96- Myself
"Hostage" | Doncaster
'Parlo di ieri, del fatto che sei finito in una caserma ed ho dovuto pregare la polizia per non farti denunciare!' Liam strinse i suoi pungi tanto forte da far sbiancare le sue nocche.
Rimasi incredulo dalla sua risposta, dal suo tono di voce e dai suoi occhi sbarrati, pieni di rabbia.
Non sapevo cosa rispondere, sapevo di doverlo fare, ma ero senza parole e le mie labbra si schiusero inutilmente, senza lasciarsi scappare alcuna parola.
Era spiazzante il modo in cui Liam agiva; era difficile vederlo arrabbiato, succedeva poco spesso, ma se succedeva, era così strano da lasciarmi sconvolto.
'E in più, Zayn, parliamo di Bee', aggiunse, fanesi un passo verso di me.
Sentirlo pronunciare il suo nome mi bastò per farmi trovare la voglia i parlare ed abbattere quella barriera di incertezza, nei suoi confronti.
'Cosa c'entra lei, ora?' Chiesi, stranito.
'C'entra!' Mi riprese, 'pensi davvero che comportandoti così avrai delle riposte?' Domandò, la sua voce divenne ben presto fitta ed irritante.
'Così come?' Lo guardai abbastanza male, ma volevo approfondire le sue frasi che come ogni volta si divertiva a lasciare in sospeso.
'Così, così come ti stai comportando', mi indicò con un cenno di capo e procedette, 'fumi, bevi un sacco e sei arrivato a passare la notte sotto ad un albero!' Mi fece notare, rivangando come ogni volta quella crudele realtà.
Annuii, ma non lo feci per lui; annuii a me stesso perché, infondo, una parte di me sapeva che aveva ragione.
'Sei arrabbiato, va bene!' Sbraitò, 'ma sfoga tutto ciò altrove, non in una cazzo di canna e nei liquori!'
Le sue parole mi fecero abbastanza male.
Era strano per uno come me, sentirsi dire determinate cose da Liam.
Liam era quello a fumare o a bere, di solito, e rendermi conto di star degenerando mi faceva contorcere lo stomaco ancor più di quanto già non lo fosse di suo.
'Sono davvero schifato dal tuo comportamento, Zayn, e sono schifato anche dallo Zayn che vedo qui, ora'. Finalmente il suo tono si fece più pacato, ma la rabbia nelle sue parole restò a prescindere.
Fredde e dolenti come lame.
'Non ha senso comportarsi così per qualcuno, fidati se ti dico che fumare non risolverà i tuoi problemi'. Liam cominciò a parlare con quella calma e quella naturalezza che, come ogni volta, sembrava esser nata per darti un consiglio.
Ma non in quel caso, se pur con buone intenzioni, ogni sua singola parola mi mandava in ebollizione il cervello.
Ero abbastanza grande da sapere cosa fare e come comportarmi e, inoltre, sentirgli ribadire tutte le mie cazzate, non faceva altro che farmi star male.
Più male di quanto già non stessi.
Lanciai un'occhiata a Liam e soltanto allora mi resi conto di star fissando i miei anfibi, in silenzio, immersi in mezzo all'erba umida.
Sembravo un cane bastonato, un piccolo coglione in cerca di una meta.
Senza pensarci troppo, voltai i tacchi ed infilando le mani nelle tasche dei miei jeans, decisi di andarmene da lì e di subire il freddo della notte contro il mio petto nudo; piuttosto che le sue parole.
Ero stanco delle persone che puntualmente preferivano giudicare i miei atteggiamenti e il mio carattere.
Ero stanco di tutto, persino di quel lato buono di Liam.
Non avevo bisogno di esser compatito, di esser sgridato o di sentirlo strillare per qualcosa che non lo riguardava minimamente.
Volevo soltanto fare quel che cazzo sentivo di fare.
***
Non avevo dormito molto, onestamente, visto l'orario in cui me ne ero tornato a casa, la notte precedente.
Ero sveglio a causa dei rumori esterni della città, a causa delle macchine e dei tantissimi motorini pronti a sfrecciare lungo la strada adiacente al mio palazzo.
Tornare nel mio caro e vecchio appartamento da solo, se pur alle quattro di notte, fu un colpo basso.
Mi permise anche di sentire un minimo di nostalgia dei vecchi tempi e delle vecchie abitudini prese lì dentro; nonostante abitassi lì da poco.
Avevo passato i due giorni peggiori della mia vita, là fuori.
Tra la notte gelida che passai contro la corteccia di un albero e quella nel motel, non sapevo descrivere quale fosse stata esattamente la peggiore.
Ripensare a Bee, alle sue provocazioni e a tutto ciò che aveva detto pur di farmi incazzare, mi faceva stringere lo stomaco.
Sapevo come era fatta, o almeno credevo di saperlo.
Ero consapevole che se la mia Bee fosse la stessa di sempre, mai avrebbe provato a frequentare qualcuno al di fuori di me; ma sentirglielo dire, semplicemente, mi faceva male.
Ed avrei voluto gridarle quanto male mi stessero facendo le sue parole, quanto la mia vita cominciasse a risultare inutile senza di lei e a come le notti passate a fumare stavano abbattendo il mio corpo, giorno dopo giorno.
Perché sì, se soltanto avessi lasciato per un attimo da parte la tanta rabbia, sapevo benissimo quanto Bee fosse stata importante ed indispensabile per me.
E me ne rendevo conto ogni secondo di più: me ne rendevo conto tutte le volte in cui volevo parlare con qualcuno e per me trovavo soltanto Liam.
Me ne rendevo conto quando chiudevo gli occhi e cercavo il vuoto accanto a me, sul posto gelido che doveva appartenerle.
Me ne rendevo conto sempre, se pur contro le mie volontà: persino quando il mio corpo era in cerca di qualcuno su cui riversare le mie esigenze e non riuscivo a sfiorar alcun corpo che non fosse il suo.
E per quanto potesse sembrare banale, sì, non riuscivo ancora a trovare il coraggio necessario per dimenticare tutto e lasciarmi andare totalmente a letto con un'altra donna.
Nonostante tutto, nonostante ci avessi provato, sentivo ancora quel bisogno di esserle fedele e di non cadere in tentazione con nessuno, se non con lei.
Il mio corpo aveva bisogno di sfogarsi, ne ero certo, ma sapevo che se anche avessi obbligato me stesso ad andare a letto con un'altra donna; beh, non ci sarei mai riuscito.
E non c'era da stupirsi, quindi, se nel pieno della mattina, mi svegliavo con una dolorosa e pulsante erezione tra le gambe.
'Fanculo', gemetti sotto voce, stringendo le mie gambe, alla ricerca di un minimo sollievo.
Sospirai frustrato e mi guardai attorno, deglutendo rumorosamente.
La luce della mattina illuminava la mia stanza, lasciandomi vedere perfettamente ogni parte di essa. Il cielo nuvoloso lasciava che i tenui raggi del sole non illuminassero in maniera brusca la mia camera.
Poteva sembrare una giornata fantastica, se soltanto la mia vita non facesse generalmente schifo.
Appoggiai completamente la mia schiena contro il morbido materasso e lasciai che il mio corpo si rilassasse contro di esso, facendo affondare la mia testa sul cuscino.
Piegai le gambe e le divaricai abbastanza, mentre con una mano mi intrufolai sotto le leggere lenzuola, che ricoprivano il mio corpo.
Afferrai la cerniera dei mi jeans stretti che, puntualmente, non avevo tolto e la abbassai, sbottonando in seguito l'unico bottone che teneva i miei pantaloni, liberando finalmente il mio membro da ogni costrizione.
Infilai le mie dita sotto al tessuto rigido dei miei jeans e a quello leggermente più comodo dei boxer, arrivando così a toccare la mia pelle più sensibile
Normalmente amavo prendermela comoda, quando si trattava di donarmi piacere; ma per quella volta pensai che mi sarei accontentato di una cosa veloce e poco elaborata, che potesse soltanto darmi sollievo.
Non aveva nessuna voglia di alzarmi, né di passare la mattinata appresso al mio cazzo, quando potevo benissimo giocare alla x-box.
Non appena i polpastrelli delle mie dita sfiorarono la mia erezione pulsante, sentii un brivido scuotere il mio corpo, dalla testa ai piedi.
Mi resi conto di essere così sensibile, quella mattina, che non potei fare altro che domandarmi quale donna mi avesse ridotto in quel modo.
Socchiusi le labbra ed ansimai silenziosamente, mentre con delicatezza afferrai la mia erezione e cominciai a scorrere con la mano chiusa a pugno, su di essa.
Qualcosa cominciò a riaffiorare nella mia testa: Bee...
Quello che potevo fare era soltanto immaginare le sue labbra carnose avvolte attorno a me, al posto del palmo della mia mano.
I miei occhi si strinsero e presi ad aumentare la velocità, dandomi il piacere necessario.
Bee non era abituata a star sopra di me, per qualche ragione; gran parte delle volte faceva sesso con me, restando rilassata sotto al mio corpo e godendosi il piacere che riuscivo a donarle.
Ma per qualche assurdo motivo, quella mattina ricordavo il suo corpo sopra al mio, proprio sul divano del mio appartamento, e le sue spinte inesperte.
Ricordavo la sua bocca rossa e perennemente torturata dai suoi denti mentre si muoveva sopra di me ed affondavo dentro di lei, sentendola completamente mia.
E mai avrei pensato che una ragazza come lei potesse prendere così tanta confidenza col mio corpo.
Gemetti involontariamente a quei ricordi, stringendo maggiormente le mie palpebre.
Ricordavo anche di aver stretto il suo corpo come non mai, guidando i suoi fianchi ed affondando le mie dita nella sua morbida pelle.
Quell'ennesima immagine mi fece provare una profonda nostalgia, ma contrariamente ad ogni aspettativa, riuscì ad eccitarmi ancora di più.
La punta della mia erezione iniziò ad inumidirsi ed io, incapace di resistere ancora a lungo, aumentai i movimenti della mano.
Ormai sentivo di essere quasi giunto al limite e questo mi rese ancor meno lucido di quanto già non lo fossi, immaginando Bee, al mio posto.
Mi concentravo solo sulle scosse che irradiavano tutto il mio corpo e ai continui spasmi che mi stavano scuotendo, mentre davanti a me sognavo gli occhi scuri della mia ex ragazza e i suoi lunghi capelli castani che, inevitabilmente, solleticavano il mio petto ogni volta.
La mia immaginazione era diventata così vivida che, involontariamente, quando il mio corpo raggiunse l'orgasmo sotto alle mie dita, potei udire la mia voce, sussurrare piano il suo nome.
Non era soltanto un sussurro eccitato, il mio, né il monotono tono con il quale di solito la chiamavo.
[Bee Tomlinson's pdv]
Mi alzai dal letto ed andai diretta in bagno, per lavarmi la faccia.
Stranamente avevo dormito e i miei occhi non sembravano due palloni, al contrario del giorno prima.
Ero rimasta a casa per tutto il pomeriggio, rinchiusa nella mia camera e ferma davanti al computer.
Come ogni volta che il mio cervello era affollato da migliaia di pensieri negativi e da continue paranoie, avevo deciso di guardarmi in streaming qualche serie tv e di concentrarmi ai problemi dei personaggi; piuttosto che ai miei.
A cena mi presentai in cucina soltanto dopo i numerosi richiami di mia madre e mi preparai psicologicamente ad affrontare lo sguardo di mio fratello e le sue occhiatacce.
Sapevo che mi avrebbe tartassata di domande e si sarebbe lamentato di esser rimasto solo; ma quando arrivai a tavola, scoprii a mio favore che non sarebbe tornato per cena.
Tornai poi in camera fino ad allora, a quando mi alzai.
Erano le dieci del mattino, un orario abbastanza insolito.
Mi diressi in bagno con gli occhi ancora chiusi e con i passi di uno zombie, ma arrivai sana e salva davanti al lavandino.
Non appena finii di lavarmi i denti e di cambiarmi con dei leggins ed un'enorme felpa di Louis, uscii dal bagno ed andai in cucina, pronta per prepararmi qualcosa da mangiare.
Mi affacciai sulla soia della porta, aspettandomi la solita cucina deserta e ben ordinata da mia mamma: ma non appena entrai, la mia fronte si aggrottò trovandovi all'interno qualcuno, qualcuno a me quasi sconosciuto.
Una ragazza dai lunghi capelli biondi era ferma davanti al lavandino e stava riempiendo un bicchiere d'acqua, sotto al rubinetto aperto.
I miei occhi si spostarono inevitabilmente verso il basso, verso il suo corpo, e a farmi sbarrare maggiormente gli occhi, vidi che indossava soltanto degli slip neri, di pizzo, ed una canottiera piuttosto striminzita.
I miei denti si strinsero, assieme alle mie palpebre che, per cercare di individuare al meglio chi ci fosse dietro a quell'immagine abbastanza ambigua, si assottigliarono in una linea invisibile.
'Buongiorno', salutai, entrando.
La ragazza dai lunghi capelli biondi, sentendo il mio richiamo, scattò verso di me ed immerse i suoi occhi nei miei, terrorizzata.
E quando lo fece, nemmeno il tempo di poter commentare al meglio ogni singolo dettaglio del suo viso, che la mia bocca si socchiuse incredula, incapace di pronunciare una singola parola.
'Bee', mi chiamò, forzando un sorriso.
Era ovvio che fosse a disagio e che stesse facendo di tutto per rendere la situazione normale: ma non lo era, non poteva esserlo dal momento in cui Jenna, la stessa che mi aveva invitato ad uscire e che molto probabilmente aveva rapporti con Liam; era mezza nuda nella mia cucina e con un bicchiere d'acqua in mano.
'Come mai qui?' Domandai con discrezione, cercando di farle credere che la mia fosse soltanto curiosità.
'Beh...' la vidi deglutire e spostare la coda dell'occhio al lavandino, impacciata.
Decisi così di seguire il suo sguardo ed aspettare in silenzio una sua risposta, senza metterla ulteriormente a disagio.
Guardai anche io nello stesso punto dove erano fermi i suoi occhi e, quando intravidi una piccola scatola biancha appoggiata su di esso, alzai un sopracciglio.
'Credo di aver capito...' tornai di colpo a guardarla, cercando di sembrare il più naturale possibile; 'era a corto di preservativi?' Le chiesi schietta, abbozzando un falso sorriso.
E se mi era sembrata una ragazza piuttosto ambigua e fuori dalle righe, ne stavo avendo la totale conferma.
Il fatto di trovarmela difronte dopo un'intera notte a letto con mio fratello, mi aveva dato il coraggio e la sfacciataggine necessaria per farle togliere la voglia di divertirsi con il primo essere munito di cazzo che le capitasse difronte.
'Louis preferisce così', alzò le spalle, scuotendo poi la testa, 'so che non è sicuro ma lo preferisco anche io', aggiunse in fine, lasciandosi scappare una risatina dalle sue labbra non troppo carnose.
Inutile dire che già potevo percepire il mio sangue bollire nelle vene e i muscoli delle mie braccia tendersi così tanto, da farmi stringere le mani in due pugni.
'Infatti...' Camminai verso di lei, girando attorno al tavolo e le arrivai poco distante, sospirando: 'preferisce così con tutte', ammiccai, appoggiandomi contro la spalliera di una delle sedie.
Jenna annuì con confusione, spostando poi lo sguardo dal mio, attento.
'Anche per me è così con tutti', mi confessò, pensierosa.
Tuttavia, bastava essere realisti e concentrarsi un minimo e dare una rapida osservazione della ragazza e dei suoi comportamenti con Liam: ogni volta che il castano parlava, sembrava volesse farsi sbattere a letto.
Morsi immediatamente il mio labbro inferiore e spostai lo sguardo altrove, lontano dalla sua figura irritante, evitando così che potesse venirmi voglia di provocarla ancora.
Tra noi regnò qualche secondo di silenzio, il tempo necessario per udire il rumore della carta e subito dopo quello dei suoi sorsi d'acqua.
Il mio sguardo restò fermo sul tavolo e sulla tovaglia in pizzo che mia madre tanto adorava.
Raccontava a chiunque la sua storia: quella sottospecie di centro tavola, fu uno dei primi regali che mio padre le fece.
Mai avevo compreso il motivo di regalarle una tovaglia con su ricamata della frutta e, sinceramente, mai mi era interessato più di tanto saperlo.
Ma le circostanze erano quelle che erano e preferivo concentrarmi sugli stupidi regalini che faceva mio padre da giovane; piuttosto che alla bionda.
'Jenna?' Me ne scappai di colpo, chiamando il suo nome.
Il mio cervello non fece in tempo a pensare ai miei genitori, alle loro smancerie, che nel giro di qualche attimo tornò a riflettere sulla mia vita.
Lei voltò il capo e mi guardò confusa, con il vano tentativo di sapere cosa volessi.
'Tu e Liam, state insieme?' Domandai.
'No', ammise, confermando ogni mia singola supposizione che fosse una fottutissima gatta morta. Tornò con lo sguardo al banco della cucina e procedette, afferrando la scatola tra le mani: 'ma se può interessarti, scopiamo, proprio come con tuo fratello'.
Detto ciò, le sue labbra solitamente rosse ma questa volta al naturale, si inarcarono lievemente in un provocatorio sorriso.
E la voglia di piantarle la mia mano in faccia aumentò così tanto da farmi quasi far male alle dita, a forza di tenerle strette e ferme lungo i miei fianchi.
Abbassai lo sguardo al pavimento sotto ai miei piedi, abbastanza scossa: 'okay...' dissi vaga. I miei occhi si catapultarono poi, istintivamente, verso il corridoio, dove la stanza di mio fratello affiancava la mia.
Non potevo credere che mio fratello avesse deciso di trovarsi una ragazza sulla quale sfogare le sue perverse idee, dopo ben ventitré anni.
Una ragazza a tempo determinato, ovviamente.
E ciò mi mi stava turbando abbastanza.
Non mi piaceva sapere che mio fratello fosse uno dei tanti puttanieri pronti a far colpo e a portar a letto ragazze qualsiasi, con il solo scopo di divertirsi per una notte e dimenticare il nome di quest'ultime.
Era pur sempre il mio fratellone e per me non poteva esser altro che l'immagine pura e l'eccezione in mezzo ad una generazione di bastardi.
Mentre il mio cervello era fermo a riflettere su ciò che mi aveva appena stravolto la giornata, i miei occhi non poterono far a meno di seguire lo spostamento d'aria che da poco aveva causato Jenna.
Seguii con lo sguardo il suo corpo snello e poco coperto, camminare verso il corridoio. Ispezionai ogni singolo centimetro della sua sagoma, fermandomi a cercare qualche filo di cellulite sulle sue cosce toniche ed abbronzate.
E maledissi la mia vita ad ogni suo singolo passo, fino a quando non sparì oltre all'arco della porta, in silenzio.
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