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106- Anxiety

"Hostage" | Doncaster 

Cercai di raccogliere il pochissimo coraggio che avevo in corpo e di mettere da parte tutto l'imbarazzo, una volta che Zayn si allontanò da me e si prese la testa tra le mani, confuso.

Parlare, in quel momento, era piuttosto complicato; soprattutto perché non sapevo davvero da dove cominciare pur di non sembrare  una pazza squilibrata.

Avevamo discusso fino a qualche minuto prima, imperterriti ed anche innervositi.

E come da copione, invece che dar un senso alla nostra conversazione e alle sue urla, ci eravamo ritrovati a far l'opposto.

Forse per questo, se pur quel che stavamo facendo non fosse nuovo, mi trovavo impacciata e nervosa sul da farsi.

E tuttavia, spiegargli che il mio gesto non era un invito a farmi portare a letto, bensì un disperato tentativo di sentirmi a mio agio; non era piuttosto semplice. 

'Forse hai frainteso, i-io non avevo intenzione di...'

E non appena pensai di esser pronta ad affrontarlo e dirgli le cose come stavano; il suo capo si alzò e i suoi occhi si incastonarono automaticamente nei miei, forse per ascoltarmi, ma mandandomi completamente in conflitto.

Restai in silenzio, con la frase a metà e le parole morte il bocca. Proprio come se il suo sguardo fosse capace di ammutolirmi.

Ma fortunatamente, l'esperienza che ormai Zayn aveva con il mio carattere ambiguo, lo portò a comprendere il mio stato e cosa avessi in testa.

Infatti non insistette a lungo e sembrò capire al volo dove volessi arrivare: scosse rapidamente la testa, 'non mi interessa sapere se avresti voluto infilare le mani nelle mie mutande o meno'. Affermò schiettamente, senza alcun pudore.

Per un'istante sentii il mio cuore fermarsi.

Le sue parole avevano azzerato ogni mia minima aspettativa, riportandomi alla mia vulnerabilità: 'a-allora perché ti sei fermato?' Cercai di capire dove volesse arrivare, ma mi resi conto subito dopo di aver chiesto spiegazioni nel modo sbagliato.

La faccia di Zayn sembrò letteralmente divertita dalla mia domanda e allo stesso tempo infuriata. 'Me lo chiedi davvero?' La sua fronte si aggrottò, incredulo.

Ma nemmeno io tolleravo la sua ironia e la sua improvvisa convinzione su tutto; d'altronde, lui stesso fino a qualche minuto prima si stava beatamente contraddicendo, baciandomi ed accarezzandomi come se non avesse mai rinnegato niente di tutto ciò che era capitato.

Per questo mi innervosii ed alzai la voce, irritata: 'ti sembra la faccia di qualcuno che sta scherzando, questa?' Mi indicai.

'Ci speravo', rise, amareggiato.

Cercai di trattenermi, ma le mie labbra si inarcarono involontariamente e il calore aumentò lungo il mio corpo, secondo dopo secondo, proprio come se sotto ai miei piedi si fosse improvvisamente accesso un fuoco, 'certo, tutte le volte che non ti piace una domanda continui a girarci intorno', risi anche io, ma di cattivo gusto.

'Non sto girando intorno ad un cazzo!' La sua voce, improvvisamente, furiosa, mi fece sobbalzare.

Soltanto allora mi resi conto di star fissando un angolo della stanza, frustrata, e di aver letteralmente evitato la sua faccia fino a quando non sembrò sbottare.

'Sono venuto qui per dirti che non voglio scopare con te come con una fottutissima ragazza qualunque e invece finiamo per arrivare quasi a...' Zayn prese a strillare come un pazzo, come qualcuno che molto probabilmente, in una parte molto profonda della sua coscienza, nemmeno sapeva di cosa stava parlando.

Ma nonostante questo, quando lo sentii dire quelle cose, senza dare troppo peso al succo del discorso, lo assalii letteralmente e tappai la sua bocca con una mano, soffocando la sua voce contro il mio palmo.

E Zayn sembrò non aspettarsi affatto il mio gesto e, preso di sopravvento ed oltre ad ogni sua aspettava, afferrò saldamente il mio avambraccio e mi guardò diritto negli occhi, confuso.

'Vorrei ricordarti che c'è un bambino di là!' Ringhiai tra i denti, a pochissimi centimetri dal suo volto.

Il suo respiro irregolare, dopo quell'immenso attimo di quiete, sembrò tornare lento e rillassato.

E detto ciò, dopo avergli lanciato un'occhiataccia, mi divincolai dalla sua possente presa e tolsi la mano dalla sua bocca, tornando difronte a lui, civilmente.

'Moderai i termini', mormorai, distogliendo rapidamente lo sguardo dal suo.

Fissai il basso con incertezza e con uno strano senso di confusione dentro; proprio come se ormai, dopo tante discussioni e troppi nervi tesi, non fossi più capace di controllare le mie azioni.

Lo sentii prendere un profondo respiro e cercare di mantenere la calma necessaria per non fare una sceneggiata:  'okay Bee...', cominciò.

In un altro caso, probabilmente si sarebbe fatto rispettare e mi avrebbe mandata allegramente a fanculo, insieme alle mie numerose ed infondate paure.

'Non voglio avere dei rapporti poco pudici con te, chiaro?' Assunse un tono piuttosto patetico, proprio lo stesso di qualcuno che si stava divertendo a prendermi volontariamente in giro.

'Non sei divertente', feci una smorfia e lo guardai male.

'Non volevo esserlo, infatti'. Sulle sue labbra, subito dopo aver parlato con quel cenno di superiorità, si dipinse un sorrisetto sghembo e vittorioso.

'E parla anche per te', aggiunsi, infastidita, intrecciando le braccia al petto.

'Per me?' Puntò il suo indice contro il suo petto, aggrottando la fronte.

'Sì Zayn, stai parlando come se ti costringessi a fare qualcosa che tu non vuoi fare', mi spiegai; probabilmente parlai nella maniera più chiara ed intelligente al mondo, vista la situazione e le altre centinaia di cazzate che avrei potuto sparare in un'altra situazione.

'Non ho detto questo', si giustificò.

'Lo hai fatto intendere', continuai, imperterrita.

Zayn scosse la testa ed una risatina nevrotica scappò dalle sue labbra, 'no, Bee', lo vidi mordere il suo labbro inferiore con tensione e spostare lo sguardo sul pavimento, intento a controllarsi e a sviare i miei numerosi atteggiamenti a dir poco provocatori.

Ed ero consapevole di star rischiando un suo cedimento e di poterlo vedere infuriato da un momento all'altro; ma non mi importava.

Non mi importava se di colpo avrebbe lasciato la mia casa ed avrebbe sbattuto la porta, lasciandomi immersa nelle mie centinaia di paranoie, da sola, racchiusa in mezzo a quelle quattro mura.

Feci per aprir bocca ed insistere di nuovo, affermando le mie teorie e facendogli notare i suoi errori; ma ancor prima che potessi farlo, la sua voce precedette la mia, insieme alle sue iridi che, cupe, si fermarono nelle mie.

'Non sei l'unica a voler quel qualcosa in più, proprio come lo chiami tu', si spiegò, mimando delle virgolette con le dita e lasciandomi arrivare da sola a cosa si stesse riferendo, 'ma non voglio che finisca così', continuò, la sua decisione prese a diminuire attimo dopo attimo, non appena riprese a parlare: 'perciò, a prescindere, che tu avessi messo o meno le mani lì, io...io mi sarei fermato', ribadì, annuendo appena.

La sua prima frase, in parte, con o senza il mio consenso, fece salire in me un forte vortice di nostalgia; ma nonostante questo, ciò che aveva detto in seguito, aveva smontato completamente tutto.

'Non sei credibile', risposi subito, impassibile. 

Non lo credevo, lo conoscevo abbastanza bene sotto a quel punto di vista da sapere come stavano le cose.
Ed infondo persino il suo cuore sapeva che se soltanto non lo avessi fatto tornare involontariamente alla realtà, risvegliandolo dalla situazione, mai si sarebbe tirato indietro e sarebbe andato oltre, molto oltre.

Avevo percepito in prima persona il modo intenso in cui assaporava ogni millimetro del mio collo, attimo dopo attimo, tastando avidamente la mia schiena.

E lo avevo sentito tante altre volte, ogni volta, con diverse emozioni e circostanze.
Perciò sapevo decifrare perfettamente l'eccitazione che comprendevano quei baci da parte sua e, senza troppi giri di parole, ero certa che sarebbe andato oltre se soltanto non lo avessi toccato.

La risposta di Zayn però, come sempre, non tardò ad arrivare.

'Non credermi', mi sfidò, 'non è un mio problema', rispose superficialmente, alzando le spalle.

L'orgoglio in lui, persino nella situazione più grave ed importante al mondo, sembrava non volesse mai abbandonare il suo corpo.

I miei occhi si alzarono al cielo e trattenni ogni mio istinto o tentazione di metterlo alla prova, di dimostrargli il contrario, di smentire le sue certezze e di togliergli dalla faccia quell'intollerabile tranquillità che tanto lo avvolgeva.

Portai le braccia lungo i miei fianchi e strinsi le mie mani in due forti pugni; due pugni che utilizzai per sfogare la mia tantissima voglia di rispondere e continuare a lungo quel botta risposta davvero ridicolo.

E per evitare che la mia bocca prendesse il sopravvento, scollegandosi dalla mia mente e preparandosi a combinare casini, distolsi lo sguardo dal suo corpo e lo posai in un punto impreciso nella stanza.

Ma quando lo feci, seppur sembrasse un ottimo metodo per auto-controllarmi e non lasciarmi prendere dal mio carattere complicato, i miei occhi si spalancarono e il battito del mio cuore cominciò ad accelerare.

Il bambino, silenziosamente e in maniera piuttosto inquietante, era fermo sull'arco della porta e ci osservava in tutta tranquillità, stringendo tra le sue piccole mani il telecomando della televisione.

'Oh merda, Teo!' Sobbalzai all'istante, precipitandomi verso di lui.

Improvvisamente mi dimenticai del tutto della presenza del moro, della sua figura difronte alla mia e dal fatto che avrei dovuto strozzarlo: Teo era lì, immobile, chissà da quanto tempo.

Non appena gli arrivai difronte, mi chinai sulle mie ginocchia ed arrivai ben presto alla sua altezza, allarmata: 'da quanto sei qui!?' domandai, posando le mani sulle sue strette e delicate spalle.

Il bambino mi osservò soltanto, senza aprir bocca ed immerso nei suoi più contorti pensieri, restò fermo davanti a me con le sue iridi azzurre concentrate nelle mie.

'Datti una calmata, lo farà anche lui da grande', udii la voce di Zayn sdrammatizzare alle mie spalle, proprio come se nell'aver appena sorpreso un bambino ad osservarci, non ci fosse nulla di grave.

'Cos'hai visto?' Continuai, scuotendo appena le sue spalle e cercando così di attirare la sua attenzione.

Il bambino alzò per un attimo lo sguardo a Zayn che, per colpa del suo poco interesse in materia, aveva appena parlato e mi aveva consigliato di lasciar stare.

Lo guardò soltanto, poi tornò a me, con calma, 'niente, rispose con un filo di voce.

Era ovvio che stava mentendo; quale bambino a quell'età dice la verità, soprattutto in un contesto dove probabilmente i suoi occhi avevano visto più di quanto dovesse vedere a tre anni?

'Non dirmi bugie Teo, dimmi cosa hai visto!' Ripetei quelle parole con più convinzione questa volta.

'Ma ti ha detto niente!' Zayn, alle mie spalle, proseguì a giustificare il bambino.

Spazientita, voltai il capo e non appena intravidi la sua figura proprio dietro di me, intervenni: 'Zayn stai zitto, diamine!'

Tornai poi a guardare il biondo difronte a me, con rapidità. 'Ha la faccia di qualcuno traumatizzato, non lo vedi?' Indicai con il mento il piccolo bambino che avevo difronte.

'Gli passerà', la sua risposta, detta con noncuranza, non mi lasciò affatto sorpresa.

Per questo, come ogni volta che desideravo sbattergli la testa al muro e sperare che così facendo avrebbe ragionato, lo evitai letteralmente e feci come se non avesse parlato.

Presi un profondo respiro e chiusi per un attimo gli occhi, in modo da rilassare i miei muscoli e da rimanere abbastanza calma: 'ascoltami', lo richiamai, con voce pacata.

Il bambino alzò semplicemente le sopracciglia, evidentemente in attesa di ciò che stavo per dire: 'qualsiasi cosa tu abbia visto, promettimi che non dirai niente alla mamma', annuii speranzosa.

La sua faccia restò tale a quella di poco prima e la sua piccola bocca rosea rimase chiusa.

'Teo, davvero!' Insistetti, disperata.

Il lato nascosto del mio carattere che avevo mascherato per davvero troppo tempo e che comprendeva il i bambini mi irritano, senza alcun rimedio, stava totalmente venendo fuori secondo dopo secondo.

'Bee, sei tu che lo stai spaventando!' Mi accusò Zayn.

Parole che come avevo ben deciso, feci come se non fossero mai state pronunciate.

Mi concentrai soltanto su Teo, su quel dispettoso biondino che probabilmente si divertiva nel vedermi in preda al panico e ad una crisi di nervi.

'Se dirai qualcosa, io dirò della cioccolata'. Conclusi in fine.

Quella geniale idea non affiorò la mia mente nemmeno per un attimo, semplicemente, scappò dalle mie labbra senza preavviso.

E quelle parole, come un colpo decisivo, suscitarono così tanta rabbia in Zayn che subito dopo averle pronunciate, sentii la sua mano afferrare il mio braccio con determinazione e strattonarmi in piedi, lontano dal bambino.

Mi tirò nella sua direzione ed arrivai faccia a faccia con lui: 'stai minacciando un bambino, Bee, vuoi calmarti!?' Mi rimproverò e batté numerose volte le ciglia, incredulo delle sue stesse parole.

Strattonai il mio braccio e tentai di divincolarmi dalla sua presa, ma inutilmente: 'non lo sto minacciando!' Negai.

'Lo stai facendo piangere,' con l'altra mano indicò il bambino poco distante da me, alle mie spalle, ed io seguii il suo sguardo sconcertato, fermo ad osservare le condizioni del bambino.

Non appena la mia visuale si spostò da Zayn però, il mio stomaco si strinse in una morsa e la sua mano, alleviò la forte presa sul mio braccio.

I grandi occhi azzurri del bambino erano lucidi, pieni di lacrime e pronti a scoppiare in un pianto senza fine, mentre le sue piccole labbra tremavano, tremavano dallo spavento.

L'unica cosa che riuscii a fare fu soltanto deglutire la poca saliva che avevo in bocca, cercando di rendere la mia gola meno secca, ed abbassai lo sguardo al pavimento, allontanandomi lentamente da Zayn.

Per quanto i bambini non fossero mai stati di mio gradimento; far quasi piangere Teo ed arrivare a ricattarlo con quel tono, era davvero esagerato da parte mia.

E vedere con i miei stessi occhi il terrore nei suoi, mi aveva mortificata e fatta sentire la ragazza peggiore del mondo.


[Zayn Malik's pov]

Non sapevo come spiegare il comportamento di Bee se non convincendomi che la nostra discussione l'avesse fatta arrabbiare tanto da perdere il controllo e prendersela con la prima persona gli capitasse davanti.

Non poteva un bambino spaventarla così tanto soltanto per averlo sorpreso alle nostre spalle ed impegnato ad osservarci; tuttavia aveva all'incirca qualche anno, era ingenuo e non avrebbe compreso cosa avesse difronte.

Ed inoltre non capivo nemmeno così tanto terrore: fino a qualche settimana prima dormivamo insieme e Bee passava più tempo con me che con i membri della sua famiglia.

Far sapere ai suoi genitori che avevamo dei rapporti non era poi così tanto esilarante da mandarla totalmente in panico, insomma, anche sua madre e suo padre erano stati giovani ed indipendentemente da tutto, potevano immaginare che non passavamo tempo soltanto a guardarci negli occhi.

Perciò la colpa era soltanto mia e del suo carattere irascibile; se aveva trattato il bambino in quella maniera proprio come tutte le volte che litigavamo ed avrebbe volentieri spaccato qualunque cosa innocente gli capitasse difronte, era a causa di ciò che le avevo detto e di tutto ciò che probabilmente entrambi accumulavamo da tempo.

Quindi no, in tutta onestà non ci tenevo particolarmente a peggiorare la situazione o a creare altri drammi dove già sembravano essercene troppi.

Con questo, dopo aver fissato per qualche secondo il suo viso chinato e pentito, sospirai e decisi di andarmene.

Andarmene a casa, magari lontano da lei, dove ero in grado evitarla: evitare di parlare con lei, di farmi tentare dal suo corpo, di finire a letto con lei e di innervosirla così tanto da rovinare le sue giornate inconsapevolmente.

E perché no, magari evitare anche per l'ennesima volta di mandare a puttane i miei piani sul dimenticarla e sul non aver più a che fare con lei, una volta per tutte.


Oltrepassai la soglia della porta, sorpassando Bee e il bambino, in silenzio, senza dare spiegazioni e senza impegnarmi troppo a fare un'uscita degna di quella situazione.

Pensai che guardarmi intorno non sarebbe servito a niente se non a rendermi debole e a farmi fare le scelte sbagliate, così come fare un cenno a Bee, prima di andarmene.

Tutto mi avrebbe reso la persona vulnerabile che non ero, persino dare un'ultima occhiata alle stanze dove per un minimo periodo della mia vita avevo vissuto.

Semplicemente me ne andai e puntai i miei occhi sulla porta d'ingresso, su ciò che mio avrebbe portato fuori da quella casa e che per il bene di tutti mi avrebbe allontanato da Bee, sulla porta che invece, oltre ad ogni mia aspettativa, si spalancò.

Allungai una mano verso la maniglia in ferro e nello stesso istante i miei piedi frenarono a secco, facendomi fermare a pochissimi centimetri dall'uscita, impietrito.





'Za...Zayn?' La donna puntò i suoi talloni proprio sull'arco della porta e sbarrò gli occhi su di me, restando con la mano ferma sulla chiave che aveva appena girato nella serratura.

La sua incredulità nel trovarmi lì mi lasciò molto da riflettere su come Bee avesse giustificato la mia assenza, ultimamente.

Tutto ciò che mi venne in mente di fare, lì per lì, preso dall'evidente imbarazzo, fu serrare le mie labbra il una linea sottile e prendere un profondo respiro dal naso: 'uhm...sì'.

Non capii cosa fosse stato: probabilmente si accorse di quanto potesse mettermi a disagio o forse aveva semplicemente riacquistato lucidità e si era ricomposta ma, in qualche modo, sembrò ritrovare tutta la sua sicurezza e capire di essere difronte ad un normalissimo essere umano.

'Credevo che voi due...insomma...' i suoi occhi si spostarono da me e la frase restò a metà, senza alcun senso, mentre andò a guardare qualcosa oltre le mie spalle, con confusione, 'oh, lasciamo perdere!' Tagliò corto.

Uno strano sorriso affiorò sulle sue labbra e la donna tornò a guardarmi, facendosi di parte e facendo spuntare accanto a se un'altra tizia della sua età, circa.

I suoi capelli a caschetto neri furono la prima cosa ad attirare la mia attenzione e, subito dopo, come calamite, le numerose collane che pendevano luccicanti dal suo collo.

'Ti presento Zayn, il fidanzato di mia figlia', si rivolse a lei con orgoglio e mi indicò con la sua mano, presentandomi alla sua amica.

E a quel punto potei decisamente comprendere Bee e il suo perenne panico.

Mi ritrovai a trattenere il fiato e ad aprire più volte la bocca, intento a dire qualcosa ma non troppo convinto da richiuderla subito dopo, come un coglione.

E proprio quando pensai di essere completamente nella merda e sull'orlo di sparare la prima cazzata che mi capitasse in mente, la voce poco convinta ma abbastanza promettente di Bee, intervenne alle mie spalle: 'no mamma, lui non-non è il mio ragazzo'.

La mia cassa toracica si abbassò di colpo, lasciando scappare dalle mie labbra un profondo sospiro di sollievo.

Scossi rapidamente la testa e mi voltai appena, cercando dietro di me la figura di Bee e, una volta incrociato il suo sguardo, la complicità da parte sua.

Quasi sicuramente con il suo appoggio avrei evitato di fare una pessima figura o di dar risposte ridicole e di risultare così un'idiota capitato lì per caso.

Osservai Bee avanzare verso di noi e spostare con incertezza una ciocca dei suoi capelli dietro all'orecchio, 'non stiamo insieme', ripeté, abbozzando un sorriso.

'No, infatti', seguii quello che aveva appena detto e distolsi poi lo sguardo da lei,  voltandomi verso sua mamma con un minimo di convinzione, 'non stiamo insieme', confermai.

La donna aggrottò la fronte ed inquadrò attentamente il mio volto, evitando completamente quello di sua figlia, forse poco convinta. 'Oh...credo di essermi persa qualche passaggio', osservò, battendo rapidamente le sue lunghe ciglia.

Ma a mio favore, in quel momento, proprio quando non sapevo davvero come reagire o come rispondere al suo pensiero, la carissima amica della donna, sembrò rendersi leggermente utile, troncando quell'aria tesa e soffocante che si stava creando tra tutti noi.

Allungò il suo braccio verso di me e posizionò la sua mano proprio sotto ai miei occhi, sorridente: 'comunque io sono Lauren', si presentò.

Il modo in cui mostrò la sua dentatura perfetta e si rivolse a me, fece accapponare la mia pelle.

Ed ogni singola mossa da parte sua, nei miei confronti, mi lasciò intendere che molto probabilmente suo figlio non sapeva cosa fosse una barba proprio perché sua mamma portava a casa soltanto minorenni.

'Zayn', risposi io, afferrandole cordialmente la mano.

Le sue dita mi strinsero spropositatamente e mi dondolarono per un'istante a parer mio interminabile, prima di lasciarmi andare e di tornare al suo posto.

Non appena il contatto tra di noi svanì completamente, i suoi occhi si fermarono persistentemente nei miei e presero a fissarmi intensamente, languidi.

'Scusa tesoro ma allora come mai è qui?' La mamma di Bee se ne uscii con una di quelle tantissime  frasi spropositate che se soltanto non la conoscessi il giusto necessario per sapere come fosse fatta, avrei pensato di starle sul cazzo.

Subito dopo, la pochissima sanità mentale che le restava, la fece render conto di ciò che aveva appena chiesto sotto agli occhi di tutti e scattò verso di me.

'Cioè, non fraintendermi Zayn, per me è un piacere rivederti ma...' farfugliò qualcosa per giustificare la sua domanda fuori luogo e prese a gesticolare.

Ma Bee la interruppe subito dopo, evitandole così di sembrare una squilibrata mentale e fermando la sua ennesima cazzata a metà, 'è venuto a prendere le sue cose', mentì.

'Gli abiti intendi?' Le domandò ancora, con un'espressione completamente dispersa.

'Sì', 'no'. La mia voce e quella di Bee si unirono all'unisono, l'una con l'altra, dicendo cose opposte e rendendo la situazione ancor più complicata di quanto già non lo fosse di suo.

Percepii il mio cuore perdere un battito non appena mi resi conto della grande cazzata che avevo appena fatto e scattai, scuotendo rapidamente la testa: 'cioè, sì', mi corressi.

'Stava appunto andando in camera...' Bee parlò subito dopo di me, voltandosi nella mia direzione con l'ovvio tentativo di attirare il mio sguardo.

Mi girai anche io ed inarcai lievemente le labbra non appena le nostre iridi si incrociarono, 'sì esatto, uhm...'

Percepii il mio volto prendere completamente fuoco.

Non avevo la più pallida idea di quale fosse tra le tante motivazioni, quella capace di rendermi dannatamente stupido.

Distolsi lo sguardo da quello di Bee sperando fosse d'aiuto e, come ogni fottutissima volta che mi trovavo in imbarazzo, pizzicai nervosamente il ponte del mio naso.

Guardai sua madre e nello stesso tempo gesticolai qualcosa di incomprensibile, 'v-vado a prendere la mia roba', farfugliai.

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