' gemetti, staccandomi dalle sue labbra. Lo guardai negli occhi un attimo e Zayn inarcò le sue labbra, dandomi un rapido bacio a stampo.
Scesi con le mani dal suo viso scavato dalla barba ed arrivai fino al suo petto.
Sentii la sua cassa toracica alzarsi ed abbassarsi velocemente, sotto al mio tocco, e i suoi occhi si abbassarono lestamente a seguire i miei movimenti.
'Facciamo pace?' Chiese sotto voce, con un tono lamentoso.
Le sue mani scesero dalla mia schiena fino al mio sedere e Zayn si sporse in avanti per baciarmi la punta del naso, chiedendomi di guardarlo.
A quel contatto, il mio sguardo saettò su di lui e lo fulminai letteralmente: 'toglie le mani!' Lo sgridai con un piccolo schiaffo sulla guancia.
Lui fece una risatina divertita poi sbuffò, tornando a tenermi per i fianchi.
'Potrei perdonarti e riprovare a capire questa tua cazzo di testa', dissi.
Con una mano gli accarezzai la guancia e giocai con i peletti incolti della sua barba.
'Ma scordati di poter fare ciò che hai fatto due secondi fa'. Lo guardai diritto negli occhi ed il divertimento svanì dal suo volto: divenne serio, ma non in modo negativo, semplicemente sembrò concentrarsi.
'Cosa vuoi dire?' Chiese.
Socchiuse gli occhi come per comprendermi.
'Voglio dire che dovrai capire cosa provi per me, senza infilare le tue belle manine sotto ai miei vestiti'. Dissi tutto ciò con freddezza, senza alcun pudore.
Dette quelle parole, non tralasciai alcuna sua azione o espressione: ispezionai con sfida il suo viso, giusto per vedere quale fosse la sua reazione.
E stranamente lo vidi sorridere.
Sorrise in modo sincero, tanto che potei sentirmi sollevata.
'Ho già detto che non mi interessa soltanto infilarmi nelle tue mutande, Bee', mi afferrò il viso e con il pollice ricalcò la forma delle mie labbra.
'Mi credi?' Chiese, osservando contemporaneamente la mia bocca.
Quella domanda rimase in sospeso per qualche secondo: qualche secondo dove centinaia di interrogativi si formarono nella mia mente.
'Credo a molte cose ma non posso fidarmi del tutto'. Risposi con tutta l'onesta possibile, senza fermarmi troppo a riflettere.
Avevo bisogno di altre certezze e volevo essere totalmente sincera con lui.
Sorrise continuando ad osservare i movimenti della mia bocca e poi abbassò il mio labbro inferiore con il pollice.
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