Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

104- Visits

"Hostage" | Doncaster

I passi leggeri e cauti mi permisero di oltrepassare il lungo corridoio in punta di piedi, senza che nessuno potesse percepire la mia vicinanza.

Raggiunsi la porta che divideva le altre stanze dalla zona giorno e, anch'essa, riuscii ad aprirla con calma, senza richiamare l'attenzione di qualche pazzo, di qualche ladro, di qualche assassino o di chiunque fosse in casa.

Non appena arrivai a pochissimi centimetri dalla porta della cucina, appoggiai una spalla contro il muro e mi allungai appena, il giusto necessario per poter sbirciare all'interno.

Sentivo l'aria attorno a me farsi più tesa e soffocante; quasi come se stesse cercando di convincermi ad indietreggiare e ad aspettare l'alba.

Ma ero testarda, testarda e come sempre troppo accecata dalla curiosità di sapere chi ci fosse all'interno.

Per questo, come se il fiato non mi mancasse e come se il mio cuore non stesse per esplodere; mi affacciai oltre
la soglia.

'Oh merda, Louis!' Strillai.

Portai una mano al petto e sbucai all'interno della cucina, non appena i miei occhi incontrarono il suo familiare corpo, di spalle, impegnato a fare qualcosa sui fornelli.

Non potevo credere di essermi presa un enorme spavento soltanto per lui, soltanto per lui e le sue improvvise idee di ritrovarsi in cucina a fare chissà cosa, nel pieno della notte.

Louis sobbalzò e al suono acuto della mia voce, scattò nella mia direzione, lasciando stare qualsiasi assurda cosa stesse facendo.

'Cosa cazzo strilli!' Mi riprese tra i denti, tentando di non urlare e sbarrando gli occhi su di me.

Il suo fiato sembrò fermarsi per qualche secondo.

'Mi hai fatto prendere un colpo!' Mi giustificai, passando lo sguardo sconcertato lungo il suo corpo.

Era completamente vestito; aveva gli abiti di tutti i giorni, quelli di qualcuno che li aveva indossati per una lunga giornata.

'Cosa diavolo ci fai in cucina a quest'ora!?' Domandai, tornando a guardarlo negli occhi.

Il mio tono era severo, lo stesso di quando saliva in me la voglia di strozzare qualcuno e di nasconderne i resti in cantina.

Le sue iridi azzurre su alzarono al cielo e, come per sminuire totalmente la mia preoccupazione, si voltò di nuovo, tornando a ciò che stava facendo.

'Potrei farti la stessa domanda, sorellina', rispose provocatoriamente, facendo una risatina.

Quel sorellina non era solito dirlo; se lo faceva, era soltanto per farmi andare su tutte le furie o per sembrare gentile con me, nel caso avesse bisogno di qualcosa.

Sbuffai, 'potresti anche rispondere ed evitare di essere sempre l'idiota della situazione', ammiccai.

'Okay'. La sua risposta fu rapida e coincisa; intenta a non dilungarsi troppo.

'Quindi?' Insistetti, portando le mani ai fianchi.

'Quindi sono appena tornato', rispose superficialmente, alzando di nuovo le spalle, 'Jenna mi ha tenuto occupato fino ad ora, qualche problema?' A quelle parole, Louis voltò appena il suo capo e mi guardò diritto in volto.

Si stava rivolgendo a me quasi come se vedermi infuriata fosse il suo unico scopo.

Mi tornarono subito in mente le disgustose parole di Jenna, subito dopo essersi ritrovata a casa mia di prima mattina, mezza nuda.

Non odiavo quella ragazza, sinceramente; ma già dall'inizio non mi piaceva abbastanza ed aveva letteralmente peggiorato la situazione, rivolgendomi parola in quel modo.

E poi, a quella faccenda, si aggiunse la relazione con Dalton e tutte le cose che avevo scoperto su di lui.

Non ero confusa; ero in uno stato nel quale avrei preferito buttarmi da un ponte piuttosto che riflettere su quale fosse la verità.

Il mio sguardo si incupii, senza che io potessi rispondere o reagire in qualche modo.

'Mi provochi perché credi di aver ragione o perché ti sembro troppo calma, visto ciò che mi hai detto l'ultima volta?' Louis si era già voltato, ma nonostante questo non mi feci scrupoli a rispondere a tono, facendo qualche passo verso di lui.

'Per entrambe le cose', ammise.

'Mhh', le mie labbra si lasciarono scappare uno strano verso provocatorio, 'perciò dovrei innervosirmi di nuovo?' Domandai, scettica.

Se era quello ciò che stava cercando, poteva benissimo chiedermelo esplicitamente e in un batter d'occhio lo avrei accontentato.

Louis restò per qualche secondo in silenzio e, dopo una breve meditazione, sembrò preparare una risposta: 'non mi interessa, innervosisciti pure'.

'Certo', mormorai.

Prese qualche istante per rigirare la carne o qualsiasi cosa stesse cercando di cuocere, poi procedette: 'non mi interessa il tuo pensiero, continuerò a vivere la mia vita come voglio', mi freddò.

La sua risposta mi azzittì. Mi ammutolì completamente.

Proprio come se avesse appena sparato un proiettile diritto nei miei polmoni, non fui capace di dire o di pensare ad una risposta adatta.

Non avevo problemi col fatto che volesse godersi la vita come voleva e con chi voleva.

D'altronde anche lui era poco favorevole a Zayn, all'inizio, eppure avevamo trovato un compromesso.
D'altronde anche io agivo d'istinto, con o senza il suo consenso.

Ma di certo avrei ascoltato il suo pensiero a prescindere e non me ne sarei uscita in maniera così arrogante, quasi come se non fossi nessuno per dire la mia.

L'aria mi mancava, sentivo un forte bruciore invadere il mio petto; ma ciò non impedì totalmente alla mia voce di uscire, strozzata.

'Non credo di averti mai impedito qualcosa', affermai.

Dire come la pensavo su ciò che stava facendo e fargli capire che, molto probabilmente stava sbagliando, non significava legarlo e nasconderlo in un sotterraneo.

'No, infatti', confermò.
Il suo continuo aprir bocca con poco interesse mi faceva incazzare ancor di più; più di quanto avessi dovuto.

E allora non mi virai affatto della paura che stava impedendo al mio fiato di uscir fuori; semplicemente sbottai.

'E allora piantala!' Alzai il tono e la mia mano, stretta in un pugno, colpì il rigido legno del tavolo, 'piantala di rispondermi in questa maniera e comincia a sparare meno cazzate, partendo dalla tua eterosessualità!'

E dette quelle parole, quasi come se non fossi abbastanza coraggiosa da affrontare una sua eventuale risposta, scappai in camera mia e mi rinchiusi all'interno, sbattendo la porta.

Se davvero voleva mandare il nostro rapporto in frantumi, avrebbe potuto farlo esplicitamente e senza dilungarsi troppo.

Sapere che mi aveva nascosto cose così importanti, quasi come se mi accomunasse lo stesso carattere chiuso ed apatico di mia madre; mi faceva provare tanto dolore quanto quello di un calcio diritto nello stomaco.

Così come ricevere quelle risposte da parte sua, da parte di mio fratello, lo stesso con il quale condividevo gran parte della mia vita.

***

"Hostage" | Doncaster

Raccolsi i miei lunghi capelli bagnati in una crocchia e li appuntai con un enorme mollettone, tentando così di non infreddolirmi maggiormente e di non far scendere le numerose gocce d'acqua lungo la mia schiena.

Quella mattina, se pur la notte precedente non fossi andata a dormire con troppa allegria, fui felice di essermi svegliata presto e piuttosto pronta ad affrontare un'altra giornata.

Nonostante le persone che consideravo importanti stessero pian piano svanendo dalla mia vita, ero stranamente speranzosa e vogliosa di prepararmi, uscire ed andare a fare un giro per la città.

Camminai verso il lavandino ed afferrai l'asciugamano bianco che poco prima avevo appoggiato su di esso.

Lo avvolsi intorno al mio corpo ed alzai lo sguardo al mio riflesso, pensierosa.

Per un attimo, la mia idea di scrollarmi tutto dalle spalle e pensare a me stessa almeno per un giorno, svanì completamente e i miei pensieri tornarono a Zayn.

O meglio, a noi.

Era patetico come ogni minima piccolezza portasse il mio cervello a ripensare ai nostri momenti insieme, ad annullare quel minimo di speranza e a farmi tornare una depressa diciottenne.

Ripensai a quando feci la doccia nel suo nuovo appuntamento, subito dopo aver fatto l'amore con lui.

Ricordai di quanto fosse freddo quel posto, di quanto imbarazzo, nonostante la nostra intimità, avessi avuto nel mostrarmi in accappatoio difronte a lui.

Erano momenti che molto probabilmente, in una situazione come quella che avevamo, avrei volentieri evitato.
Ma nello stato in cui ci trovavamo in quell'istante, quasi a farlo apposta, sarei stata felice di rivivere anche quegli istanti nei quali sarei voluta sparire.

Di colpo, la porta del bagno si spalancò ed io strinsi maggiormente l'asciugamano a me, impedendogli di scivolare via dal mio corpo.

Distolsi lo sguardo dalla mia figura allo specchio e scattai a guardare verso la porta, stremata.

Non ero solita ritrovarmi mezza nuda davanti a qualcuno, senza preavviso.

E molto probabilmente, mia madre non ne era a conoscenza, vista la sfrontatezza con la quale mi si trovò difronte.

'Bee, sarà un problema per te, badare al figlio piccolo di Lauren?' Con una mano stretta sulla maniglia e l'altra sull'arco della porta, inquadrò attualmente il mio viso struccato e cupo.

'Oh...io in realtà dovrei...' Cercai di giustificare la mia presunta assenza nella mattinata, ma la sua voce ferma interruppe le mie parole, 'perché verrà qui mentre noi siamo fuori', concluse.

'Non potrà pensarci Louis?' Domandai.

'Tuo fratello ha da fare con i suoi amici...credo', si voltò per guardare alle sue spalle e cercò di scorgere qualcosa oltre la soglia, 'l'ho visto andar via con un tizio, stamattina', mi informò, tornando a guardare me.

'Ah', abbassai lo sguardo e pensai subito a Dalton, non appena mia madre accennò di un tizio.

Sapevo che Louis aveva moltissimi amici maschi ma, da quando aveva quasi chiuso i suoi rapporti con Harry ed avevo scoperto della sua omosessualità, Dalton era l'unico a venirmi in mente.

Rialzai poi il mio capo, puntando i miei occhi in quelli di mia madre, contornati dalla matita nera.

Non volevo che si insospettisse o come cominciasse a far mille teorie sul motivo per cui le sembravo strana.
E anche se molto spesso mi trattava da schifo davanti a tutti, non volevo nemmeno rovinarle la giornata dopo essersi preparata così accuratamente; per questo inarcai le mie labbra ed annuii, annuii seppur avessi in mente altri piani per la giornata.

'Okay, ci penserò io', la assicurai.

Ben presto finii di cambiarmi: a differenza di come avevo programmato, non piastrai i miei capelli, non indossai abiti particolarmente carini e non tirai fuori le mie scarpe migliori.

Restai in calzini, indossai dei pantaloni di una tuta ed un top corto, che abbinai poi ad una felpa nera e piuttosto comoda.

Quella felpa non era una semplice felpa, però: seppur agli occhi di tutti potesse sembrare semplicemente nera e calda, ai miei era il ricordo di qualcuno e di qualcosa al quale tenevo molto.

Il ricordo di una notte inaspettata ma gradita, il ricordo della sua attenzione soltanto su di me e delle sue mani lungo il mio corpo, ancora una volta.

Era un particolare che non avevo raccontato a nessuno; un particolare che non avevo descritto e che avevo tenuto per me, nascosto dietro alle ante dell'armadio.

Prima di andarmene da casa sua e di tornare alla mia vita quotidiana, andai nella sua camera, al suo armadio, e rubai tra i tanti suoi abiti quell'indumento.

Sapevo che non se ne sarebbe mai accorto.

Non mi interessava se agli occhi di qualcuno sarei potuta sembrare pazza o addirittura disperata; sapevo che prima o poi sarei riuscita a riprendere completamente in mano la mia vita e credevo in me stessa.

Ma nel frattempo, pur di superare la cosa, avrei dovuto rimediare in qualche modo.

Arrivarono le otto del mattino, era una giornata piovosa e le strade erano ricoperte dalla nebbia, come spesso accadeva in Inghilterra.

Non a caso mi chiesi come diavolo mi era venuta voglia di uscire con quel tempo e dove, mia madre e la sua amica, trovassero il coraggio di tirarsi prima a lucido e poi varcare la soglia, destinate a diventare due pesci.

In qualche modo mi convinsi che sarebbe dovuta andare così e che tuttavia non sarebbe andata così male.

Il bambino si chiamava Teo, aveva all'incirca tre anni, era biondo ed i suoi capelli erano lisci come spaghetti.
Aveva gli occhi azzurri e la cosa sconcertante era che, forse a causa della mia scarsa altezza, sembrava davvero troppo alto per la sua età.

Non era molto timido; non appena mise piede in casa, sua mamma cominciò a fargli la predica e ad assicurarsi che non facesse danni.
E lui, come se fossi sua sorella e mi conoscesse da una vita, venne verso di me ed afferrò la mia mano con la sua, piccola e delicata.

Non ero una grande amante dei bambini: molto spesso li trovavo irritanti ed altre volte, interagire con loro mi mandavano in panico.

Ma lui sapeva come comportarsi, sembrava essere più a suo agio di me e da circa dieci minuti si era seduto accanto a me, sul divano, con il telecomando in mano.

'La vuoi una cioccolata calda?' Mi rivolsi a lui con un tono dolce, uno di quei toni insopportabili che solitamente si usano con i bambini.

Teo alzò il capo e le sue iridi magnetiche ispezionarono per qualche istante il mio volto, in maniera quasi inquietante.

'Non devi mangiare cioccolato!' Esclamò, sbarrando i suoi occhi.

Istintivamente, alla sua risposta, aggrottai la forte.

'Mamma dice che soltanto i bambini cattivi la mangiano', alzò di seguito le spalle, abbassando il suo sguardo.

Improvvisamente capii perché mia madre e la sua andassero molto d'accordo; non che mi volessi mettere a giudicare i suoi modi di educare suo figlio, insomma, ma negare del tutto la cioccolata ad un bambino era davvero sconcertante.

Teo sembrò rattristarsi e i suoi occhi fissarono il tessuto dei suoi jeans.

'Facciamo una cosa!' Esclamai, richiamando a pieno la sua attenzione, 'io ti preparo la cioccolata e alla mamma non diremo niente', proposi, cercando un minimo di complicità nello sguardo del bambino.

Quest'ultimo osservò per qualche secondo il mio viso, forse pensieroso, dopodiché le sue labbra si ampliarono e mostrarono un enorme e tenero sorriso.

'Allora, ci stai?'

Potevo benissimo sapere che non desiderava altro; nonostante non avessi figli e non avessi mai avuto a che fare con dei bambini, persino un cane avrebbe capito.

Le labbra del bambino si schiusero per rispondere, ma nello stesso istante in cui sembrò parlare, il forte suono del campanello sopraffece la sua soffice voce, impedendomi di sentire.

Infastidita storsi il naso e feci un rapido cenno con la mano, saltando poi in piedi dal divano.

Non sapevo che qualcuno dovesse venire a trovarci o almeno mia madre aveva semplicemente detto di star attenta a Tom e di aspettare poi il suo ritorno.


Camminai con svogliatezza verso il portone d'ingresso e una volta difronte, schiacciai uno dei tanti pulsanti presenti sul citofono; sperando di aver premuto quello giusto.

'Chi è?' Domandai confusa, cercando di capire se stessi davvero conversando con qualcuno o se avevo preso il tasto sbagliato e semplicemente stavo parlando con il muro.

'Uhm...Zayn'.

Mi mancò l'aria.

Sentire la sua voce da lì dietro, provocò così tante reazioni nel mio corpo che se soltanto mi fossi fermata ad immaginare come sarebbe finita, avrei fatto meglio a scappare.

La sua voce sembrava incerta, quasi come se la sua presenza lì non avesse uno scopo esatto.

Afferrai il mio labbro inferiore e lo tenetti sotto ai denti per qualche secondo, continuando a fissare il legno della porta che ci divideva.

Era stravolgente il modo in cui Zayn sapesse prendere in mano la mia testa e lanciarla lontano, lontano dove non si sarebbe potuta collegare; e tutto questo a sua insaputa.

Afferrai la maniglia di ferro e per un attimo chiusi gli occhi.
Stavo diventando così dannatamente ansiosa e stupida che se mai avessi lasciato agire il mio cervello, sarei finita per lanciarmi dalla finestra e fingermi morta.

Senza pensarci troppo, aprii la porta.

Gli occhi di Zayn furono la prima cosa che vidi, non appena quell'asta di legno sparì dalla mia vista ed andò a sostituirsi con la sua figura.

'Ehi', sorrisi istintivamente, proprio come una cretina.

Intravidi le sue mani unite, probabilmente intente a torturarsi l'una con l'altra, e dovetti per la seconda volta mordermi il labbro per evitare di sorridere.

Il suoi disperati tentativi di reagire all'imbarazzo erano letteralmente evidenti, in ogni circostanza, in ogni luogo, chiunque avesse difronte; e forse era uno dei lati più tenei del suo carattere.

Se mi ritenevo ancora una principiante per quanto riguardasse il comprendere le sue emozioni, beh, dovevo dire che sapevo perfettamente riconoscere quando era a disagio.

'Come mai sei qui?' Parlai con naturalezza; nonostante mi piacesse vederlo in quello stato e sapessi che se avessi utilizzato un'altro tono avrei peggiorato notevolmente la situazione; volevo davvero comprendere come mai fosse venuto a casa mia, per questo evitai di tirare troppo la corda.

'Io...Io beh...' Zayn prese a gesticolare mentre cercava di formulare una frase sensata, 'I-io volevo...chi è lui?' La sua frase si interruppe non appena il suo sguardo fu attratto da qualcosa di più interessante e capace di smorzare quell'aria tesa che tanto lo infastidiva.

Lo vidi spostare la visuale verso il basso, verso le mie gambe, e nello stesso momento, una piccola e leggera mano si agganciò sul mio polpaccio.

Capii immediatamente a cosa si stesse riferendo.
Feci un lieve sorriso ed abbassai lo sguardo al bambino che, con timore, stringeva la mia gamba ed osservava la figura di Zayn, torreggiante su di lui.

'Lui è Teo', mi chinai per poter afferrare il suo polso, e non appena riuscii a staccare la sua mano dal mio polpaccio, gliela strinsi e rialzai lo sguardo a Zayn, 'è il figlio di un'amica di mia madre', spiegai.

Zayn sorrise in modo tenero, in una maniera tale che forse non mi sarei mai aspettata da parte sua.
Si abbassò e piegò le sue ginocchia, arrivando all'altezza del bambino.

Una volta difronte, Zayn allungò la sua mano proprio sotto ai suoi occhi, invitandolo ad afferrarla.

'Piacere, io sono Zayn'. Ed anche il suo tono, proprio come il suo atteggiamento, divenne dolce e sensibile non appena arrivò faccia a faccia con lui.

Teo sembrò rimanere perplesso; probabilmente perché non si aspettava di trovare qualcuno all'infuori di me o forse per i tatuaggi che ricoprivano la mano di Zayn, rendendola ai suoi occhi strana.

Osservò per qualche secondo le sue dita e sembrò farlo con davvero troppa inquietudine; visto il caratterino che invece aveva dimostrato con me fino a qualche minuto prima.

'Cosa sono?' I suoi occhi si alzarono a quelli di Zayn, curiosi, mentre con l'indice indicava la mano.

'Disegni', rispose lui, tranquillamente.

La sua risposta sembrò chiarire abbastanza le sue idee; e potemmo intuirlo subito dopo dalla sua mano minuscola che, con convinzione, afferrò quella di Zayn.

'Io sono Teo', affermò.

I suoi occhi azzurri, mentre con la sua mano dondolava quella di Zayn, sembravano voler fissare il suo viso in eterno.

In quel caso non capii cosa fosse stato a richiamare così tanto la sua attenzione, ma fui certa che qualcosa nel suo volto non gli filava dritto e lo obbligava a restare persistentemente lì con lo sguardo, sulla sua faccia.

'Perché sei peloso?' Chiede di nuovo, con ingenuità.

La sua mano tornò rapidamente al suo posto, forse perché dopo aver valutato a lungo la barba di Zayn, aveva ritenuto necessario tenersi lontano da un tizio con dei peli in faccia.

Alla sua domanda non riuscii a trattenere una risatina, mentre Zayn sembrò abbassare per qualche secondo il suo capo, tentando così di non scoppiare a ridere.

Morse il suo labbro inferiore e riuscì così a rialzare il capo con serietà.

Lo vidi portare una mano sul suo mento ed accarezzare la sua barba incolta, ancora non eccessivamente lunga: 'l'avrai anche tu da grande', ammiccò.

Teo si ritrasse impulsivamente e sbarrò gli occhi, impaurito: 'papà non ce l'ha!' Esclamò.

E quando pronunciò quelle parole, quasi come se Zayn non fosse capace di trovare una scusa adatta, intervenni io: 'crescerà anche a lui', affermai.

Il piccolo biondo alzò il capo e guardò me, non troppo alta tanto quanto Zayn, 'perché tu non ce l'hai?' Insistette, come ogni bambino al mondo.

Sapere che non aveva mai visto la barba su un'uomo e che fosse così incuriosito da quest'ultima; mi rendeva abbastanza scettica.

A meno che sua madre non lo tenesse rinchiuso nella sua camera e distaccato dal mondo; era umanamente impossibile che non avesse mai visto la barba di qualcuno, nonostante i suoi soli tre anni.

'Perché sono una femmina, proprio come tua mamma', risposi graziosamente.

Nel frattempo potei percepire lo spostamento d'aria che Zayn provocò, tornando in piedi.

Non volevo lasciare il bambino in disparte e concedermi completamente a Zayn, tentando di capire cosa lo avesse portato lì.

Ma in qualche modo ero comunque curiosa di sapere per quale motivo fosse venuto a casa mia, lasciando da parte il suo tantissimo orgoglio e presentandosi dietro la porta d'ingresso.

E sapevo anche che con un piccolo bambino curioso e alla scoperta del mondo tra i piedi, non avrebbe aperto bocca.

Tutt'altro: sarebbe restato immobile sull'arco della porta, o forse in silenzio da qualche parte nella casa, con le braccia conserte.

Per questo tornai a parlare con Teo e richiamai la sua attenzione ancora una volta, delicatamente: 'ma allora la vuoi la cioccolata calda?' Chiesi.

Lui annuì, voltandosi verso di Zayn e puntandogli poi l'indice contro, 'anche lui la vuole?'

Il suo dito diretto verso il suo corpo, portò automaticamente i miei occhi a concentrarsi su cosa stava indicando.

Lo trovai già ad osservare in silenzio le mie azioni, fissando segretamente il mio viso.

Guardai Zayn, guardai i suoi occhi castani e contornati dalle lunghe ciglia nere, proprio come il colore corvino dei suoi capelli.

Il suo sguardo non accennava la minima risposta, non accennava la minima reazione; semplicemente mi guardava diritto negli occhi e lasciava che le nostre iridi si incatenassero.

No', risposi senza staccare lo sguardo dal suo, 'non credo che lui la voglia'.

E a quelle parole mi lasciai scappare un irrimediabile sorrisetto divertito; un sorriso che Zayn sembrò subito apprezzare, ma al quale rispose semplicemente leccando il suo labbro inferiore, obbligandosi così a non mostrarsi fin troppo vulnerabile difronte ai miei occhi.

***

Zayn rinchiuse la porta alle sue spalle ed entrò in casa, mentre Teo corse di nuovo verso il divano e si tuffò in mezzo ai cuscini, riprendendo a guardare i cartoni animati.

Guardava ormai gli stessi da quando era arrivato e sembrava non stancarsi mai.

Io invece, quando tutto sembrò calmarsi e la situazione sembrò sciogliersi abbastanza, ne approfittai per andare diretta in cucina e lasciai Zayn davanti alla porta d'ingresso, libero di scegliere cosa fare.

Se seguirmi e venire a parlarmi o restare in soggiorno a vedere qualcosa di poco interessante in tv.

Tuttavia, restare lì ed aspettare che aprisse bocca mentre mi torturavo mentalmente su come affrontare un discorso, sarebbe stato snervante.

Tirai fuori dalla credenza tutto il necessario per fare una cioccolata calda commestibile e non una sostanza liquida che avrebbe potuto far intossicare qualcuno.

Inoltre ero stata davvero stupida a proporgliela, considerando che non ne facevo e mangiavo una da circa due anni, escludendo quelle mini porzioni alle macchinette.

Sbuffai, convincendomi per l'ennesima volta che, pensare prima di parlare, ormai, stava diventando un optional per me.

Aprii lo sportello del frigorifero e portai il mio sguardo al suo interno, cecando tra le tante cose che lo colmavano e la lieve aria fresca che trasmetteva, una busta di latte.

Non appena la intravidi, proprio accanto alle bottiglie del succo, mi affrettai ad afferrarla e rinchiusi velocemente lo sportello; dirigendomi poi verso i fornelli, infreddolita.

Appoggiai la teglia su uno dei fornelli più piccoli e versai poi il latte al suo interno.
E, una volta fatte tutte le procedure che più o meno ricordavo, versai il cacao ed accesi il fornello, con la speranza di star facendo la cosa giusta e di non appiccare un incendio.

Ma di colpo, una voce sorpresa e tendente al divertimento, provenne dalle mie spalle; proprio nello stesso istante in cui pensai che forse sarebbe andato tutto bene e che non avrei dovuto far altro che aspettare in silenzio.

Riconobbi subito il suo tono e capii all'istante che, forse per colpa del suo carattere bipolare o addirittura per nascondere la sua insicurezza, aveva già riacquistato arroganza.

'Non credevo sapessi cucinare', mi provocò.

'Mi sottovaluti allora', feci un mezzo sorriso e spostai una ciocca dei miei capelli dietro un orecchio, voltandomi poi alle mie spalle.

Zayn era fermo davanti al tavolo, chinato su di esso ed appoggiato con i palmi delle sue mani sul legno.

Mi osservava come ormai faceva da quando aveva messo piede in casa mia, con interesse.

Mi osservava chissà da quanto tempo, a mia insaputa e con un cenno di malizia.

Non volevo sembrare infastidita e sapevo che quasi sicuramente avrei fallito nel mio intento; ma morivo anche dalla voglia di sapere cosa lo avesse spinto lì; quindi non esitai a lungo, prima di parlare: 'come mai sei venuto qui?'

Interruppi il silenzio, portando le braccia conserte al petto.

Lo vidi alzare le sopracciglia e mutare la sua espressione in qualcosa di più serio, tirandosi poi su.

Il suo sguardo si rivolse completamente al pavimento, pensieroso. 'In realtà l'ho fatto perché volevo dirti alcune cose', unì le sue mani e le strofinò avidamente.

'Alcune cose tipo?' Cercai di approfondire, impaziente.

Zayn alzò i suoi occhi e li puntò completamente nei miei.

Persi qualche battito quando le sue palpebre si strinsero in due fini fessure; permettendo così a se stesso, di non lasciarsi sfuggire ogni singola emozione attraversasse il mio volto: 'tipo l'altra notte', asserì.

In parte mi aspettavo quella risposta; se cercavo di arrivare al punto e di non far durare a lungo quell'agonia, era soltanto perché in un profondo e nascosto angolo della mia mente, sapevo fosse lì per quello.

A quelle parole, presi un profondo respiro ed annuii lievemente, invogliandolo a procedere.

Volevo affrontare la conversazione con calma, qualunque straziante cosa avrebbe detto.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro