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CAPITOLO SETTE: YOU NEEDED SOMEONE I JUST HAPPENED TO BE THERE

Dedicato a chi lotta ogni giorno e trova comunque la forza per sorridere e affrontare un'altra giornata.
siete forti, non mollate

vi lascio qui sotto dei numeri verdi da contattare nel caso sentiste di non farcela. sappiate che vi rialzerete, c'è sempre una luce che vi guida, sempre.

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CAPITOLO SETTE: YOU NEEDED SOMEONE I JUST HAPPENED TO BE THERE

- not everybody gets a chance to fall in love
but if you love yourself, then that's enough

20 novembre 2021

In quei giorni Eve era sempre più cupa.
Sembrava un fiore appassito: la luce che quando l'avevo vista per la prima volta si portava nel cuore, era scomparsa. In quelle settimane passate con lei avevo trovato una persona meravigliosa. Eve era sempre disposta ad aiutare il prossimo, mettendolo anche davanti a sé stessa e alle sue necessità. Non vi era stata occasione in cui non mi avesse ascoltato nei miei momenti di crisi e in cui non mi avesse consigliato cosa fare.

Mi aveva abbracciato fortissimo, lo faceva sempre, e io in quegli abbracci ci sarei morto. Sentivo le mie ferite risanarsi, il mio cuore riprendere a battere e a pompare la vita nelle mie vene.
Grazie a lei, avevo ricominciato a vedere delle crepe da cui la luce desiderava entrare, avevo ricominciato a sentire il bisogno e la voglia di lottare. Ma più di tutto, stavo percependo il sentimento crescere come un piccolo fiore e farsi strada nel mio cuore.

Proprio per quella ragione, mentre la osservavo appoggiato allo stipite della porta con le braccia conserte, mi sentii totalmente inutile. Inutile al punto che avrei desiderato mettermi a urlare, con le lacrime agli occhi, e scuoterla per farle capire che non poteva lasciarsi andare così. Che ci eravamo promessi che avremmo lottato insieme e saremmo usciti da quell'inferno, ma lei si stava arrendendo. La stava lasciando vincere.

<<Ehi.>> Dissi entrando nella sua stanza.

Eve si voltò ad osservarmi e fece un timido sorriso. Era sdraiata sul letto, il viso rivolto verso la finestra e i pensieri chissà dove, invece. Avrei desiderato così tanto entrare nella sua mente per sapere dove fuggisse in quei momenti, ma tutto ciò che riuscivo a fare era sedermi accanto a lei e accarezzarle i capelli. A volte piangeva in silenzio, per ore, e si addormentava con la testa appoggiata sulle mie gambe. Il suo respiro era così debole da farmi rabbrividire. Quasi non sentivo il suo peso sulle cosce, quando accadeva. Tutto in lei ricordava un fiore che stava morendo lentamente. Si alzava poche volte dal letto, faticava anche a reggersi in piedi. Il suo viso era pallido e bianco come la neve, aveva gli occhi solcati da borse violacee. Spezzava il cuore vederla in quelle condizioni.
Cercavo di riflettere sul da farsi, su come aiutarla, ma non c'era nulla di concreto che potessi fare per salvarle la vita.

Mi guardai attorno con fare circospetto e notai che il suo pranzo era ancora intatto sul tavolino al centro della stanza. Non sembrava nemmeno malvagio: si trattava di una fetta di pollo alla piastra e un cucchiaio di patate lesse condite con del prezzemolo. Eppure, forchetta e coltello erano ancora posati sul tovagliolo intatti e il cibo ormai era completamente freddo. Ma soprattutto, Eve ancora a letto e non accennava minimamente a muoversi di lì ed erano quasi le quattro del pomeriggio, ormai. Aveva gli occhi arrossati e gonfi dal pianto, il viso scheletrico solcato dalla malattia. La stava consumando e non c'era nulla che potessi fare per impedire che accadesse.

<<Ehi.>> Rispose sforzandosi di sorridere. <<Com'e andata?>> Chiese spostandosi un po' e facendomi spazio accanto a lei.

<<Bene direi.>> Si riferiva alla mia seduta di terapia con la dottoressa Robins. Era contenta dei miei progressi, sempre di più. Era tutto grazie ad Eve, in realtà. La sua amicizia e la sua vicinanza mi stavano dando ciò che in vita mia non avevo mai avuto. Era diventata così importante in così poco tempo. Ero sempre più stupito da quanto ogni giorno sentissi crescere il nostro legame sempre di più. <<La Robins dice che ho ancora molta strada da fare, ma sta andando meglio.>>

Frequentare Eve mi stava aiutando a capire chi fossi e a ritrovarmi. Per tutta la mia vita non lo avevo saputo. Per tutta la vita mi ero guardato allo specchio senza sapere come cercare me stesso, in quel riflesso. Ma poi era arrivata lei, che mi aveva teso la mano e solo attraverso quel gesto mi aveva donato la speranza necessaria a lottare. Eve mi aveva visto veramente, senza maschere in volto. Ero soltanto io. Era bello ritrovarsi nei suoi occhi.
Avrei tanto voluto fare lo stesso per lei, aiutarla nello stesso modo in cui lei stava aiutando me.

Eve mi sorrise. E in quella circostanza il sorriso fu puro e genuino, spensierato. <<Ne sono felice. Sono fiera di te.>> Sussurrò.

<<E a te com'è andata?>> Le chiesi. In realtà sapevo già la risposta, mi bastava osservare il piatto ancora pieno e lei a letto dalla sera precedente per capirlo. Ma cercai comunque di incoraggiarla a parlarmi e a confidarsi, nonostante sapessi che il più delle volte lei restava in silenzio.

<<Una meraviglia.>> Disse. Tirò su le coperte e si coprì fino al collo, poi chiuse gli occhi e inspirò profondamente.

<<Non hai assaggiato il pollo, oggi.>> Bisbigliai accarezzandole i capelli. C'erano stati dei giorni in cui era riuscita a sgranocchiare qualcosa: della mela, dei pezzi di cocco, un'insalata. Mi aveva anche detto che dalla visita con la psicologa era riuscita a prendere il peso della settimana. Ma in quei giorni non ne voleva proprio sapere. Mi chiesi se fosse successo qualcosa, se le avessero fatto del male per cui lei era tornata a non riuscire a nutrirsi. Ma non parlava. Rispondeva a monosillabi e quelle volte in cui le chiedevo come stesse o in cui le dicevo che se avesse avuto la necessità di confidarsi con qualcuno io ero lì per lei. Ma la sua risposta era sempre la stessa.

<<È uno schifo.>> Diceva, e tagliava corto così.

<<Levamelo dalla vista, Blake.>> Esclamò rompendo il silenzio. <<Mangialo tu, buttalo giù dalla finestra, buttalo nel water, fa quello che vuoi. Ma levamelo dalla vista. L'ho soltanto guardato per tre volte e ho vomitato tutte e tre le volte. Levamelo dalla vista e non parlarmi di cibo.>>

La osservai dall'alto e arricciai il naso, confuso. Inspirai profondamente e valutai con estrema attenzione le parole esatte da dirle. Sapevo che qualsiasi cosa fosse uscita dalla mia bocca, in qualche modo, si sarebbe irritata. Purtroppo non c'era niente che potessi fare per aiutarla, niente di materialmente utile. Avrei voluto chiederle come aiutarla, cosa potessi fare per farla sentire meglio, ma ero certo che mi avrebbe soltanto guardato come se desiderasse incenerirmi.

<<Eve...>> Sussurrai accarezzandole i capelli. <<Io vorrei terribilmente aiutarti, ma davvero non so proprio cosa fare.>> Continuai. <<Mi rendo conto che materialmente non posso obbligarti a mangiare, ma posso dirti una cosa soltanto. Mangiando un petto di pollo alla piastra e una forchettata di patate, non succederà nulla. Hai bisogno di nutrirti per sopravvivere, Eve. Se non mangerai entro sera ti ritroverai con la flebo attaccata. Lo sai questo vero?>>

Mi lanciò un'occhiata truce e mi diede le spalle, come se non le importasse di ciò che le stavo dicendo. <<Non mi interessa, che me la attacchino pure. Facciano un po' ciò che vogliono.>>

Chiusi gli occhi e sospirai, amaramente. <<Una sola forchettata, Eve. Ne basterà una.>>

<<Blake.>> Esclamò. <<Ti ho detto che non mi interessa mangiare, adesso. Mangialo tu questo stupido pollo se proprio ci tieni.>> Sbottò irritata. <<Anzi, sai che ti dico? Vattene. Se ti da così tanta preoccupazione stare qui con me e vedere il piatto pieno allora vattene via e lasciami in pace. Ma ti assicuro che non è la prima volta che resto un giorno senza mangiare e, come puoi vedere, sono ancora viva.>>

Incassai il colpo e scossi il capo, sconsolato. Era intrattabile in quei giorni, non sapevo quale fosse la ragione e non ero nemmeno certo di volerlo sapere. Volevo solo aiutarla, starle accanto e aiutarla, le avrei dato tutte le mie forze se fosse stato necessario. Avrei davvero mangiato quel piatto al posto suo, se fosse stato scientificamente possibile salvarle la vita in quel modo.

<<Vorrei dirti una cosa, prima di lasciarti da sola.>> Bisbigliai sulla soglia della porta.

Eve si voltò a guardarmi negli occhi. Erano lucidi, stanchi, fragili come lo era il suo cuore. Aveva i capelli legati in una crocchia disfatta, qualche ciocca di colore bianco fuori usciva e le ricadeva sul viso pallido. Guardarla in quel momento mi fece venire i brividi. Sembrava prosciugata: percepivo il dolore che stava provando, il male che si nutriva di lei. Sentii gli occhi pizzicare, mentre mi scrutava a fondo in attesa, appesa al mio sguardo come se potessi fornirle un'ancora di salvezza.

<<Io lo mangerei tutto quel piatto, se sapessi che sarebbe la soluzione al problema.>> Dissi. La guardai con la testa piegata di lato, quasi incerto delle mie parole. Lei mi aveva fatto un regalo enorme, il giorno in cui mi aveva offerto la sua mano. Mi aveva ridato la speranza, aveva creduto in me, qualcuno che non conosceva e stava imparando a conoscere solo in quei momenti in cui il mondo ci crollava addosso e noi tentavamo di non farci schiacciare. Stava imparando a conoscermi passando il pomeriggio a passeggiare insieme a me e chiacchierare di qualsiasi cosa ci passasse per la testa. Che fossero cose belle o brutte, discorsi complessi o un po' meno seri. Stava imparando a capirmi, come mai nessuno aveva fatto. E io, mio malgrado, stavo imparando a capire lei. Credevo che in un posto come quello le persone imparassero a conoscersi in un modo diverso, perché si poteva osservare anche il lato peggiore di una persona e imparare ad amarla partendo proprio da quello. Eve era una persona davvero speciale, a prescindere dal sentimento che stava nascendo per lei nel mio cuore.
Volevo restituirle tutto il bene che mi aveva fatto e che ancora mi avrebbe fatto. Meritava di più. Meritava ogni cosa bella della vita. Lei era una stella, brillava intensamente, anche se spesso se ne dimenticava. Avrei voluto che brillassimo insieme, nel futuro. Lei non doveva mollare.

<<Tu, per me, sei bellissima.>> Continuai riavvicinandomi lentamente. <<E lo so, lo so che le mie parole non serviranno a niente e non cambieranno mai la visione che hai di te stessa. Lo so che ogni singola persona in questo mondo, attualmente, potrebbe guardarti e dirti che sei stupenda ma che comunque la situazione non cambierebbe. Lo so, Dio, come lo so. Ma tu, Eve Morgan, sei davvero bellissima. In tutto quanto. Sei la persona più pura che io abbia mai incontrato. Tu sei speciale, Eve. E non importa quante volte mi ripeterai che non è ciò che vedi quando ti guardi allo specchio, non importa quante volte dovrò vederti allontanare il piatto o lanciarlo a terra. Non importa quante volte mi caccerai e quante volte mi sentirò dire che sono noioso. Continuerò a tornare e sedermi accanto a te, continuerò a farti compagnia, anche quando non vorrai mangiare. Porterò via il tuo piatto pieno ma ritornerò all'ora di cena con un altro piatto e continuerò a sperare di vederti con la forchetta in mano. E continuerò a dirti che sei stupenda. Sappilo, Eve.>>

La osservai asciugarsi le lacrime, con le mani tremanti e i singhiozzi che rompevano il silenzio che si era creato dopo le mie parole. Si alzò in piedi e mi venne incontro, silenziosamente. Quando fu a un passo da me sorrise, così dolcemente da spezzarmi il cuore, e mi abbracciò. Sentivo che ci stava mettendo tutta la forza che aveva, ma la sua stretta era così delicata che se non fosse per il fatto che sentivo il suo profumo alla cannella e la stavo stringendo a mia volta, avrei giurato che non mi stesse abbracciando.

<<Ti voglio bene Blake.>> Disse fra le lacrime. <<Grazie.>>

La lasciai andare e le dedicai il mio sorriso più sincero, mentre le asciugavo le lacrime.

Prima che potessi uscire, però, la porta si spalancò e Julian fece il suo ingresso nella stanza. Mi scrutò per diversi istanti, prima di posare i suoi occhi su Eve e andarle incontro.

Fu in quel momento, proprio quando lui si avvicinò, che la vidi riprendere a respirare. Vidi i suoi occhi illuminarsi, brillare, il suo sorriso farsi più malinconico nonostante restasse lo stesso stupendo. <<Jules>> Disse saltandogli in braccio. <<Mi sei mancato da morire.>>

<<Ehi bellissima.>> Julian la strinse fra le braccia e la fece tornare con i piedi per terra solo per prendere il suo viso fra le mani e darle un bacio. Il
modo in cui riuscivo a sentire sulla mia pelle quanto lui l'amasse mi fece rabbrividire. Non avevo mai visto due persone amarsi in un modo così puro e genuino come loro due. E Julian riusciva a farla sorridere soltanto guardandola ed entrando in una stanza. Quanto poco ne sapeva di quanto lo invidiassi e quanto avrei desiderato avere lo stesso potere.

<<Ciao Blake.>> Mi disse poi. <<Come stai?>> Domandò con un timido sorriso.

<<La solita vita, tiro avanti.>> Replicai. <<E tu?>>

Scrutò Eve che andò a sedersi sul letto e, nel frattempo, posò lo sguardo sul piatto pieno che giaceva sul tavolo al centro della stanza. Vidi i suoi occhi incupirsi, quando osservò l'orologio appeso alla bianca parete e si rese conto di che ore fossero. Tornò ad osservarmi, più amaramente, e sospirò. Dava le spalle a Eve, lei non poteva vederlo in faccia, ma le sue espressioni del viso dimostravano quanto il suo cuore si fosse spezzato alla sola vista di quel piatto. Abbassò il capo, s'infilò le mani in tasca e fece spallucce dopo aver lanciato una breve occhiata alla sua ragazza.

<<Così.>> Sussurrò con gli occhi lucidi.

Avrei voluto dire qualcosa che potesse aiutare, ma non riuscii a esprimere una sola parola. Qualsiasi cosa pensassi di dire mi sembrava stupida.

<<Vado a prendermi un caffè.>> Disse Julian avvicinandosi a Eve e dandole un bacio. <<Torno subito.>>

<<Noi ci vediamo più tardi, ok?>> La osservai annuire e sorridermi dolcemente.

Feci qualche passo indietro e restai con lo sguardo fisso su di lei, prima di darle le spalle e uscire dalla stanza seguito da Julian.

<<Blake?>> Mi chiamò il ragazzo. Quando mi voltai verso di lui mi presi qualche istante per osservarlo meglio. I suoi capelli biondi erano sparsi ovunque, come se non si fosse pettinato e il suo pensiero fisso della giornata fosse stato venire qui da Eve. Aveva le occhiaie, profonde. Sembrava non dormire da un bel po'. Si poteva notare quanto fosse stanco, quanto stesse male per lei, quanto si sentisse inutile per la situazione in cui si trovava. Non c'era nulla, in tutta onestà, che potessi dire per incoraggiarlo a non mollare. Perché potevo soltanto immaginare come si sentisse in quel momento. <<Posso rubarti qualche minuto?>> Chiese.

Mi avvicinai a lui con le mani in tasca e annuii, confuso. <<Certo, dimmi.>>

<<In tutta sincerità...>> Cominciò a dire. Sembrava molto incerto sull'esatto discorso da fare e le esatte parole da utilizzare, ma alla fine prese un respiro profondo e tornò a guardarmi negli occhi. <<Tu come la vedi?>>

Mi mordicchiai l'interno guancia e trattenni il respiro qualche secondo. Non mi aspettavo quel tipo di domanda. <<Io...>> Roteai gli occhi e li posai sul soffitto. <<Non so se...>>

<<Ti prego.>> Mi supplicò. <<La vedi più di me, la vivi più di quanto lo faccia io al momento. Ti prego, dimmi la verità. Ti supplico. Io ho bisogno di sapere qualcosa di più.>>

<<Forse sarebbe meglio se quel caffè ce lo prendessimo veramente. Vieni, ti accompagno.>> Lo invitai con un sorriso.

Julian mi seguì titubante, le mani infilate in tasca e l'aria di chi non sapeva più che cosa stesse facendo. Sembrava completamente perso, camminava mordendosi le pellicine delle dita e si guardava attorno quasi fosse turbato ma senza sapere esattamente la ragione per cui lo fosse.

Prendemmo il caffè e, dopo qualche istante di silenzio in cui lo osservai un po' meglio, gli feci un amaro sorriso. Aveva gli occhi lucidi, tratteneva le lacrime, e le sue labbra tremavano. Mi resi conto che doveva essere quella la ragione per cui non parlava, era sul punto di piangere.

<<Da quello che vedo, sono giorni che non mangia.>> Gli dissi dopo un sorso di caffè. <<Ci sono delle volte in cui riesce a sgranocchiare qualcosa. Magari un pochetto di pasta, oppure una forchettata di insalata. A volte mangia la colazione, salta il pranzo, ma almeno la colazione la fa. Della cena, non ne vuole proprio sapere.>>

Julian alzò gli occhi su di me e fu lì, proprio in quel momento, che portò il viso al cielo e si abbandonò alle lacrime. Non mi sarei mai aspettato che si mostrasse così fragile davanti a me che, dopotutto, per lui non ero altro che uno sconosciuto.

<<Mi dispiace io...>> Arricciò il naso mentre si asciugava le lacrime. Tornò a dedicarmi il suo sguardo, gli occhi azzurri ormai arrossati dal pianto. Julian aveva l'aria di essere una persona tanto pura e genuina. Era sempre stato gentile con me, nonostante percepissi dell'ostilità nel suo sguardo, talvolta. Credevo mi studiasse e cercasse di comprendere che tipo di rapporto ci fosse fra me e la sua ragazza ma, anche se così fosse stato, non ne aveva mai fatto parola e non aveva mai affrontato direttamente l'argomento. Almeno non con me. <<Non volevo piangere in questo modo, è solo che a volte proprio non ce la faccio.>> Continuò poi. <<Quindi non sta migliorando?>>

<<Julian io non credo che...>> Scossi il capo e distolsi lo sguardo. Mi sentivo a disagio al pensiero di doverglielo dire io, non avrei voluto farlo. Poi lui posò la mano sulla mia spalla e strinse con forza. Stava piangendo di nuovo. I suoi occhi sembravano un mare in tempesta per quante lacrime stesse versando. Mi pianse il cuore, a quella vista. La disperazione di Julian la percepivo fin dentro le ossa. <<Non dovrei essere io a parlartene. E poi, non sono il suo medico.>>

<<Blake, ti prego.>> Mi supplicò. <<Lo sai che i medici non mi dicono niente. Il fatto che sia il suo ragazzo per loro non significa nulla. Devo affidarmi a ciò che mi dice lei. E non credo che sia lucida. I suoi genitori non vivono qui a Los Angeles, penso che tu lo sappia, vengono quando ne hanno la possibilità. Per favore, dimmi qualcosa di più. Ti prego dimmi che ha preso almeno un etto, che tu la vedi un po' meglio. Perché venire qui e trovarla in queste condizioni per me è una tortura. Io ho bisogno di sapere.>>

<<Adesso non sta bene.>> Sospirai. <<Guardandola adesso ti direi che non ha fatto passi avanti. La scorsa settimana è andata bene, ha preso un etto. Ma da quando l'ha saputo ha smesso di mangiare di nuovo, almeno così presumo. Non mi parla, non mi dice quello che le passa per la testa. Vorrei che tu sappia che il fatto che io la viva ogni giorno non implica che lei con me parli. Prima che arrivassi tu mi ha addirittura cacciato dalla stanza invitandomi a portarmi via il piatto. A volte mi sembra stia migliorando, ma a volte come in questi ultimi giorni sembra proprio di no. Mi rendo conto quanto debba distruggerti e mi dispiace davvero tantissimo quando ti vedo soffrire in questo modo.>> Gli dissi in conclusione.

<<Il fatto è che non posso farmi vedere da lei in queste condizioni, le causerei solo ulteriori danni. Quando ha accettato di venire qui, la prima cosa che ha fatto è stata chiedermi se io sarei stato bene a casa senza di lei.>> Mentre terminava il suo caffè, mi accompagnava verso la mia stanza, poco dopo quella di Eve, e chiacchierava con me con lo sguardo perso e immerso nei ricordi. Non era passato poi così tanto tempo dall'ingresso di Eve al centro, ma sembrava che per Julian fosse passata un'eternità. <<Le ho risposto che me la sarei cavata. Sapevo sarebbe stato difficile, ma non immaginavo fino a questo punto. È sempre stato devastante, fin dal principio, fin da quando ho cominciato a comprendere che avesse bisogno di aiuto. Fin da quando negava di avere un problema, dalle litigate perché non voleva cenare, fino alle bugie che mi raccontava pur di non mangiare. Ho sempre cercato di farmi vedere forte, per lei. Se solo crollassi davanti ai suoi occhi la distruggerei. Tante volte l'ho sentita pronunciare la parola "scusa", tante volte mi ha guardato negli occhi piangendo e ripetendo che le dispiacesse. Per questo cerco di sfogarmi quando lei non può vedermi. Ma a volte è più difficile, come oggi. Vorrei solo vederla tornare a sorridere, mi basta questo.>>

<<Succederà.>> Voleva essere una promessa la mia. Lo avrei aiutato a far sì che accadesse. <<Tornerà a stare bene. Uscirà da qui e sarà felice, vedrai. È una guerriera, lei ce la farà. Non perdere la speranza e non far sì che questo male riesca ad abbattere anche te. Cerca di lottare con lei con tutte le forze che hai e vedrai che starà bene. Te lo prometto.>>

<<Grazie, Blake. E scusami se mi sono sfogato con te.>> Mi sorrise con gli occhi lucidi.

Capivo perché Eve lo amasse, lo capivo sul serio. Era davvero una persona dal cuore d'oro, non avevo mai incontrato in vita mia qualcuno come lui, o come Eve. Ero convinto che la chiave per tornare a stare bene stesse proprio in Julian, nei suoi piccoli gesti e nell'amore che provava per lui.
Lo vedevo da come si guardavano quanto si amassero e che fossero legati da un sentimento unico e molto profondo.

Eppure c'era una parte di me, chissà quale e quanto importante, che provava invidia nei confronti di Julian e desiderava essere al suo posto.

Una volta giunti dinanzi alla stanza di Eve lo guardai entrare e chiudersi la porta alle spalle, nel silenzio. Sentii la voce di Eve, subito dopo. La sentii dirgli quanto fosse felice di rivederlo e di poter passare il pomeriggio e la serata con lui. E sentii Julian risponderle che le fosse mancata.
Qualche istante dopo calò il silenzio, sentii solo il vociferare lontano del televisore.

Prima di lasciare il corridoio però mi ritrovai ad avvicinarmi lentamente alla porta e sfiorarla con la punta della dita. Posai la fronte sul legno e chiusi gli occhi trattenendo il respiro, accorgendomi solo in seguito che stavo piangendo.
Mi sentii morire quando udii la risata di Eve, al punto tale che mi costrinsi ad allontanarmi e andarmene.

Vorrei solo farti sorridere come fa lui, pensai.

Spazio paycho ilary:

Haloaaaaa

siamo arrivati al primo face to face tra Julian e Blake 💃🏻
cosa ne pensate?

inoltre, ora che siete nella testa di Blake da un po' di più, cosa pensate di lui? vi piace come personaggio oppure no?

fatemi sapere 🪽

see u next week
love u always

ila
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