2- Hostage
Stavo praticamente tremando: vedevo il mio telefono a terra e a pochi centimetri da me, sul pavimento.
Quel ragazzo era immobile, fermo a guardarmi con l'indice posato davanti alla bocca.
'Shh', lo sentii bisbigliare.
I suoi occhi marroni ispezionarono i miei, impauriti; scrutando ogni minimo dettaglio del mio volto.
Sapevo di dover far qualcosa, ma in quel momento ogni muscolo del mio corpo divenne rigido e il mio cervello sembrò oscurarsi abbastanza da non lasciarmi riflettere in maniera intelligente.
Ero confusa, letteralmente stremata, e non sapevo assolutamente come comportarmi.
Quando un rabbrividente silenzio calò tra noi, il ragazzo ne approfittò immediatamente e si precipitò addosso a me, posando entrambe le sue mani sulle mie spalle e spingendomi brutalmente all'indietro, fino a quando le mie spalle non colpirono la parete.
E a quel colpo riuscii a gridare qualcosa di decisamente incomprensibile, strizzando dolorosamente gli occhi.
Ma il ragazzo spostò una delle sue mani dalla mia spalla e la premette sulla mia bocca, soffocando ogni mia parola e trasformandola così in mugolii inaudibili.
'Devi star zitta, va bene?' Disse a denti stretti, annuendo come per assicurarsi che avrei obbedito.
Alla sua affermazione, tutto ciò che mi venne in mente di fare, fu annuire lievemente ed abbassare lo sguardo al suolo, lontano dai suoi occhi.
I suoi occhi così pesantemente fermi su di me mi mettevano in soggezione più di quanto già lo fossi a causa del suo comportamento.
'Guardami'. Ordinò, scuotendo leggermente la mia spalla.
Non lo ascoltai minimamente, rimasi inerme a fissare il basso.
'Guardami, cazzo!' Alzò la voce, scuotendomi ancor più forte; e al suo secondo richiamo alzai immediatamente il mio sguardo, fissandolo diritto nei suoi occhi.
Le mie iridi già bruciavano, mentre numerose lacrime accorrevano a riempire i miei occhi, pronte a farmi scoppiare in un pianto isterico.
'Non voglio sentirti dire una parola, chiaro?' Ringhiò.
La sua mascella tesa rendeva le sue parole ancor più severe e terrorizzanti; tanto che per qualche secondo pensai di non riuscire a sostenere il suo sguardo ancora per molto.
'Adesso verrai con me', spiegò.
Sentii la sua mano, stringere leggermente di meno la mia bocca, tanto da lasciarmi prendere aria.
'Che tu sia d'accordo o meno, usciremo da questa stanza e mi seguirai senza dare nell'occhio'.
E a quelle parole la sua mano mollò la presa e scivolò via dalle mie labbra, fino ad arrivare nuovamente sulla mia spalla.
Lo osservai intimorita per qualche secondo; qualche secondo che a causa dei suoi occhi puntati su di me e delle sue mani contro le mie spalle, sembrarono interminabili.
Soltanto in quel momento mi accorsi di quanto spaventose fossero le sue iridi; sembravano scrutarti silenziosamente senza lasciar trapelare nulla, e potevo benissimo intuire che nonostante questo non tralasciavano alcun dettaglio.
'Perché stai facendo tutto questo?' Domandai di colpo, a bassa voce.
Soltanto dopo aver aperto bocca ed essermi resa conto che quella fosse la mia voce, capii di non aver per l'ennesima volta contato fino a dieci, prima di parlare.
I miei occhi si abbassarono ad osservare il suo petto, istintivamente.
Notai quanto costante ed irregolare fosse il suo respiro, soprattutto dopo la mia domanda.
Non ricevetti alcuna risposta, ovviamente.
E a riconfermare la mia ipotesi su quanto il mio carattere fosse impulsivo e poco raccomandato, fu di nuovo la mia bocca che prese il sopravvento: 'dove vuoi portarmi?' Continuai.
Rialzai leggermente gli occhi al suo volto, di nascosto, senza farmi vedere: 'vuoi dei soldi?'
Non riuscivo a star zitta, per nessun motivo al mondo: 'vuoi farmi del male? Stuprarmi?'
Sentii un brutale sospiro da parte sua e contemporaneamente i suoi occhi si alzarono al cielo, probabilmente con seccatura.
Riabbassai all'istante lo sguardo e restai in silenzio, aspettando che fosse lui a dire qualcosa.
Non avevo il controllo delle mie azioni, non avevo il controllo della situazione e non aveva idea di chi diavolo fosse quel pazzo che senza scrupoli aveva ben deciso di sbattermi al muro, come in ogni film che si rispetti.
Forse quella situazione mi innervosiva tanto da farmi parlare come se niente fosse, e in parte mi maledii per questo.
Era ridicolo il modo in cui la mia impulsività affrontava determinate situazioni: come se quel pazzo che stava per rapirmi e portarmi chissà dove, fosse soltanto frutto dei miei peggiori incubi.
Le mie labbra si lasciamo scappare un sospiro di sollievo quando le sue mani forti lasciarono le mie spalle e il suo corpo possente, liberò il mio.
Si incamminò verso l'entrata di quella stanza e non appena raggiunse un mobiletto proprio accanto alla porta, afferrò il suo telefono giacente su di esso, sbuffando sonoramente.
Capii stesse scrivendo un messaggio dal rapido movimento delle sue dita e dai suoi occhi castani, concentrati alla tastiera.
Per un attimo pensai che mi sarei potuta lanciare a riprendere il telefono scaraventato precedentemente a terra, per poi chiedere aiuto.
Ma le mie speranze svanirono un'istante dopo, quando notai i suoi occhi concentrati staccarsi costantemente dal display, assicurandosi che fossi lì.
Dopo qualche secondo finì di scrivere e bloccò lo schermo, infilando poi il suo telefono nella tasca posteriore dei jeans, con tutta tranquillità.
'Tra un po' verranno a prenderci'.
Mi avvisò, alzando per qualche secondo lo sguardo al mio volto.
Non mi guardò a lungo, prima che intervenissi.
'Verranno a prenderci?' Ripetei io, letteralmente scioccata, 'chi verrà a prenderci!?'
Sbuffò. I suoi occhi si proiettarono a quella stanza, fra quelle mura sconosciute che sembravano placare il suo nervosismo e la sua incolmabile voglia di zittirmi definitivamente, una volta per tutte.
'Stai zitta, per favore', sospirò con rassegnazione, passandosi una mano fra i capelli, agitatamente, 'per-favore', scandì.
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