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102- Secretive

"Hostage" | Doncaster

[Zayn Malik's pov]

Aprii di scatto gli occhi e il sole colpì bruscamente i miei occhi assonnati, facendomeli rinchiudere immediatamente.

Il suono del campanello aveva del tutto rovinato il mio sonno, richiamandomi alla realtà, alla cruda realtà, a ciò che tutti i giorni dovevo fottutamente vivere.

Non ricordavo di esser rimasto a dormire in soggiorno ma me ne resi conto subito, non appena la luce del mattino penetrò attraverso l'enorme vetrata alle mie spalle, facendomi pentire di esser al mondo.

La mia mente tornò automaticamente alla serata precedente.

Ricordavo di aver lasciato che Bee dormisse accanto a me, sul divano, nonostante fosse stretto e scomodo.

Me lo aveva chiesto prima che facessimo sesso e prima che la situazione si capovolgesse completamente e, sinceramente, non volevo che si sentisse usata o qualcosa tipo un'oggetto sul quale sfogare le mie repressioni sessuali.

Per questo la richiamai non appena finì di rimettersi la maglia addosso e si incamminò per tornare in camera, chiedendole di rimanere a dormire con me.

Posai una mano sul posto vuoto accanto al mio e fissai per qualche secondo lo spazio che, fino a poco prima, probabilmente, era occupato dal suo corpo.

Se ne era andata, non sapevo dove, con chi, per qualche motivo o a fare cosa. Non sapevo niente, semplicemente se ne era andata esattamente come avrei fatto io con una donna conosciuta in qualche locale, dopo aver passato una notte con quest'ultima.

L'idea che le cose tra noi si fossero ridotte così, onestamente, fece per un attimo attorcigliare il mio stomaco.

Non capii di preciso se a farmi male fu il fatto di non averla ritrovata accanto a me, a dormire, come tutte le volte che andavamo a letto insieme, o tutta la cosa complessivamente.

Scalciai via la coperta dalle mie gambe e la appallottolai ai piedi del divano.

Decisi così di alzarmi e smetterla di basare la mia vita sui tanti interrogativi che la circondavano.

Era ormai il caso di andare ad aprire e
vedere chi fosse il genio che, di prima mattina, dopo una nottata del genere, aveva ben deciso di venirmi a far visita.

Prima di andare verso la porta, diedi un'ultima occhiata attorno a me e notai a mio favore che non erano tante le cose fuori posto.

Lasciando stare il divano e la cucina, potevo dire di non essere nella stessa situazione di qualche giorno prima.

D'altronde poteva andar peggio e, secondo i miei piani, chiunque sarebbe stato là fuori, non sarebbe entrato e non avrebbe visto niente.

Non volevo sembrare sgarbato già di mattina, ma nonostante questo, non riuscii comunque a sembrare abbastanza educato già dal mio tono di voce.

'Chi è?' Domandai, dirigendomi con svogliatezza verso la porta.

'Sono Liam', sentii dire, 'sono Liam e Liam si aspetta buone notizie', aggiunse sarcasticamente, forse già prevenuto.

Sbuffai e, come ogni volta che Liam aveva la bellissima idea di trovarsi fuori dalla mia porta senza alcun preavviso, alzai gli occhi al cielo.

Spalancai il portone d'ingresso e mi piazzai davanti a lui, senza neppur dargli il tempo di rivolgermi un'occhiata: 'quale è il tuo piano dopo quello di rinchiudere la mia ex ragazza nel mio appartamento?' Domandai, stranito.

Vidi Liam tirare indietro il suo capo ed aggrottare la fronte, evidentemente confuso: 'ex ragazza?' Ripeté le mie parole, disperso.

E nemmeno il tempo di rispondere ed illuminargli il cervello che, tutta la sua stupidità, sembrò svanire e dar spazio alla sua quasi intelligenza.

'Quindi...' Assottigliò il suo sguardo su di me, come per ispezionarmi: 'quindi per te è tutto finito tra voi due?' Chiese, indicandomi.

La sua domanda, per un millesimo di secondo, sembrò lasciarmi a bocca asciutta.

I miei occhi restarono immobili e privi di emozione davanti a lui, a lui che aveva appena ripetuto ad alta voce ciò di cui ero fermamente convinto fino a qualche ora prima e che però mai, mai avevo ripetuto ad alta voce, davanti a qualcuno.

Indietreggiai di un passo ed abbassai lo sguardo: una volta avergli lasciato abbastanza spazio, gli feci un cenno con il capo, invitandolo ad entrare.

Seguii con lo sguardo ogni sua singola azione; se pur con discrezione, osservai anche il suo viso e mi accorsi della sua espressione vittoriosa che, nonostante i suoi sforzi nel coprirla, sembrava essere davvero troppo marcata per mascherarla.

Andai così a sedermi sul divano e portai la mia schiena contro la spalliera, sbuffando.

I miei occhi seguirono con attenzione le mosse del castano che, distrattamente, stava camminando verso il frigorifero.

Lo sentii tirare un profondo sospiro e, non appena arrivò davanti ad esso, spalancò lo sportello: 'fossi in te, ridarei un'occhiata ai miei sentimenti', disse con sufficienza, cercando qualcosa al suo interno.

'Non c'è niente da rivedere', affermai fermamente.

Intravidi Liam fare un cenno disapprovazione e, mentre con superiorità spostavo lo sguardo da lui, sembrò tirar fuori una bottiglia dal frigorifero.

Si diresse verso il tavolo e riuscii ad udire il gas fuoriuscire dalla confezione, non appena svitò il tappo.

'E perché allora non ammetti ad alta voce che è tutto finito?' Insistette.

'Semplicemente non è la mattinata adatta per chiarire le cose', mi giustificai, abbassando lo sguardo ai miei boxer.

Osservai l'elastico quasi troppo largo sulle mie cosce e mi resi conto soltanto allora, di star dimagrendo a dismisura.

Le mie gambe sembravano esser esauste della situazione tanto quanto me, in quel momento.

Udii l'irritante risatina di Liam che, in mezzo ad una conversazione com'è quella, poteva essere considerata totalmente fuori luogo.

Non era il caso di ridere di ciò che stavo dicendo; ero confuso? Esatto, ero fottutamente confuso e volevo soltanto aprirmi il cervello per vedere cosa diavolo ci fosse dentro.

Ma tuttavia avevo le mie motivazioni, sapevo cose che lui non poteva nemmeno lontanamente immaginare e percepivo emozioni nel mio petto che neppure io potevo spiegare.

'Abbiamo fatto sesso, Liam', me ne uscii di colpo, voltandomi di colpo nella sua direzione.

Il mio petto sembrò sollevarsi, quasi come se mi fossi appena tolto un enorme peso di dosso che, probabilmente, mai avrei raccontato senza quell'adrenalina.

Vidi Liam sbarrare gli occhi e togliersi quel sorrisetto snervante dalle labbra: restò per qualche secondo immobile, con un bicchiere di Coca-Cola tra le mani.

'Cosa!?' Batté rapidamente le sue ciglia e la sua faccia era così fottutamente colma di emozioni che, nonostante gli sforzi, non riuscii a capire se la sua fosse gioia o rabbia.

'Hai capito bene', risposi superficialmente e con un tono abbastanza freddo, cercando così di evitare eventuali scleri da parte sua.

Liam riappoggiò il bicchiere sopra al tavolo, senza badare affatto a cosa stesse facendo.

'Oh, ma è una bellissima notizia!' Gridò, guardandomi con entusiasmo.

'Affatto Liam', risposi con apatia.

Le sue reazioni mi stavano innervosendo più dell'idea stessa di averlo appena sentito gridare come una bambina difronte alle caramelle.

Lo vidi scuotere la testa e posare i palmi delle mani sul tavolo: 'merda Zayn, non capisci proprio un cazzo!' Sbraitò, 'questo vuol dire che vi state riavvicinando e...e probabilmente...'

Odiavo quella felicità da parte sua, proprio come odiavo l'entusiasmo in qualcuno nello stesso momento in cui io non ero proprio in grado di gioire.

Per questo lo interruppi bruscamente e feci smettere alla sua bocca di pronunciare frasi insensate.

'Sei tu a non aver capito un cazzo', morsi il mio labbro inferiore per evitare di ridere della sua reazione, proprio come stava facendo lui poco prima.

Non era affatto quello il momento per vendicarmi, preferivo mettergli in testa le cose come stavano.

'Cosa stai cercando di dire, Zayn?' Liam mi guardò male.

Decisi allora di evitare il suo sguardo persistente e di proseguire nella spiegazione, fissando con interesse le mie gambe.

'Non è andata come credi', feci una pausa e portai una mano tra i miei capelli, frustrato, 'è stato soltanto sesso, Liam'.

Sentii uno strano senso di colpa attraversare la mia mente, facendo mescolare ancor di più i pezzi del puzzle nella mia testa.

Scossi la testa e sistemai i miei capelli all'indietro, evitando che mi cadessero spettinati in fronte.

Ormai anch'essi erano fin troppo lunghi per poterli definire ordinati.

Da parte sua non udii alcuna risposta: ci fu soltanto silenzio, un silenzio straziante ed una forte pressione cominciò a farsi spazio tra noi.

'Mi sono lasciato prendere dalla situazione e siamo finiti a strusciarci l'uno contro l'altro su quella credenza, senza un motivo esatto'. La mia mente ripercorse quei momenti con nostalgia forse, mentre i miei occhi cominciarono a bruciare.

Non volevo sentirmi una merda proprio in quell'istante, non volevo che tutte le mie paranoie si facessero avanti mentre Liam era a casa mia, con la sua completa attenzione su di me.

Ma non riuscii a frenare la mia bocca e i miei ricordi che, crudeli, si raffigurarono tutti nella mia mente, l'uno dopo l'altro, senza pietà.

'E poi le sue mani su di me hanno dato il colpo di grazia', mi fermai per prendere fiato, dopo aver raccontato tutto velocemente, 'non riuscivo a controllarmi, sembravo dipendere da cosa stava succedendo e...' Sospesi la mia frase a metà, cercando con lo sguardo la figura di Liam.

Solitamente preferivo il suo silenzio, alla sua voce; ma non in quel momento. Preferivo avere una risposta piuttosto che continuare a parlare da solo, come un perfetto coglione.

Lo trovai in piedi dietro al tavolo, con le braccia conserte e le sopracciglia alzate, quasi come se volesse sembrarmi sconcertato.

'E per poco non le facevo del male, quando sono entrato', conclusi, senza badare alla sua faccia.

Volevo sfogarmi, volevo esporre tutti i miei pensieri e tutte le cose che mi rendevano instabile, una volta per tutte.

Alla mia ultima affermazione, le labbra di Liam si storsero e probabilmente, i suoi denti morsero il suo interno guancia, alimentando l'imbarazzo da parte sua.

'Potresti evitare questi dettagli, Zayn?' Domandò, a disagio.

Di tutta risposta, alzai gli occhi al cielo e mi voltai nuovamente dalla parte opposta, facendo come se non avesse parlato.

Raccolsi la coperta stropicciata accanto a me e la appoggiai sulle mie ginocchia, sbuffando.

'Non so neanche perché ho permesso a me stesso di lasciarmi andare e d-di...' La mia voce si spezzò e le mie labbra restarono socchiuse, incapaci di proferire parola.

Probabilmente la tensione non mi rendeva in grado di parlare e di dire le cose come stavano, senza alcuna incertezza.

Ma subito dopo capii che invece, a farmi mancare il fiato e a far salire quell'enorme nodo alla mia gola, capace di bloccarmi il fiato, furono semplicemente le lacrime.

Le lacrime che senza alcun preavviso attraversarono il contorno dei miei occhi e presero a correre lungo le mie gote.

Cercai subito di intervenire e di nascondere quello che ormai, almeno per Liam, poteva essere un evidente segno di dolore.

Asciugai i miei occhi con il dorso della mia mano e mi voltai a guardare altrove, tirando su col naso.

'Non credo che tu sia tanto bastardo da sfruttare il suo amore per svuotare le tue palle, senza alcun ritegno'. Le parole di Liam sembrarono dette con rimprovero e con una cattiveria tale da farmi accapponare la pelle.

Non mi aspettavo così tanta poca delicatezza da parte sua, dopo avermi inevitabilmente udito piangere.

Scossi involontariamente il capo ed asciugai l'ennesima lacrima che, incapace di collaborare, aveva appena bagnato la mia guancia.

'Non a caso stai piangendo come una femminiccia, Zayn'. Ci tenne a farmelo notare, con altrettanta poca grazia.

Deglutii la tanta saliva che avevo in bocca e passai la lingua tra le mie labbra, inumidendole: 'sono soltanto nervoso'.

'Sì', mi assecondò, 'continua a convincerti che stai bene così e che non hai alcun bisogno di nessuno'.

La sua severità stava contribuendo al mio cuore di spezzarsi pezzo dopo pezzo, senza alcuna pietà.

'È così', affermai con decisione, lasciando come ogni volta che l'orgoglio sopraffacesse totalmente il mio stato d'animo.

'Sì, è così', mi provocò, ripetendo le mie parole.

'Non a caso hai un album intero di suoi disegni nel cassetto del tuo comodino', rise.

Le sue parole fecero scattare la mia testa come una molla, nella sua direzione.

Lo squadrai attentamente e, ritrovarmi faccia a faccia con il suo sorrisetto sghembo, fece ribollire il sangue nelle mie vene.

Sentii soltanto il bisogno di picchiarlo e cacciarlo da casa mia a calci in culo.

Infatti strinsi le mie mani in due pugni e, tentando in quel modo di trattenere la mia voglia di spaccargli la faccia, parlai tra i denti: 'come lo hai trovato?' Ringhiai.

'Pulendo', alzò superficialmente le spalle.

Sentirlo parlare con noncuranza e notare che la mia reazione non aveva alcun effetto su di lui, peggiorava la situazione più del previsto.

In quel momento, tutto ciò che volevo fare era rompergli il naso e farlo uscire dalla porta con un occhio nero.

Ma sapevo che non sarebbe stato affatto un problema, per lui, affrontarmi.

Lo avrebbe fatto e mi avrebbe messo ko senza alcuno sforzo, concludendo per l'ennesima volta che, raggiungere Bee nella mia vita sarebbe stata l'unica cosa da fare.

E non volevo che fosse quello il suo pensiero, non più di quanto già non ne fosse convito.

Forse per quel motivo smisi di guardarlo e mi alzai in piedi, tendendo spropositatamente la mia mascella.

Camminai con un passo spedito verso la mia camera e durante tutto il tragitto evitai i suoi richiami e il suo passo rapido dietro il mio.

Non appena riuscii a raggiungere la camera, rinchiusi violentemente la porta alle mie spalle e girai poi la chiave.

Per un istante fui tentato di spostare la scrivania o qualsiasi altro mobile davanti ad essa, barricando la stanza.

Ma bastò soltanto togliere le dita dal freddo metallo della chiave e portare entrambe le mani tra i miei capelli, per farmi calmare.

Presi un profondo respiro dal naso e le mie palpebre si strinsero tra di loro, donando ai miei occhi l'intera l'oscurità.

Portai le spalle contro il legno della porta e lasciai cadere la mia testa all'indietro, sospirando.

'Sono dei bei disegni'.

La sua voce riecheggiò calma nell'ampio corridoio e a seguirla sentii il suo respiro regolare, oltre la porta.

'Dovrebbe vederli', concluse.


[Bee Tomlinson's pov]

Dopo essermi fatta la doccia ed essermi cambiata gli abiti che ormai avevo addosso dal giorno prima, riportai i miei indumenti sporchi in bagno e li infilai nel secchio, insieme agli altri.

Stavo aspettando che si facessero le undici e mezza, così che potessi andare a casa di Trishar, come gli avevo promesso.

Mi aveva chiamato poco prima di rientrare a casa, dopo essere sparito per qualche settimana.
Mi aveva chiesto se mi andava di unirmi a lui e ai suoi amici, a casa sua, e di pranzare insieme con loro.

Ero titubante; non conoscevo la comitiva con la quale di solito usciva ed ultimamente non credevo di conoscere così bene nemmeno lui.

Non volevo arrivare lì e sentirmi in imbarazzo in mezzo a persone che al cento per cento non conoscevo.

Ma non avevo niente da fare, ero sola, avrei dovuto passare qualche ora ad annoiarmi per conto mio, a casa.
Per questo conclusi che avrei preferito far qualcosa di divertente ed approfittarne per passare un po' di tempo con lui.


La casa era vuota: i miei genitori erano a lavoro e Louis era da qualche parte nel mondo a fare chissà cosa con qualcuno che, quasi sicuramente, non mi sarebbe andato a genio. 

Pensare a lui e ricordarmi che si stava frequentando con Jenna, mi fece per un attimo innervosire.

Decisi così di smetterla di farmi problemi al posto suo e di preoccuparmi della mia vita che, addirittura, poteva sembrare ancor più complicata.

E se dovevo pensare alla mia vita, di conseguenza, dovevo pensare a Zayn e s cosa era successo nelle ultime ore; cosa che avrei volentieri evitato.

Appoggiai la mia schiena contro il mobile della cucina e sospirai, frustrata.

Afferrai il mio telefono e lo rigirai tra le mie mani, osservando la cover trasparente che lo ricopriva.

In quel momento, la mia testa sembrava esser in mezzo a due mondi del tutto diversi ma fondamentalmente tristi allo stesso modo.

Ovunque andassi a buttarmi, ero destinata a farmi paranoie su quale fosse esattamente il mio problema con Zayn al rimpiangere il mio vecchio rapporto con Louis, maledicendo il destino.

Per questo decisi di concentrarmi sul mio telefono e di riflettere su cose a caso, come ad esempio sul perché avessi comprato una cover trasparente lucida, piuttosto che opaca.

Pensieri che però, forse a causa dei pochi contenuti, durarono ben poco.

I miei occhi si posarono per sbaglio sulla scatola bianca che avevo appoggiato poco prima al centro del tavolo.

Quella scatola di pillole l'aveva comprata lui, quando per sbaglio facemmo sesso senza precauzioni ed io andai totalmente in panico.

E per la seconda volta si era riconfermata utile, dopo aver passato un'insolita notte a casa sua.

Seppur prendere la pillola per l'ennesima volta non fosse nei miei più remoti piani, era comunque successo.

Non avevo programmato di passare la notte a casa di Zayn, almeno non in quel modo.

Ma nonostante questo, non ero pentita di niente: se per Zayn restavo comunque la sua storia passata o un qualcosa da dimenticare, me ne sarei fatta una ragione.

Non m'importava se un giorno saremmo stati destinati a dividerci completamente o se, a causa di tutto, saremmo finiti proprio come lui voleva: come due perfetti sconosciuti.

Poteva sembrare davvero patetico da parte mia, ma Zayn era stato chiaro ed aveva spento l'ottanta percento delle mie speranze, lasciandomi sola nella mia più totale tristezza.

Ed avrei reagito, come ogni ragazza reagisce alla fine della più bella e strana storia d'amore della sua vita.

Ma in ogni caso, aver avuto per un'ultima volta il suo corpo tutto per me, era ciò che mi rendeva serena più di ogni altra cosa al mondo.

Lo avevo voluto io prima di tutti, desideravo passare ore accanto a lui ed insieme al vecchio Zayn, facendo le cose che, a parte alcuni dettagli, mi ricordavano perfettamente i bei tempi.

Con la consapevolezza di non tornare mai più a far parte della sua vita, ero felice di aver per un'ultima volta unito i nostri corpi.

***


Dopo aver passato circa venti minuti all'interno della metropolitana, raggiunsi l'altra parte della città. Una volta scesa, fui costretta a camminare abbastanza e, più volte, mi ritrovai nel bel mezzo di qualche campo, obbligata a tornare indietro e a percorrere altrettanta strada.

Avevo chiesto a Trishar di inviarmi il suo indirizzo e, aiutandomi con il mio telefono e seguendo le indicazioni, giunsi finalmente davanti al cancello di una casa piuttosto grande e solitaria, distaccata dal centro della città.

All'interno potei notare due macchine parcheggiate; due macchine che a quanto ricordavo non erano quelle di Trishar.

Erano le dieci e mezza del mattino ormai. Teoricamente sarei dovuta arrivare un'ora dopo.

Alzai una mano per suonare ma esitai, fermandomi prima di toccare il campanello.

Quello che stavo per fare era veramente da idioti; sapevo che una volta dentro mi sarei sentita tremendamente a disagio.

Sapevo perfettamente come ero fatta ed ero a consapevole del fatto che tra me e Trishar, le cose, fossero cambiate radicalmente.

Osservai la targhetta di metallo con sopra inciso il suo nome, sperando che almeno essa mi desse un suggerimento.

Ma quest'ultima sembrò non volersi rendere affatto utile; rimanendo così in silenzio ed inanimata.

Mi morsi il labbro inferiore, presi un profondo respiro e riempii completamente i miei polmoni dell'aria fresca che ormai aveva preso il totale sopravvento in Inghilterra.

Mi promisi che avrei aspettato dieci secondi. Dieci secondi nei quali avrebbe dovuto rispondere ed aprirmi la porta; se non lo avesse fatto entro il tempo stabilito, beh, sarei corsa a casa ed avrei evitato una mattinata piena di imbarazzo.

Senza pensarci due volte, premetti l'indice contro il pulsante bianco e presi a contare silenziosamente nella mia mente.

Uno, due, tre, quattro...

E nonostante le mie speranze fossero segretamente quelle di non udire alcun segno di vita, la voce sconosciuta e gentile di una ragazza intervenne da dietro le casse del campanello.

'Chi è?', domandò con un tono così educato e rassicurante che, forse per un secondo, pensai di essere soltanto io quella paranoica ed in preda al panico.

'Sono io', risposi cercando di stare tranquilla, ma subito dopo mi ricordai di non star parlando con Trishar e mi resi conto di aver appena fatto una pessima figura.

Così sbuffai e maledissi me stessa, correggendomi, 'sono Bee'.

Chiusi gli occhi per un istante, dandomi della pazza per quello che stavo facendo e per come, in maniera esagerata, affrontavo una situazione così dannatamente ridicola e banale.

Li riaprii nel momento in cui la porta dell'abitazione, oltre le sbarre del cancello, si stava socchiudendo.

L'ansia cominciò a prendere il sopravvento.

Potei sentire le mie mani accaldarsi e cominciare a sudare, nonostante la fuori facessero pochissimi gradi e qualsiasi essere umano dotato di un normalissimo corpo,  starebbe tremando dal freddo.

Da lontano intravidi una giovane ragazza, spuntare da dietro il portone.

Quest'ultima prese a camminare verso di me con un passo svelto ed impacciato nello stesso tempo.

Aveva dei capelli color biondo rame, lunghi tanto quanto i miei ed una carnagione chiarissima: addosso indossava dei pesanti collant neri ed una maglia di lana, a prima vista enorme per il suo corpo, e lunga quasi fino alle sue ginocchia.

Non riuscii a vedere bene il suo viso e a poter già dare una mia prima impressione sulla sua faccia; spesso capivo quanto qualcuno mi sarebbe stato simpatico dalla sua prima impressione e, la cosa ancor più preoccupante, era che gran parte delle volte ci prendevo.

'Scusami', disse mortificata, accelerando i suoi ultimi passi verso di me, 'non so come aprire questo aggeggio da dentro e...' si piombò verso le enormi sbarre metalliche del cancello e lasciò la sua frase a metà, concentrandosi su come lasciarmi entrare.

Tirò con forza entrambi i lati verso di se e dopo vari tentativi persi ad imprecare contro qualcuno, riuscì a sganciare un lato di esso, creando un minimo spazio per farmi passare.

'Trishar ha davvero un cattivo gusto', si lamentò, continuando a tenermi la porta.

Mi diedi una mossa e passai dall'altra parte con una mossa schietta, una mossa che non seppi nemmeno spiegare.

Alla sua affermazione feci una risatina e portai una ciocca dei miei capelli dietro all'orecchio, fermandomi a pochi passi da lei.

I suoi occhi erano verdi e le sue labbra carnose erano colorate da un delicato lucidalabbra.

Non mi ci volle molto a concludere la mia prima impressione sulla ragazza: aveva un sorriso dolce ed un'espressione piuttosto cordiale in volto.

Malgrado fossi arrivata lì con i peggiori presentimenti della mia vita, dovevo dire che non sembrava poi così antipatica.

'Seguimi!' La ragazza mi fece un cenno con la mano e prese a camminare davanti a me, conducendomi lungo la breve staccionata che mi avrebbe portata all'interno di quella casa.

***

'Lei è Bee', Trishar appoggiò una mano al centro della mia schiena e mi spinse lievemente verso l'interno della stanza, mostrandomi ai suoi amici.

La cosa era abbastanza imbarazzante già in se; avrei fatto meglio a non commentare il suo comportamento e a finger di non aver fatto caso al suo espormi tipo capo d'abbigliamento.

Feci un falso sorriso ed alzai lo sguardo all'interno della stanza, preparandomi psicologicamente alla gente che avrei dovuto affrontare difronte a me.

Ma quando lo feci, il mio petto sembrò alleggerirsi di colpo e le mie labbra si distaccarono leggermente, lasciando trapelare un sorriso lievemente più sincero.

Davanti a me c'era soltanto una persona: un ragazzo dai capelli castani, alzati in una sottospecie di ciuffo e dagli occhi azzurri.

Un semplicissimo ragazzo dal naso a patata e non troppo alto, in soggezione tanto quanto me a causa delle maniere schiette di Trishar.

Poteva sembrare crudele ma, sapere che anche per lui era tutto abbastanza insolito, mi faceva sentire meglio.

Quest'ultimo mostrò la sua mano e, dopo avermi graziata con l'ennesimo sorriso, mosse le dita, salutandomi.

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