90- Repentances
"Hostage" | Doncaster
Le mura grigiastre di quella camera mi circondavano, spoglie.
Intorno a me sentivo l'aria consumata e tesa di quella che era stata una discussione con un brutto fine.
Zayn se ne era andato come sempre faceva in quei casi: non aveva tutti i torto del mondo se si era arrabbiato come me e se si sentiva deluso, offeso...o qualsiasi altra cosa.
Dovevo aspettarmelo.
Avevo agito nella maniera più sbagliata del mondo e nessuna scusa poteva giustificare il mio comportamento.
A partire da quando la curiosità aveva lasciato da parte il rispetto per Zayn e i suoi sentimenti, fino ad arrivare a non raccontargli niente e a tenermi tutto dentro, da perfetta stronza.
Ma se dovevo trovare un modo capace di poter spiegare le mie azioni, diciamo che quello di mettere in mezzo la paura, sarebbe andato abbastanza bene.
Sapevo che Zayn avrebbe reagito male, chiunque lo avrebbe fatto in quel caso.
E forse quello mi aveva fermata.
Camminai svogliatamente nella stanza e mi guardai contemporaneamente intorno, alla ricerca di qualcosa che mi avrebbe per un attimo aiutata a ragionare.
Feci qualche passo verso il letto: fino a qualche ora prima stavo dormendo su quel materasso insieme a lui, tra le sue braccia e senza alcuno di quei pensieri in testa.
E mi faceva sentire ancora peggio, rendermi conto che avevo agito e passato tutto quel tempo a fingere di non saper nulla, fino a lasciarglielo scoprire in chissà quale modo.
Abbassai lo sguardo ed osservai il casino che cospargeva il pavimento di marmo: dei fogli accartocciati e numerosi pezzi di vetro erano sparsi su di esso.
Camminai in punta di piedi e cercai di oltrepassare tutte quelle scaglie senza ferirmi, arrivando difronte ad uno dei fogli appallottolati.
Mi chinai e lo raccolsi a fatica, tentando così di non badare alle fitte che il mio stomaco procurava.
Diciamo che la curiosità mi aveva già punita abbastanza, ma aprire quel foglio sarebbe stato un gesto futile a differenza di ciò che avevo già causato.
Lo aprii sotto ai miei occhi, facendo attenzione a non strapparlo.
Quando quel foglio mi risultò completamente visibile, restai per qualche secondo ad osservarlo, incredula.
Su di esso vi ero disegnata io, con la graffite di una matita e con ogni singolo particolare.
Era visibile soltanto metà della mia faccia, stavo dormendo beatamente e i miei occhi chiusi erano perfettamente contornati dalle lunghe ciglia, coperte dal mascara.
Rigirai il foglio tra le mani, più e più volte.
Zayn non mi aveva mai parlato di quella sua dote, non mi aveva mai detto di saper rappresentare così bene qualcuno, con una semplice matita.
Girai il foglio e, a colpire la mia intera attenzione, fu una scritta in corsivo sul retro.
"Non lo ammetterò mai nemmeno a me stesso ma ho sempre desiderato portarti fuori a cena e lasciarti dormire accanto a me, a fine serata, quando sei stanca".
Bradford -
Il mio stomaco si contorse, leggendo quelle righe imprecise scritte da parte sua.
Parlava di una cena, di una notte insieme e...e tutto riportava al nostro primo, vero appuntamento.
A quando mangiò per la prima volta le ostriche e ne rimase disgustato.
A quando mi morse il dito medio per vendetta, dopo averglielo mostrato.
Ricordavo bene quella serata, forse non l'avevo mai cancellata dalla mia mente.
Avevo adorato il modo in cui Zayn aveva organizzato tutto nel giro di pochissimi minuti, quella volta, rendendo la serata magica.
Senza nemmeno rendermi conto delle mie stesse azioni, ripiegai il figlio e lo infilai nella tasca del morbido accappatoio che avevo addosso.
Non sapevo cosa significasse quel disegno, perché avesse ritratto proprio quel giorno in particolare e perché non me ne avesse mai parlato.
Ma mi andava di tenerlo, di custodirlo con me fino a quando le cose non si sarebbero ristabilite; magari per colmare un minimo di vuoto.
Percorsi la distanza tra il letto e l'armadio e, quando vi fui difronte, spalancai entrambe le ante, alla ricerca di qualcosa da indossare.
Sapevo di non essere a casa mia, di star rovistando tra le sue cose e di sembrare una maleducata assurda.
Ma volevo lasciare quell'appartamento e magari cercarlo o provare a parlarci, a ragionare e a prendere in mano la situazione; e di certo non avrei potuto farlo in accappatoio.
Sul fondo dell'armadio, vi erano dei mucchi di biancheria e tutti i suoi calzini, sparsi disordinatamente.
Mi chinai e rovistai tra i suoi boxer, cercandone un paio bianchi tra i tanti.
Quando lo trovai, li presi e li accompagnai a dei calzini neri, evidentemente enormi per i miei piedi.
Li appoggiai sul mio braccio ed alzai poi lo sguardo agli abiti appesi e stranamente ordinati, l'uni accanto all'altro.
La prima cosa che mi colpì fu una semplicissima maglia nera con delle strisce bianche sulle maniche.
La tirai fuori e mi impegnai poi a cercare dei pantaloni comodi e mai visti addosso a lui, obbligandomi a non sentirmi in colpa per star spudoratamente frugando tra i suoi abiti.
Trovai i pantaloni grigi di una tuta, abbastanza larghi ed invitanti per una giornata di merda come quella.
***
Uscii da quella casa con il telefono tra le mani e lo sguardorivolto al display, dove le notifiche segnavano all'incirca cinque chiamate da parte di mio fratello.
Sbuffai, concludendo che non sarebbe stato necessario chiamarlo.
Rinchiusi il portone alle mie spalle e mi voltai poi verso il panorama che avevo difronte: numerose macchine erano parcheggiate nei posteggi che affiancavano quel palazzo.
Buttai un'occhiata più intensa alle tante automobili e trovai con lo sguardo quella di Zayn, parcheggiata in mezzo alle altre.
Non se ne era andato troppo lontano, non era un tipo che preferiva passeggiare ed allontanarsi a piedi, piuttosto che in macchina.
Mi guardai attorno, spaesata, e cercai di osservare intensamente la stretta strada che avevo alla mia sinistra.
Essa era poco affollata, colma di negozi e numerose abitazioni: segno che non ero affatto lontana dalla città.
'Bee Tomlinson...' Una voce piuttosto incuriosita e sorpresa richiamò di colpo la mia attenzione, facendomi scattare a guardare alle mie spalle.
Il portone d'ingresso si rinchiuse lentamente, accompagnato da una mano maschile.
Alzai con incertezza lo sguardo da quella maniglia, tentando di concentrarmi abbastanza da capire chi avessi difronte.
E quando i miei occhi raggiunsero il volto di quel che, a primo impatto mi sembrò un ragazzo, potei dire di esser totalmente caduta in confusione.
I suoi capelli biondi perfettamente raccolti all'indietro dal gel e i suoi occhi azzurri, mi lasciarono per un attimo con la bocca asciutta.
Sorrisi lievemente, imbarazzata.
Non tanto dal fatto che sì, era un bel ragazzo, ma piuttosto dal fatto che non avevo idea di chi fosse.
'Kip, ti ricordi di me...?' Fece una pausa, ormai in soggezione anche lui, 'nell'albergo', aggiunse, cercando di aiutarmi.
E a quel punto non ebbi più alcun dubbio.
Il mio cervello si illuminò in un istante, cancellando quella maledetta abitudine che avevo, di dimenticarmi qualunque cosa.
Sorrisi cordialmente ed allungai la mano nella sua direzione, annuendo: 'certo!'
Lui afferrò saldamente la mia mano, ma al posto di scuoterla e salutarmi come qualunque essere vivente avesse poca confidenza con me; lo usò per tirarmi verso di se ed abbracciarmi delicatamente.
Accarezzò la mia schiena e si allontanò poi, tornando a guardarmi con contentezza: 'è un piacere rivederti', affermò, entusiasta.
Lo vidi passare rapidamente lo sguardo lungo il mio corpo, forse osservando l'abbigliamento a dir poco differente dal suo.
Diversamente da me, lui era davvero vestito in modo elegante e raffinato.
'Cosa ci fai qui?' Domandò, portando le braccia conserte al petto.
'Beh...il mio ragazzo abita qui...' Mi guardai in torno per la millesima volta e tornai poi a lui, al quale sorrisi imbarazzata.
Kip aggrottò la fronte e si voltò per lanciare un'occhiata a quello che era alle sue spalle, 'in questo edificio?' Lo indicò, tornando a guardarmi.
'Si, al terzo piano', spiegai.
'Sono il proprietario di questi appartamenti', lo vidi fare una risatina e passarmi una mano sui suoi capelli completamente incollati, giusto per attaccarli ancora di più.
'Oh...' Non sapevo affatto cosa aggiungere; mai avrei immaginato di rivedere lui, soprattutto sotto casa di Zayn e di venire a sapere che le sorprese non sarebbero mai finite.
Morsi nervosamente il mio labbro inferiore ed abbassai lo sguardo alle mie mani.
'Quindi Zayn è il tuo ragazzo', cantilenò, battendo di seguito le sue mani.
Rialzai lo sguardo per rispondere, leggermente sollevata dal fatto che avesse ripreso in mano la situazione: 'sì, diciamo che stiamo insieme da...' Ma lui li fermò, parlandomi sopra.
'Zayn mi aveva detto di aver una ragazza...' Scosse con divertimento il suo capo, riportando poi i suoi occhi azzurri fermi nei miei: 'non credevo fossi proprio tu!' Esclamò.
'Sono io...' Sorrisi, leggermente angosciata.
Insomma: avevamo appena litigato e Zayn se ne era andato, lasciandomi da sola e in preda ad una crisi isterica; non era il momento adatto per parlare di noi.
'Mi ha fatto cambiare il letto, facendomi mettere quello matrimoniale', mi raccontò, con un cenno di dolcezza nella sua voce.
E se ci si metteva anche lui a sfregiare la ferita ancora aperta, non sarei andata molto lontano.
Abbassai lievemente il capo e mi sforzai a non pensare o a non dare troppo peso alle sue ultime parole.
Poteva sembrare troppo tardi o quasi una falsa reazione da parte mia ma, onestamente mi sentivo in colpa.
'Oh, eccolo!' Lo sentii esclamare, con euforia.
Di scatto alzai il capo e lo guardai, trovandolo con il capo rivolto alla sua destra: seguii il suo sguardo e difronte a me trovai uno Zayn piuttosto confuso che ci veniva incontro, con un pacchetto di sigarette ed un accendino in mano.
'Ho conosciuto la tua ragazza, Zayn!' Kip gli andò incontro con entusiasmo e lo raggiunse, portando un braccio a circondare le sue spalle.
Zayn si fermò di colpo, restando quasi sicuramente sconcertato dalla situazione.
Lo vidi spostare lo sguardo su di me, senza badare minimamente a quello che il ragazzo gli aveva appena detto.
Mi guardò da capo a fondo, con la mascella tesa e le nocche strette attorno a quel pacchetto bianco, ancora sigillato dalla pellicola trasparente.
Era nervoso ed aveva persino notato il mio furto al suo guardaroba.
Di colpo scattò e si voltò verso di lui, facendo come se non mi avesse vista.
'Mi fa piacere', abbozzò un sorriso e con cautela si allontanò di un passo da Kip.
Zayn sembrava scosso dalla sua confidenza e forse, d'altra parte, non si aspettava di trovarmi ancora lì.
Per questo si allontanò man mano da lui ed infilò contemporaneamente il pacchetto di sigarette, nella tasca dei suoi jeans.
'Ora dobbiamo andare', se ne uscì, guardandolo con un falso sorrisetto.
Un sorrisetto che, da quando aveva capito la situazione e l'aveva smessa di sembrare scollegato, non aveva per un attimo lasciato le sue labbra.
'Va bene!' Kip si voltò verso di me, alzando le spalle, 'ci si rivede allora!' Esclamò.
La sua gioia non mi contagiava affatto; tutt'altro, ogni singola parola dedicata a quel posto, a Zayn o ad un futuro ritorno in quell'appartamento, mi faceva mancare l'aria.
Sapevo che Zayn non mi avrebbe perdonata facilmente, sapevo che non era come agli occhi di tutti poteva sembrare.
Gli lanciai un'occhiata e capii che non avrei avuto alcun cenno di speranza da parte sua, quando lo trovai con lo sguardo fermo sul suolo.
Forse anche lui stava calcolando che rivedermi lì, sarebbe risultato molto, molto lontano.
'Sì...mi farà piacere rivederti', sparai la prima cosa apparentemente educata che mi passò in mente, spostando poi per l'ennesima volta lo sguardo su di Zayn.
Questa volta invece aveva gli occhi fermi su di me, mi stava osservando, ma quando lo guardai scattò verso il suo amico, con noncuranza.
'Ciao'. Lo liquidò.
E dopo aver finito per la millesima volta di sembrare un ragazzo gentile e disponibile, Zayn si indirizzò con rapidità verso di me.
Mi prese la mano e, continuando il suo percorso lontano da Kip, mi trascinò dietro di se.
Non feci nemmeno in tempo a salutarlo in maniera decente che Zayn mi portò lontano dal posto dove ero rimasta immobile, indirizzandomi verso i parcheggi.
Dopo qualche rapido e quasi difficoltoso passo, Zayn si fermò di botto e mi lasciò la mano, piazzandosi davanti a me: 'non è maturo da parte tua', disse, con un tono già da subito freddo.
Mi guardò talmente male che per un attimo mi dimenticai cos'avesse detto.
Inarcai istintivamente la schiena e cercai di star abbastanza lontana da lui, così da alleggerire l'aria ormai tesa.
'Maturo?' Ripetei, confusa. 'Di cosa stai parlan...' Scossi la testa e cercai di comprendere cosa lo avesse fatto agitare ma, come ogni volta, mi fermò: 'fare la gatta morta con Kim non mi farà cambiare idea'.
Battei velocemente le ciglia; stava esagerando e non avevo idea di cosa avesse in testa.
'Cambiare idea su cosa?' Aggrottai la fronte, stranita, e quando lo vidi aprir bocca per ribattere ancora con arroganza, alzai il tono, facendolo restare in silenzio: 'e gatta morta a chi? Come ti permetti?' Lo sfidai.
Zayn non osò nemmeno un secondo, prima di parlare, 'mi permetto eccome', fece un passo verso di me.
'Sei tu quella dalla parte del torto, non cambierò idea con queste tue manie di protagonismo', mi puntò l'indice addosso e mi ritrovai a fissare il suo dito fermo sul mio petto, minaccioso.
Deglutii rumorosamente.
Sapevo che non mi avrebbe toccata, non era quello a spaventarmi; bensì il tono con il quale stava parlando e le sue intenzioni una volta finita la discussione.
Cercai di metter su il più coraggio possibile e rialzai lo sguardo ai suoi occhi cupi, affrontandolo: 'conoscevo Kip, non so di cosa stai parlando'.
Alle mie parole, Zayn alzò un sopracciglio e mi guardò attentamente: 'come lo conosci?'
'L'ho conosciuto tempo fa, non ti devo delle spiegazioni', lo ammonii.
Dopodiché afferrai il suo polso e, senza staccare gli occhi dei suoi, lo guidai lontano dal mio corpo.
Zayn lo riportò rapidamente al suo posto, divincolandosi dalla mia mano e, senza nemmeno preoccuparsi di aver appena fatto una scenata per niente, alzò le spalle: 'la mia idea resta comunque quella', borbottò.
'E quale sarebbe?' Domandai, portando le braccia conserte al petto.
'Che mi sono fidato della persona sbagliata', parlò con delusione, improvvisamente la voglia di sotterrarmi con la sua voce era svanita.
'Non è vero'. Lo freddai.
'È vero Bee, avanti, dimmi se hai mai capito un cazzo di cosa sento se invece di aspettare i miei tempi, hai fatto le cose alle mie spalle!' Mi incitò, con uno spiraglio di malinconia.
'So cosa senti'. Mi ostinai, senza lasciarmi minimamente perdere dal panico.
Quel che stava dicendo mi logorava dentro come se qualcuno avesse appena buttato dell'acido nel mio stomaco.
'Ero preoccupata per te, ero curiosa, ero confusa Zayn...' E quando dissi quelle parole, non potei far a meno di scongelare quella corazza che avevo appena creato, cercando di sembrare impassibile.
Lui scosse la testa, mordendosi avidamente il labbro inferiore: 'potevi benissimo parlarmene'.
'Lo facevo sempre!' Esclamai.
Infondo anche lui poteva ricordate quante volte facevo domande ed insistevo nel sapere le cose per chiarirmi ogni dubbio.
Approfondii il mio sguardo nel suo quasi come per comprenderlo.
Sapevo di aver sbagliato ma stava esagerando, stava dando la parte peggiore di se, quella orgogliosa e testarda che più detestavo.
'Perché ti ostini ad aver ragione, ora?' I suoi occhi si assottigliarono, mi stavano scrutando, sapevo che lo faceva ogni volta che era arrabbiato.
'Non ho ragione Zayn...' Sospirai, spostando per un attimo lo sguardo altrove. 'Voglio che tu mi comprenda come io comprendo te, quando vai fuori di testa', gli feci notare.
Infondo ne aveva fatte di peggiori. Aveva fatto cose quasi imperdonabili, non volevo rinfacciarlo o cercar di avere ragione, rivangando il passato; ma non poteva condannarmi così.
'Non ricominciare', disse subito, stringendo nervosamente i denti.
Si dava trattenendo, conoscevo i suoi limiti ed ero consapevole di star oltrepassando ognuno di essi.
'Perché tutto questo casino, Zayn?' Insistetti, non badando affatto al suo stato.
I suoi pugni chiusi erano ormai abituali, sapevo che lo faceva ogni volta che si irritava, come tendeva la mascella e serrava la sua bocca per evitare di far esplodere la situazione.
'Perché non puoi capire che ho sbagliato, sì, ma posso rimediare...' Continuai.
Mi fermai subito dopo però, avvertendo la mia gola secca e priva di fiato.
Tutto quanto mi stava sopraffacendo, non avevo un carattere troppo forte, non reggevo la sua freddezza e tutto il casino, da sola.
'Perché non me la sento'. Non fece altro che portare i suoi occhi verso il basso, lasciandomi osservare la sua capigliatura corvina e spettinata.
'E questo cosa vuol dire?'
Avvertivo i battiti accelerati del mio cuore, farmi quasi esplodere il petto.
'Vuol dire che ho bisogno di tempo', alzò lo sguardo e, inevitabilmente, i miei occhi cominciarono a bruciare.
Non riuscii a dire altro, non mi sforzai minimamente a parlare; se lo avessi fatto, senza dubbio sarei scoppiata in lacrime e non volevo. Non in quel momento.
'Ho bisogno di star da solo, di non sentirti, di non vederti...' Zayn portò le sue mani sul suo volto, coprì per un attimo i suoi occhi e le passò poi sulla sua faccia, cercando forse di ragionare.
'Perché vuoi stare lontano da me?' La mia voce tremolante erano un ottimo invito a tacere, ma volevo saperne di più: 'perché tutto questo, quando possiamo benissimo parlarne!' Protestai.
Nello stesso istante però, a completare il quadro, una lacrima scappò dai miei occhi e mi attraversò lentamente la guancia.
'Perché non posso parlarne con te, Bee'. Sospirò. Zayn portò le mani ai fianchi e si voltò poi a guardare verso i parcheggi, con l'ovvio intento di non concentrasi sulle mie lacrime.
'Non posso ragionare con te davanti, non posso capire tutto questo sapendoti qui davanti a me', prese una pausa e prese un profondo respiro, prima di tornare a guardarmi, 'ti amo, questo nessuno può cancellarlo'.
Il mio petto esplose assieme alle mie lacrime che, imperterrite batterono il mio autocontrollo e presero a scendere lungo le mie guance.
'Perciò lasciami da solo', mi supplicò.
Era doloroso sentirlo dire quelle cose. Era doloroso dove affrontare quella situazione d'improvviso, quasi come un un film.
Tutto si era ribaltato in pochissimo tempo e il mio corpo non era abituato a subire tutto quello.
Annuii, afferrando poi il mio labbro inferiore sotto ai denti.
Dovevo reagire e ne ero consapevole.
'Prendi il tuo tempo'. Annuii di nuovo, guardandolo con più convinzione.
Zayn si lasciò scappare un sospiro di sollievo, quando mi sentii dire quelle cose.
Ogni singolo tratto del suo viso sembrò più rilassato.
Ma non poteva finire così.
Non potevo lasciarlo andare in quel modo e permettergli di dar spazio soltanto al suo cervello.
Aveva un cuore, avevamo un cuore oltre che ad una testa.
E anche quelli andavano ascoltati.
'Posso fare un'ultima cosa però?' Domandai, tirando su col naso.
Era ora di piantarla e smetterla di frignare, mi stavo sentendo patetica da sola.
Zayn annuì, forse leggermente confuso.
Senza esitare mi sporsi verso di lui e, restando a guardare i suoi occhi castani e pieni di dolore, afferrai il suo viso tra le mani.
Dovetti alzarmi sulle punte per farlo, ma avvicinai il mio volto al suo e quando fui abbastanza vicino da poter sentire il suo odore, posai le labbra sulla sua guancia, non troppo lontano dalla sua bocca.
Percepii i muscoli del suo corpo lievemente più rigidi alla mia azione.
Sentii anche il tocco leggero e incerto delle sue dita sui miei fianchi, sfiorarmi.
Ma non lasciai che accadesse altro: me ne tornai al mio posto e me ne andai in silenzio verso una delle strade che, se la fortuna sarebbe stata dalla mia parte, forse mi avrebbero portata a casa.
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