Nineteenth Chapter - Highway to Hell
ottobre 1941*
La ruota anteriore della Mercedes Benz nera selciava la mulattiera che conduceva a Small Heath, il boss gitano era di ritorno dall'hotel londinese in cui si era intrattenuto per tutta la notte con l'ennesima donna di turno e per l'ennesima volta, Gina Gray nonchè la moglie di suo cugino ormai defunto.* Non era la prima volta che la incontrava, tuttavia, l'uomo non smetteva mai di stupire per quanto perfido fosse.
Perfido quanto affascinante, dentro alla sua divisa in tweed che mancava poco però per essere sostituita con qualcosa di ancora più forte e malvagio ma alquanto, altrettanto più "in". Quell'auto era nuova di zecca, lucidamente metallizzata e brillante, decisamente bella.
Eppure non gli era costata neppure uno scellino dato che faceva parte della nuova "azienda" criminale, lo era certamente assai più della prima. Aveva messo lì per lì qualche soldo da parte ma partiva tutto da quella società, era come se il nazismo gliela avesse regalata ed era come se quest'ultimo avesse fatto tutto al posto suo ma proprio di tutto, per lui.
Solo o meno che fosse, tutti i componenti avevano un modellino da sfoggiare oltre alla donna da recare con sè. Erano più di una in realtà, sia le donne sia le vetture da mostrare in prima fila ai più stuzzicanti momenti di gala che il più delle volte erano intrattenuti dal Reich.
Ma la Bugatti, che razza di fine aveva fatto quest'ultima? L'aveva donata a sua volta o l'aveva venduta?
No, niente di tutto questo. Niente affatto, tuttavia, la possedeva ancora.
Semplicemente la esibiva di meno, la tedesca valeva di più. Giunto dinanzi alla porta di casa, accostò il mezzo vicino al marciapiede.
Girò la chiave e questo adesso ormai giaceva a motore spento poco più in là. Aprì la portiera e sistemò il famoso berretto che non l'abbandonava mai, non per ora, almeno.
Prima di accedere alla dimora, le sue membra come il suo sguardo vennero come pietrificate improvvise. Lo erano sempre ma adesso ancora di più, la scena apertasi là dinanzi era quel che più non si aspettava ma forse tuttavia in qualche meandro remoto della sua mente cercava.
Forse non per ora, non dopo il recente amplesso appena verificatosi di lì a poco. Zelda era lì, a pochi passi da lui ed era tornata, come sempre finalmente e anche lei si accingeva nel darsi al rientro.
Bella come sempre o forse ancor di più, dentro a quei panneggi di calda flanella che il suo corpo fine indossava. Aveva una camiciola bianca e una gonna a ruote ritraente lo stile a quadri inglese, questi erano marroncini e le righe erano beige, simile a un plaid per cagnolini piuttosto raffinati.
Un paio di decollété lucide cipria ne completavano il vestiario, tutto particolarmente perfetto. Un rumore secco e improvviso lo riportò alla realtà, guardò alla sua destra ed era Arthur, anch'egli era tornato alla base.
Questi aprì totalmente lo sportello dell'auto e scrollò la spalla del fratello, sghembo e di già fradicio.
"Fratello, cazzo... guardi ancora quella là, te lo si legge negli occhi..." egli ripensò alla notte, ormai lontana ma ancora vivida e che tuttora lo raggelava, ci riusciva anche adesso sotto un sole timido che tuttavia prendeva e forse era la sola cosa positiva che il mondo a quel dunque esatto ammirava.
"Cazzo, Arthur... zitto che ti sente e poi quella là, è mai possibile che anche in periodi brutti come questo... un periodo di guerra te ne vai così conciato? Tutto sbronzo..." fece la stessa mossa e con l'altra mano gli levò lo scotch di mano "Basta con questo, abbiamo capito?" terminò poi.
"Sbronzo, sbronzo e tu il solito stronzo, coglione... idiota, senti... ho visto Linda, lo sai? Fanculo a quella là, mi deprime ancora..." piagnucolava adesso.
"Ah, si... cazzo e che faceva?" chiese poi Thomas, la fronte tutta aggrottata.
"Là, al palombaro... in quella cloaca di merda a cielo aperto, per così dire... quello è più fottutamente chiuso e putrido di quella, più di qualunque fottuta cosa... più invecchiata ma ancora bella..." il tono era sempre quello, gesticolava strappandosi i capelli.
"E ti ha visto..." venne interrotto da un cenno di negazione, i suoi occhi non si fermavano mai.
"Visto? Visto, cazzo... no..." balbettava come il suo solito "Indossava un abito violaceo in velluto e delle scarpe bordeaux lucide..." la descriveva con gli occhi languidi per via della stessa e più piena melanconia che mal celava.
"Perfetto, adesso io devo andare..." scese dal mezzo con una nuova pacca sulla spalla dell'altro che presto si scostò per lasciarlo passare, il suo più immancabile fare smorzante non ammetteva repliche.
"Ci si rivede in questa cazzo di casa, eh?" il suo fare era teatrale.
"Si, sono venuto per prendere alcune cose... le ultime, prima di andare... via, prima di partire..." sbuffò.
"Andare, via... partire, per quale fottuto dove?" ripeteva.
"Deutschland, anzi Poland... Buchenwald..." glielo si leggeva pienamente in faccia ad Arthur che non aveva capito un accidenti di quello che gli era stato appena detto, l'espressione aggrottata.
"Per dove, cazzo... fratello, io non sapere e capire niente di questa lingua ostrogota..." sbuffò a sua volta, la voce ancora più roca e vellutata del dovuto.
"Già, giusto... tu avere fatto poca scuola, certamente non qui... dunque, che importa? E poi quello che chiami tu ostrogoto non è ostrogoto ma tedesco, bello..." un'altra pacca e prese la via di casa.
Un rumore secco e il portone si aprì, uno ancora più deciso e adesso era completamente spalancato, il tizio in tweed entrò e l'altro lo seguì.
Ci sarà una guerra in famiglia e uno di voi morirà!
La voce della zia risuonava ancora nello spirito di Thomas, cercava di non badare a quelle parole ma non era per niente facile darsi a questa missione.
"L'odore di Polly, lo avverto ancora... cazzo, fratello... lo senti anche tu?" Arthur ruppe il silenzio prima instauratosi improvviso, all'altro veniva d'annuire ma freddo prese la via della sua stanza.
Salì le scale ancora più malconce di un tempo, si vedeva che quella casa era stata abbandonata. E chi se ne poteva mai più importare di quella fatiscente dimora dato che tutti i rimanenti della famiglia Shelby si erano dati a miglior vita?
Forse i più sempliciotti di sempre erano rimasti solo in due ed erano proprio loro, Arthur e Finn anche se quest'ultimo era completamente uscito dalla circolazione. Tuttavia, era l'unico dei cinque a cui il matrimonio era retto, data la vedova e il morto, per finire i restanti erano entrambi separati.
Intanto dall'altra parte della città oltre che dell'Europa, un'altra guerra di nuovo incombeva. Pochi i tetti rimasti intatti per le vie di Birmingham e Londra, Bromsgrove Street a Digbeth era stata completamente rasa al suolo mentre Covent Garden neppure si rammentava più.***
Anche Moseley era di ritorno in patria dopo aver soggiornato a lungo per i vari lager non ancora "inaugurati". La ruota anteriore della sua BMW andava di tutta corsa, il rombo era la sola cosa prettamente udibile dentro e fuori l'abitacolo rigorosamente pregiato.*
Erano come sempre tutto di un tiro, la sua auto prima e poi lui, l'uniforme nera e la fascia rossa al braccio destro puntualmente osannante il fatidico simbolo del Reich, svastica nera su quadrante bianco spiccava su ogni cosa.
La guerra dilaniava, tuttavia, era dappertutto. Le mani sul volante e una guida raffinatamente incalzante fatta proprio per esibirsi era tutto quel che di più là dinanzi si poteva notare, il sigaro al lato del labbro baffuto ne completava il corrente quadro appena stampato.
Giunto alla BSA, scese dal mezzo alla ricerca di chi sapeva già. Un paio di militari tedeschi ma di minore visibilità.
Trovati questi, ordinò loro di girare dall'altra parte della fabbrica che ormai non era altro che l'ennesima sede anglo-irlandese del Reich. Tuttavia, era proprio in quel punto che si trovavano parcheggiati gli innumerevoli Tank che servivano al piano ribadito dal Mein Kampf.
"Schnell, Raus... gehen wir, Direktion... fahren wir nach Small Heath! Presto, dai... andiamo, direzione... partiamo per Small Heath!" sputò, il suo accento ariano gli calzava tuttavia alla perfezione nonostante la sua provenienza fosse non del tutto di quel luogo lì.
"Ja, Hauptsturmbahnführer Moseley und Heil Hitler... Si, Maggiore Moseley e Heil Hitler..." risposero risolutamente in coro, il braccio destro sollevato raffigurante un angolo a più di novanta gradi e il saluto romano di certo non poteva mai mancare, l'altro smorzò subito la scena.
Il passo dei tre era sostenuto, il mezzo verde scuro era pronto a partire. La campagna inglese scorreva attorno ai soldati veloce come la pellicola di un film. Sembrava la versione macabra del primo assoluto nella storia.
Il treno alla stazione di La Ciotat, questo era il titolo dell'opera che andò in onda per la prima volta su maxischermo nel non poi così lontano 1890.* Eppure lì non v'era alcun treno e alcuna stazione a dare conforto a chiunque avesse alloggiato nel vano che si diramava dietro quel mezzo.
Là vi era semplicemente un carro carico di morte, un carro in teoria per bestiame ma che non avrebbe mai recato bestiole o meglio si, bestiole secondo il "credo" nazista ma che non erano vere bestiole ma solamente carne umana e in teoria ugualmente da macello in realtà. Comunque sia stato, la fine che avrebbe fatto sarebbe stata grosso modo sempre la stessa.
Questa, la triste verità. Non ci volle assai per arrivare ai quartieri irlandesi della città, il carro si arrestò e i nazisti scesero tutti dalla parte anteriore del mezzo, aveva solo tre sedili e il che bastava per tutti quegli uomini.
Intanto, Thomas era di già bello e pronto, anche lui nella sua divisa nera come gli altri che trafficavano aldilà della porta. Il rombo del veicolo era particolarmente assordante, giunse all'orecchio di Thomas e si voltò, il carro si era fermato e i tre si erano di già spinti in strada, l'uomo si gustava fermamente attento la scena.
"Pezzo di merda..." mormorò a denti stretti e si allontanò.
Intanto la ragazza era di già giunta a casa, accese il camino in stile georgiano che era il solo a imbandirne al più la scena e da inglese pura qual era preparò del tè.
"Heil Hitler!" il braccio teso del brunetto dagli occhi di ghiaccio rivolto verso lo specchio erto dinanzi alla finestra più grande della stanza, aveva giurato fiero: anche per lui il momento era arrivato e ne era pienamente a conoscenza di ciò, poi un tuonare improvviso.
"Ehi, finiscila... Arthur o cazzo..." le urla tedesche gli fecero cambiare tono ed espressione, al che si dileguò.
Non ci volle assai per Shelby a capirne tutto che anche lui si gettò repentino in strada ma certamente fu troppo tardi, il mezzo aveva già svoltato a sinistra e anche il moro sapeva benissimo per dove.
"No, questa me la pagherai... Oswald e cara!" sentenziò passandosi le mani sul volto prima e poi tra i capelli, si mise in ginocchio per via della più commiserata disperazione che gli attraversò il corpo.
Persino la sua fronte si fuse con la polvere concimata e nauseabonda di Small Heath, il grigiore giallastro della sua sigaretta era un tutt'uno con l'humus che adesso li abbracciava. Quel rumore l'aveva percepito anche la ragazza che non ebbe neppure il tempo di porre termine al suo break per via di quei tre maledetti crucchi che le apparvero improvvisi dinanzi agli occhi.
"Schnell! Forza!" gridava Oswald, anche questo venne captato dall'ex boss, la ragazza venne strattonata con la massima veemenza, afferrata alla meno peggio violentemente dal braccio e persino la tazza che fino a quel momento recava per mano finì per terra in mille frantumi, venne trascinata in strada.
Molti i vicini che assistettero alla scena, al di là di tutti coloro che di già ne riempivano il vagone posteriore al mezzo della loro malcapitata sciagura.
"Gli zingari?" chiese uno dei militi che lo accompagnavano.
"Eh, uff... quelli purtroppo mancano, chissà se verranno dopo magari un altro tentativo certamente lo farò come passerò più tardi... ma si, dai... ci tornerò, tentar non nuoce o no?" gli altri annuivano, il bello fu che il burlone di Oswald venne proprio umiliato.
Altro che se non c'erano, Arthur ci mise un po' a capir tutto ma alla fine si beffò spietatamente della scena. Ridacchiava senza tregua al di là del vetro della finestra più importante del vano di sotto.
"Oswald, baciami il culo perchè io ci sono..." ridacchiava ancora.
"Arthur..." lo fulminava Thomas nel frattempo che era di già giunto lì.
"Pare che ho paura di lui? Ma taci, cazzo... Tommy, una buona volta scendi dal piedistallo... guarda, te lo chiedo... per favore!" lo pregava con il musetto buffo il fratello maggiore "Ma scusa poi, fratello... sei già arrivato, hai fatto tutto? Cazzo, cosa?" terminò a occhi sgranati come lo vide più chiaro, era esattamente così.
Thomas recava con sè l'alta uniforme nera dell'Hauptsturmbahnführer, la medesima dell'uomo baffuto là fuori la porta. Tuttavia, il suo particolare stato da eterno egocentrico fiero non lo abbandonava mai.
"Sali, che poi non finisce qui tra noi due... sai?" aggiunse Oswald poi rivolgendosi alla ragazza, ella lo riconobbe eccome "Jetzt, können wir gehen... Adesso, possiamo andare..." ordinò infine rivolgendosi agli altri due e al che anche quei sparirono di scena.
Scrittrici dall'Inferno:
Stavolta, ho aggiornato prima e mi è uscito più grande! Dunque, come va? Premetto che le cose si fanno più tese ma mai come me in questo periodo un po' particolare per la dannata ansia che mi attanaglia ed è peggio di un peaky blinder o di un nazista, di uno houthi o chissà cosa e ridiamo che è meglio, va! Quindi, come vedete è proprio vero che vengo dall'inferno, ahimè! Come vedete, la geopolitica nonostante tutto non mi molla mai anzi lo studio per me è l'unico conforto dinanzi a tutta questa "post-lockdownite" che mi ha presa ultimamente qui! Comunque, torniamo a noi!
*Allora, innanzitutto questa è una data importante per la storia, una data alquanto reale. É la data in cui iniziò il rastrellamento prima e le deportazioni poi nonchè la Shoah. Diciamo che io mi riferisco più che all'Inghilterra alla Polonia ma comunque con questo prendo tutta l'Europa, lasciando ovviamente stare l'Italia che è ancora alleata secondo quello che sancisce il famoso patto d'acciaio che dà il via ai famosi paesi dell'asse Roma-Berlino-Tokyo. Hitler non vuole tradire un amico come Mussolini e quindi lascia stare, Mussolini neppure fa tanto il passo da gigante ma si limita solo alle leggi razziali o almeno per ora perchè sarà dopo l'8 settembre del 1943 che inizierà anche per noi il vero calvario o meglio c'è anche qui ancora una data e sempre autunnale, ottobrina anche qui per l'esattezza. Quella detta poco prima, che segue il 15 luglio dello stesso anno ovvero la data della caduta del Duce, è la data dell'Armistizio ovvero quando noi guidati dal Generale Badoglio passiamo dall'altra parte, alla resistente e partigiana, lottante offensiva ovvero dalla parte degli Alleati e contro il nazifascismo. Intanto era iniziata la liberazione dell'Italia che si concluse o almeno per ora con la riduzione dello stato fascista al nord con la fatidica "Repubblica (per così dire) di Salò. Ora la data di cui vi volevo tanto parlare è quella del 16 ottobre 1943 così chiamata come tradotto dall'ebraico "sabato nero". Siamo a Roma, quartiere ebraico nonchè a ridosso dell'Isola Tiberina e del Testaccio, tra la Farnesina ma anche Campo de' Fiori e Borgata San Lorenzo, un po' più sotto del Pantheon e non così distante potremmo dire dal centro. Ora questa data, ancora oggi ricordata e come dimenticarla specialmente adesso che sembrerebbe ricominciare un'altra volta più a est, sta a indicare l'inizio della fine per il quartiere ebraico romano. É da qui che comincia il rastrellamento per questi giudei di Roma e poi poco più in là inizia la deportazione. Ora il numero complessivo degli ebrei deportati di religione ebraica nel periodo dell'occupazione tedesca di Roma fu di 2 091 (dei quali 1 067 uomini, 743 donne e 281 bambini). Alla fine ne tornarono solo in 16 (15 uomini e 1 donna).
*Certamente che già esisteva quest'auto e l'ho scelta per far capire che è divenuto nazista a tutti gli effetti, l'avrete sicuramente di già notato in precedenza con l'ultima stagione della serie tv ma ovviamente parlo per chi l'ha vista.
*É una vera via di Birmingham laddove oggi potrete visitare l'unica baracca rimasta di tutta la città che oggi è museo e B&B in una casa operaia di quell'epoca anzi addirittura anche più antica dato che è una delle prime, lo si nota di già dalla pianta della costruzione che risale all'epoca georgiana e nonchè della prima rivoluzione industriale, dobbiamo ricordarci che, come oggi è la seconda capitale del Regno dopo ovviamente Londra, all'epoca era sempre la seconda culla dell'industrializzazione dopo la non così distante Manchester.
*Questo è il quartiere che la ospita, un quartiere all'epoca malsano sorto subito a ridosso del centro della città ed era una zona abitata dai gitani, oggi abbastanza centro-residenziale e più rispettabile ma, comunque nonostante la mimica cittadina sia stata completamente rivoluzionata, quella zona conserva ancora il suo aspetto boho di allora. Durante il WWII anche questa fu una delle zone più colpite della metropoli delle West-Mid-Lands. Poco fa ne guardavo le immagini di entrambe le città ed è stato un colpo al cuore visti i medesimi tempi. Londra appariva praticamente come una Kiyv (io sono vicina all'ucraina e per me merita di essere chiamata così ovvero secondo la lingua di questa nazione altrettanto flagellata dalla nuova criminalità nonchè la medesima d'allora) o una Gerusalemme di oggi, la città più dilaniata dalla guerra.
*Covent Garden, quartiere londinese famoso per la sua raffinatezza ed elegante mondanità, è un quartiere culturale oltre che italiano e anche questo fu uno dei siti su cui i raid tedeschi si accanirono senza pietà.
*Anche quest'auto esisteva e vale la stessa cosa della prima.
*É il titolo del primo film in assoluto della storia del cinema edito come lo stesso dai famosi fratelli francesi dal cognome di Lumière. É ovviamente un cortometraggio di appena dieci minuti (in occasione di questo posso dirvi che mi sto interessando altrettanto alla sceneggiatura) risalente al 1890. La pellicola è certamente in bianco e nero, muto.
Sopra c'è una foto vera ed è Londra dopo un bombardamento, ho scelto proprio questa anche se vederla adesso è un colpo al cuore ma era per farlo vedere anche a voi. Comunque, ha proprio ragione Cillian che viviamo tuttora nel mondo di Oppenheimer. Infine, la musica scelta è Highway to Hell (Autostrada verso l'Inferno) degli AC/DC che si sposa proprio bene con il carro crucco che avanzava verso un punto di non ritorno.
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