112- Sway
"Hostage" | Bradford
'Stavi origliando?' Mi domandò, a labbra serrate.
L'ultima volta che avevo visto un'espressione così seria sul suo volto era stato il giorno prima, quando lui e Zayn avevano avevano intrapreso un discorso fin troppo serio e preoccupante.
Le sue mani si infilarono nelle tasche strette dei jeans neri e mi ritrovai a fissare i loro movimenti con dispersione, considerandola l'unica cosa poco imbarazzante da fare, in quelle circostanze.
D'altronde, tra la sua espressione colma di inquietudine, le sue iridi verdi e la camicia ancora slacciata che aveva addosso, non avevo altra via di fuga se non concentrarmi alle sue mani; ad una delle sue mani in particolare, a quella sinistra, dove vi era tatuata una piccola croce nera.
Tuttavia, non lo avevo mai notato prima ma, nonostante Zayn fosse uno dei fratelli più tatuati, anche Harry aveva la sua buona parte di pelle incisa, addosso.
'Mi stavo solo assicurando che non dovessi aspettare ancora per molto', azzardai con naturalezza, alzando le spalle, sparando la prima cosa che mi venne in mente
Risultai convincente allo stesso modo: mentire stava diventando una delle mie più grandi qualità, forse grazie al sangue di famiglia; ma dovevo anche ammettere che Harry non era il tipo di persona che sarebbe stata ingannata in quel modo, con la prima menzogna.
Il riccio mi fissò scettico per qualche secondo, prima di aprire bocca 'se vuoi tornare a casa, posso accompagnarti', affermò, confuso.
E ancor prima che potessi accettare la sua proposta e poter dire di esser ufficialmente fuori dai guai, Harry inarcò un lato della sua bocca e mi guardò con malizia: 'ma se vuoi, posso anche dirti ciò che stavo dicendo a Liam', parlò con sfida.
I miei occhi sembrarono illuminarsi all'improvviso, quasi come se una scintilla avesse infiammato le mie iridi ed offuscato la mia coscienza: 'davvero?', chiesi, eccitata.
Ma soltanto un'attimo dopo mi resi conto di quanto patetica potessi sembrare e, precedendo una sua risposta scontata, mi corressi immediatamente: 'v-voglio dire: stavi parlando con Liam?' Balbettai.
Una risatina divertita affiorò le labbra del riccio, quando notò a suo favore il mio innato talento nel fare figure di merda.
Ero eccezionalmente brava a sparare bugie e a sembrare abbastanza credibile tanto quanto mettermi nei casini due secondi dopo, per una cazzata.
'Sì Bee, stavo parlando con Liam', Harry scosse la testa e cercò di trattenere un sorriso, mentre le sue dita ripresero ad agganciare i bottoni della camicia.
Abbassò finalmente lo sguardo e si dedicò alle estremità di quell'indumento che sembravano non volessero mai allacciarsi l'una con l'altra: 'dannazione', imprecò, maneggiando la stoffa tra le sue dita.
'Uhm...hai visto Zayn stamattina?' Chiesi timidamente, mordendo il mio interno guancia.
Lo sentii sbuffare, mentre con nervosismo allacciava gli ultimi bottoni: 'sì, non mi ha rivolto parola', osservò, alzando le spalle.
'E perché?' Domandai d'istinto, alzando un sopracciglio.
Inutile dire che mi stava salendo l'ansia più di quanto potessi minimamente immaginare.
Harry alzò per un attimo lo sguardo a me, dopo quella domanda, e gli venne quasi naturale lasciarsi scappare una risatina amara: 'lo chiedi a me?'
Forse perché dietro tutte quelle parole colme di sarcasmo e alle minacce fatte per telefono, vi era soltanto preoccupazione.
E pensare che almeno una persona, soprattutto una persona come Harry, fosse preoccupata per Zayn, mi faceva sentire in qualche modo meglio, più leggera.
'Gli ho chiesto come stava e mi ha letteralmente evitato', raccontò.
'E poi se ne è andato?' Domandai ancora, sovrappensiero.
Intravidi il riccio annuire con confusione e fermarsi a guardare il mio volto sconnesso, a causa dei numerosi pensieri che mi tornarono in mente.
Ricordai soltanto allora che Zayn, prima di addormentarci e dar il via a quella nottata piena di risvegli, mi avesse dato la chiave del suo appartamento e l'avesse lasciata sul comodino.
Mi chiesi immediatamente se l'avesse lasciata lì o se se la fosse dimenticata, oppure se l'avesse ripresa ed avesse ripensato a tutte le cose dette a causa della sua poca lucidità, e se se ne fosse pentito.
Mi ritrovai a pensare a quella sera, a quando aveva posato quella chiave sul legno del comodino e mi aveva ripetuto per la centesima volta quel ti amo, quelle parole che forse avrei desiderato risentire più di ogni altra cosa al mondo.
Potevo considerarmi ufficialmente una stupida, se mi fossi messa a ripercorrere le mie azioni e a tutto ciò che avevo fatto per evitare il suo contatto, la sua voce, pur di non lasciarmi illudere dalle sue frasi.
Sembravano essere passati infiniti e lunghi giorni da quando le sue braccia avevano smesso di stringere il mio corpo; eppure non era così, eppure era passato il solo tempo che il sole aveva impiegato per sorgere ed illuminare il cielo.
Mi strinsi nel caldo di quella copertina che ancora avvolgeva il mio corpo rigido e scossi lievemente la testa, abbassando lo sguardo ai miei piedi.
'Qualcosa non va?'
La voce di Harry sembrava volesse scovare quel minimo di riservatezza al quale mi stavo completamente dedicando e che decisamente adoravo, considerandolo un ottimo modo per non piangere ancora.
Sentii la sua mano posarsi sulla mia spalla e il suo sguardo angosciato, costantemente attento sul mio volto nascosto e assorto.
'N-no, no va tutto bene', sorrisi lievemente ed alzai lo sguardo al suo, annuendo per rassicurarlo.
Le sue iridi ispezionarono con precipitazione il mio volto e sembrarono assicurarsi che fosse tutto apposto, mentre con nervosismo mordevo il mio labbro inferiore: 'hai freddo?' Mi domandò ancora, con poca convinzione, 'vuoi che ti dia qualcosa da mettere?'
'No, ho i miei abiti in camera e...' Indicai la stanza alle mie spalle e distolsi lo sguardo dal suo, cercando di sembrare totalmente convincente: 'e-e dovrei...'
Harry pose fine alle mie insensate frasi prive di senso e sostanza, sopraffacendo la mia voce con la sua: 'vado a prendere la tua roba e te la porto in bagno, okay?' Propose.
In quel momento non pensai troppo a come sarei stata capace di farmi la doccia nel suo appartamento e a quanto mi sarei sentita in imbarazzo, sapendolo girovagante nella casa: senza farmi troppi scrupoli conclusi che avevo davvero bisogno di lavarmi e restare per qualche secondo sotto al getto dell'acqua, da sola. Perciò annuii.
***
Aprii il rubinetto e lasciai scorrere l'acqua tiepida lungo le tubature, aspettando che si riscaldasse.
Posai la mia copertina di pile sul lavandino e portai le braccia conserte al petto, sperando di riuscire a riscaldare le mie mani.
Mi concessi qualche minuto prima di spogliarmi, ed appoggiai la mia schiena contro il lavandino, aspettando che Harry arrivasse e prendesse spazio in quella piccola stanza non troppo enorme e colma di vapore.
Ogni cosa attorno a me, attirava la mia attenzione.
Ogni oggetto di quella casa, ogni mobile, ogni singola e minima cosa sembrava studiata apposta per non perder troppo tempo a pensare alle solite e patetiche cose, e per restare in bilico tra i numerosi pensieri, concentrati ad osservare qualcosa di insensato e poco importante.
Non a caso mi ritrovai a fissare distrattamente la piccola mensola appesa all'angolo del bagno, dove vi erano posizionati tutti i saponi e le cose necessarie per la doccia; mentre Harry sembrò finire di prendere tutte le cose e bussare cautamente alla porta, aspettando il mio consenso prima di entrare.
Spuntò da là dietro con un mucchio di abiti appallottolati sul suo braccio sinistro e stretti contro il suo petto, mentre con l'altra mano teneva la maniglia.
'Ho preso tutto e...' venne verso di me con disinvoltura ed appoggiò tutto sul mobile in marmo che affiancava il lavandino, liberandosi da ogni peso: 'ed ecco qui', concluse, indicando i tanti vestiti stropicciati, appoggiati su di esso.
Si girò nella mia direzione ed infilò le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans, alzando le spalle: 'ho preso anche...', fece per dire qualcosa, ma si fermò improvvisamente, aggrottando la sua fronte.
Le sue palpebre si socchiusero e la sua attenzione sembrò dedicarsi totalmente a qualcos'altro, a qualcosa di a me sconosciuto e di notevolmente interessante: 'oh, c'era anche questa', esclamò.
Sfilò una mano dalla tasca e la allungò sotto ai miei occhi, mostrandomi una chiave color argento: 'era sul comodino, credo sia tua...' mormorò.
Non riuscii a nascondere del tutto lo stupore, quando il palmo della sua mano mostrò ciò che temevo Zayn avesse ripreso, prima di andarsene.
I miei occhi si sbarrarono letteralmente alla sua vista e il mio stomaco si contorse dalla gioia, dalla sorpresa, dalla nostalgia...qualsiasi emozione tornò ad invadere il mio corpo e ad annebbiare il mio cervello, improvvisamente.
Sapevo che così tanta euforia potesse sembrare spropositata e fuori luogo; soprattutto perché non avevo visto Zayn andar via e non sapevo per quale motivo mi avesse lasciato la chiave del suo appartamento.
Se non l'avesse vista, se semplicemente avesse voluto lasciarmela davvero, o peggio ancora se se la fosse dimenticata sul comodino, visto lo stato poco lucido del suo cervello.
Tutto sta che, nonostante i miei sforzi a restare impassibile e a comportarmi civilmente difronte a quella che poteva sembrare na stupida chiave, aprii bocca e parlai rapidamente, facendolo nel modo sbagliato.
'Quella è di Zayn', lo informai, alzando lo sguardo ai suoi occhi.
La mia bocca si aprì subito dopo, con l'ovvio intento di correggere ciò che avevo appena detto e di sembrare meno impacciata ai suoi occhi, ma inutilmente.
Restai a bocca aperta per qualche secondo e la rinchiusi subito dopo, facendo un profondo respiro di frustrazione.
La confusione regnava sovrana nello sguardo di Harry.
La sua fronte aggrottata e i suoi occhi socchiusi, erano l'evidente segno di incomprensione.
'Quindi tra voi...?' Mi guardò con tentazione, con l'assurda tentazione di dire ciò che probabilmente avrei poi negato.
E fermò poi la sua frase a metà, lasciandola sospesa tra la curiosità di un fratello e l'imbarazzo di qualcuno che, fondamentalmente, ai miei occhi, poteva sembrare quasi un conoscente troppo invadente.
Alzai semplicemente un sopracciglio, invitandolo a procedere.
Ma il riccio, impacciato, scosse lestamente la testa e si voltò alla sua sinistra, posando la chiave sul mobile del bagno, accanto alle mie cose.
'Ho preso anche una mia maglia', si affrettò a cambiare discorso, indicandomi la stoffa scura di una t-shirt, appallottolata insieme al resto degli abiti, 'è frustrante indossare la stessa roba dopo aver fatto la doccia', commentò, alzando le spalle.
Il suo sguardo non incrociò minimamente il mio: parlò con un certo distacco e con quello che, se non avessi conosciuto Harry nei suoi lati più evidenti, avrei potuto considerare imbarazzo.
'Grazie', mormorai.
I miei occhi si fermarono ad osservare la sua maglietta, quella semplice t-shirt che mi aveva prestato pur di sembrare cordiale ed educato nei miei confronti.
Potevo considerarlo un gesto carino e privo di significato, ma in quelle circostanze, dopo aver passato la notte con suo fratello, a sua insaputa e in una delle sue camere; mi sentii in qualche modo turbata dal dover indossare la sua maglia, piuttosto che quella di Zayn.
Era stupirò, ero consapevole del fatto che ogni mio pensiero stava diventando fottutamente ridicolo, visto da là fuori; eppure sentivo che la mia vita stava radicalmente cambiando giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, sempre di più.
E ad ogni cambiamento, a partire dal più banale e repentino, Zayn era sempre più lontano e meno coinvolto nella mia vita.
Sentii la maniglia abbassarsi, mentre con centinaia di pensieri nella mente, ero ferma a fissare quel mucchio di abiti.
Scattai a guardare Harry: Harry che, probabilmente indeciso su cosa fare, aveva deciso di uscire dal bagno e lasciarmi rilassare nella sua doccia, senza troppe parole ed evitando ulteriori inceppi.
Lo trovai intento ad uscire da quella stanza, pronto a rinchiudere la porta alle sue spalle; ma ancor prima che potesse varcare totalmente la soglia, richiamai il suo nome.
La sua testa scattò nella mia direzione non appena udì il suono della mia voce.
Si voltò con prontezza, quasi come se si aspettasse una mossa simile da parte mia.
Mi guardò diritto negli occhi: il suo sguardo esitante scrutò a fondo il mio viso, millimetro dopo millimetro, fino a quando non lasciai da parte quel minimo di insicurezza che mi stava bloccando, e decisi di inarcare le mie labbra in un sorriso sincero.
'È carino da parte tua', dissi.
Il mio capo si voltò istintivamente verso la doccia, verso quell'acqua calda che costantemente scendeva dal rubinetto ed evaporava nella stanza, creando una sorte di nube.
Non aveva troppo senso tutto ciò che avevo appena detto, mettendomi inconsapevolmente a disagio.
Però, da qualche parte nel mio cuore, sentivo di doverlo ringraziare davvero, senza troppe parole o discorsi scontati.
Era davvero tanto da parte sua, lasciando da parte gli errori trascorsi ed ormai dimenticati da chiunque avesse deciso di conoscere il nuovo Harry, quello onesto e privo di segreti.
Non consideravo scontato il suo ruolo nella mia vita, nonostante potessi considerarlo percentualmente minimo.
Avermi accompagnata ad un'uscita con i miei amici anche dopo aver scoperto che il suo vecchio migliore amico avrebbe partecipato, portarmi a casa sua ed accudire suo fratello probabilmente impazzito a causa dei troppi casini che ormai circondavano la nostra storia...
Ogni cosa da parte sua sembrava essere banale tanto quanto fondamentale.
E mi fermai alla metà di quel lungo elenco che potevo raccontare, listando le numerose azioni positive da parte del riccio, considerate anche le sue follie.
Non sentii alcuna risposta da parte sua, così come non potei vedere il suo volto o quale fosse stata la sua reazione a ciò che avevo detto. Potei percepire soltanto la sua sagoma immobile sull'arco della porta, mentre silenziosamente lasciava la stanza e poneva fine a quella situazione snervante e tesa, quasi tagliabile con la sola lama di un coltello.
***
Uscii dalla doccia con un asciugamano avvolto attorno al mio corpo e con un altro tra le mie mani, che utilizzai per tamponare i miei capelli bagnati.
Riuscii a fermare le infinite gocce d'acqua che correvano tra le ciocche dei miei capelli, impedendo loro di scivolare lungo la mia schiena nuda.
Faceva freddo, non abbastanza freddo da giustificare i brividi che fluivano attraverso il mio corpo.
Ogni cosa era strana quel giorno, a partire dal comportamento di Harry fino ad arrivare al nuovo odore del mio corpo, causato dal sapone al gusto di cannella che avevo trovato sulla mensola.
Finii in fretta di vestimi: mi affrettai a fare tutto con la massima velocità, così da poter uscire da quel bagno e farmi accompagnare a casa, dove avrei ripreso la mia routine quotidiana.
Indossai gli stessi abiti del giorno precedente. Poteva sembrare una cosa poco igienica e carina, da parte di una ragazza dal padre milionario; ma non ero mai stata una bambina viziata o troppo schizzinosa.
Ero in una situazione in cui potevo ringraziare Harry per avermi prestato una t-shirt e mi limitai ad arrangiarmi, evitando di mettere una canottiera ed infilando soltanto la sua maglietta, sotto alla felpa.
Uscii dal bagno con rapidità, con gli abiti che avevo scartato tra le braccia e con i capelli avvolti in una crocchia, ancora bagnati e spettinati.
Non avevo trovato un phon; o almeno non mi ero impegnata a cercarne uno, considerando che avrei preferito uscire da quell'appartamento in pessime condizioni, piuttosto che restare lì ancora a lungo e sentir quella strana sensazione nel mio stomaco, quasi nauseante.
Raggiunsi il soggiorno con un passo rapido e con la speranza che ben presto avrei potuto chiarire le mie idee, una volta in macchina.
Pensai che il peggio fosse passato, che non mi restasse altro da fare se non rimboccarmi le maniche e provvedere sul da farsi, su come affrontare Zayn, su cosa fare con mio fratello e su come sopportare le ovvie sfuriate di mia madre, una volta a casa.
Ma quando arrivai in soggiorno, l'immagine che comparve davanti ai miei occhi, fu tutt'altra.
Harry era seduto sul divano con i gomiti sulle sue ginocchia: teneva la testa tra le sue mani e fissava il pavimento. E alla sua destra, dove probabilmente non avrei mai guardato in un'altra circostanza, i movimenti di qualcuno attirarono la mia attenzione.
I miei occhi si sgranarono automaticamente quando, al posto delle quattro sedie attorno al tavolino, trovai qualcosa di più interessante sul quale concentrarmi
Deglutii a vuoto difronte allo sguardo strafottente della ragazza, difronte alle sue braccia conserte, al suo corpo rilassato ed appoggiato contro il bordo del tavolo.
Riconobbi all'istante quei tantissimi tatuaggi che riempivano il suo collo, quegli occhi azzurri e luminosi che con superiorità fissavano il mio volto, quasi come se avesse il pieno controllo della situazione ed io non fossi altro che una piccola pedina del suo schema.
Entrambi sembravano essere lì per me, ad attendere il mio arrivo, in silenzio.
E pensai di aver ragione quando Harry alzò la sua testa e la ragazza si voltò nella sua direzione, facendo incontrare i loro sguardi complici.
Strinsi istintivamente i miei denti.
'Ha qualcosa da dirti'. Lo sguardo di Harry saettò nella mia direzione. I suoi occhi verdi mi squadrarono con fermezza, senza alcun cenno di elasticità.
Un groppo salì lungo la mia gola e fermò il mio respiro per qualche secondo, lasciandomi in apnea difronte ai loro volti seri e a quella che sembrava non essere una bella notizia.
Chloé, era quello il suo nome: mi tornarono a mente le sue uscite ridicole di quando andai a casa sua, con Harry.
Mi bastò udire il suono della sua voce per ricordare la volta in cui mi raccontò tutta la verità sui segreti di Zayn, su cosa era realmente successo tra loro e su quali schifosi casini si erano buttati.
'Parlo io'. Intervenne all'istante, scattando a guardare Harry.
Lo fissò con decisione ed annuì, tornando poi a me: 'non so quale possa essere il tuo ruolo nella vita di Zayn, adesso', cominciò a parlare con calma, con strafottenza, e già qualcosa mi diceva che non sarebbe finita bene.
'È la sua ragazza', commentò Harry, strofinando le sue mani tra loro.
I suoi gomiti erano ancora fermi sulle ginocchia e le sue dita stuzzicavano le pellicine che circondavano le sue unghie, con nervosismo.
'Ex ragazza', lo corresse, scattando a guardare il riccio.
'Vai al sodo', la invitai con arroganza, richiamando il suo sguardo.
Non avevo bisogno di altrettante precisazioni, il tono con il quale mi rivolgeva parola e parlava di Zayn, bastava già per irritarmi abbastanza.
Chloé mi lanciò un occhiataccia e portò le mani ai fianchi, staccandosi dal tavolo e facendo qualche passo nella mia direzione: 'ridammi le chiavi dell'appartamento'.
Arrivò davanti a me, il suo braccio si tese e la sua mano tatuata spuntò sotto ai miei occhi, con pretesa, mostrandomi quelle lunghe unghie viola.
Quelle parole entrarono dolorosamente nella mia testa e trafissero il mio stomaco, tanto da farmi stringere maggiormente le braccia attorno agli indumenti che reggevo e a far ardere la mia gola.
Sentivo che non sarebbe stata una bella conversazione e sentivo anche che non avrei reagito nel modo giusto, una volta che la sua bocca rossa come il sangue che ribolliva lungo le mie vene, avrebbe proferito di nuovo parola.
Non avevo idea del perché fosse lì, davanti a me, a chiedermi le chiavi dell'appartamento di Zayn.
Così com non sapevo come i due potessero addirittura conoscersi.
Ero letteralmente fuori di me.
Harry non osò commentare. Lo vidi con la coda dell'occhio, ritornare nella posizione precedente, evidentemente scioccato da ciò che sarebbe potuto succedere e da quella che sarebbe stata la mia reazione.
La mia fronte si aggrottò: non riuscii a capire cosa successe oltre il mio petto, quali emozioni si scatenarono e quale parte nascosta del mio carattere venne fuori.
In ogni caso, dopo qualche secondo, le mie labbra si inarcarono in un sorriso piuttosto divertito e i miei occhi perlustrarono tutto il suo corpo, fino alle scarpe nere e spropositatamente alte che indossava.
'Buongiorno Chloé, non ti avevo sentita arrivare', dissi con sarcasmo.
Un sospiro scappò dalle narici della mora, sicuramente frustrata dal mio atteggiamento, 'buongiorno Bee', mi accontentò, alzando gli occhi al cielo.
'Mi fa piacere sapere che ti ricordi di me', ironizzai, fingendo di essere davvero contenta del fatto che la sua irritante voce avesse pronunciato il mio nome.
La mora scoppiò a ridere, mostrando la sua dentatura bianca e l'ennesimo piercing che aveva sulla sua lingua, scuotendo la testa: 'Zayn mi ha riempito le palle a forza di parlare di te'.
'Quale onore', sdrammatizzai.
Una risatina nevrotica scappò dalle mie labbra; ma quella volta, a differenza di poco prima, sentii davvero un forte dolore invadere il mio cuore.
Non avevo idea di cosa stava succedendo, del perché avessi difronte quella sottospecie di ragazza e del motivo per il quale mi stesso difendendo a spada tratta; quasi come se una parte di me avesse compreso tutto di ciò che in realtà non consideravo altro che un'assurdità priva di senso.
'Chloé, potresti anche moderare i toni'. La voce di Harry suonò severa e fu seguita dalla sua figura che, dopo qualche secondo di silenzio, decise di prender parte alla conversazione ed avanzare verso di noi.
Arrivò poco distante dai nostri corpi spropositatamente vicini e posò una mano sul petto della mora, allontanandola da me.
'Da quando sei tu a decidere come devo o non devo parlare!?' Lo guardò con sfida, con quel ghigno perennemente stampato in faccia.
Harry, come in molte altre situazioni, sembrò mantenere la calma e rise sotto i baffi, imitando la sua stessa espressione stracolma di sicurezza: 'da quando sei a casa mia'.
Gli occhi della mora si sgranarono, 'come posso mantenere la calma!?' Si indicò e guardò il riccio a bocca aperta: 'tuo fratello ha dato la mia copia delle chiavi alla ragazza che si scopava fino a qualche mese fa e mi vieni a dire di stare calma!?' Sbraitò, battendo rapidamente le ciglia, 'eh!?'
Pensai quasi di tapparle la bocca con la prima cosa che mi capitasse difronte, evitando così che potesse continuare a strillare come una gallina.
E pensai anche di volerla lasciare parlare per comprendere cosa diavolo stesse dicendo e quale cazzata avesse fatto Zayn, per l'ennesima volta, di nascosto.
Harry era rimasto a bocca asciutta, i suoi occhi erano passati a guardare il mio viso e ad assicurarsi che non fossi già scoppiata a piangere; visti i recenti modi con i quali ero solita affrontare le situazioni.
Lo sentii fare un profondo sospiro e posare la mano sulla mia spalla, forse per riscuoterli da quel silenzio nel quale mi ero immersa.
'Allora?' Chloé si rivolse a me, scuotendo la sua mano sotto al mio sguardo, 'dammi quella cazzo di chiave!' Mi ordinò, per la milionesima volta.
Abbassai lo sguardo alle sue dita e agli anelli che le riempivano, assieme al resto delle scritte con le quali aveva ricoperto gran parte del suo corpo.
In quel momento preferii non porre a me stessa le troppe domande alle quali non avrei saputo rispondermi; giusto per evitare al mio cervello di confondersi ancora di più.
I miei occhi si rialzarono al suo viso e si fermarono perfettamente nei suoi, con decisione: 'cosa vuoi da lui'.
Sarebbe potuta essere una domanda se soltanto non mi avesse già provocata abbastanza, comportandosi come la donna di casa mentre dalle sue labbra usciva il nome di quello che era stato il mio ragazzo fino alla sera prima.
Il suo sguardo mutò in qualcosa di indecifrabile, in qualcosa di lontanamente paragonabile alla rabbia e alla tantissima voglia di sbattermi la testa contro il muro.
Ma non badai a quella che sarebbe potuta essere una sua presunta reazione: di certo non avevo paura di qualche scritta in più sul suo corpo e della sua pelle bucata.
'Cosa voglio!?' Sembrò ululare. Si indicò nuovamente e sgranò i suoi occhi contornati dalla matita nera, come se avessi appena detto la cosa più tragica ed insopportabile al mondo.
'Cosa vuoi tu!' Mi indicò è il suo indice premette spropositatamente contro il mio petto, marcando la mia pelle con una delle sue lunghe unghie.
Una risatina scappò involontariamente dalle mie labbra, sorprendendo me stessa per l'immancabile calma con la quale stavo affrontando la situazione.
Afferrai il suo polso con una mano e lo scaraventai lontano dal mio petto, facendo poi un passo nella sua direzione ed arrivando a pochissimi centimetri dal suo volto: 'non osare mettermi le mani addosso', ringhiai.
Le sue mani si catapultarono impulsivamente addosso a me e le sue dita afferrarono la stoffa della t-shirt che avevo addosso, mi strattonarono.
Fu allora che mi ritrovai totalmente attaccata al muro, nel giro di un secondo, senza nemmeno darmi il tempo di riprendere fiato e di permettere ai miei piedi di opporsi ai suoi passi.
Sbatté le mie spalle contro la parete e mi guardò diritta negli occhi, parlando a denti stretti: 'dammi quelle fottutissime chiavi'.
'Non te le darò', opposi resistenza.
Spostai lo sguardo oltre la sua figura, dietro alle sue spalle, dove intravidi Harry con le mani intrecciate in mezzo alle ciocche dei suoi capelli.
'Cerchi aiuto?' Vidi un sorrisetto diabolico affiorare le sue labbra, mentre si voltava leggermente a guardare il riccio dietro di se, 'oh avanti Harry, vieni a salvare la tua piccola principessa!' Imitò una voce ridicola, qualcosa come quella di un protagonista dei cartoni animati, prendendomi in giro.
E fu allora che mi sentii totalmente morire.
Fu come ricordare le mani di Niall addosso, la sua figura torreggiante su di me e i suoi occhi meschini addosso, mentre progettavano cosa farne di me.
I miei occhi si chiusero per qualche secondo e si riaprirono un istante dopo, difronte al suo sguardo di nuovo immerso nel mio: 'hai succhiato il suo cazzo al massimo qualche volta, dove credi di andare?' Mi provocò.
Le mie iridi stavano bruciando, così come il mio cervello.
Ogni parte del mio corpo sembrava paralizzata e ferma al solo pensiero di voler arrivare al giorno dopo, dimenticare tutto e fingere di non aver mai conosciuto nessuno.
Non ero abituata a mettere le mani addosso a qualcuno, in situazioni del genere.
Mi era capitato pochissime volte di alzare le mani e di passare alle maniere violente; spesso ero capace di ridicolizzarmi e scoppiare in lacrime davanti a qualcuno, piuttosto che far del male.
E tutte le volte che la mia mano si alzava per colpire il volto di qualcuno, sapevo di aver superato ogni limite di sopportazione.
Come quella volta, come in quel millesimo di secondo: come quando i miei occhi si abbassarono al suo petto e decisero di non riuscire a reggere ancora la sua visuale addosso.
E vidi quel ciondolo pendere dalla sottile catenina che circondava il suo collo colmo di scritte; una zeta, una piccola lettera stampata in argento.
Fu come sentire la sua mano lasciare la mia e il suo corpo sprofondare nel vuoto; nel buio che immergeva il sottile filo sul quale eravamo in bilico da qualche tempo.
Fu soltanto dolore.
Non controllai affatto i miei pensieri, la mia ragione...e non controllai nemmeno la mia mano, quando colpì dolorosamente la sua faccia e fece voltare la sua testa alla mia destra, a causa del forte impatto che ebbero le nostre pelli a contatto.
Sentii solo un forte schiocco ed uno strano formicolio persuadere il palmo della mia mano.
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