39- Distant
Non ero un ragazzo incoerente, solitamente.
Ero abituato ad avere le idee ferme in testa e dei modi di vivere tutti miei, che in alcun caso avrei pensato di calpestare.
E infatti avevo parlato di me con sicurezza, di come odiavo il carattere di mio fratello, di come cercasse il sesso, le donne, e di quanto trovassi disgustosa la sua continua voglia di portare a letto qualcuno.
Lo pensavo davvero.
Trovavo squallido quel genere di comportamento e in qualche caso mi sarei azzardato persino a considerarlo un pessimo metodo per rimediare alla solitudine; eppure avevo fatto le stesse ed identiche cose e mi ero decisamente meritato lo stesso posto di mio fratello su quel podio di sfigati.
Aveva pagato una cazzo di puttana ed avevo speso cinquanta sterline per una stupidissima di scopata.
E non riuscivo a togliermelo dalla testa.
Presi il cuscino sul lato opposto del mio letto e lo affondai contro la mia faccia, cercando di affogare quella costante sensazione di vuoto nel petto.
Speravo di soffocare la mia mente con quel cuscino o almeno di riuscire a sentire ancora una volta l'odore di Bee su di esso, così da potermi convincere all'idea di dimenticare quella donna.
Erano le sette del mattino e abitualmente dormivo a quell'ora. Di certo non avrei mai pensato di aprire gli occhi così presto e di perder tempo a pensare a me e alle mie numerosissime cazzate.
'Non sarà contento di trovarti in camera sua'. Udii le grida di mio fratello provenire dalle altre stanze e già da subito mi resi conto di aver cominciato quella giornata nel peggior dei modi.
Mi voltai a guardare verso la mia porta con un sospiro, scalciai via le lenzuola dal mio corpo, e le raggomitolai ai piedi del letto.
'Fa come ti pare', un tono rassegnato scappò dalle labbra di Niall e potei sentire la sua voce leggermente più vicina alla mia camera, subito dopo.
Non feci nemmeno in tempo a cercare di capre con chi stesse parlando e quali fossero i suoi problemi di prima mattina, quando avrebbe dovuto dormire; che la porta della mia stanza si spalancò in un violento tonfo contro il muro.
'Pezzo di merda!' Riconobbi all'istante quella voce squillante, ancor prima di alzare lo sguardo.
Mi bastò vedere il suo corpo minuto e quelle scarpe basse sui suoi piedi per farmi rivoltare lo stomaco.
Il castano venne verso di me con i pugni stretti e mi raggiunse sul letto, mentre cercavo di sistemarmi comodamente a sedere.
'Che cosa volevi da lei, eh!?' Non appena mi arrivò difronte, il suo braccio si alzò in aria e le sue nocche bianche fecero per colpirmi il volto.
Non battei ciglio, mi bastò fissare quella mano stretta sopra di me per poter ripercorrere il dolore che era capace di provocare con un solo pugno.
Per un attimo furono centinaia le immagini che riaffiorarono nella mia mente, ricordando quella scena e le tantissime volte in cui mi ero lasciato sottomettere dalle sue aggressioni e dai suoi modi poco carini di mettermi le mani addosso.
E in un istante alzai una mano, fermando il suo pungono ancor prima che potesse colpirmi.
Strinsi la sua mano nella mia e puntai i miei occhi diritti nei suoi, azzurri.
Senza staccare minimamente lo sguardo dal suo, mi alzai in piedi ed osservai con piacere i lineamenti del suo volto farsi lentamente più seri ed arroganti.
'Le cose sono cambiate, Louis', mormorai a denti stretti, facendolo irrigidire.
Lui non parlò, si limitò ad abbassare con rassegnazione la mano e a prendere un profondo respiro dal naso, con l'evidente intento di controllare le sue azioni.
Ormai eravamo cresciuti e le sue mani non mi spaventavano più come una volta; non mi spaventavano più come quando eravamo dei ragazzini ed il suo corpo torreggiava su di me, facendomi sentire un piccolo cane indifeso.
Non riuscivo a percepire nemmeno un minimo dell'insicurezza che avevo addosso da piccolo, quando Louis Tomlinson studiava centinaia di modi per rovinare la vita di chi voleva semplicemente andare a scuola e prendere uno stupidissimo diploma.
I suoi tatuaggi erano tanti a differenza di una volta, ma a sottolineare il vero cambiamento era il fatto che ne avevo altrettanti anche io, sparsi da qualunque parte del corpo.
'Zayn, lascialo stare'.
Niall intervenne con prontezza alle mie spalle, non appena si accorse del mio sguardo persistente sul piccolo corpo del bullo mancante che era in Louis.
Ma evitai completamente il fatto che fosse appena entrato in quella stanza e che avesse deciso di cambiare totalmente carattere e di diventare il pacifista della situazione.
'La smetterò non appena avrà il coraggio di continuare il suo discorso', parlai ad alta voce, fissandolo di sottocchio, facendogli intendere palesemente chi fosse il vero destinatario del messaggio.
'Bene', di scatto Louis alzò il capo e mi fissò con sicurezza.
Le sue iridi riacquistarono un minimo di fiducia e la sua mascella si tese particolarmente, mentre con un sorriso sarcastico sminuii tutto quel coraggio che improvvisamente era stato capace di dimostrare.
'Sono venuto per dirti che sei stato un vero pezzo di merda, Zayn', sbottò.
Il suo braccio si allungò verso di me e mi spinse provocatoriamente, cercando di stimolare in me quell'innata ed ovvia voglia di colpire la sua faccia.
Ma non mollai, non mi lasciai prendere dal viso pulito di chi si ostinava a sembrare qualcuno che non era più da moltissimo tempo.
Risi soltanto, e lo feci di gusto: 'uhm, sì?' Lo provocai.
'Sì', ammiccò subito, 'non so cosa cazzo tu le abbia fatto esattamente ma ti assicuro che non la passerai liscia Zayn', mi minacciò, lo fece con tutto il coraggio che aveva in corpo e con la consapevolezza di non essere assolutamente credibile, 'non la passerai liscia se la vedrò nuovamente piangere per uno come te', sottolineò.
E dette quelle ultime parole, se soltanto avessi avuto una speranza di sembrare lontanamente credibile e di potermi giustificare; dovetti restare completamente in silenzio.
Di risposta alzai semplicemente le spalle ed abbassai il capo, prendendo un profondo respiro.
Riuscii soltanto a dimostrarmi impassibile difronte a ciò che aveva appena detto, colpendomi ed affondando mi crudelmente, senza nemmeno immaginare di averlo fatto.
'Fai pena', fece una smorfia di disgusto e passò gli occhi lungo il mio corpo: 'sarai diventato anche più forte di me Zayn, ma sei una persona di merda', conclude.
E detta quella frase non potei far più niente per calmarmi e per connettere abbastanza il mio cervello da controllare le mie azioni.
Le mie mani agirono d'istinto e senza preavviso, avventandosi sul collo della sua magli.
Lo afferrai e lo alzai da terra e portai i suoi occhi difronte ai miei, con arroganza: 'chi è una merda!?' Ripetei le sue parole e camminai fino a quando le sue spalle non toccarono il muro della mia stanza: 'chi Louis, chi!?' Domandai.
Le sue mani cercarono invano di afferrare i miei avambracci e di fermare quella che sarebbe potuta degenerare in una vera e propria rissa.
'Chi è quella merda che ha il coraggio di guardarmi ancora negli occhi!?' Gridai, staccandolo dal muro e sbattendolo nuovamente contro di esso, senza pietà.
A quell'azione, le labbra del ragazzo si strinsero in una linea sottile e i suoi occhi si socchiusero, cercando di ammortizzare il dolore di quel violento colpo.
Lo sentì gemere mentre con voracità continuavo a spingerlo contro la parete.
'Chi è quello che fa schifo qui?' Chiesi ancora, la mia voce era ormai un ringhio.
Lo guardai con piacere mentre si sforzava a non mugolare dal dolore e a trovare le forze necessarie per respingermi e divincolarsi dalla mia presa. 'Sono io il pezzo di merda!?' Insistei.
La rabbia cresceva sempre di più dentro di me, come se tutti quegli anni di torture fossero improvvisamente riapparsi nella mia mente e mi stessero istigando a cercare giustizia in quel coglione che da sempre aveva approfittato delle mie debolezze.
E non potevo farci niente se a distanza di anni e dopo lunghi cambiamenti della mia vita odiavo ancora lui, come odiavo ognuno di loro che si divertiva a collaborare in quei giochetti.
'È meglio che te ne vada, Louis'.
Niall cercò di dividerci con calma, arrivando dietro di me ed afferrandomi le spalle con cautela.
Ma non avrei potuto permettergli di farmi lasciare quel lavoro a metà e di dividermi nuovamente da quella che sarebbe potuta essere la vendetta di una vita, di lunghi e tortuosi anni persi a piangere nella mia cameretta.
Scrollai le spalle e tentai di divincolarmi dalla sua presa persistente; presa che Niall non osò minimamente mollare e che piuttosto aumentò, quando capì di aver difronte il puro ritratto della furia.
Avvolse il mio petto con le braccia e mi tirò verso di se con forza, tentando di allontanarmi dal corpo del castano.
'Lascialo Zayn!' Urlò e continuò a tirarmi lontano dal suo corpo, là dove avrei potuto riprendere fiato e dar spazio alla mia coscienza.
E quando riuscì a portarmi abbastanza lontano dal muro per farmi arrendere, mollai il tessuto della sua felpa e lo lasciai cadere a terra in un forte gemito.
***
'Come discolo è arrivato qui!?'
Volevo intenderla come una domanda, ma l'adrenalina e la rabbia di poco prima non aveva ancora abbandonato i miei muscoli; soprattutto se seduto nella sedia difronte alla mia vi era quel fottutissimo ciglione con un sacchetto di ghiaccio appoggiato sulla nuca.
Mi guardava di traverso e mugolava dal dolore ogni volta che il suo corpo faceva una mossa.
Niall era con le spalle appoggiate al frigorifero e ci osservava entrambi con pazienza, come se fossimo due bambini e lui il papà della situazione.
'Ma quanti siete stupidi?' Domandò, scuotendo la testa.
Di risposta sospirai brutalmente e guardai il muro che avevo difronte, cercando di evitare la faccia del castano e di non concentrarmi troppo a ciò che aveva appena detto.
Odiavo essere preso in giro da lui e per qualcosa al quale sapevo di non dovermi giustificare, e come sempre riuscivo a trovare la calma fissando un punto indefinito della stanza.
'Capisco che Bee sia abbastanza invitante ma, fratello, siamo in Inghilterra e ce ne sono a migliaia lungo la strada...' Niall scoppiò in una fragorosa risata mentre Louis si girò con fatica per maledirlo.
D'altronde era sua sorella e non potevo biasimarlo se infondo, una parte remota e ragionevole del suo subconscio, desiderava sbattergli la testa contro il frigorifero.
'Va bene, diciamo che con un'altro po' di esercizio potrebbe fare degli ottimi lavori con le sue mani ma...' Niall ricominciò e soltanto all'udire del suo tono così stupido, potei percepire il mio sangue congelarsi lungo le vene.
Ma a mia fortuna, almeno per quella volta fui felice di scoprire che non dovetti sprecare altro fiato con chi non avrebbe preso sul serio le mie parole.
Louis scattò in piedi dalla sedia e si piazzò difronte al biondo, puntandogli un dito sul petto: 'non osare dire un'altra parola su mia sorella', lo minacciò.
Niall trattenne semplicemente una risatina e sembrò rimanere parecchio spiazzato dalla reazione del suo amico.
Si allontanò così con superficialità da lui, dirigendosi verso la sedia accanto alla mia.
Afferrò la spalliera e la fece strusciare con noncuranza sul pavimento, come era solito fare: 'calma amico, sto dicendo soltanto la verità', rise e si sedette accanto a me, con un ghigno stampato in faccia: 'vero fratellino?'
"Hostage" | Doncaster
[Bee Tomlinson's pdv]
Quella mattina mi sveglia per la prima volta da sola, dopo un lungo periodo in cui mi ero abituata ad aprire gli occhi e ad incontrare il volto rilassato di Zayn.
Mi era mancato sentire le sue mani sui miei fianchi durante la notte, ma avevo deciso che ben presto tutto quel vuoto nel mio petto sarebbe svanito.
Dovevo andare avanti e cancellarlo dalla mia mente come se fosse stato soltanto un orribile sogno destinato a finire troppo presto.
Non avevo alternative, ciò che aveva fatto mi distruggeva fisicamente e mentalmente e non potevo permettermi di crollare completamente, come una patetica ragazzina.
Passai all'incirca due ore in bagno, delle quali, una ad asciugarmi e a piastrarmi i capelli.
Era un po' che non lo facevo e mi era mancata davvero tanto quella sensazione di ordine e precisione sulla mia testa.
Terminai di sistemarmi i capelli e mi diressi in cucina con un passo rapido.
Ormai erano venti minuti che mia madre aveva chiamato per avvisarmi che era pronta la colazione, ma fra una cosa e l'altra, ne approfittai per portarla alla lunga e per evitare le sue numerose domande.
Non volevo nemmeno ripensare a tutto quanto mentre mi sedevo a tavola e mia madre faceva il suo solito interrogatorio, intenta a scoprire ogni particolare; ma sarebbe successo, inevitabilmente e a prescindere dai miei voleri, e sarei dovuta essere pronta.
Passai prima in camera per prendere il telefono e poi andai in cucina, dove la tavola era ben apparecchiata per due persone.
Il latte al cacao e i cereali erano disposti sul tavolo e mia madre mi aspettava seduta, con il suo solito chignon e con il medesimo sorriso stampato in faccia.
'Buongiorno eh', si sporse per mettere accuratamente bene il cucchiaio accanto alla mia tazza e poi tornò al suo posto.
'Buongiorno, Louis?' Mi guardai intorno sperando di non vederlo spuntare da qualche parte e poi mi sedetti.
Soltanto allora mi resi conto che sul tavolo era tutto pronto soltanto per due persone e mia madre mi precedette, dicendo: 'è uscito stamattina presto'.
Afferrai i cereali e ne versai un po' nella tazza di latte, mentre sentivo lo sguardo costante di mia madre fermo su di me, scrutando ogni minima azione.
Sapevo che stava aspettando il momento giusto per parlare, avrebbe iniziato con le domande e non avrebbe smesso fino a quando non sarebbe stata ora di andare a dormire.
Alzai lo sguardo ai suoi occhi azzurri, come quelli di Louis, soltanto leggermente più grandi e misi a posto la scatola.
'Cosa vuoi chiedermi?' Ammiccai, facendole spalancare gli occhi.
Aprì la bocca e cercò di dire qualcosa, ma invano.
'Se ti chiedi perché sono qui, beh, come ha detto Louis ho perso il lavoro' abbassai lo sguardo alla ciotola e la afferrai portandola fra le mie labbra.
Non sapevo mentire, Louis era molto più bravo di me in quel campo e per un attimo rimpiansi la sua assenza.
'Oh, accidenti...e perché ti hanno licenziata?' Colsi la falsità nelle sue parole, era ovvio che avrebbe voluto tirarmi una tazza di latte in testa ma che la mia faccia abbattuta la fermava.
'Perché...beh, Alex ha trasferito il bar in una cittadina lontana da casa mia', inventai.
Posai la tazza e guardai l'orologio appeso proprio sulla parete alle spalle di mia madre, e sospirai.
Speravo che Louis arrivasse presto, soltanto lui sarebbe stato capace di tirarmi fuori da quel discorso e di far qualche battutina capace di rendere meno tesa ed irritante quella situazione.
'Cavolo', commentò, 'allora anche tu finirai per andare a lavorare nell'azienda di tuo padre?' La faccia di mia madre era alquanto disgustata.
Feci per rispondere, ma il rumore delle chiavi che giravano nella serratura alle mi spalle, attirò la mia attenzione.
La porta si spalancò e da lì dietro sbucò la chioma spettinata di Louis, abbassata al suolo.
'Hei, dov'eri!?' Mi alzai dalla sedia ed andai diretta verso di lui.
Non feci nemmeno in tempo a raggiungerlo con entusiasmo che Louis alzò il capo e mi guardò diritto negli occhi, facendomi sussultare.
Feci un passo all'indietro e mi coprii istintivamente la bocca con una mano.
'Cosa...cosa diavolo hai fatto?' Il fiato mi si smorzò in gola e riuscii soltanto a sbarrare gli occhi, osservando il suo volto.
Sulla sua fronte vi era un'enorme livido violaceo e il suo labbro inferiore era spaccato e colorato da un'enorme chiazza di sangue secco.
Louis alzò semplicemente le spalle e si diresse silenziosamente verso il corridoio.
***
'Pensi davvero che io sia così stupida da credere che tua sia caduto?'
Girai il suo volto verso sinistra e passai il cotone sul sangue che contornava la ferita che aveva proprio sul lato della bocca, a pochi centimetri dalle sue labbra.
Lo sentii mugolare di risposta e sospirai rassegnata, spostando il suo viso da destra a sinistra per assicurarmi che non ci fossero altri lividi.
Non appena conclusi, raccolsi il disinfettante e l'ovatta sporca e lo porsi a mia madre che alle mie spalle stava osservando la situazione a braccia conserte, parecchio turbata.
Lo prese ed osservò a lungo suo figlio, prima di dirigersi verso il bagno per mettere a posto le cose.
Quando mia madre uscì dalla sua camera, mi guardai intorno più volte per assicurarmi che non fosse nei paraggi e poi mi rivolsi completamente a Louis.
'Stai bene?' Chiesi, portando le mani ai miei fianchi.
'Sto bene Bee, sto bene', sbuffò seccato, alzando gli occhi al cielo.
Mi rendevo conto di aver chiesto centinaia di volte la stessa cosa ma doveva pur comprendermi se da un momento all'altro tornava a casa con il volto marchiato e lo sguardo cupo.
'Allora adesso dimmi come te li sei procurati', parlai con severità, con il tono che in un'altra famiglia probabilmente sarebbe stato utilizzato da sua mamma e non soltanto dalla sua sorella minore.
'Cadendo, te l'ho...' fece per ripetere la stessa giustificazione che aveva inventato da quando aveva messo piede a casa ma, ancor prima che potesse finire, lo interruppi, evitandogli di sprecare fiato: 'non dirmi cazzate', lo freddai.
'Bee lasciami stare...' Parlò con un tono piatto e posò i gomiti sulle ginocchia, sospirando.
Gli si leggeva negli occhi, conoscevo abbastanza le sue iridi e il suo modo di dire bugie da riconoscere che stesse mentendo spudoratamente anche da centinaia di chilometri.
Quell'azzurro spento sembrava urlare la realtà.
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