Eighteenth Chapter - The dark side of the moon
31 agosto 1939
La sera era già calata, insieme alla medesima estate anch'essa era agli sgoccioli e oltre a esse la pace. Una pace durata vent'anni di lì a poco si sarebbe un'altra volta infranta, una nuova guerra imminente attendeva e gracidava più delle rane che saltellavano tra i vasti ettari di brughiera inglese che circondava la dimora del boss dalle origini gitane.
L'uomo aveva smesso di battere a macchina l'ennesimo documento da recare a Moseley, lì per lì ignaro di tutto e i grilli giungevano al suo orecchio mentre si accingeva a sollevare la cornetta del telefono per rispondere all'ennesima chiamata. La radio era l'altra a blaterare a lungo, Frances l'aveva accesa e danzava a più non posso nella stanza adiacente allo studio dell'amabile primo gangster britannico della storia.
Era un puro caos tra l'armonia stridula e naturale, il trillo dell'apparecchio e la musica americana che decollava. Tuttavia, quella volava senza mai atterrare, lo stesso faceva l'anziana donna seguitata dalla gonna a ruota che leggiadra l'avvolgeva.
Era un vespro caldo di plenilunio, una superluna faceva invidia a qualsiasi altro lucernario. Un'altrettanta notte di stelle cadenti attendeva, un firmamento carico di desideri si sarebbe prospettato anche quel giorno ormai quasi volto al termine e a uno nuovo che si appropinquava nel suo nascere, ardeva di sogni che però non si sarebbero mai realizzati.
Non per ora, non per quel volto d'Europa che si preparava a percepire disastrosi e ardenti venti bellici sempre più prossimi nell'esplodere, travolgere ogni cosa avessero incontrato nel loro cammino. Una marcia di morte senza tregua alcuna scalpitava più che mai, era più ruggente di un cavallo da corsa e più roboante di una revolver tenuta stretta da una mano di un semplice allibratore, perchè quello non era niente a confronto di ciò che minacciava a quel punto più vivida realtà.
Quel plenilunio non prometteva bene, era come le sirene dell'odissea. Esso più incantava l'uomo più lo corrompeva annientandolo sempre più, con il suo sensuale lato evidente e ancor più con quello nascosto che incuriosiva come non mai, l'aveva sempre fatto.
Intanto, la domestica ancora danzava. Billie Holiday era stata da sempre la sua preferita e non smetteva giammai di impazzire per lei, la musica nera jazz andava prettamente in voga in quegli anni e non solo nel nuovo continente ma ovunque, vellutata qual era e un lamento continuo, esotico più che mai.*
"Ehi, pronto... Cazzo, Arthur... aspetta, Frances e abbassa la radio, cortesemente... merda, aspetta.. fratello..." lasciò la cornetta sulla scrivania in ciliegio e si levò dalla poltrona girevole che era uno dei tanti mobili che ne occupavano il vano "Frances, abbassa..." la sua voce diveniva sempre più flebile, catturato fu da un improvviso cambio di scena.
Adesso non era più la cantante a esibirsi ma il giornale radio a prendere parola.
"Le truppe tedesche si spingono sempre più a est disponendosi sul confine, abbiamo le ore contate!" annunciava il giornalista dall'altra parte dell'aggeggio, il suo ritmo cambiava in tutto il tempo datosi nel mandarne in onda l'edizione straordinaria.
La mimica della donna era incredibilmente sbiancata, si voltò alla sua sinistra solo quando percepì una presenza alquanto stoica. Un classico, da lui.
"Che ne dite, Signor Shelby? Ci siamo..." sospirò la donna tutta allibita e sgomenta, si stirò la gonna e il tale era cieco come non mai, era come se si fosse trafitto la vista con la stessa lametta del suo cappello.
Una sembianza da sordo, totalmente insonorizzato. Tuttavia, ancora una volta lui.
Lo era sempre, i suoi occhi vitrei e gelidi, cerulee iridi di ghiaccio incolore. Una tonalità grigia e uggiosa, più dell'usuale cielo di Birmingham e non solo, del fumo straripante delle fabbriche che ne costeggiano la città.
La sua mascella imperturbabile come non mai e il suo profilo greco prettamente ermetico, chiaramente senza espressione intanto che le sue labbra ripresero a fumare.
"Signor Shelby, parlo con Voi... ci siete, dico... tutto bene?" la domestica schioccò la lingua sul palato preoccupata ancora una volta, scuoteva la mano e l'altro distolse lo sguardo lasciandoselo cadere giù, con una mano afferrò l'orologio da taschino e arricciò il naso, scorse l'ora e schioccò la lingua sul palato a sua volta.
"Si, ci risiamo..." riprese poi senza esitare tanto a lungo e lo sguardo era di nuovo sulla signora, le sopracciglia entrambe sollevate e al che si voltò, se ne andò.
Eppure, quell'uomo non faceva mai capire apertamente come stava.
"Mio amato fratello, razza di coglione del cazzo... quanto mi fai aspettare?" il biondo ancora sbraitava e brontolava imprecando parolacce a non finire, tuonava e bombardava parole perdutamente scurrili senza sosta, l'altro roteava su se stesso paciosamente adagiato sulla medesima poltrona che nuovamente lo ospitava.
"Arthur, porca puttana..." venne interrotto.
"Finalmente, cazzo..." anche questi venne interrotto a sua volta.
"Eh, si... Arthur, la notizia delle merde dei crucchi mi ha distolto i piani..." non riusciva mai a finirne il discorso.
"Cazzo, si... fratello, adesso lo sai pure tu... eh, già... il fratellino sa sempre tutto, modestamente... è l'onnipotente comunque, hai visto? La guerra è ormai decisa..." anche questo non arrivava mai al clou.
"E cazzo, si... Arthur, la guerra è ormai decisa... ah, non trovi? E adesso ti saluto, fratello perchè la battaglia è ormai dichiarata!" sentenziò infine.
1 settembre 1939
"Le truppe tedesche hanno travalicato i confini polacchi, è guerra!" la radio ancora pigiava.
Quell'arnese, tuttavia, borbottava ancora e a tutto spiano. Senza sosta e a voce alta, una nuova edizione straordinaria aveva dato il buongiorno ed era la decisiva.
L'uomo dallo sguardo spento era tutto intento a radersi la barba quando giunse quella voce, era uno dei tanti rituali che lo accompagnavano ogni mattina prima di recarsi al lavoro. La porta del bagno era mezz'aperta, il gitano rivestito di solo mutande e pantofole, Frances era giunta a passo sempre più felpato e discreto tergiversando nell'entrare.
Tuttavia, la donna non sapeva se era il momento opportuno o meno di apparire in scena.
E se il Signor Shelby stesse orinando? No, non è il caso!
Questo continuava a ripetersi arricciando il muso e sorridendo timidamente nonostante fosse tanta la preoccupazione che ormai l'affliggeva.
Oh, cazzo!
Fece la stessa cosa lui scotolando il rasoio nel lavabo, la voce dello speaker arrivò fino a lui.
Cazzo, adesso si che è fatta!
Dopo poco replicava fissandosi allo specchio e asciugandosi il volto, lo sguardo aggrottato e fermo, il tono deciso e lo spirto anelo, stavolta si era di gran lunga superato.*
Scrittrici dall'Inferno:
Ehilà a tutti e scusate se è da tanto che non scrivo ma sono stata impegnata con la scuola, ormai insegno e non ho assai tempo per pensare alla penna che comunque non mi ha mai abbandonato! Eh, si! sono un'insegnante di filosofia e storia, giovanissima visto i miei 30 anni che comunque per me sono sempre tanti e volendo potrei insegnare anche le scienze umane, amo assai la criminologia e la geopolitica come forse già voi sapete che sono anche delle sotto-branche di queste, inoltre. Comunque, che ne dite?
*la prima cosa in corsivo sta a delineare una cantante nera jazz di quel tempo. Non so se tutti sanno come e soprattutto da dov'è nato il jazz. Inizialmente erano canti africani urlati a squarciagola sotto l'afoso cielo del continente nero, quando neppure videro più quei posti deportati che erano stati in una terra nuova e quasi del tutto inesplorata, certamente lo era da loro, portarono con loro anche questo come bagaglio culturale. Una musica sempre nativa ma allo stesso tempo sempre più sofisticata. Ha un po' una nascita simile e al tempo stesso parallela allo stile country, nato anch'esso tra le lande più desolate che si espandevano più a ovest. Un motivo melancolico ricordava la vita di un tempo libera e non di prigionia come quella che vi trovarono al di là dell'atlantico.
*la seconda l'ho tratta dalla poesia di Ugo Foscolo.
La canzone, oltre che ovviamente il titolo che a questa si ispira, è quella dei pink floyd e ho scelto così perchè si sposa bene con una cosa che ho messo nel capitolo mentre la foto è la testata vera del quotidiano inglese del secondo giorno di cui vi parlo.
P. S. oggi, aggiungo: che bello, non ci posso credere! Il mio amore è il migliore attore oscar!
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