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56- Stranger

"Hostage" | Wolverhampton

Era mattino ormai; allungai le gambe per tirare fuori il telefono dalla tasca dei miei pantaloni e sbloccai lo schermo, per leggere l'orario.

I numeri segnati in bianco apparvero sfocati sotto ai miei occhi e quando mi sforzai per focalizzare quelle tre cifre, essi si moltiplicarono facendomi a malapena leggere le ore 10:00.

Posai il telefono sul cemento sotto di me ed appoggiai il capo contro la parete dietro di me, prendendo un enorme carico d'aria.

Potevo sentire perfettamente il rumore delle macchine passare sopra di me, sull'autostrada.

Afferrai la bottiglia di vodka accanto a me e la portai alle mie labbra; continuai a fissare l'alto mentre, i raggi del sole mattutino, riflettevano contro i miei occhi e mi accecavano.

'Dammene un po' anche a me', neanche la voce impastata di Liam riuscì a farmi staccare gli occhi dal cielo; allungai il braccio tremolante e gli porsi la bottiglia di vetro.

Strinsi le ginocchia al petto e le circondai con le mie braccia; era agosto ormai inoltrato, ma l'umidità, mi penetrava attraverso le ossa e alla pelle scoperta del torace.

'Non pensavo diventassi come me, Zayn' la voce di Liam fu seguita da una risatina e non potei far a meno di prendere un altro profondo respiro per evitare di parlare.

Non ero uno di loro, nonostante il mio cervello fosse incapace di captare cosa ci fosse all'esterno e di riflettere attentamente su cosa stava dicendo, ne ero certo: no, non ero uno dei tanti ragazzi monotoni che si sballavano ogni sera.

Mi fa schifo questa roba, avrei voluto dirgli. Mi faceva davvero schifo bere alcolici che ti bruciavano lo stomaco e fumare roba dal sapore schifoso che ti mandava fuori di testa.

Ma avevo scoperto che farlo in precisi istanti, mi faceva star bene.

E mi fa schifo anche come sei diventato tu, se soltanto non avessi avuto il bisogno della sua roba quella mattina, glielo avrei sbattuto in faccia senza problemi. Ma anche io stavo imitando le sue stesse cose: stavo bevendo i suoi alcolici, stavo fumando la sua erba ed avrei rischiato che mi sbattesse in testa quella bottiglia.

Rimasi in silenzio con le labbra screpolate e la bocca asciutta ad osservare le numerose nuvole che, per colpa di ciò che stavo facendo, erano praticamente moltiplicate.

Passai più volte la punta della lingua sul mio labbro inferiore e quando sfiorai una delle ferite che spaccava il mio labbro; sentii l'aspro sapore del sangue.

'Ne vuoi ancora?' Sentii da parte sua.
Voltai il capo e, nonostante i miei occhi non mi permettessero di vedere molto, riuscii ad intravedere un mozzicone acceso.

Allungai una mano per afferrarlo è soltanto allora mi accorsi delle varie chiazze di sangue che macchiavano le mie nocche: lo afferrai con l'indice ed il pollice e lo portai per la terza volta alle mie labbra, assaporandone il gusto alquanto rivoltante.

E quando rialzai gli occhi al cielo, le mie labbra lasciarono scappare il fumo in piccole dosi, lasciando che esso svanisse insieme a freddo vento.

"Hostage" | Doncaster

[Bee Tomlimson's pdv]

Quella mattinata iniziò con il piede sbagliato e non soltanto perché mi ero svegliata già nervosa, ma nel vero senso della parola.

Quale ragazza alla ricerca di un lavoro vorrebbe ricevere una chiamata alle dieci del mattino per essere informata che non avrai alcun posto? Di certo non io.

Dopo essermi vestita con dei jeans neri ed una canottiera bianca ed anche abbastanza attillata, andai in cucina con il solo intento di chiamare Zayn e risolvere una delle tante cose che mi passavano per la mente.

Digitai il suo numero, portai il telefono all'orecchio ed esso suonò a vuoto per più di dieci volte, fino a quando, stufa, non decisi di riattaccare.

Stavo per lanciare il telefono sul tavolo per la milionesima volta in pochissime ore, ma ancor prima che potessi farlo, qualcuno alle mie spalle mi interruppe.

'Buongiorno'. Mi voltai di scatto verso il corridoio e da lì vidi arrivare Louis con un aria assonnata.

Si tappò la bocca per sbadigliare e con calma venne verso di me.
Indossava il suo solito pigiama che prevedeva soltanto i boxer a scacchi neri e bianchi ed i suoi capelli più spettinati del solito.

'Buongiorno a te', sorrisi.

Mi passò davanti senza aprire bocca, come se io non avessi parlato, e si fermò davanti al lavandino per aprire l'acqua.

Aprì gli sportelli della cucina ed estrasse un bicchiere; lo stesso che immerse poi sotto al getto d'acqua.

Non mi ci volle molto per capire che no, se non avessi insistito io, tra noi non ci sarebbe stato altro che uno scambio di sguardi investigativi e fuori luogo.
Posai le mani ai bordi del tavolo e saltai su di esso, stringendo le braccia al petto.

'Sei stato tu stesso a dirmi di perdonarlo tempo fa', dissi.
Lo osservai mentre, con il bicchiere tra le labbra, deglutiva l'acqua gelida, e con la coda dell'occhio spostava lo sguardo su di me, indifferente.

'Ho seguito il mio istinto, ho fatto ciò che sentivo e l'ho perdonato, cos'ho sbagliato!?' Continuai. Louis nel frattempo si voltò verso il lavandino ed appoggiò il bicchiere all'interno di esso.

Poi, si voltò verso di me. 'No, non hai sbagliato niente', affermò con il suo atteggiamento evidentemente apatico.

'Allora?' Insistei e lui alzò banalmente le spalle, appoggiando la schiena al bancone, difronte a me.

'Louis, non puoi continuare a comportati in questo modo'. Saltai giù dal tavolo e mi fermai proprio davanti a lui, con uno sguardo sollecitante.

'No, infatti', confermò. 'Ma Zayn non mi piace a prescindere e le sue maniere di ieri lo hanno confermato'. Con gli occhi andò a guardare qualcosa di impreciso accanto a me, mentre le sue mani si posarono sul bordo del bancone.

'Quali maniere?'  Chiesi.
L'ultima volta che avevamo litigato era stata quando io e Zayn ce ne eravamo andati in albergo e lui aveva chiamato alle sei di mattina, dicendo cose delle quali poteva risparmiarsi.

'Con Trishar', puntò i suoi occhi nei miei e non potei far a meno di deglutire, preoccupata. 'So come si è comportato, ieri sera ci siamo sentiti e mi ha espressamente detto quanto gli stia sul cazzo Zayn'. Spiegò, con tono pacato.

Fantastico, davvero. Pensai.
Non sapevo se attribuire tutte le colpe a me, che avevo organizzato quel meraviglioso incontro o a Zayn, che si era comportato nel suo peggior dei modi.

'Hai ragione', annui ed abbassai lo sguardo. 'Non so perché lo abbia preso male, io non posso farc...' La voce tuonante di Louis mi fermò, 'non puoi fare un cazzo, infatti'.

Lo sentii camminare verso di me e il fiato mi si accorciò lungo la gola, lasciandomi la bocca secca.

'Ma a parte questo, non mi fido di lui...' A quelle parole alzai lo sguardo e fermai i miei occhi nei suoi, invitandolo a procedere. 'Non mi fido di Zayn e...' Guardò per un attimo alle mie spalle e poi sospirò, abbassando il capo, 'è più forte di me, non riesco a digerirlo'.

Quello doveva essere un ottimo momento per parlare e chiarire le cose fra di noi con la calma.

Aveva ragione su Trishar. Zayn era stato stronzo con lui e anche se a primo impatto Trishar era sembrato abbastanza indifferente, era ovvio che d'altra parte ci era rimasto male.
Ma per quanto riguardava il fatto che, come aveva detto lui 'Zayn, non riusciva proprio a digerirlo'...beh, no.

'Sappiamo bene entrambi perché non ti va giù'. Mi accorsi di aver alzato leggermente il tono della mia voce e mi azzittii all'istante, per evitare di far degenerare le cose.

Louis mi guardò con un sopracciglio alzato e portò le braccia conserte al petto; gesto palesemente provocatorio da parte sua.

'Come potrebbe starti simpatico qualcuno che fino a pochi anni fa, ti divertivi a rinchiudere nei bagni e a riempire di botte?' Mi si contorceva lo stomaco soltanto all'immagine di Zayn, quello Zayn, in tali condizioni...figuriamoci se quello che lo trattava così era mio fratello. 

Non seppi descrivere precisamente l'espressione di mio fratello in quel preciso momento: i suoi occhi azzurri erano esterrefatti tanto quanto furiosi e la sua mascella contratta sembrava trattenerlo a non scoppiare.

Rimasi a fissarlo con arroganza fino a quando non fu lui a parlare, dopo aver preso dei lunghi e profondi respiri. 'Chi te l'ha detto.' Disse fra i denti. Il suo tono di voce non aveva alcun cenno di domanda.

'Lo so e basta', mi ostinai, stringendo i pugni.

'Cosa ti ha detto a parte questo?' Le sue narici prendevano e buttavano aria come se quest'ultima gli mancasse dalla rabbia; era fuori di se.

'A parte questo!?' Strillai, feci un passo verso di lui e mi trovai a pochissimi centimetri dal suo corpo leggermene più alto del mio: 'vuoi dirmi che quel che ho detto non è abbastanza!?' Sentii la rabbia crescere sempre di più e i miei muscoli tirarsi tanto da dover fare qualcosa.

Era una di quelle situazioni dove o fai un casino e ti sfoghi, o finisci per sentirti male dalla troppa rabbia.

'Ne ha prese poche, fidati'. E con quelle parole capii che non sarebbe andata a finire bene.
Quella tanta furia da parte sua e quel sorrisetto sdrammatizzante alla fine non sarebbero state una buona cosa, no.

'Ah sì?' Domandai, 'e lui che ti faceva di male? Eh? Che ti faceva per meritare quello!' Urlai tutto d'un fiato.

Posai le mani sul suo petto e lo spinsi, lo spinsi forte ma non abbastanza da farlo barcollare.

Ancor prima che potessi continuare, Louis mi prese i polsi con entrambe le mani e puntò gli occhi nei miei: 'se gliene avessi date di più, magari non sarebbe così', parlò a denti stretti e con gli occhi socchiusi.

Strattonai i miei polsi cercando di fanti lasciare, ma inutilmente, vista la forza con la quale le sue dita affondavano sulla mia pelle.

'Lasciami!' Strillai.
Ero in preda alle lacrime e non sapevo neanche io il motivo; non ero solita piangere quando ero arrabbiata ed avevo tutte le ragioni del mondo ma...in qualche modo, il suo atteggiamento mi stava consumando dentro.

'Lasciami, cazzo!' Strattonai ancora una volta i miei polsi ed istintivamente, senza neanche rendermente conto, feci un passo verso di lui, piegai un ginocchio e colpii quello che per qualunque maschio era considerato il 'punto debole'.

Louis lasciò immediatamente le mie mani ed accorse a portarle sulla parte dolorante.
Si chinò dal dolore provocato dal mio calcio e con le mani, coprì la sua intimità, gemendo.

'Sei fottutamente pazza', ringhiò.
Lo sentii gemere ancora e dopo aver preso più volte dei profondi respiri per riuscire a calmarsi, alzò il capo per guardarmi.

'Non rivolgermi mai più la...' Non lasciai che la sua bocca concludesse di pronunciare quella merda, non lasciai neanche che potesse accorgersene e fermarmi.

Senza pensarci due volte, allungai una mano verso il suo viso e gli colpii la guancia con tanta forza che quando il suo viso si voltò dall'altra parte per il colpo, percepii uno strano formicolio sul palmo della mia mano.

***

Era quasi mezzogiorno, erano circa due ore che mi ero rinchiusa in camera mia, a chiave.
Mi sentivo tremendamente in colpa per ciò che avevo fatto ma d'altra parte, sentivo di aver fatto la cosa giusta.
Non sapevo se rimproverarmi per averlo picchiato e per avergli detto tutta quella verità in faccia, senza pietà, o se andarne fiera.

Meritava una lezione ma forse non ero io quella che doveva provvedere a prenderlo a schiaffi.
Non era mai successo qualcosa del genere fra di noi, a parte le poche volte che ci picchiavamo per una caramella o per un giocattolo, da bambini...mai avrei pensato di picchiare Louis.

Asciugai le lacrime che scendevano lungò il mio viso con il dorso della mano continuai a fissare il soffitto, sdraiata sul letto, con gli occhi lucidi.

Dopo ciò che avevo fatto, Louis mi odiava. Era ovvio che non era venuto a cercarmi o semplicemente a bussare alla mia porta, per chiarire.

Ed io morivo dal pentimento per ciò che avevo fatto.

Presi il telefono che avevo posato sul materasso, accanto a me, e premetti il tasto centrale per accenderlo.

Non appena il vetro si illuminò, su di esso comparve l'immagine di me e Roxane, una mia amica americana.
Ciò significava che nessuno mi aveva cercato, ne Zayn, né tanto meno mio fratello.

Deglutii rumorosamente e mi inumidii le labbra ormai secche e screpolate dal lungo pianto; avevo l'abitudine di morderle e di ferirmi quando ero nervosa e ciò non era mai qualcosa di buono.

Andai nell'applicazione dei messaggi e digitai velocemente il numero di Zayn:

Me: Devo parlarti, è da oggi che ti cerco...

Una volta scritto ciò, inviai il messaggio e poi buttai nuovamente il telefono sul letto, innervosita.

Quando qualcosa andava storto e la giornata iniziava male, niente poteva far aggiustare le cose, tutt'altro.
Sbuffai e pensai che alzarmi, cambiare le lenzuola e riordinare la camera prima che mia mamma tornasse per l'ora di cena, non solo sarebbe stato un ottimo modo per non pensare a tutto, ma anche per evitare di sentirla strillare.

Mi alzai dal letto, mi chinai su di esso: presi il telefono ed il libro che avevo tentato di leggere - con l'ovvia intenzione di non pensare ad altro - e li posai sul comodino.

Passai qualche minuto a togliere tutte le coperte dal letto, le avevo accantonate per terra, in un angolo della camera e decisi di portarle in bagno ed approfittare della situazione per riuscire a togliermi qualche senso di colpa e di varcare la soglia.

Raccolsi tutte le coperte da terra e camminai fino alla porta, una volta lì presi un profondo respiro e chiusi gli occhi per farmi coraggio. 

Non appena abbassai la maniglia e la porta davanti a me si aprì di poco, potei sentire le voci provenienti dalla televisione in soggiorno.
Tirai un sospiro di sollievo nel sapere che Louis fosse nell'altra stanza e che se fossi andata in bagno senza far troppo rumore, neanche si sarebbe accorto di me.

Non appena uscii dalla camera però, ogni mio sospiro di sollievo ed ogni rassicurazione che sarebbe andato tutto liscio, svanì.

Difronte alla porta della mia camera, con una mano sulla maniglia, trovai Louis. 

Evidentemente anche lui stava andando in bagno, ma sentendomi aprire la porta si fermò e si voltò verso di me.

Aveva messo addosso dei pantaloni corti fino al ginocchio, insieme ad una canottiera nera, larghissima.

Mi guardava soltanto.
Restai immobile quando i miei occhi si incatenarono ai suoi.

I capillari dei suoi occhi azzurri erano rossi ed il suo naso anche: aveva uno sguardo leggermente distaccato ma per quanto potessi conoscerlo, ero sicura che fosse soltanto offeso.

Mi guardava con le labbra gonfie di qualcuno che aveva pianto per ore intere.

Non riuscii a dire una parola: sentivo il mio cuore battere troppo forte e il mio stomaco contorcersi dal dolore.
Era come se una voragine si fosse appena aperta nel mio petto, facendo aumentare il rammarico di ciò che gli avevo fatto.

Sentii gli occhi pizzicarmi e sapevo che, da lì a poco, sarei scoppiata in un pianto infinito. 

Inghiottii la poca saliva che avevo in bocca, per la milionesima volta nell'arco di poche ore, ed ancor prima che le lacrime potessero iniziare a scendere lungo le mie guance,  Louis si voltò verso la porta, abbassò la maniglia e poi entrò, rinchiudendola violentemente alle sue spalle.

***

Per pranzo ero andata in cucina ed avevo preso del pane con del prosciutto.
Avevo lo stomaco chiuso e la voglia di mangiare era scomparsa da quando avevo litigato con Louis, ma mi costrinsi a mangiare.

Sempre per lo stesso identico motivo avevo riempito il letto appena rifatto, di molliche, e nonostante i vari tentativi di ripulirlo e gettarle a terra...continuava a piccare.
Odiavo quella sensazione sul mio corpo, odiavo sdraiarmi e sentire le molliche sotto di me, ma non avevo voglia di far niente né tanto meno di passare tutto il pomeriggio a spazzarle via.

Mi sedetti sul letto con la testa contro il muro e ripresi il telefono dal mio comodino.
Lo portai sotto agli occhi con noncuranza, sapendo già che Zayn non avrebbe dato cenni di vita e che non sarebbe servito a niente.

Lo accesi e invece, al posto del mio solito e monotono blocca schermo che mi ricordava l'America, trovai una notifica.
Il nome 'Zayn' apparve sul display svariate volte e sentii il mio cuore riempirsi per la prima volta di gioia, nell'arco di una giornata.

Ma poi spostai lo sguardo accanto al suo nome, e lì, scritti in grassetto, vi erano dei numeri.

Le 12:00.
Aveva mandato il messaggio circa tre ore prima ed io non me ne ero neanche accorta.

Aprii immediatamente il messaggio da parte sua e mi ritrovai a scuotere il telefono, sperando che così facendo, si sarebbe sbrigato ad aprirmi la schermata delle conversazioni.

"Continua a cercarmi".

Scorsi nella conversazione e mi affrettai a leggere gli altri messaggi, evitando a me stessa di trarre conclusioni affrettate e di innervosirmi immediatamente, senza troppi giri di parole.

"Non credo che ti piacerei, ora'".

Alzai un sopracciglio e rilessi svariate volte quella frase, sperando di trovarne il senso, invano.

Dopo vari tentativi persi a leggere e rileggere, scorsi ancora e lessi gli altri messaggi.

"Hai detto che ti piace baciarmi".

Sentii le mie guance accaldarsi spropositatamente, nonostante tutto ciò che aveva scritto poco prima non avesse un gran senso logico.

"A te piace davvero qualcosa di me".

Quello era l'ultimo messaggio da lui inviato.
Lo aveva spedito circa un ora prima e da lì non aveva scritto più niente.

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