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5

Ethan.

- Per quale cazzo di motivo mi avresti sparato?! -
- Non ho fatto apposta, non te la prendere. - disse Chase, ridendo di gusto. Era la quinta volta che sparava a Shon, ormai era palese che lo stesse facendo di proposito.
Mi alzai dallo sgabello della cucina e mi avvicinai al frigo per prendere una birra. Mi spostai alle spalle dei miei due amici per assistere alla loro catastrofica partita.
Casa di Shon non è particolarmente grande, l'arredamento consiste in un divano rosso e una televisione per il salotto. " Solo il minimo indispensabile " disse quando ce la mostrò per la prima volta. Beh, come dargli torto, aveva bisogno di un tetto in cui stare per il College, non un castello, come Walter. Io d'altronde non ho una casa mia, quindi sono messo peggio di lui.
Sembra una presa per il culo. Figlio di uno degli uomini più ricchi dell'Oregon, amico di vecchia data del rettore, costretto a rimanere in quella topaia di dormitorio.
-Cosa si fa questa sera? - Chase posò il joystick sul divano.
-Non dovevamo andare alla festa di Mike? - disse Shon stiracchiandosi. I suoi boccoli biondo cenere ricaddero sulle sue spalle larghe. In campo è uno dei giocatori più temuti della nostra squadra, non tanto per la sua corporatura, ma per la brutalità.
- Un'altra festa? Non ti è bastata la sbornia di ieri sera? - Chase lo guardò divertito.
- No. E poi questa sera ci saranno anche Conny e Marta. - l'espressione di riccioli d'oro aveva già chiarito le sue intenzioni.
- Ethan, è un problema se mi diverto un po' con la tua ragazza? - Chase mi guardò attendendo una risposta.
- Lo sapete che non me ne frega niente di chi vi scopate. Prenditela pure. -
Ed era la verità.
Perché tenerne una quando si ha l'imbarazzo della scelta? Un giorno rossa, l'altro bionda, l'altro ancora magari rosa. Non c'è neanche più gusto nel rimorchiare, sappiamo già entrambi come andrà a finire.
Solo una ragazza mi sta facendo divertire più del solito, in questo periodo. Chiappe d'oro non era ancora caduta nella ragnatela. Ci stava mettendo più tempo delle altre, un premio a lei. Ma non durerà ancora molto.

Quando arrivammo la festa era già in pieno svolgimento. Molti invitati stavano facendo un bagno in piscina, altri erano sui divanetti mezzi ubriachi. Io, Chase e Shon salimmo la gradinata all'entrata ed aprimmo la porta in legno massiccio. Alla nostra sinistra c'era in corso una gara di beerpong alquanto combattuta. Ci avviammo verso le scale, alla destra dell'entrata, che ci avrebbe condotti al piano inferiore, nella tana privata di Mike.
Sulle scale incrociammo un paio di ragazze, avevano più pelle nuda che vestiti.
- Amici miei, siete arrivati finalmente! - Mike venne verso di noi con una ragazza avvinghiata a se. - Venite, questa sera c'è roba buona. - aveva l'aria entusiasta.
Ci sedemmo sul divano, che in parte era già stato occupato da Marta e Walter.
- Ciao Ethan. - lei mi rivolse un sorriso sensuale.
- Marta. - alzai la mano in saluto.
Lei si avvicinò al mio orecchio in modo provocante. - Che ne diresti se ce ne andassimo da qualche parte? Io e te. -
- Mi spiace dirtelo, ma non sei piú nei miei interessi. - dissi distaccato.
Lei rimase sbigottita per qualche secondo, con l'espressione da pesce lesso. Quando realizzò di essere stata scaricata, si alzò dal divano con fare indignato e se ne andò, rivolgendomi un bel terzo dito.
- Eddai amico, me l'hai fatta scappare. - Chase mi guardò sconfortato.
Poco dopo, la ragazza che stava con Mike, si mise sulle mie gambe porgendomi la sua birra. Quando l'accettai mi sorrise compiaciuta.
Ha un'aria familiare, se non sbaglio dovrebbe chiamarsi Harper. O Brenna.
Qualcosa del genere.
Di fronte a me, sull'altro divano, Mike e Shon stavano preparando quattro strisce di coca.
- Una per Shon. - spostò la prima dose. - Una per Chase. - spostò anche la seconda. - Stefany, la tua. - la ragazza che avevo in braccio si spostò e si mise in ginocchio davanti al tavolino.
Giusto, Stefany. Ero stato a letto anche con lei. Nulla di eccezionale.
- E una per me. - Mike si prese la dose più grande.
- Sicuro di non volerne, Ethan? Possiamo dividere la mia. - Chase fece cenno verso il suo mucchietto.
- No, passo. - dissi distogliendo lo sguardo, che nel frattempo si era posato su una ragazza in fondo alla stanza. Un fisico non indifferente, ben bilanciata tra tette e culo, capelli neri e piercing al naso.
Penso di aver trovato il passatempo per questa sera.
Mi alzai dal divano e andai verso di lei, stava parlando con un'amica, ma quando si accorse di me si zittì e liquidò l'altra con un'occhiata.
- A cosa devo la tua attenzione, Ethan? - chiese lei appoggiandosi al mio braccio. I suoi capelli profumavano di vaniglia, fin troppo per i miei gusti.
- Non mi sono ancora presentato e già sai il mio nome? - le rivolsi un sorriso ammiccante.
- Non c'è nessuno che non ti conosca qui. Uno come te suscita interesse. - si sistemò la scollatura del vestito rosa, in modo da accentuare il seno.
- Mi piacerebbe sapere il motivo di tanta fama. - la presi per i fianchi e l'avvicinai ancora di più a me. I miei occhi incrociarono i suoi, che mi fecero intuire cosa le stesse passando per la testa.
- Se vuoi posso spiegartelo in privato. - si leccò le labbra.
Tutto così semplice, un paio di stronzate e già sono mie.
Ma che importa.
Presi la sua mano e la portai con me per le scale.
- La camera degli ospiti! - mi urlò Mike alle spalle.
Tutto troppo facile.

Alison.

- Glielo devi dire. Devi toglierti il peso. - guardai la mia amica seduta accanto a me. La sua faccia era un misto di lacrime e mascara sciolto.
- Lo so, ma non ci riesco. - stava rigirando il telefono in mano da almeno mezz'ora.
- Qualsiasi cosa succeda sono qui con te. Coraggio. -
Guardò lo schermo per un'ultima volta prima di digitare il numero di Logan.
Ha passato l'intera giornata a piangere, mangiare gelato al caramello e lamentarsi della situazione in cui si era cacciata. Ma, a detta sua, ne era valsa la pena.
Premette il pulsante per l'avvio della chiamata e mise subito il vivavoce. Rispose dopo qualche squillo.
- Cosa c'è? - wow, ottima accoglienza.
- Logan ti devo parlare. -
- Di cosa si tratta? -
Lei prese un grande respiro e chiuse gli occhi. - Ieri sera, beh... sono stata... ad una festa. C'era tanto alcol... io potrei aver bevuto un po' troppo - venne interrotta.
- Arriva al punto. - Logan aveva la voce tutt'altro che allegra.
- Sono andata a letto con un altro. - lei trattenne il fiato, una lacrima le solcò la guancia. Appoggiai la mia mano sulla sua per darle forza.
Ci fu silenzio per un po', poi sentimmo una risata provenire dal telefono. Io e Kay ci guardammo confuse.
- Allora ho fatto bene a scoparmi Sheila. Possiamo anche chiuderla qua, tanto non sarebbe durata ancora molto. -
Kay rimase a bocca aperta per almeno due minuti. Quando realizzò ciò che le era appena stato detto scattò in piedi con i pugni serrati.
- Brutto stronzo! Non te ne è mai importato niente di me! - il suo viso stava ribollendo. - Sapevo fossi un'idiota, ma non immaginavo fino a questo punto! - chiuse la chiamata e lanciò il telefono sul mio letto. Per un pelo non cadde a terra.
Quando l'abbracciai si mise a piangere ancor più di oggi pomeriggio. Sembrava così fragile in questo momento.
- Non glie n'è mai importato nulla. - sussurrò contro la mia spalla.
La feci sdraiare insieme a me sul suo letto e tirai le coperte. Ci addormentammo in quella posizione, poco dopo mezzanotte. Era così che ci consolavamo io e Cass quando qualcosa andava storto. Quando papà fu portato via, io e lei, andammo avanti per quasi un anno a dormire insieme.
Avevo bisogno di qualcuno che mi tenesse a galla, per non sprofondare nell'abisso che si era creato sotto i miei piedi.

Lunedì arrivò in fretta, così come l'ora di psicologia e letteratura inglese. Ieri passai l'intera giornata a farmi spiegare matematica da Kay, quindi non fu un vero e proprio divertimento.
La professoressa di psicologia, come prima lezione, introdusse il concetto di stereotipo ed i suoi effetti sulla società. Argomento molto interessante che coinvolse tutta la classe.
Non fu lo stesso risultato nell'ora di letteratura inglese. La professoressa Liduich aveva effetti soporiferi.
La mia terza ora invece era libera, così ne approfittai per svolgere il compito di filosofia per le successive due ore. Decisi di appostarmi in biblioteca, dove non avrei dovuto avere distrazioni.
Seguii le indicazioni dei cartelli appesi al muro per raggiungere il luogo prefissato, che si trovava al secondo piano. Mentre camminavo guardavo distrattamente nelle aule in cui si stavano svolgendo le lezioni, una dopo l'altra, quando ad un certo punto, una mi attirò più delle altre. Ethan era li, seduto al penultimo banco, intento a scrivere su un foglio. Il suo sguardo attento mi fece tornare in mente la sera della festa a casa di Walter, quando rimase a scrutare il cielo stellato. Mi ricordo bene l'effetto che mi fece stare in quella stanza con lui, anche se sembrava surreale.
Ethan alzò gli occhi all'improvviso, verso la mia direzione. Sembrava stupito.
- Dannazione, mi ha vista. - mi stropicciai la faccia con le mani. Cavolo che imbarazzo.
Perché diavolo lo stavo guardando?
Le mie guance stavano andando a fuoco.
Mi diressi verso la biblioteca con passo svelto, sperando di non incontrare nessuno per i corridoi, ma una voce alle mie spalle richiamò la mia attenzione.
- Scusi ma dove sta andando? - sentii la professoressa richiamare Ethan.
- Arrivo subito, non si preoccupi. - lui uscì dall'aula e mi seguì. Cercai di allungare il passo per seminarlo ma non ci riuscì, mi bloccò per un braccio.
Il suo tocco mi fece avvampare, era deciso ma al tempo stesso delicato. L'aria stava cominciando a scaldarsi, o forse era solo una mia impressione.
- Dove vai così di fretta Alison? - mi rivolse un sorriso storto.
- Cosa stai facendo? Non puoi uscire dall'aula in quel modo. - lo fissai sbigottita.
- La tua faccia stranita è per quello? I professori non sono un problema. - la sua risata riecheggiò nel corridoio.
- Ah già. Tu sei il rampollo del rettore. - dissi girandomi sui tacchi per tentare una fuga strategica.
- Come scusa? - la sua faccia si rabbuiò tutto d'un colpo.
- Perché non è così? -
- E dimmi, quante altre stronzate ti hanno detto su di me? - il suo sguardo si velò di un'emozione che non riuscì a decifrare.
- Beh, ho saputo che tuo padre è amico del rettore, quindi per i professori sei intoccabile. Senza contare le innumerevoli ragazze che porti a letto, l'alcol, la droga... -
Lui mi fissò per qualche secondo.
- Prima di tutto non è colpa mia se mio padre è amico del rettore. Secondo punto, sono le ragazze che si mettono a mia disposizione, quindi non vedo il motivo per rifiutare. E ultimo punto, non ho mai toccato droga all'infuori di qualche spinello alle superiori. - il respiro era frenetico e le sue guance leggermente arrossate.
- Allora perché tutti pensano che tu sia in questo modo? -
- Perché alla gente piace farsi i cazzi altrui, spargendo in giro stronzate. - disse spazientito. - Comunque non ti devo alcuna spiegazione di quello che faccio o non faccio. - mi accorsi che mi stava tenendo ancora il braccio solo quando si staccò. Aveva l'espressione visibilmente turbata, lontana dalla sua solita spensieratezza. Mi sentii in colpa.
Dopo qualche minuto di silenzio imbarazzante mi liquidò con una semplice occhiata, con una punta di disprezzo, oserei dire. Anche se non mi era ben chiaro il destinatario di tanto odio.
Ad ogni modo, dovevo ancora fare filosofia. Quindi tornai al mio obbiettivo principale, la biblioteca.
Cercai un luogo appartato in cui sedermi e ragionare sull' "evoluzione di concetto di virtù".
In quarantacinque minuti sviluppai la mia tesi su carta, facendo anche fatica a concentrarmi. Dannazione.

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