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Chapter 8

And there's an old man sitting on the throne


Se non fosse stato per la febbre paurosamente alta, non si sarebbe mai addormentato.
Non dopo quello che era appena successo, non dopo essere stato baciato a fior di labbra da lei.

Dorian, nella penombra della stanza, si passò il dorso della mano sul volto e scoprì di avere le guance incandescenti.

"È per via di questa stupida influenza", si disse, in un banale e poco riuscito tentativo di auto convincimento, odiando anche solo l'idea di sentirsi come un adolescente alle prese con la prima cotta.

Rotolò nel lenzuolo e voltò lo sguardo in direzione del comodino, cercando di individuare la sveglia e avere quindi coscienza dell'ora che poteva essersi fatta.

Le diciotto e cinquantasette.
Aveva dormito un'oretta, giusto il tempo per piombare in sogni confusi e risvegliarsi ancora più rintronato di prima. Sbuffò lentamente, lasciando defluire l'aria all'esterno in un respiro controllato. Altri quindici minuti scarsi e lo stronzo sarebbe tornato a casa.

Allungò la mano per accendere la lampada, e accanto alla sveglia notò con sorpresa una piccola scatoletta rettangolare e un bicchiere d'acqua. Piegò le labbra in un mezzo sorriso e afferrò il tutto, ingoiando la pasticca di paracetamolo. Buttò i piedi a terra e tentò di muovere qualche passo.

Nell'aria c'era uno sfizioso odorino di carne, prova che Elyza doveva aver mantenuto la parola. Dorian si ritrovò a sorridere, di nuovo, e si incamminò per raggiungere il piano inferiore. Una volta imboccate le scale, non solo quel profumino delizioso era aumentato, ma le risate spensierate di Gavril si univano a quelle della voce che negli ultimi tempi era diventata la sua preferita.

Il sorriso di Dorian si spense all'istante; piombò giù per i gradini, mantenendosi al corrimano pur di non perdere l'equilibrio e finire lungo disteso a terra. Attraversò la piccola sala e irruppe nella cucina come una furia, ondeggiando a destra e sinistra in modo quantomeno buffo, come se fosse lui, per una volta, quello ubriaco.

- Non erano questi gli accordi, Liz! -

Le risate cessarono in maniera istantanea e due paia di occhi sorpresi si fissarono su di lui.

- Bratishka! - Gavril gli corse incontro, nascondendo il viso nel suo petto dopo avergli circondato la vita con le braccia. - Stai bene! -

Dorian rimase un attimo scosso da quella reazione.
Era arrabbiato e infastidito, ma di certo non con Gavril, quindi fu costretto a smorzare parte di quella foga, ricacciando giù per la gola il proprio sdegno. Ovviamente, nemmeno Elyza poteva comprendere davvero quale tipo di persona fosse Dimitri, ma sperava almeno che fosse abbastanza furba e intelligente da fidarsi della sua parola.

Passò una mano sulla schiena del fratello, coccolandolo leggermente, senza però spostare lo sguardo dalla ragazza.

- La tua amica è simpatica! - Gavril sollevò la testa verso di lui, mantenendo appoggiato il mento al suo petto. - Prima non riusciva a dire "pollo"! - e ridacchiò, stringendo gli occhioni grigi così simili ai suoi. - Continuava a ripetere una parola strana, kiu... kiulgu... -

- Kjúklingur. - lo aiutò la diretta interessata, con un sorriso imbarazzato a incurvare le labbra e un velo di rossore a colorare le guance. Si portò la treccia davanti alla spalla, non più in disordine come prima ma di nuovo perfetta e composta, tormentandone la punta con le dita. Guardò nella sua direzione e si strinse appena nelle spalle. - Non ricordavo più la traduzione. -

A quel punto, Dorian percepì qualunque goccia di rabbia scivolare via, nemmeno fosse stato tolto il tappo della vasca dentro cui era raccolta. Poco importava che un attimo prima stesse straripando: quell'espressione era riuscita a spazzare via ogni rancore. Come faceva quella ragazza a farlo sentire così... stupido, e felice, e arrabbiato, e sorpreso, e di nuovo felice, nel giro di solo qualche secondo?

- Elyza. - la riprese lui, tentando di mantenere un tono fermo e di non pensare a quanto il bacio di poco prima fosse stato tutto tranne che un bacio vero.

- Come va la testa? - lei gli si avvicinò, ignorando completamente l'occhiata cagnesca che le stava rifilando. Una volta davanti a lui, gli appoggiò le dita fresche prima sulla fronte e poi sulla guancia. - Forse sei un po' meno caldo, rispetto a prima. -

- Sono serio, Liz. - avvolse la mano libera attorno alla sua, e come per l'episodio della sciarpa iniziò ad accarezzarle il dorso con il pollice, disegnando piccoli cerchi. - Devi andare via. -

Lei si irrigidì e nell'attimo successivo si liberò dalla presa, voltandosi verso la cucina. - È bruttissimo quando lo dici. -

Dorian si sentì pizzicare il fianco, oltre che al centro del petto, e puntò lo sguardo in direzione di Gavril che, ancora stretto in quell'abbraccio, ora lo guardava con un cipiglio alzato.

- Non puoi farla arrabbiare! - sussurrò lui. - Ci ha preparato la cena! -

Elyza, nemmeno un metro poco più in là, dovette mascherare la risata con un finto colpo di tosse.

Il rumore della chiave nella toppa di casa, però, fece scattare Dorian sull'attenti, installandogli un'espressione terrorizzata sul viso. Istintivamente, strinse Gavril a sé, e non appena la porta si aprì cercò con lo sguardo Elyza. Quest'ultima era tornata in cucina, con l'intenzione di girare il cucchiaio di legno nella pentola, come se niente fosse, come se le sue parole non fossero state altro che chiacchiere di poco conto.

Una parte di sé la stava davvero odiando per non averlo ascoltato e per aver voluto fare di testa sua. Come se preoccuparsi per Gavril non fosse già sufficiente!

Il fratellino gli strinse la maglietta tra le dita, mormorando delle flebili scuse.

"No, Gavril. Non ce l'ho con te... non potrei mai", lo rassicurò lui in silenzio, sperando che potesse captare anche quel pensiero.

- Ma che buon profumino. -

La voce di Dimitri irruppe nella stanza, assieme ai suoi stivali al ginocchio sporchi di fango. Il tono di quell'affermazione aveva un ché di sorpresa, come se non si aspettasse un ritorno a casa del genere.

Dorian continuava a rimanere lì, impietrito, con Gavril stretto sotto la sua ala mentre la coda dell'occhio sano cercava disperatamente di inquadrare i movimenti di Elyza alle proprie spalle.

- Sei in piedi, ragazzo. - la frase non fu sbiascicata come al solito; forse in quella giornata era stato così impegnato da non aver avuto tempo di bere. Ma, di nuovo, era un'ombra di stupore quella che impregnava le parole: nessun pentimento per aver quasi massacrato di botte il figlio maggiore, nemmeno niente di minimamente paragonabile a una qualche forma di dispiacere. - Pensavo di trovarti ancora... -

E si bloccò.
Così come si bloccò anche il cuore nel petto di Dorian quando Elyza entrò nel suo campo visivo, camminando in maniera spedita in direzione di Dimitri.

Anche l'uomo parve sorpreso. Molto più che sorpreso.
A giudicare dai movimenti risicati ma veloci del corpo, sembrava quasi in stato di allerta.
Perché, ovviamente, era chiaro come il sole che l'aspetto di Dorian fosse quello per una ragione ben precisa e che l'influenza stagionale non potesse essere la causa di tutti quei lividi.

- Buonasera, signor Volkov. - la vide tendergli la mano in un saluto cortese ed educato. - È un piacere incontrarla. Io sono Elyza Violet Parker, sono un'amica di Dorian. Frequentiamo entrambi la facoltà di fisica, anche se io sono qui a Suzdal per via di uno scambio culturale. Mi perdoni se sbaglio qualche parola, sto ancora imparando la vostra lingua. -

Il modo in cui Liz pronunciò il discorso, come se stesse ripetendo a memoria un piccolo cartoncino di presentazione, fu comunque dannatamente e stranamente convincente, persino in una situazione come quella. Melodioso, docile, rassicurante.

Dimitri guardò per qualche istante la mano tesa davanti a sé, poi si imbambolò a squadrarle il viso; si pulì il palmo sul pantalone della tuta e afferrò quello piccolo di Elyza, continuando a fissarla con un accenno di diffidenza. - Dimitri Volkov. -

Dorian sentì un brivido di terrore risalirgli la schiena quando la mano della ragazza sparì in quella callosa e sbucciata del padre.

- Un'amica, eh? - aggiunse lui guardando in direzione del figlio maggiore, il quale riuscì solo ad esprimersi in un paio di cenni affermativi col capo.

- Vladimir Smirnov era incaricato di portare gli appunti a Dorian, ma anche lui ora è a letto con l'influenza. Così sono passata io. - di profilo, riusciva a scorgere il suo sorriso, amabile e caloroso come sempre. - Ma non pensavo di trovarlo così. - con l'indice dell'unica mano libera, disegnò un cerchio per aria in corrispondenza del proprio occhio sinistro, continuando a parlare come se fosse ancora del tutto a suo agio. - Ho dovuto insistere, ma alla fine ha confessato: a metterlo davvero K.O. è stato il ragazzo con cui ha avuto una brutta discussione, qualche giorno fa. -

- Quell'occhio gonfio è una novità anche per me. -

"Che gran figlio di puttana!", Dorian strinse le dita a pugno, contenendo a stento la rabbia. Gavril allora incrementò la forza del suo abbraccio, quasi a volergli ricordare di non intervenire.

Inclinando appena la testa, Elyza appoggiò la mano libera su quella di Dimitri che ancora perpetuava il saluto. - Già, proprio un cattivo temperamento. - e annuì con convinzione, aggrottando la fronte. - Ma mi ha promesso che non lo farà più. E io mi fido delle sue parole. - si voltò con tutto il corpo verso destra, così Dimitri dovette per forza di cose interrompere quel contatto, lasciandole finalmente andare la mano. - Il piccolo Gavril aveva detto di avere fame, così mi sono permessa di preparare la cena per voi. Spero non sia un problema. -

- Quindi questo profumo delizioso è opera tua? - domandò l'uomo, visibilmente sorpreso. - Però... forse Dorian dovrebbe stare così male un po' più spesso. -

Dimitri rise, ma Elyza si congelò sul posto, tirando tutti i muscoli del viso.
Fu solo per un attimo, perché poi tornò a recitare la sua parte, accennando un sorriso.

- Passerò tutti i giorni, per tutta la settimana. - confermò lei. - Posso portare gli appunti delle lezioni e preparare la cena, sempre che la cucina islandese sia di vostro gradimento. -

- Non serve. - si intromise Dorian, muovendo un passo in avanti.

Elyza, dando le spalle a Dimitri, gli rivolse uno sguardo di fuoco. - Sì, invece. Serve per la tua borsa di studio, non puoi rimanere indietro. -

Il ragazzo digrignò i denti, ammansito: quella, forse, era l'unica verità di tutto il discorso.

- È un tuo piatto tipico, quello che hai preparato per stasera? - chiese Dimitri, stranamente curioso e ora fin troppo interessato a lei e alle sue origini.

- Più o meno. Ho preparato della Kjötsúpa, una zuppa di carne, patate e carote. Di solito si fa con agnello, ma visto che in frigo c'era solo... - e guardò Gavril, sorridendogli complice. - ...Pollo, ho usato quello. Spero sia buona. -

Gavril ridacchiò divertito per quel paio di battute che solo loro due potevano comprendere, così anche parte della sua tensione si affievolì.

- Scommetto che sarà fantastica, Elyza. - confermò Dimitri, allungando un sorriso esclusivamente per lei.

Dorian avrebbe voluto prima vomitare, poi spaccargli la faccia e fargli saltare tutti i denti.

Perché il modo in cui aveva iniziato a guardarla, il tono improvvisamente più piacente, e, di base, l'atteggiamento così diverso da quello iniziale, non lasciavano troppo spazio all'interpretazione. Dimitri era un uomo grezzo, semplice e frustrato, e Dorian conosceva i suoi comportamenti alla perfezione.

- Non resti a cena? -

- Oh, no. Devo tornare presto al dormitorio. C'è il coprifuoco. - recuperò la giacca e la indossò con calma. Si avvicinò poi a Dorian, puntando lo sguardo dritto nel suo, e lui non poté fare altro che sentire l'oro di quegli occhi bruciargli fin sottopelle. - Ci vediamo domani. Starai meglio di oggi, promesso? -

E Dorian finalmente capì il perché di tutto quel teatrino.
Se lei tornava lì ogni giorno, aspettandosi di vederlo stare meglio, Dimitri non avrebbe potuto sfogare su di lui la sua rabbia, almeno per un po'. Forse sperava anche che, con la cena già in tavola, sarebbe stato più di buonumore e meno propenso a prendersela con i figli.

- Promesso. - e annuì, incatenando con ogni briciola di forza di volontà quell'impeto che implorava di stringerla a sé e affondare le dita in quel bel maglione morbido. Per un istante, lesse negli occhi di Elyza la stessa identica urgenza.

- Ci vediamo domani, Gavril. - si abbassò a scompigliargli i capelli, poi si avvicinò al suo orecchio per sussurrare qualcosa che lo fece scoppiare a ridere di gusto. Imboccò quindi la direzione della porta. - Buona serata, signor Volkov. -

- Dimitri, o mi farai sentire molto più vecchio di quello che sono. -

Lei sorrise e uscì, salutando tutti con un cenno della mano.
Solo quando l'uscio si chiuse alle sue spalle, Dorian si permise di respirare.

- Un'amica. - ripeté suo padre, scettico. - Non ne hai mai portata nessuna a casa. È solo questo? -

- È una collega dell'università. - replicò freddo, puntando la lingua dietro ai denti per evitare di dire qualcosa di cui si sarebbe pentito. - Solo questo. -

Dimitri alzò un sopracciglio, poi scosse le spalle. - Prepara i piatti, ragazzo. Riesci a farlo, sì? -

Non gli diede nemmeno il tempo di controbattere: si fiondò a passo svelto nel bagno, con una mano già a slacciare i pantaloni e con il nome di Elyza ancora sulle labbra.

Dorian trasalì e un forte senso di nausea gli bloccò definitivamente lo stomaco, privandolo dell'appetito.




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Eccoci, fiorellini! ~

Con il capitolo 8 abbiamo assistito all'incontro tra Elyza e Dimitri, ma abbiamo anche conosciuto brevemente il piccolo Gavril.

Elyza è tutto tranne che scema e, un po' come Dorian, tende ad agire per il bene degli altri.

Dorian, dal canto suo, non riesce a rilassarsi se quei due sono nella stessa stanza, così finisce per essere sempre sul chi vive.

Si accettano scommesse sui risvolti futuri! ~


Ci vediamo con il Capitolo 9 Giovedì 8 Dicembre!

~ Juliet

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