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88- Drunk

"Hostage" | Doncaster

Lei alzò un sopracciglio ed abbassò poi i suoi occhi castani alle sue gambe, ancora stese sulle mie: 'beh, non lo facevo così...' Borbottò, delusa.

'In effetti può sembrare diverso', ammisi, facendola sentire meno sola.

Ogni volta che ripensavo al vecchio Liam, il mio cuore si fermava per qualche secondo, lasciando spazio ad una profonda voragine.

Mi mancava quel ragazzo attento ad ogni minimo particolare ed innamorato della lettura.

A scuotermi dai miei pensieri, pensieri che sarebbero durati ancora a lungo; fu proprio Bee e i suoi movimenti.

Trovai il suo capo appoggiato sulle mie cosce e i suoi piedi contro lo sportello: i suoi occhi stanchi mi guardavano dal basso.
Sembravano velassero restare immobili ancora a lungo sul mio volto.

'Tra quando ce ne andiamo?' Domandò, battendo rapidamente le ciglia.

Forse il sonno stava influendo parecchio sulla sua pochissima lucidità mentale.

'Dovremmo aspettare gli altri...' Posai una mano sulla sua testa ed infilai le dita tra le sue lunghe ciocche castane.

Bee sbuffò, spostando lo sguardo al finestrino appannato difronte a noi.

L'aria gelida e l'umidità stava già prendendo il posto dell'estate e del sole.

'Dormi da me?' Domandai, cercando di richiamare la sua attenzione.

Nel frattempo presi ad accarezzare i suoi capelli, portandoli man mano all'indietro, così che il suo viso potesse liberarsi da ogni minima ciocca.

'Da te...?' Ripeté confusa, senza guardarmi neanche.

'Nel mio appartamento', puntualizzai, sorridendo appena.
Semplicemente la parola mio mi rendeva orgoglioso e mi faceva sentire meglio.

Bee spostò nuovamente lo sguardo a me ed aggrottò la fronte, 'non mi fido mica di te...' Insinuò, afferrando con la sua mano la mia, ferma tra i suoi capelli.

'E di chi ti fidi allora?' Ridacchiai alle sue parole.
Se ricordavo bene, non ero di certo io quello ad infilare le mani nelle mutande di qualcuno in un luogo pubblico.

Spostò la mia mano dalla sua testa e la guidò sulla sua pancia, dove intrecciò di seguito le nostre dita.

'Beh...non di te', alzò a malapena le spalle, distogliendo il suo sguardo dal mio.

La vidi voltare il capo e concentrare la sua intera visuale al vuoto, l'unica cosa che aveva difronte erano i tanti accessori della mia macchina.

'E allora perché sei nella mia macchina?' Parlai con un cenno di malizia nella mia voce, giusto per stuzzicarla.

La sentii trattenere per qualche secondo il respiro, forse presa alla sprovvista dalla mia domanda.

Bee restò in silenzio, i secondi passavano rapidamente e l'unica cosa udibile divenne il suo respiro, quasi flebile.

'Allora?' Mossi lievemente le mie gambe, così da scuotere il suo corpo.

'Allora niente', ammiccò.

'Di cosa non ti fidi?' Chiesi. Poteva sembrare patetico, anzi...forse lo era in tutti i sensi; ma sapere che non si fidava di me per qualche stronzata, mi mandava comunque in paranoia.

'Del fatto che sono strana stasera...' Rispose, dubbiosa.

'Sei ubriaca', le feci notare per la millesima volta.

Non aprì bocca, semplicemente si liberò dalla presa della mia mano ed afferrò il mio indice per poter sfogare il suo imbarazzo su di esso.

Cominciò a giocarci e a stuzzicare il palmo della mia mano, facendomi il solletico; dovevo riconoscere che quello era un suo vizio da tempo ormai.

Persino quando parlava con me, le prime volte, si ostinava a torturare le sue dita.

'Proprio perché hai bevuto non approfitterei mai dei tuoi ormoni, stasera'. Risi: ricordare ciò che stava facendo poco prima non poteva evitare che un sorrisetto si stampasse sulle mie labbra.

Insomma; a parte le mie inutili pressioni, non era davvero roba da lei ed era divertente vedere come l'alcol potesse cambiarla letteralmente.

'Fanculo'. Quella fu l'unica cosa che la sentii borbottare prima di chiudere completamente il nostro discorso.

Subito dopo cominciai ad udire i suoi respiri più profondi, la sua mano prendere delicatamente il mio pollice e il suo corpo distendersi sopra a me.

Stava dormendo e sì, avrei dovuto aspettare che si facesse l'alba da solo, nella mia auto.

***

Verso le cinque del mattino, quando il sole aveva già illuminato l'intero cielo, intravidi arrivare da lontano il mio amico.

Non era ridotto in ottime condizioni; onestamente non lo avevo visto in quella maniera nemmeno nel giorno della sua maturità.

Era leggermente euforico e rincoglionito ma abbastanza sveglio da poter salire in macchina assieme ai suoi amici.

La ragazza, Jenna, aveva il vestito nero ormai ridotto a brandelli e i capelli scombinati.
Anche lei abbastanza suonata, ma non abbastanza da non litigare con l'altro coglione, Matt, per l'intero tragitto.

Nella strada del ritorno, Bee non osò nemmeno pensare di aprir un occhio o di spostarsi dalle mie gambe; borbottò semplicemente quando provai a chiederle di sdraiarsi sul suo fottuto sedile, per lasciarmi guidare.

Ebbene no, non avrei accontentato mai più Liam ed avrei continuato a passare il weekend in santa pace, con la mia ragazza.

***

[Bee Tomlinson's pdv]

Il ripetitivo suono del mio telefono mi fece spalancare gli occhi, lasciando che la tantissima luce che penetrava dalle finestre mi abbagliasse.

Rinchiusi immediatamente gli occhi e mossi la mano alla mia sinistra, cercando il comodino.

La mia testa pulsava quasi dal dolore, sembrava che qualcuno si fosse divertito a prendermi a cazzotti.

Tastai a lungo la superficie rigida accanto a me, ma la mia mente ancora offuscata non mi permetteva di focalizzare cosa stessi facendo. 

In fine, quando decisi di sforzarmi maggiormente per trovarlo, un dolore lancinante avvolse la mia pancia, facendomi bloccare immediatamente.

Tornai comoda sul letto dove ero sdraiata e lasciai che quel maledetto telefono continuasse a squillare.

Infilai poi una mano sotto le coperte per poterle scansare dal mio corpo.
Frugai là sotto l'invano intento di liberarmi da quel peso ma, ad impedirmi di raggiungere il mio obiettivo, trovai un braccio avvolto attorno alla mia vita.

Il suo braccio.

Mi voltai velocemente alla mia destra e i miei occhi si aprirono subito, non badando affatto all'impatto col sole.

Quello che mi trovai difronte fu Zayn: uno Zayn beatamente addormentato e letteralmente vestito con una camicia bianca, slacciata sui primi bottoni.

Era praticamente addosso a me e la sua guancia era schiacciata sul mio stesso cuscino, lasciando socchiusa la sua bocca.
Proprio le sue labbra quasi sporgenti e i suoi lineamenti rilassati mi fermarono e riuscii a non strillare dall'agitazione.

Insomma, sì, era il mio ragazzo ma cosa cazzo stavo facendo nel suo letto con un dannatissimo dolore alla testa e con lo stomaco sottosopra?

Non capivo come fossi finita lì e cosa mi avesse portata a svegliarmi totalmente intontita.

'Zayn', lo chiamai a bassa voce, voltandomi nuovamente verso di lui. 

L'unica cosa che fece fu stringere maggiormente le sue palpebre.

'Zayn, mi fa male lo stomaco, io...' Smisi di supplicarlo, lasciando la frase a metà.

Il mio stomaco sembrava capovolgersi ogni volta che aprivo bocca e, per questo, mi ammutolii, evitando di peggiorare la situazione.

Al mio ennesimo richiamo, le labbra di Zayn si strinsero in una linea e lasciarono fuoriuscire la sua lingua; la stessa che passò tra di esse, inumidendole.

'Zayn, perché mi fa male la testa?' Era una domanda davvero stupida, ma qualcosa doveva pur esser successo e forse lui ne era a conoscenza.

Le sopracciglia di Zayn si incresparono alla mia richiesta: 'cosa?' Borbottò, con voce impastata.

'Ho...mi sento strana'. Svincolai quel discorso, posando i palmi delle mani ai lati del mio corpo.

Mi feci forza sulle braccia e riuscii a liberarmi dalla sua stretta, arrivando finalmente a sedermi sul bordo e a toccare il pavimento gelido con i miei piedi.

'Hai bevuto...' Lo sentii fare un profondo gemito di disapprovazione e rigirarsi sul letto, alle mie spalle, facendo scricchiolare il materasso.

Evidentemente aveva percepito i miei movimenti ed aveva deciso di aprir bocca.

Immediatamente, a quelle parole, mi tornarono in mente le immagini della
serata precedente.
O almeno, di quel poco che ricordavo.

Nella mia mente era tutto così confuso che, soltanto una lunga chiacchierata e delle spiegazioni dettagliate mi avrebbero tranquillizzata.

'Zayn ho...ho bisogno di...', mi fermai di punto in bianco e mi voltai per guardarlo, oltre alle mie spalle.

Il suo viso era completamente affondato sul suo cuscino.

'Mh'. Quel mugolio soffocato fu la sua unica risposta.

Non riuscii nemmeno a parlare ancora, quando provai a prender fiato, il mio stomaco mi diede una dolente fitta.

Scattai in piedi e, senza esitare, camminai rapidamente per la stanza, senza badare al freddo marmo sotto ai miei piedi.

Uscii dalla sua camera e mi incamminai lungo un corridoio piuttosto illuminato... Dovevo trovare il bagno, stavo davvero troppo male per resistere ancora a lungo.

[Zayn Malik's pdv]

Mi svegliai a causa di un forte tonfo.

I miei occhi si spalancarono di colpo e grazie alla luce della stanza, riuscii a guardarmi intorno e ad assicurarmi che fosse al suo posto.

Immediatamente catapultai il mio sguardo al posto accanto al mio, quasi come d'istinto. Era vuoto.

Bee non c'era. Accanto a me, le lenzuola stropicciate tenevano il suo posto.

Allarmato, scattai a sedere sul letto e posai le mani sul mio volto; mi stropicciai rapidamente gli occhi e, giusto il tempo di risvegliarmi abbastanza che, uno strano verso richiamò la mia attenzione.

Balzai in piedi, non dovevo per forza sforzarmi molto per capire che Bee si stesse sentendo poco bene e che mi sarei dovuto dare una mossa.

D'impulso corsi diretto verso il bagno, da dove potevo sentire degli strani rumori.

Non riuscivo a decifrare cosa stesse facendo esattamente ma arrivai giusto in tempo per confermare ciò che avevo presupposto.

Bee si lasciò scappare un altro gemito e, di seguito, prese a vomitare tutto l'alcol che aveva ingerito la sera prima.

Sapevo come ci si sentiva dopo una sbronza e non era affatto piacevole, soprattutto se era una delle prime volte che beveva.

Mi tornò in mente quella volta in cui Niall finì all'ospedale, entrando quasi in coma etilico. E, onestamente, dovevo dire che aveva bevuto addirittura meno di Bee.

Fu proprio quel pensiero a preoccuparmi. Bee non era abituata a bere così tanto e di certo non lo era nemmeno alle conseguenze.

'Bee aprimi!' Urlai preoccupato, battendo le nocche sul legno della porta.

Da dentro sentii uno strano mugolio e subito dopo la voce rauca di Bee, 'vai vai', mugugnò.

'Bee, non fare la bambina dai...' Sospirai frustrato, odiavo la sua testardaggine perenne che, anche difronte a delle cose serie, non se ne andava affatto.

Non udii alcuna risposta da parte sua, soltanto un altro gemito e subito dopo un piccolo rumore che, nonostante gli sforzi, non riuscii a comprendere da cosa provenisse.

Non mi piaceva insistere, soprattutto quando ero agitato, perciò cercai di andare al sodo.

'O mi apri o sfondo la porta, scegli'. La minacciai, con fermezza.

'Non voglio che tu mi veda in questo stato', la sua voce smorzata mi lasciò comprendere quanto stesse male, 'ti prego', mi supplicò, singhiozzando in fine.

Stava piangendo e a maggior ragione non mi interessavano affatto le sue richieste.

'No, apri!' Le ordinai, bussando nuovamente contro quella fottutissima barriera che ci divideva. 'Non sto scherzando, sfondo la porta.', ripetei con voce leggermente più irritata.

Sapeva quali erano i miei limiti, lo sapeva sicuramente meglio di me.

Forse per questo, dopo qualche secondo, riuscii a sentire dei leggeri passi oltre la porta e, di conseguenza, il rumore della chiave che girava e lo scricchiolio della porta.

Un piccolo spiraglio mi permise di vedere la luce all'interno, ma non appena posai la mano sulla maniglia per aprirla completamente ed accertarmi delle sue condizioni; Bee corse di nuovo verso il water a vomitare.

Corsi verso di lei e senza pensarci due volte, mi inginocchiai di fianco.

Afferrai le lunghe ciocche dei suoi capelli ondulati e glieli spostai dal viso, lasciandole il viso libero.

Lentamente smise di vomitare ed allungò una mano nella mia direzione, alla ricerca di qualcosa.

Frugò sul mio petto ed avvinghiò le sue dita sulla stoffa ormai stropicciata della mia camicia.

Soltanto allora mi resi conto di aver gli stessi indumenti della sera precedente, addosso.

Ero arrivato a casa alle sei di mattino, Bee non aveva alcuna intenzione di fare un passo.
Dovetti portarla in braccio fino al mio letto e una volta lì, l'ho fatta sdraiare.

Ricordavo soltanto di aver provato a slacciarmi la cintura, ma ero esausto.

'Ti senti meglio?' La guardai negli occhi, quegli occhi lucidi e contornati da un leggero arrossamento dovuto dall'alcol.

Bee annuì lentamente, abbassando poi lo sguardo al pavimento.

'Mi lasci un attimo da sola?' Mi chiese, con una voce flebile e tremolante.

La guardai per qualche istante: l'idea di lasciarla nel bagno, in balia delle sue stesse mani e dopo aver rimesso l'anima, non mi convinceva.

Ma i suoi occhi sembravano supplicarmi quanto le sue stesse parole e, se pur con poca convinzione, annuii.

Dopo averla fatta sedere sul cesto dei panni sporchi ed essermi assicurato che fosse tutto apposto, mi obbligai a metter da parte il mio istinto protettivo nei suoi confronti e decisi di accontentarla.

Mi chinai verso di lei e posai due dita sotto al suo mento, costringendola ad alzare il capo.

I suoi occhi scrutarono impauriti ogni singolo dettaglio del mio viso.
'Adesso ti calmi, okay?' Parlai con dolcezza, cercai di essere abbastanza comprensivo.

Lei annuì di nuovo, deglutendo poi rumorosamente.

Spostai la mano dal suo mento e la portai alla sua guancia, insieme all'altra, così da poterle prendere il volto: 'chiamami se ti serve qualcosa', le dissi, annuendo più a me stesso che a lei.

Avevo bisogno di star tranquillo, dovevo controllarmi.

Bee sussurrò un quasi inaudibile 'sì' e, dopo averle lasciato un rapido bacio in fronte, me ne andai.

D'altronde sembrava star meglio, voleva soltanto calmarsi, i suoi respiri erano già più regolari e non sarebbe successo niente.

Tornai in soggiorno, era strano come tutto cambiasse ogni giorno di più, nella mia vita.

Qualche mese prima non avrei nemmeno immaginato di vivere da solo, in un appartamento tutto mio e con una ragazza nell'altra stanza.
Insomma, non abitava con me ma era la mia ragazza, la mia ragazza vera, quella che puoi davvero presentare alla tua famiglia.

Mi passai le mani sul volto e camminai con calma verso il divano, sedendomi poi su di esso.

Mi piaceva sapere che quello poteva essere uno spazio tutto mio, che potevo modificare ogni singola parte della casa e renderla proprio come volevo.

Spostai con pigrizia lo sguardo tra le mura di quella casa, posandolo sulla Xbox nascosta sotto al mobile che reggeva la tv.

La mia mente passò a tutt'altro, ripensando a quando portai Bee a vedere l'appartamento.

Proprio grazie a quell'aggeggio, eravamo finiti l'uno sopra l'altro, ansimanti.

Chi lo avrebbe mai detto.

Risi a quel ricordo ma, ad interrompere il viaggio che la mia mente stava facendo, fu il suono di un telefono.

Mi guardai attorno, cercando di capire da dove provenisse.
Il suono era lontano, sembrava venire dalle altre stanze, oltre al corridoio.

Sbuffai e mi alzai dal divano, per raggiungere la stanza da dove il telefono stava squillando; nonché la mia camera.

Attraversai tutto il corridoio in silenzio, facendo attenzione ad ogni singolo rumore provenisse anche dalle altre stanze.

Quando arrivai in camera, rinchiusi la porta alle mie spalle e mi guardai attorno, spaesato.
D'altronde non ero ancora abituato a vivere lì e a riconoscere ogni singolo angolo della casa.

Era il telefono di Bee, appoggiato sopra al comodino.
Non sapevo nemmeno come ci fosse finito lì sopra, considerando che si era coricata senza far caso e senza preoccuparsi di nulla.

Lo afferrai e lessi il nome di suo fratello, stampato sullo schermo piatto e vibrante.

Possibile che quel coglione doveva per forza far parte della mia vita, in ogni caso?

Senza pensarci due volte feci scorrere il pollice sul display e portai il telefono all'orecchio, seccato: 'Louis', risposi.

'Zayn, dov'è mia sorella?' Chiese schietto, senza badar assolutamente all'idea che ero stato io a rispondere.

In altre circostanze avrebbe urlato come una checca in preda ad una crisi isterica.

'Buongiorno anche a te, Louis', risposi con un falso sarcasmo.

Quest'ultimo fece una rapida risatina, quasi come per accontentarmi: in realtà non c'era un bel niente da ridere.

'Sì, dov'è?' Andò nuovamente al sodo.

'In bagno', cercai di non badare alla sua malsana mania di provocarmi e parlai con calma, alzando gli occhi al cielo.

'Ohhh, notte di fuoco!?' Lo sentii fare degli strani versi e parlare con un tono piuttosto patetico.

Davvero credeva che nel caso fosse successo, ne avrei parlato con lui?
E, oltretutto, da quando era euforico all'idea di noi due a letto insieme?

'Non ne sarei così convinto...' Sospirai, lasciandogli capire che no, non avrebbe avuto una conversazione di quel genere con me.

'Perché no?' Domandò, quasi con innocenza.

Alla sua ennesima domanda, qualcosa scattò in me, impedendomi di star zitto ancora a lungo e di placare il mio carattere: 'senti, ma da quando sei interessato alla nostra vita sessuale?' Chiesi, aggrottando la fronte.

Se lo avessi avuto difronte, lo avrei guardato così male da farlo andar via senza dire una parola.

'Da quando mia sorella mi ha detto che ne avete una'. Mi chiuse, mi chiuse la bocca letteralmente.

Per quale assurdo motivo aveva raccontato delle nostre cose a suo fratello?
Diamine, Louis, lo stesso isterico che per ogni singola stronzata creava una polemica! Cioè, suo fratello...

'Allora, me la passi o no?' Insistette, con un tono più rigido.

Non stava parlando con un bambino ed avrebbe fatto bene a cambiare tono, con me.

'No', dissi.

'Zayn, guarda mi fai incazz...' Non lasciai che le sue lamentele prendessero una brutta piega, lo fermai in tempo, facendogli capire che non avrei ceduto alle sue richieste: 'è in bagno, quando torna ti chiama'.

'Che palle'. Sbuffò sul suo telefono, facendomi quasi strappare un orecchio.

'Piuttosto...' Non mi piaceva avere a che fare con lui e con le sue domande fuori luogo, ma ormai aveva iniziato ed avrei voluto sapere tutto.

'Cosa ti ha detto esattamente, di noi?' Domandai.
Porre quella domanda mi bastò per farmi salire un nodo alla gola; stavo davvero in ansia per la risposta di un coglione come Louis?

'Beh...niente di specifico...' Disse vago, forse imbarazzato.

'Tipo?'

'Tipo che avete scopato, no?' La sua insicurezza improvvisa mi stava facendo sentire meglio; ma non abbastanza.

Non capivo perché lo aveva fatto ma d'altronde era suo fratello, forse una delle poche persone alle quali voleva bene e...voleva sfogarsi?

Senza salutarlo neanche, chiusi la chiamata e lanciai il telefono al centro del letto, facendolo finire in mezzo alle lenzuola appallottolate.

Mi sedetti sul bordo del letto, sospirando.

Era tutto intrecciato ultimamente. Persino Bee e i suoi discorsi fuori luogo con suo fratello, ci si mettevano a farmi ribollire il sangue nelle vene.

Punti i gomiti sulle ginocchia e presi il mio capo fra le mani, abbastanza confuso.

Avevo ancora in testa quella musica assordante, quelle vibrazioni che mi facevano tremare il petto e quelle luci così dannatamente forti...

Se chiudevo gli occhi potevo rivedere il rosso, il giallo e tutti i colori alternanti.

Era stata una serata abbastanza strana per me, una di quelle che mai avrei pensato di passare.

Direste: cos'è? Una semplice serata in discoteca la passano tutti i ragazzi!

Ma a me mandava k.o. il cervello.

E ad appesantirla di più, oltre a Bee e alle sue improvvise voglie di molestarmi, ci si era messa anche quella ragazza.

Ormai non ne ricordavo il nome.
Era mora e piena di tatuaggi, aveva le labbra rossissime, le unghie lunghe e gli occhi evidenziati da tantissima matita.

Mi era rimasta incisa nella mente assieme alle sue parole, assieme ad ogni sua singola sillaba.

Mi allungai leggermente sul letto per poter infilare la mano nella tasca dei miei pantaloni.
Subito sentii il metallo del mio telefono sfiorarmi le dita; fantastico sapere che avevo dormito con il cellulare nei pantaloni, no?

Lo tirai fuori ed accesi lo schermo, portandolo sotto ai miei occhi.

Era raccapricciante vedere ancora la mia faccia e quella di Harry, sul display.

Quella foto era vecchissima, avevamo all'incirca diciassette anni.
Eravamo abbracciati, sorridenti...eravamo dei veri e propri fratelli.

Ricordavo il giorno nel quale ci fecero quella foto: io, Harry e Niall eravamo tornati in America dai nostri genitori, per una visita rapida alla nostra famiglia.

Avevano invitato zii, cugini e cugine per accoglierci, e mia mamma aveva ben pensato di passare metà del tempo a fotografarci.

In quel momento stavamo giocando a carte...uno di quei giochi dove punti qualche centesimo, giusto per dare spirito alla serata.

Scossi la mia testa e scacciai via quei monotoni ricordi dalla mia mente, tornado alla realtà.

C'erano situazioni peggiori sulle quali riflettere e sulle quali soffermarsi.

Aprii la rubrica e scorsi tra le numerose lettere dell'alfabeto che avevo salvato, arrivando fino alla H.

Harry.

Il suo numero era lì, stampato sotto ai miei occhi e con una piccola cornetta verde di fianco.

'Sai a chi rivolgerti'.
Quelle parole mi tormentavano, mi occupavano la mente tanto quanto il movimento delle se labbra.

Senza pensarci due volte, posai il dito sopra a quel tasto e portai il telefono all'orecchio.

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