𝟞. Pigiama party fallito
"Stai scherzando spero..." sussurra Iris stringendosi nella maglia, per proteggersi da qualcosa di ignoto.
"No. Antoine non ce l'ha fatta..." mugugna lo spagnolo con un filo di voce, insicuro.
Lando resta in silenzio, con le mani in tasca e fissa un punto impreciso per terra. Iris non pronuncia nemmeno una sillaba.
"Domani ci sarà un minuto di silenzio in suo onore. Prima della gara."
Carlos guarda Iris, con la paura di vederla svenire da un momento all'altro davanti lui e di non avere abbastanza riflessi per prenderla al volo. Sembrava così piccola e fragile in quel momento, quella notizia che allo stesso tempo non le riguardava minimamente forse in realtà colpiva ancora e ancora la ferita aperta dentro di lei.
"Scusate... Un attimo." Iris corre, con la mano poggiata leggermente sulla bocca, verso il bagno.
Dopo essersi chiusa dentro, lo spagnolo decide di raggiungerla e bussare alla porta, senza ricevere risposta.
Sente solo il rumore dello scarico, poi del lavandino e dopo del secchio in plastica che si apre e si chiude. Poi la vede, bianca e con lo sguardo spento, aprire finalmente la porta.
Carlos capisce subito e le abbozza un sorriso per spegnere un po' la tensione.
"Hai vomitato." Le dice poi spostandosi dalla porta per farla uscire dal bagno.
Lei annuisce, con il labbro che trema e gli occhi lucidi. Lui la stringe nelle spalle e continua ad accompagnarla per il corridoio, tornando da Lando che li aspettava.
"Tutto bene?" Dice l'inglese preoccupato.
"Più o meno. Ma andrà meglio, vero Iris?"
Lei non risponde e continua solo ad annuire.
Qualche ora dopo i ragazzi sono nelle proprie stanze d'albergo, ognuno per conto suo. Il cellulare di Carlos squilla, distraendolo dallo studio di alcuni dati delle prove e delle qualifiche.
"Pronto?" Risponde sovrappensiero, con gli occhi e la mente sulle carte.
"Amico, sono Diego. C'è Selena qui vicino a me. Come sta Iris?"
Carlos poggia subito tutto, prendendo un grande respiro per togliersi i pensieri dalla testa.
"È in camera sua, sta bene. Se volete sentire lei chiamatela. Se non risponde può darsi che sia in doccia."
"No Carlos. Vogliamo sentire te. Cosa è successo con quel ragazzo oggi? Dicono che è morto un certo Hubert..."
Il tono serio e duro di Diego risveglia i sensi addormentati del pilota. Prende subito il telecomando e accende la TV per guardare i notiziari e si trova davanti la notizia della scomparsa di Antoine.
"Un incidente. L'altro ragazzo coinvolto Correa, è ancora tutto un punto interrogativo ma ha buone possibilità di ripresa per ora. Per adesso... Nient'altro."
"Ti rendi conto? Hai detto a Iris vieni con me, ti faccio stare tranquilla, bla bla bla e adesso vede che gente che fa il tuo stesso lavoro muore per un nulla." Sentenzia quasi urlando Selena, su tutte le furie.
"So cosa vuoi dire ma se Iris sarebbe voluta tornare a casa me l'avrebbe detto, gliel'ho chiesto più volte. Inoltre è grande può andarsene quando vuole, non l'ho certo messa al guinzaglio." Carlos si alza dal letto, scattando arrabbiato.
Non era mica colpa sua quello che era successo, non poteva fare di meglio in quella circostanza.
"Amico, Iris ora come ora non credo possa ragionare al cento per cento. Non è tranquilla, sia a casa ma nemmeno lì con te a questo punto."
"Certo io infatti pensavo a un bel manicomio, con la camicia di forza e una stanza quattro metri per quattro metri. Così è sicuro che è tranquilla da tutto, no?" Sbotta urlando il pilota, senza ricevere nessuna risposta dagli amici.
"Se non affronta la cosa, farà quella fine. Volete sapere cosa ha intenzione di fare? Bene, chiedete direttamente a lei. Non strillate a me che sto facendo di tutto per aiutarla in qualsiasi modo. Se non vi sta bene quello che faccio, vi prego ditelo sia a lei che a me, almeno me ne faccio una ragione una volta per tutte."
"Carlos noi... Siamo preoccupati per Iris, tutto qua." Bisbiglia Diego.
"Soprattutto io." Sussurra poi Selena.
"Beh allora se non scaricate tutta la vostra preoccupazione su di me mi fareste un bel favore. E adesso, se volete sapere il punto di vista di Iris, chiamate lei, visto che non è una bambina di undici anni e può rispondere autonomamente. Buona serata, ciao."
Chiude acido la chiamata Carlos, senza aspettare risposte. Butta il telefono sul letto e si porta due dita tra le sopracciglia, cercando di calmarsi.
Prima l'avevano criticato per essersi allontanato troppo da loro mentre adesso che stava facendo i salti mortali per starle il più vicino possibile, non andava bene ugualmente.
Sente una persona aprire la porta ma non si preoccupa di farsi vedere tranquillo, non ci riuscirebbe comunque.
Iris varca la soglia della porta, cauta e incerta.
"Ho sentito per sbaglio la telefonata e ho appena risposto a Diego e Selena che voglio rimanere con te e Lando, con il team."
Carlos squadra l'amica, ancora con un'espressione provata sul viso dalla telefonata di poco prima.
"Mi dispiace che tu stia passando tutto questo per me e... Ti ammiro. Io non avrei fatto questo per me. Non me lo merito."
"Iris..." cerca di intervenire lo spagnolo mentre si avvicina.
"E non riuscirò mai a dirti grazie come si deve, sei un amico fantastico e mi pento di quello che ti ho detto quel giorno davanti alla lapide di mamma... Al cimitero."
"Iris. Adesso non pensarci più, ok? Ora sei qui, circondata da persone che ti vogliono bene e ti proteggono, puoi fidarti di loro, e di me in particolar modo. Sai che le promesse le mantengo sempre io, no?"
Finge di fare il gradasso, staccandosi dall'abbraccio con Iris e facendola ridere di gusto.
Qualcuno bussa alla porta e non aspetta nessun permesso per entrare.
"Ciao ragazzi, non vorrei dirvi nulla, ma il boss si lamenta del fatto che siamo ancora svegli."
Carlos allarga le braccia scocciato, in risposta all'affermazione del compagno di squadra.
"Lando, puoi dirlo che ti sentivi solo e volevi stare solo un po' con noi. Non c'è niente di male."
L'inglese fissa gli amici, titubante, poi arrossisce improvvisamente.
"Non è possibile che mi becchi sempre però. Comunque ho portato le patatine!"
Allunga una mano con tre pacchetti, ancora con metà corpo nascosto dietro la porta della camera di Carlos.
"Hey questa casa non è mica un albergo." Borbotta Carlos facendolo entrare e facendo spazio sul letto per i suoi ospiti.
"Ma questa volta è davvero un albergo." Ridacchia Iris, sedendosi poi sul letto con i piloti della scuderia inglese.
Il tempo era volato velocemente fino alla mattina seguente, ognuno si era risvegliato nelle proprie camere dopo aver fallito miseramente un tentativo di pigiama party.
L'atmosfera nel circuito e tra le persone si era fatta pesante nel momento in cui avevano varcato i tornelli d'entrata.
Sembrava mancare qualche pezzo, qualcosa rompeva l'armonia di sempre: quello che per la prima volta sembrava un paddock colorato e pieno di vita agli occhi di Iris, adesso era grigio e silenzioso.
Quel minuto di silenzio dedicato a Hubert le era sembrato interminabile, lungo, asfissiante. La ragazza non si era nemmeno accorta che stava trattenendo il respiro per tutto quel tempo, finché il cugino di Carlos le aveva messo la mano sulla spalla e l'aveva invitata a tornare dentro al box per la partenza.
"Mierda."
Lo spagnolo impreca a denti stretti entrando nel motorhome, costretto al ritiro giro tre. Iris provvede subito a lasciare le cuffie e a seguirlo nel motorhome non appena lo vede passare.
Sbuffa e si trattiene dal dire altro, si tira indietro i capelli folti freneticamente. Non si accorge nemmeno della presenza di lei, che si limita a guardarlo dalla porta di ferro aperta prima di dire qualsiasi cosa.
"Carlos." Lo richiama poi debolmente. "Non fartene una colpa, non dipende da te."
"Lo so però... È sempre dura ritirarsi."
Lei annuisce, ma non riesce a dire altro per confortarlo, non sa proprio cosa dire per tirarla su.
"Dai, se ti cambi vieni al muretto e segui la gara con tutti. Lando è ancora in pista, almeno speriamo in lui, no?"
Carlos poggia le mani sui fianchi, osservandola bene per poi annuire e chiudere la porta per cambiarsi.
Lando arriva undicesimo, lasciando l'intero team inglese con l'amaro in bocca. Zero punti portati a casa, possibilità sprecate per un nulla.
"Peccato, Lando. Mi dispiace un sacco..." Gli scompiglia i capelli la spagnola, mentre lui sorride a metà.
Dopo il briefing di fine gara, i tre si avviano verso l'uscita del paddock, cercando di tirarsi su di umore a vicenda, nonostante ci fosse ben poco per essere felici quel weekend.
"Ho appena realizzato che andiamo nella patria del mio cuore giovedì, che bello." Sorride improvvisamente Lando controllando il calendario sul telefono.
"Non avete già corso in Inghilterra?" Domanda confusa Iris mentre afferra il suo giacchetto di jeans e se lo poggia sulle spalle.
"Iris, così mi offendi. Va bene l'Inghilterra e tutto, patria natia e bla bla bla, ma io intendevo Monza, Italia."
"Ah, bella l'Italia." Sorride lei, guardando sognante il cielo. "Anche se non ci sono mai stata, mia madre diceva sempre che è uno dei posti più belli che ha mai visitato in vita sua. E lei ha viaggiato tanto..."
"Perchè l'Italia scusa, non ho capito." Borbotta Carlos scrutando confuso l'inglese e sviando il discorso di Iris.
"Carlos, sveglia. Valentino Rossi è italiano, lui è tipo, non lo so, un mito. Il mio in particolare."
"Ah, giusto. Dimenticavo che sei un fanboy di VR46..." lo canzona poi, fermandosi subito dopo aver sentito il cellulare squillare.
Gli altri due si girano verso Carlos curiosi, che però afferra il telefono e si scusa con un gesto della mano per rispondere e si allontana.
Iris e Lando si guardano, senza sapere cosa fare: aspettarlo o andarsene? E poi, che tipo di telefonata è? Con chi diavolo sta parlando?
Entrambi dopo svariati minuti, non vedendolo tornare, decidono poi di tornare nell'hospitality e sgranocchiare qualcosa lì, mentre lo spagnolo continua a chiacchierare al cellulare.
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