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Fifteenth Chapter - Words

1935

Da quella notte passati or sono ben undici anni e nessuno oserebbe mai immaginare quante ne siano capitate dopo quelle ore tribolanti tra nuvole e lenzuola. C'era chi la passò al chiaro di luna come Zelda, per esempio, a scrivere rinchiusa ancora che era nello studiolo del Garrison Pub prima di rincasare, chi come suo padre a copulare con la donna più voluta di tutta Birmigham e che aveva un nome ben preciso, da rispettare.

Quella donna era Polly Gray, anch'essa nata Shelby come colui che invece sfogò tutto con la prima prostituta di turno incontrata in un locale a luci rosse e non solo perchè era nel quartiere cinese della città. Certamente, l'uno o l'altro che sia, alcuno dei due trascorse quei momenti nel migliore dei modi e nel letto in cui desideravano tanto riposare.

Zelda fissava quel plenilunio nascente tra le nubi inglesi dalla finestra di quello studiolo, lo faceva anche il padre dopo le mille capriole nel letto della sua amata. Tommy, invece no.

La stanza in cui la pechinese lo ricevette era una camera da letto cieca, completamente senza finestre. Era una casa di tolleranza piuttosto rispettabile, di lusso e dai più svariati colori che i mandarini di solito usavano in ogni cosa, che creavano con le loro stesse mani da veri laboriosi e operatrici.

In quello stesso bordello, vi era stato anche l'Ispettore Campbell, ai tempi di vita che gli furono. La donna era la stessa, profumatissima da capo a piedi e con i capelli nerissimi, lunghissimi e liscissimi più della seta, la stessa che tanto lavorava e quanto indossava.

La luna, in qualche modo, ispirava i due ma in effetti anche il Conte Walsh si mise a scrivere non appena terminato di operare. Era adagiato su quella seggiola che ne completava l'angolo di bellezza, ricurvo su di un foglio lasciato delicatamente sulla toletta della donna adesso in preda a Morfeo.

Era un biglietto, la calligrafia e la stilografica lasciavano un certo segno che al risveglio negli occhi neri della donna avrebbe recato un certo effetto. Lo faceva, l'avrebbe fatto a chiunque e per non parlare di quel profumo di colonia che l'accompagnava poi, ne inebriava persino la terra.

Era così che l'uomo andava in giro ma quella sera aveva proprio esagerato, i capelli scompigliati dall'amplesso lo rendevano ancora più affascinante del solito. Le ciglia nere socchiuse ne mal celavano un paio di iridi chiare, anche queste perfette.

Chiunque avrebbe detto si trattasse di Tommy se non fosse per la capigliatura alquanto diversa, opposta. Kirk era riccio e con un capello lungo, un paio di ciuffi ribelli solitamente gli piovevano lungo i lati di un volto rude ma altrettanto raffinato.

Era stato forse un poeta, ai tempi londinesi che furono e glielo si leggeva chiaro in volto, sulle labbra e nella scrittura, in tutto.

"Adesso devo andare!

Ancora baci,

tuo Kirk comunque e per sempre!

p. s. Stammi bene!"

Si rivestì, da nudo che era e inforcò la strada di casa. Da quel giorno in poi si rividero ancora e poi ancora, la donna risvegliatasi, cercava il suo uomo invano.

Le sue mani ormai mature carezzavano il suo cuscino sicura di trovare il suo volto ma trovarono qualcosa di strano. Come aprì un occhio, ritrovò un bigliettino e la famosa scritta, sospirò sempre col sopracciglio alzato.

"Ah, Kirk!" non smetteva alquanto di replicare.

Pigramente, si levò dal letto e diede inizio la sua solita giornata di sempre, ovviamente con una bella tazzina di caffè caldo. Fuori c'era un freddo cane tremendo che si moriva.

Da quel dì ne successero di cose. La loro storia durò a lungo ma non così tanto come speravano poichè una sera di solo otto anni dopo la zingara di Small Heath dovette passare a miglior vita, ella stessa a cui tanto credeva.

La Madonna Nera che tanto pregava se la portò con sè nel migliore dei cieli comunque sia. Era morta di crepacuore, non digeriva l'ardua situazione che si era instaurata tra il nipote e il figlio stesso, ahimè perchè era esattamente così che le cose andarono e tra loro purtroppo.

Le strade dei due si divisero fino a spezzarsi completamente in un gelido mattino dell'anno dopo. Thomas era giunto a Boston giusto per porre fine alla tanto breve quanto intensa e famigerata vita di Michael.

Fu così che giunse il giorno del suo funerale. Come niente fosse, come sempre.

Arthur se ne stava lì, come il solito accomodato sull'interminabile divano in pelle Borgogna che occupava gran parte del privé del Garrison Pub. I gomiti adagiati sul lungo tavolo che si ergeva quasi del tutto indisturbato ivi dinanzi se non fosse per il suo aspetto ormai fradicio da un pezzo di già, l'ennesima bottiglia scolata in un solo sorso o poco più, le sigarette e poi c'era di nuovo lei, la neve e tutto abbandonato lì, pronto a decorarne il piano.

Il Birmingham Dispatch aperto tra le mani da vero veterano di guerra quale un tempo era stato e presto lo sarebbe tornato anche se lo ignorava, almeno per ora. Ogni tanto dava un sorso dalla sua boccetta di whisky e al rum dorato che carezzava aspramente il fondo di un bicchierino preso poco dal bancone oltre che la sua gola.

Lui era per le cose forti, il gin, come per ogni uomo, non era affatto di suo gradimento. Un rumore secco lo distolse dalla sua più concentrata lettura, la porta si apriva e ne rivelava la presenza più prorompente di tutto il vicinato.

Senza dimenticare che la pistola era l'ennesima cosa da aggiungersi al resto, tutte cose poco raccomandabili come un vero e proprio gangster qual egli era, tutti gli altri altrettanto eccome se non lo erano.

"Ah, stavo cercando proprio te? Giusto, non te ne importa mai..." bofonchiava nel bicchiere dopo aver dato un repentino sguardo al fratello, occhiata che distolse poi subito e tornava a guardare il quotidiano.
"Di cosa parli, Arthur e poi te l'ho detto sempre che devi stare lontano da certe cose... proprio te che sei proprio raccomandabile, basta... finiscila con quella dannata roba e poi la neve era solo per i momenti di goduria e questo non è uno di quelli, ora e tempo di rimboccarsi solamente le maniche e mettersi a lavoro..." discorreva, la fronte aggrottata e venne interrotto.
"Ha parlato papà, ha parlato... ah, si... giusto, tu sei il capo oltre che il sergente maggiore del cazzo..." borbottava ancora lui.
"Fammi finire, ah... a proposito, di che parla il quotidiano oggi? Hitler..." si passò la lingua tra le labbra e a parte quella l'espressione era sempre là.
"Ma quale, Hitler... certo, dicevo io che non te ne interessava un cazzo..." schioccò la lingua sul palato.
"Ma di chi? Che dici? Che hai oggi, Arthur... parlo con te!" la fronte aggrottata era sempre lì.
"E tu che pensi sempre e solamente agli affari, nemmeno il tempo di mettere sotto terra a quel coglione di tuo cugino che già e aveva ragione Polly, poi... non dire..." bevve di nuovo il liquido giallastro che ne riempiva appena il bicchierino di cristallo, lo mandò tutto d'un sorso giù e il vetro era già tornato vuoto, pulito.
"Beh, ho capito... quando vuoi parlare ne parli, io sono di là..." giro i tacchi rumorosi sul parquet con le mani in tasca ma venne fermato, si leccò ancora le labbra prima di farlo e l'espressione era sempre quella, a quel dunque si voltò.
"Guarda, l'ennesimo libro di quella che era la tua amata è stato pubblicato!" era ironico mentre lo sviscerava, l'altro indietreggiò a quel punto solo poi e lo sguardo piovve sulle stesse scritte che il fratello maggiore gli aveva mostrato, era tutto chino e le ciglia folte, lunghe e nere, il volto sbarbato e al che sospirò.

Cazzo!

Era proprio questo che bisbigliò tra sé, digrignando i denti con una mano si passò i capelli all'indietro poi.

"Che ne dici? Nulla, no? Ecco, lo sapevo... ah, ma dai? Cazzo!" Arthur e il suo rumore secco sul tavolo.
"Taci..." fece ancora a suo modo poi lui, adagiò il giornale e girò di nuovo i tacchi, la porta era già aperta e se ne andò.

Scrittrici dall'Inferno:
Praticamente come Zelda e suo padre Kirk, ahahah... sto a scherzare, adesso... comunque, a parte di Arthur che è sempre il solito, oltre al fratello che è sempre di coccio... come va?
Sopra c'è lei con il suo nuovo libro, l'ennesimo e la canzone scelta si rivolge appunto a lei e a costui, alle parole che non smettono di sciorinare mai...











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