To Build a Home
3 anni prima
<< E direi cazzo, é la mia ragazza! >>
Le parole urlate da Derek poco prima continuarono a rimbombarmi nella testa anche mentre, con poca delicatezza, mi afferrò il polso e mi trascinò verso l'esterno.
Era arrabbiato e, se non fosse stato abbastanza chiaro dal suo tono di voce, ci pensavano i suoi occhi a rendere il messaggio ancora più palese: mi guardava deluso come se fossi stata io quella che cinque minuti prima era praticamente spalmata addosso a qualcun altro.
Anche se, a pensarci meglio, in effetti si: ero proprio io.
Ero io quella che aveva ballato in maniera così spinta con un'altra persona, muovendomi in un modo che non credevo neppure sarei mai riuscita ad imitare.
Ero io ad essermi lasciata totalmente andare, uscendo fuori da me stessa per un attimo ed entrando nei panni di chissà chi.
Ero io, certo, ma era anche lui.
Era lui che aveva scatenato quella mia reazione così impulsiva, lui che aveva permesso a quella biondina di avvicinarsi così tanto, lui che non mi aveva mai dato alcuna certezza.
Era lui che aveva urlato davanti a tutti che io fossi la sua ragazza, senza però averlo mai detto a me.
Ma, che fosse lui o che fossi io, entrambi ci guardavamo come se quasi non ci riconoscessimo, arrabbiati, delusi e - almeno nel mio caso - irrimediabilmente presi dall'altro.
<< Mi spieghi che cazzo ti è venuto in mente? >> sbottò passandosi nervosamente una mano nel ciuffo di capelli corvini.
Presi a mordermi l'interno della guancia, cercando in quel ripetuto movimento le risposte che non avevo.
Derek sbuffò sonoramente.
<< Allegra >> mi disse, pronunciando forse per la prima volta il mio nome per intero.
Era improvvisamente diventato più calmo, probabilmente ormai consapevole che urlandomi in faccia non avrebbe mai ottenuto niente.
Odiavo le urla, odiavo la reazione che esse causavano in me: mi si bloccava la gola e, nonostante cercassi di ribattere a mia volta, le parole mi rimanevano incastrate tra le corde vocali e la voce non ne voleva sapere di uscir fuori da me.
Era un meccanismo così radicato che non riuscivo ad eliminarlo, ritrovandomi ogni volta muta di fronte a chiunque mi gridasse contro.
E questo, anche se a Derek non lo avevo mai detto, ero convinta che in qualche modo lo avesse capito.
<< Allegra >> ripetè infatti con tono trattenuto e calmo << Voglio provare a capirti, parlami >>
A quel punto quindi, nonostante fossi ormai stanca di mostrarmi ai suoi occhi sempre come una bambina insicura che snocciola le sue paure una dietro l'altra, qualcosa dentro di me si sbloccò e la mia gola sembrò finalmente ritornare ad affidarmi il suo controllo.
Puntai quindi il mio sguardo nel suo, decisa a scoprire ogni carta.
<< Una ragazza che ti conosce, Keyla, è venuta a parlarmi >> iniziai, ricordando come le sue parole fossero riuscite a smontare ogni mio castello di speranze.
Al sentire quel nome, Derek cambiò già espressione, assumendo quell'aria annoiata ed infastidita tipica verso le cose - o persone - che odiava.
<< Mi ha detto che uno come te non sceglierebbe mai una come me e tutte quelle cose che ormai sono abituata a sentire, ma...>>
<< Ma? >>
Abbassai lo sguardo, non più così convinta di riuscire a reggere il suo.
<< Ma poi ti ho visto così vicino a quella ragazza e...>>
Derek mi poggiò due dita sotto il mento, sollevandolo affinché potessi tornare a guardarlo.
<< E? >>
Mi allontanai di scatto, sfuggendo a quel suo tocco così delicato e comprensivo.
<< E non lo so, Derek >> ammisi, prendendomi il viso tra le mani << Ero gelosa, insicura: ho spento il cervello >>
Lui, che passava bipolarmente dalla calma al nervosismo, si lasciò cadere pesantemente le braccia lungo i fianchi.
<< Non puoi fare così >> affermò duramente << Non puoi dare di matto ogni volta solo perché non sei sicura di piacermi >>
E ripensai a quando quella volta Seth, il suo cattivissimo migliore amico, mi aveva spinta a bere alcolici perché altrimenti Derek non mi avrebbe mai guardata.
Ci ripensai e, senza ombra di dubbio, ci ripensò anche lui: anche quella volta mi ero lasciata intimidire dalle parole di un'altra persona, convinta dalle voci che accreditavano i miei pensieri più accuratamente nascosti ed insicuri.
E mi sentii estremamente stupida.
Stupida ed immatura, l'esatta immagine che anche lui si era sicuramente fatto di me.
Ma poi un pensiero risvegliò l'altra parte di me, quella diametralmente opposta alla prima, quella che non ne voleva sapere di sentirsi giudicata per i propri sentimenti.
Il suo sguardo così arrabbiato risvegliò l'altra Allegra, quella che non riuscivo a mostrare a nessuno, quella che anni dopo - senza neppure rendermene conto - sarei diventata.
L'Allegra senza Derek, l'Allegra sicura di sé e della sua volontà.
<< Non è colpa mia >> affermai dunque con convinzione.
Lui mi guardò, confuso da quell'improvvisa presa di posizione che non era da me.
<< Non puoi dirmi che non stiamo insieme e poi urlare il contrario davanti a tutti >> sbottai.
<< Non puoi lasciare che le altre ti si spalmino addosso e pretendere che io mi fidi di te >>
Il suo sguardo si fece man mano più consapevole: forse, e dico forse, stava iniziando a capire che in amore, se amore è, non si sbaglia mai da soli.
<< Ally, io...>>
Provò a parlare ma lo interruppi: quello era il mio momento di farmi sentire.
Senza urlare e senza silenzi, solo con la verità.
<< Io capisco che tu non sia pronto per una storia seria >> continuai << Non lo condivido, ma lo capisco. Tu però devi cercare di capire me: non m'importa di poter dire in giro che sei mio ma m'importa di sentirlo, di vederlo e constarlo nei tuoi gesti >>
E stavolta di lui ad abbassare lo sguardo, finalmente spogliato di quell'aria da grande uomo impassibile e vestito di ciò che era e provava davvero.
<< Voglio che se mi baci e l'attimo dopo un'altra ti si avvicina, tu la allontani >> gli presi una mano tra le mie, non più arrabbiata quanto desiderosa di farmi ascoltare << Voglio che quando chiunque verrà a dirmi che non ti piaccio, io possa essere capace di affermare il contrario >>
Ed in quel momento, mentre gli chiedevo con tutto il cuore di farmi entrare nel suo, mentre gli tenevo le mani e gli occhi, desiderai con tutta me stessa di poterlo amare come stavo involontariamente iniziando a fare.
In quella notte di Natale, mentre litigavamo senza esclusione di colpi, per la prima volta desiderai davvero di poterlo fare all'infinito, di perdermi ogni volta pur di ritornare sempre in quel gioco di sguardi solo nostro.
E, quando finalmente Derek aprí bocca per rispondermi, desiderai che lui desiderasse lo stesso.
<< Tu mi spiazzi >> mi disse invece ed io, almeno inizialmente, non riuscii a prenderlo come un complimento.
<< Un momento sei timida e t'imbarazzi se ti guardo troppo a lungo, poi diventi vendicativa e ti strusci su un altro e poi, tanto per concludere, cambi nuovamente e sei così sicura di te, di noi, da farmi paura >>
Lasciai scivolare le mie mani dalla sua stretta, ma lui le riprese all'istante.
<< Non sto dicendo che tutto questo non mi piaccia >> ci tenne a precisare << sto dicendo che mi spaventa >>
<< E allora...>>
Mi interruppe all'istante, un dito poggiato sulle mie labbra.
<< Mi spaventa, perché non si tratta di qualcosa di semplice ma si tratta di costruire >> continuò, infilando una mano nella tasca del suo cappotto ed estraendo una piccola scatolina di legno.
Solo in quel momento realizzai che, causa quell'interminabile litigio, non era ancora riuscito a darmi quel fantomatico regalo di Natale.
Ma mai avrei pensato che sarebbe in qualche modo riuscito a collegarlo a quel discorso delirante.
<< E , restando in tema di costruzioni >> sorrise mentre si posizionava dietro di me ed allungava le mani ad accarezzarmi il collo << questo è per la mia ragazza >>
Ed allora, mentre il cuore sembrava scoppiarmi dal petto e le sue labbra baciavano dolcemente i miei capelli, sentii poggiarsi sulla mia pelle un piccolo ciondolo a forma di casetta stilizzata.
Oggi
<< Dobbiamo parlare >>
Indossa un cappotto grigio scuro che le arriva fin sotto le ginocchia e un caldo cappello di lana, il tutto adibito al proteggerla dal freddo di questa polare giornata di neve.
Sono passati tre giorni dalla festa, tre giorni in cui ho fatto tutto tranne uscire di casa, convincendo i miei a farmi saltare la scuola pur di non incontrare Derek.
E, a dirla tutta, non è stato neppure così difficile: assentarmi alle lezioni non è così grave, fingermi malata non è così grave...nulla è grave se paragonato a ciò che ci ha portato a scappare l'anno scorso, nulla è più grave ai loro occhi dell'essere costretti a vivere con quel ricordo.
Credo che i miei genitori mi odino, per quanto sia brutto ammetterlo a me stessa.
E credo di odiarli anche io, nonostante capisca le loro motivazioni.
Capire non vuol dire condividere tanto quanto essere genitori non vuol dire amare: se mi avessero amato almeno un po', a quest'ora non saremmo qui.
Ma, tornando alla ragazza mezza congelata ed in attesa davanti alla porta della mia camera, mi sposto leggermente dall'uscio per farla entrare, offrendole un po' della cioccolata calda che sto sorseggiando.
Chloe è splendida come sempre: i capelli neri e lunghi le cadono perfettamente lisci lungo la schiena, magrissima nel suo maglioncino di lana morbida e nel suo skinny jeans.
Non mi sorprende la sua bellezza, né la semplicità con cui si orienta nella mia stanza dopo un anno di assenza: ciò che mi sorprende è il fatto che sia qui.
Così resto in silenzio, ciò che io e lei più di tutti siamo solite fare, e attendo che si faccia avanti.
<< Lea mi ha raccontato di ciò che è successo alla festa >> esordisce infatti tutt'ad un tratto, lasciandosi pesantemente cadere sul mio letto << Mi dispiace >>
Non le rispondo, troppo spaventata che qualunque cosa io dica possa far riaffiorare quei ricordi, limitandomi invece a sorriderle sinceramente.
Chloe si morde il labbro inferiore, leggermente nervosa, poi prende nuovamente coraggio e ricomincia a parlarmi.
<< Quello che ho detto quel giorno in mensa >> mormora, cercando palesemente di trovare le parole giuste.
<< Insomma, non intendevo giustificare il comportamento di Derek né tantomeno affermare che ti meriti tanta cattiveria >> precisa, iniziando a torturarsi le dita sfregandole le une contro le altre << È solo che... >>
Il suono del mio cellulare interrompe qualsiasi cosa stesse per dirmi.
Mi allungo verso la scrivania per scoprire chi mi abbia scritto, facendo segno a Chloe di aspettare solo un minuto.
Da: Josh :)
Ehi scricciolo, che ne dici se più tardi andiamo a prenderci una cioccolata in centro? Non puoi mica rimanere in quel letto per sempre!
Sorrido involontariamente come una stupida, pensando a quanto sia stato carino a restarmi vicino in questi giorni, e d'istinto digito una risposta affermativa sulla tastiera.
<< Tutto okay? >> mi chiede infatti Chloe, sicuramente stupita da come la mia espressione da funerale sia potuta mutare così repentinamente.
Annuisco senza fornirle troppe spiegazioni: la verità è che il mio rapporto con Josh è così particolare che, pur volendo, non sarei in grado di spiegarlo.
Ci siamo capiti al primo sguardo, lui che tentava di offrirmi un sorso della sua Monster ed io che evitavo di scoppiare a piangere davanti ad uno sconosciuto che, appena un secondo dopo, era già un amico.
Alla festa poi ho temuto che quel maledetto bacio potesse rovinare tutto, ma invece ci ha uniti ancora di più, rendendo il nostro legame spontaneo e radicato nonostante il nostro periodo di conoscenza sia così breve.
Forse è l'essere così diversi a renderci compatibili o forse, una parte di me ancora non riesce ad ammetterlo, il fatto che lui somigli così dannatamente a Derek.
Non una similitudine di tipo estetico, ma i loro atteggiamenti e il loro modo di fare sembrano sovrapporsi perfettamente, come due libri diversi ma con le stesse misure di copertina.
Il modo in cui cammina con disinvoltura, sorride sollevando soltanto un angolo della bocca, si passa le mani tra i capelli per il nervosismo e si fa schioccare le dita quando invece è arrabbiato...tutto in lui, volente o nolente, mi ricorda Derek.
<< Era Josh, mi chiedeva di uscire più tardi >> spiego telegraficamente a Chloe.
<< Ultimamente state spesso insieme >> constata lei con lo stesso tono << Sicura che non ci sia dell'altro? >>
Ridacchio, divertita ed amareggiata.
<< Magari >> sospiro poi, raggiungendo la sul letto su cui è ancora seduta << Sarebbe tutto molto più facile se potessi innamorarmi di qualcun altro >>
Chloe sorride senza volerlo, lasciandomi vagamente sorpresa.
<< È la stessa cosa che succede a me, quello che ho sempre cercato di spiegarti >> esclama poi, sollevandosi in piedi per lasciar fluire meglio i pensieri.
<< Seth è il mio Derek >> continua << E per quanto male possa avermi fatto, io non riesco a fare a meno di amarlo >>
Sul momento penso che il paragone non regga, troppo concentrata sui miei sentimenti per poter accettare che i suoi possano essere altrettanto forti.
E poi, per quanto Derek possa avermi fatto soffrire in passato e mi stia facendo del male adesso, tra me e lui non c'è mai stato un cattivo: io ho fatto i miei errori, lui i suoi, e se parliamo di chi ne ha sofferto certamente il mio non è l'unico nome della lista.
Per Chloe è diverso invece: lei ha dato anima e corpo ad una persona che non la meritava e, a mio parere, neppure la desiderava così tanto.
Eppure lei lo ama ancora, indissolubilmente e cocciutamente...e chi sono io per dirle che tutto questo è sbagliato?
Io che mi sto battendo per recuperare un amore che non mi vuole più, io che mi sto lasciando chiudere porte e portoni in faccia, urlare offese in mezzo alla gente e scaricare subito dopo esser stati a letto insieme...
Forse un tempo avrei potuto dire a Chloe qual è il limite di sopportazione, la soglia d'amore dopo la quale ne si diventa schiavi, ma ora come ora non posso permettermi di giudicare nessuno se non me stessa.
Così allungo una mano ad afferrare la sua, in piedi di fronte a me.
Ha gli occhi grandi quasi lucidi, i capelli portati tutti su un lato.
<< Io odio Seth e odio come ti ha fatta stare >> ribadisco per l'ennesima volta, al che lei abbassa lo sguardo come rassegnata.
<< Ma se tu lo ami così tanto >> aggiungo poi << evidentemente qualcosa di buono deve averlo >> continuo, cercando di convincermi della veridicità di queste parole << Ed io voglio tu sappia che ti appoggerò sempre Chloe, qualsiasi cosa tu faccia, perché sei l'unica che può sapere cosa vuole e quanto lo vuole >>
Accenna un sorriso quasi sorpreso, gli occhi che le diventano più lucidi, ma stavolta per la commozione di essere finalmente capita o, quantomeno, supportata.
Così mi stringe a sé, una stretta troppo forte per quanto ci si potrebbe aspettare da un corpo esile come il suo.
Ed io faccio altrettanto, felice di aver finalmente ritrovato una delle mie amiche più care.
<< Ricorda >> le sussurro allora all'orecchio, accarezzandole i capelli mentre qualche lacrima le riga le guance << una volta un saggio mi ha detto: quello che sei, cosa vuoi e dove vai lo sai soltanto tu. >>
Sorride sulla mia spalla e d'impulso sorrido anche io, sentendo l'eco di quelle parole rimbombarmi nella testa.
E sapendo, proprio come lei, che non è affatto stato un saggio a dirmelo.
*
Camminiamo l'uno accanto all'altra lungo la via principale del paese, quella che conduce al parco pubblico e che a quest'ora è sempre tremendamente affollata.
Lui sorseggia la mia cioccolata Starbucks mentre io do un morso al suo muffin ai mirtilli, lamentandomi di quel gusto assurdo che gli piace così tanto; indossa un lungo cappotto tipicamente invernale abbinato ad uno sciarpone di cashmere, ma ha lasciato i capelli biondi in balia del vento, perfettamente ricci proprio come sempre.
<< Come mai soffri così tanto il freddo? >> gli domando la prima cosa che mi passa per la testa al constatare come il suo abbigliamento sia infinitamente più pesante del mio giubbotto di pelle.
Josh sorride, quella tipica curva sbilenca, lasciando stare per un attimo la cioccolata calda.
<< I miei genitori sono di Atlanta, ma ho vissuto in California fino a pochi anni fa >> si stringe nelle spalle con disinvoltura << Lí il clima è di gran lunga migliore! >>
Annuisco consapevole, nonostante io non sia praticamente mai uscita da Atlanta se non per il problema dell'anno scorso.
<< Ci sei stata? >> mi chiede infatti lui, ricevendo in risposta una piccola risata imbarazzata.
<< L'unico posto che ho visitato è l'Italia >> ammetto << O meglio, un piccolo paesino dell'Italia meridionale >>
Mi rabbuio al ricordo, portando lo sguardo verso la pavimentazione stradale pur di evitare il suo.
Ma, nonostante cerchi di nasconderglielo, Josh coglie subito il mio cambiamento di umore e cerca di propormi un altro argomento.
<< Non mi hai mai detto cosa vuoi fare dopo la scuola superiore >> butta lì la prima cosa che gli viene in mente, indicandomi poi una panchina all'interno del parco dove, nel frattempo, siamo entrati.
<< Bella domanda! >> ridacchio, seguendolo verso la direzione da lui prescelta.
<< Ho sempre pensato di voler studiare ostetricia, ma poi... >> mi interrompo d'istinto, rendendomi improvvisamente conto che sto per raccontargli molto più di quanto dovrei.
È solo che con lui non riesco a trattenermi, sono così spontanea ed estroversa da quasi non riuscire a riconoscermi.
Sembro la ragazza che sono stata un tempo, quella che aveva appena conosciuto Derek, se n'era innamorata e l'aveva in qualche modo conquistato con il suo essere così buffa ed impacciata.
Sembro quella che vorrei dannatamente tornare ad essere ma che, purtroppo, non sono più.
<< Ma poi...? >>
<< Ma poi ho iniziato a valutare altre opzioni >> concludo la discussione, mentre lui accende una sigaretta e se la poggia tra le labbra.
Lo fisso palesemente, soffermandomi un po' troppo sulle labbra piene e le dita lunghe ed affusolate.
Josh allora, resosi conto della mia figuraccia, mi allunga la sigaretta.
Ed io non vorrei prenderla, non vorrei davvero.
Mi basterebbe continuare a chiacchierare con lui per non pensare a null'altro, non avrei bisogno della nicotina.
Ma poi intravedo una figura in lontananza, un modo di camminare che riuscirei a riconoscere tra mille.
Ma poi vedo Derek e anche lui mi vede, i nostri sguardi si incendiano e il cervello mi si annebbia completamente, la voglia di attirare la sua attenzione e di infastidirlo che supera di gran lunga qualsiasi mia decisione previa.
Così afferro la sigaretta con due dita, posandomela tra le labbra ed aspirando, ma senza mai staccare lo sguardo dal suo.
E non passano neppure due minuti prima che mi si avvicini, arrabbiato come solo io potevo immaginare che sarebbe stato.
<< Che cazzo fai? >> mi urla contro come suo solito, incapace di alcuna coerenza nei suoi atteggiamenti.
Non può scaricarmi in quel modo e poi pretendere di mettere bocca su ciò che faccio, non può sostare sulla di porta d'ingresso alla mia vita.
Ma non sono io a dirgli tutto questo.
<< Che cazzo fai tu, semmai! >> sbotta infatti Josh, alzandosi di scatto in piedi per poterlo fronteggiare << Perché non la lasci in pace? >>
Derek lo guarda con un odio che non ha mai riservato neppure a me.
<< Fatti i cazzi tuoi, Joshua >> lo apostrofa << È meglio per te >>
E la presunzione di quella frase è l'ennesimo campanello di allarme per la mia curiosità: cos'è successo davvero tra i due? Perché si conoscevano prima che io e Josh diventassimo amici e, soprattutto, perché sembrano sempre pronti a sbranarsi vicendevolmente?
<< Perché? >>
La mia voce sembra risvegliare entrambi da quella guerra, facendoli voltare verso di me: Derek con sguardo stupito, Josh quasi preoccupato.
Il mio ex ragazzo mi squadra, cercando nei miei occhi chissà quale risposta e poi, d'improvviso, sembra averla trovata.
<< Davvero non le hai raccontato nulla? >> esclama infatti, a metà tra il divertimento e la rabbia.
Josh lo guarda in cagnesco, evitando accuratamente il mio sguardo.
<< Cosa doveva raccontarmi? >>
<< Ally, lascialo perdere >> prova a dirmi il mio amico, ma lo sguardo di Derek non mi hai mai mentito ed io non posso credere che non ci sia nulla dietro quella sue affermazioni così pesanti.
E quindi continuo a guardarlo insistentemente fino a quando non apre bocca, finalmente, per dirmi tutta la verità.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro