Chapter 12
Hold me down now
Un fischio, lungo e insistente, gli affettava il cervello da un orecchio all'altro.
Non sentiva più altro, non vedeva nulla che non fossero le proprie mani sporche di sangue.
Dal momento in cui era entrato in cucina, Dorian non aveva più capito niente.
Nel giro di una frazione di secondo, giusto il tempo per le pupille di concentrarsi sulla scena e diventare degli spilli, giusto il tempo di metabolizzare quello che stava accadendo, si era gettato sull'uomo con un unico obiettivo.
E non appena l'aveva afferrato per le spalle, Dimitri si era voltato verso di lui con uno sguardo che oscillava tra il sorpreso e l'indispettito.
Sembrava proprio non capire.
Come se qualcuno gli avesse appena portato via il giocattolino nuovo.
Come se qualcuno l'avesse interrotto proprio sul più bello.
Per via di quella reazione così sbagliata, così malsana e così sprezzante, Dorian aveva perso qualunque parvenza di umanità.
L'aveva immobilizzato a terra, sedendosi su di lui.
E ora, con una mano lo teneva per il bavero e gli sollevava la testa, con l'altra continuava a colpirlo.
Il braccio non smetteva mai di fare avanti e indietro.
Si fletteva con una foga e una velocità che non aveva mai avuto prima.
Dorian non si stancava, non prendeva fiato, non faceva pause.
C'era solo una pioggia furiosa, una scarica continua.
L'adrenalina gli scorreva nelle vene e gli impediva di percepire dolore alle mani.
La rabbia lo rendeva cieco.
Nella testa continuava a vorticare un'unica immagine.
Elyza.
Elyza.
Elyza.
Elyza in pericolo, Elyza schiacciata contro la parete, Elyza inerme.
Le nocche livide ed escoriate incontravano a volte il viso di Dimitri, a volte solo le sue braccia.
Perché si stava pure difendendo, quell'inutile pezzo di merda.
Come se non si meritasse qualcosa di mille volte peggio.
Come se quello non fosse solo l'incipit della fine che gli spettava.
Dorian scoprì la gola incredibilmente secca: fu proprio a seguito di quell'ultima carrellata di pensieri che realizzò davvero, e in maniera del tutto razionale, di volerlo uccidere.
In cuor suo, aveva sempre sperato che Dimitri morisse, ma non aveva mai avuto il coraggio di immaginare di esserne lui la causa reale. E non era per nulla spaventato da quello scenario, forse avrebbe dovuto esserlo? Eppure, percepiva la pietà come ultima spiaggia, come quell'unica soluzione così poco soddisfacente da non valere nemmeno la pena di essere considerata.
Nel frattempo, la sua mano stava continuando a coprirsi di sangue, e così anche il pavimento.
In tutti quegli anni, Dorian non aveva mai osato difendersi, e nemmeno una volta aveva risposto al fuoco con il fuoco.
Ma, finalmente, poteva urlarlo a pieni polmoni: scaricarsi su di lui era fottutamente liberatorio.
Anni di rabbia, soprusi, violenze e ingiustizie stavano venendo a galla. Come un fiume in piena, stavano straripando dai suoi occhi ardenti, dai movimenti febbrili, dai denti digrignati. Anche se a volte i colpi non andavano a segno, il solo fatto di vedere Dimitri sottomesso e schiacciato contro terra gli gonfiava il petto di un'euforia vendicativa mai provata prima.
E anche se nulla sarebbe stato abbastanza e niente avrebbe avuto lo stesso valore, la gratificazione di quel frangente era in grado di sanare qualche piccola ferita.
Dorian ci mise un po' a rendersi conto che qualcosa aveva fatto capolino dalla sua visione periferica.
O meglio, qualcuno.
Gavril stava tentando disperatamente di attirare la sua attenzione, ma la voce squillante che lo caratterizzava sembrava essere stata ovattata, smorzata a tal punto da perdersi sotto i toni di quel fischio acuto che gli riempiva le orecchie.
Dorian avvertì poi una pressione sulla spalla e rallentò, rendendo molto meno efficienti i colpi successivi. Anche se a fatica, si concentrò sul volto di Gavril, ormai stravolto in una maschera di disperazione e lacrime, e a rallentatore si sforzò di comprendere le sue parole.
- Non sei come lui! - singhiozzò il più piccolo, strattonandolo per la giacca. - Non sei come lui, non sei come lui! -
E piangeva, Gavril.
Piangeva disperato.
Cercava di tirarlo via da lì con tutta la forza che aveva in corpo.
Il braccio di Dorian, ancora caricato indietro e con il pugno alla stessa altezza della spalla, si era congelato in una posa plastica.
- T-ti prego... - il petto del piccolo fu scosso da una nuova serie di singulti. - Ti prego, Dorian... -
Tergiversò prima sul viso di suo fratello, poi spostò l'attenzione su Elyza.
La ragazza era ancora immobile, con la schiena appiattita contro la parete, le mani che stringevano le spalle in un abbraccio serrato il cui unico sapore era l'auto conforto. Teneva gli occhi bassi, e le ginocchia non smettevano un secondo di tremare.
Era terrorizzata.
E, a quel punto, Dorian dovette necessariamente chiedersi da chi.
Guardò verso il basso, cercando di mettere a fuoco la sagoma di Dimitri, e il suo volto tumefatto dai colpi sembrò farlo rinsavire.
- Non sono come lui... - biascicò in un mormorio, aggrottando la fronte mentre sentiva ancora le mani fremere per l'ira.
- Non sei come lui! - confermò Gavril, distrutto. - Non lo sei mai stato, e non lo sarai mai! Tu sei il mio bratishka, sei buono! S-sei... -
Dorian lasciò andare di colpo la presa sul padre.
Si buttò di lato, aggrappandosi al fratello in un abbraccio disperato, annaspando in cerca del respiro perso.
Era scosso, adirato, spaventato.
Tutto insieme, tutto in una volta.
Travolto dall'intensità di quell'agglomerato mal assortito di sensazioni ed emozioni.
- Non sono come lui. - ripeté, ma questa volta con una convinzione maggiore. Le manine delicate di Gavril gli strinsero la schiena, rincuoranti. - Non sarò mai come lui. -
Ma non ci fu nemmeno il tempo di provare sollievo.
Perché anche quell'attimo di pace sfumò in fretta.
Dorian si sentì tirare per i capelli.
Con forza, violenza e offesa.
Dovette lasciare andare Gavril, e nel giro di un battito di ciglia fu scaraventato almeno un metro più in là dalla sua posizione.
Sbatté la fronte contro lo spigolo di una delle gambe del tavolo e un taglio si aprì sul sopracciglio: mentre il dolore gli sconquassava i muscoli rubandogli il fiato, del sangue denso e caldo cominciò a colare sulla palpebra e a lato della tempia.
Si sentì poi afferrato per le caviglie e trascinato indietro, nel mezzo della stanza; il freddo del pavimento gli trapassava i vestiti e si infilava persino nelle ossa.
Dimitri si acquattò sul suo petto a rubargli il fiato, con un ghigno furente a sbeccargli il volto.
Adesso era il suo turno.
- Non fai più il duro, figliolo?! -
Dorian fece appena in tempo ad alzare le braccia per ripararsi il viso, quando una sequela di pugni lenti ma incredibilmente poderosi gli si avventò addosso.
- Inutile! Sei del tutto inutile! Esattamente come tuo fratello e come quella puttana di tua madre! E osi addirittura ribellarti a me! -
Percepì le urla e i singhiozzi di Gavril aumentare a dismisura, a cui presto si unirono anche quelli di Elyza. Sentì chiamare il proprio nome da entrambi, più volte, mentre continuava a proteggersi il capo. Ma non poteva permettersi il lusso di guardarli.
Ci fu un breve attimo di pausa, seguito da un tonfo sordo e da un lamento prolungato.
Con la coda dell'occhio, Dorian vide Gavril a terra e Liz china su di lui: lo stronzo lo aveva scaraventato via, colpendolo con una bracciata, solo perché probabilmente doveva aver cercato di toglierglielo di dosso.
E quel respiro, guadagnato per una ragione così deplorevole, Dorian lo pagò caro: un pugno in pieno viso fu esattamente il prezzo che gli costò. Sentì una sferzata di dolore irrorarsi dalla guancia a tutti i muscoli vicini, mentre un nuovo fiotto di sangue gli impiastricciava naso e capelli.
Dimitri rise, sprezzante ed estasiato.
Lo afferrò per il bordo della maglietta e gli fece sbattere la testa contro il pavimento.
Poi, chiuse le dita tozze e ruvide sul suo collo.
Dorian annaspò, tentando in tutti i modi di guadagnare aria voltando la testa da una parte e dall'altra. Più cercava di allontanare quelle braccia, più esse esercitavano pressione su di lui. Smuovere una montagna di uomo abituato ai lavori più pesanti era un'impresa impensabile.
Gli occhi iniziarono ad annacquarsi, le sagome si fecero smunte e indefinite.
L'ossigeno scarseggiava, la paura stava prendendo il sopravvento sull'adrenalina.
Ogni zampillo di dolore veniva amplificato.
Sarebbe morto.
Questa volta, Dimitri lo avrebbe ucciso sul serio.
Ma Dorian non era pronto ad accettare quel destino.
Non ora che aveva trovato lei, non ora che Gavril aveva più bisogno di lui.
Tentò di lanciare uno sguardo nella loro direzione, ma per via di quell'angolazione gli fu impossibile.
Puntò allora gli occhi verso l'alto, in quelli di Dimitri, ma non lesse altro che follia.
Non poteva fare niente.
Serrò le palpebre.
Una parte di sé consigliava di arrendersi, di smettere di provarci dato che sembrava del tutto inutile.
L'altra, invece, lottava per convincerlo a trovare il modo di spuntarla, perché non poteva abbandonare le uniche due persone al mondo che amava.
Il dilemma continuò a perpetuarsi negli istanti successivi.
Le boccate di ossigeno si esaurivano.
La volontà vacillava.
Il petto esplodeva.
Tutto era sempre meno definito, meno chiaro, meno plausibile.
- Adesso basta! -
Un urlo.
O meglio, un ordine perentorio squarciò l'aria.
E tutti e tre i Volkov si immobilizzarono sul posto, come paralizzati.
Poco dopo, dei passi riecheggiarono per la cucina, improvvisamente avvolta nel silenzio più totale. Dorian non riusciva nemmeno a muovere la testa, quindi tutto quello che poté fare fu cercare Elyza con la coda dell'occhio.
E così la vide, in piedi, ad appena un paio di metri di distanza da loro.
Non tremava più.
- Lascialo. -
In un secondo, le dita tozze che gli premevano sulla giugulare si levarono, come se si fossero scottate, come se la sua pelle stesse bruciando. Istintivamente, narici e bocca cercarono ossigeno, avide e bisognose, riempiendo i polmoni fino a farne scorta. Ad ogni ansimo, l'aria che gli rotolava giù nel corpo sembrava incendiare tutti gli organi interni, il petto si alzava e si abbassava a velocità sostenuta, il cuore martellava come un pazzo per ripristinare la circolazione.
Dimitri indietreggiò di qualche passo, liberandolo di tutto il proprio peso.
E Dorian tornò a respirare.
- In ginocchio. -
Vide il padre puntare entrambe le rotule a terra, cadendo come una marionetta, con lo sguardo sbigottito e fisso su Elyza.
- Prostrati. -
E, l'attimo dopo, anche la faccia dell'uomo toccò terra, così come i palmi delle sue mani.
Completamente rivolto e proteso verso di lei.
Dorian riuscì a stento a tirare su il busto e ad appoggiarsi sugli avambracci, perché sembrava che una forza invisibile gli impedisse di alzarsi più di così. Quindi anche lui si ritrovò a virare gli occhi su Elyza, esterrefatto e sbalordito.
Era Liz, quella che vedeva.
Ma l'oro magnifico delle sue iridi aveva ceduto il posto all'ametista spigolosa, così come la voce aveva del tutto perso la sua inflessione straniera, esprimendosi in un perfetto accento russo.
Elyza, dal canto suo, non lo stava guardando.
Era concentrata su Dimitri, con un'espressione austera e fiera sul viso.
Le labbra, ancora sporche di sangue, erano tirate in una linea dura.
Il mento puntava verso l'alto.
Le braccia erano distese lungo i fianchi.
Tutto, in lei, urlava collera.
- E ora chiedi perdono. -
Dimitri cominciò a vomitare le sue scuse come un disco rotto, e un sorriso accennato le incurvò gli angoli della bocca.
Dorian strabuzzò gli occhi, incapace di attribuire un senso a tutta quella situazione.
- Chiedo perdono, mia signora! Sono solo un inutile uomo. Mi dispiace averle mancato di rispetto, mia signora, l'ultimo dei miei desideri è quello di offenderla. Mia signora, la supplico, mi perdoni. Mi perdoni, mi perdoni, mia signora... - e strisciò in avanti, senza mai osare guardarla in viso, raggiungendo le sue scarpe.
- Feccia di uomo. - le labbra si piegarono in un'espressione di disgusto non appena Dimitri cercò di baciarle i piedi. - Non osare. -
E Dimitri si bloccò, all'istante, arretrando e domandando nuovamente scusa come un cane bastonato, con la testa incassata tra le spalle arcuate, la fronte che ancora toccava il pavimento e i palmi ben piantati a terra.
- Ora devi chiedere perdono a loro. - Elyza puntò il mento nella sua direzione, e non appena gli occhi incrociarono i suoi, Dorian si sentì travolto da una forte ondata di riverenza che lo costrinse ad abbassare lo sguardo. Fu solo per un attimo, perché poi lei tornò a concentrarsi sull'uomo. - Da verme quale sei, striscia verso i tuoi figli e implorali di essere clementi. -
Dimitri fece quanto ordinato.
Ed esattamente come Liz gli aveva detto di comportarsi, strisciò verso i piedi di Dorian.
- Ti prego, figlio mio, perdonami! Io ti imploro, ti supplico di perdonarmi. Non volevo farlo. Non volevo. Non volevo. Figlio mio, devi credermi! -
Dorian poteva solo immaginare il proprio sguardo sconcertato.
Le mani gli tremavano, le labbra erano schiuse ma da esse non proveniva alcun suono.
Non l'aveva mai visto in simili condizioni pietose, dire che fosse scioccato era quantomeno riduttivo.
- Volevo solo provare a sentirmi meglio... perché sono invidioso, perché sono frustrato, perché sono infelice! Sono un verme e ho usato la violenza per imporre la mia autorità su di voi. Sono un verme, solo un verme, solo un verme! - gli afferrò una caviglia e alzò un cipiglio implorante verso di lui. - Devi perdonarmi, Dorian! Non sapevo cosa stavo facendo... io non lo sapevo! Non lo capivo! -
Dorian si ritirò dalla sua stretta nello stesso istante in cui Elyza ordinò a Dimitri di non osare più sollevare gli occhi da terra, perché i vermi potevano solo strisciare.
- Tu... - Dorian si inumidì le labbra, sentendo la gola graffiare ancora per via dello strangolamento precedente. - Tu non lo sapevi? -
Sentì la rabbia esondare.
Come poteva non sapere che un pugno faceva male,
che una spinta faceva male,
che un calcio faceva male?
- No, io non lo capivo! Pensavo di stare meglio, subito dopo averlo fatto, ma era sempre peggio! -
Davvero gli stava chiedendo di perdonarlo?
E davvero quelle erano le sue motivazioni?
Dorian riuscì finalmente ad alzarsi, come se la morsa che lo teneva ancorato a terra si fosse affievolita. Lo guardò così, dall'alto in basso, con disprezzo e con un odio crescente a gonfiargli il petto e a sostituirsi al sangue.
- Alzati. -
Ma Dimitri si mise in piedi solo quando fu Elyza a ordinargli di eseguire il comando.
E ora erano uno davanti all'altro, occhi negli occhi, padre e figlio, carnefice e vittima.
Improvvisamente, per Dorian tutto sembrò prendere forma e acquistare senso.
Le mani che fremevano e formicolavano, il cerchio alla testa che continuava a stringersi, le tempie che bollivano.
Influenza...
...come no.
Tutto, per la prima volta, fu chiaro e al posto giusto.
E ora, grazie a quell'attimo di rivelazione, grazie a quell'inaspettata ma tanto ambita epifania, Dorian sapeva perfettamente cosa fare.
Afferrò il viso di Dimitri tra le mani e lo ruotò di lato, con calma e delicatezza.
Si inumidì le labbra e poi le accostò ad un paio di centimetri dal suo orecchio.
- Ora prenderai le chiavi della tua auto e uscirai da qui. - sussurrò, ma con assoluta fermezza. - Non ti volterai mai indietro, verso questa casa, e non tornerai mai più. Non cercherai mai più i tuoi figli, non vorrai mai niente di ciò che c'è tra queste mura. Guiderai e non ti fermerai, e quando finirai il carburante farai un pieno per continuare a guidare ancora. -
Dimitri annuì.
Completamente in trance, completamente soggiogato.
Dorian però non sorrise: il volto era serafico e i lineamenti erano duri. Quindi aggiunse qualcos'altro, sempre in un sussurro al suo orecchio, ad un volume così basso da essere impossibile da cogliere per orecchie mortali. Con la destra, frugò nella propria tasca e gli mise nel palmo qualcosa.
Dimitri allora annuì ancora, inerme.
Non appena Dorian gli scostò l'altra mano dal volto, liberandolo, afferrò le chiavi della sua auto. Superò l'uscio, pestando i cartoni delle pizze ormai gelide sullo zerbino, e se ne andò, senza azzardare a guardarsi indietro.
Quando il rombo del motore si perse nell'aria, Elyza finì a terra, priva di sensi.
Dorian schizzò verso di lei, sedendosi sul pavimento e cullandola con un braccio, mentre con l'altro stringeva a sé un Gavril ancora del tutto stravolto e tremante.
Il cuore aveva ripreso a pompare come un pazzo, minacciando di saltare fuori dal petto.
- Liz?! - provò a scuoterla, con delicatezza. - Ti prego, Liz, apri gli occhi... -
Cominciò a mormorare e ad accarezzarle il volto con la punta delle dita, pulendole via il sangue e fermandosi solo di tanto in tanto per posarle dei baci leggeri sulla fronte, sul naso, sulle labbra e sulle guance; li alternava a quelli lasciati tra i capelli di Gavril. Il fratellino, dal canto suo, continuava a rimanere ancorato a lui, affondando viso e lacrime contro il suo petto, singhiozzando senza sosta.
- Hey, Gave, va tutto bene. - e lo strinse, più forte che poteva, facendo di tutto pur di impedire al proprio tono di voce di incrinarsi o traballare mentre tentava di asciugargli quelle guanciotte bagnate. - Non succederà mai più, te lo prometto... non ci farà mai più del male. -
Lo vide annuire, nonostante le spalle ancora scosse da piccoli spasmi.
Quindi si permise di allentare la morsa dell'ansia, almeno in parte.
Perché fu solo qualche istante più tardi che Dorian tornò a respirare ad un ritmo più umano. Solo quando Liz schiuse le palpebre, incolume, permettendogli di specchiare il grigio dei propri occhi nell'oro caldo e confortante dei suoi, riuscì a disinnescare completamente il terrore di averla persa per sempre.
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Ciao, fiorellini! ~
E con oggi questo viaggio giunge al termine.
Il capitolo 12 è l'ultimo di questa Mini Long, a esso segue giusto un breve epilogo di appena 1100 parole che è un po' come una scena dopo i titoli di coda di un film (grazie a Mari_Blackstar , la mia partner in crime, che ha letto in anteprima e che ha suggerito il paragone).
Mi viene da piangere (che novità) a pensare che questa avventura sia finita, sarà difficile lasciare Dorian e Liz.
Mi sono proprio innamorata di questi due personaggi e sono davvero felice di aver reso giustizia al padre di Yulis (fino ad ora, in UV abbiamo conosciuto solo la sua versione della storia, una versione che dipinge Dorian come una persona orribile).
Cosa ne pensate di questo capitolo?
O dei personaggi,
o delle loro relazioni,
o della storia in sé?
Se avete delle domande, questo è il momento giusto per farle! ~
♡
Eccovi qualche aneddoto relativo a Hold Me Down:
1) È nata da un sogno che ho fatto, nello specifico la parte che riguarda il capitolo 5, caratterizzato da questo personaggio un po' burrascoso che sbrocca male in aula universitaria. Una volta sveglia, mi ha colpito così tanto che ho pensato di scriverci su qualcosa, e poco dopo mi sono venuti in mente i personaggi perfetti che avrebbero potuto interpretarla.
2) L'ho scritta in un momento in cui mi sentivo estremamente giù di morale per una serie lunga di ragioni. Ed ero, oltre che delusa, davvero tanto arrabbiata: ho capito che quell'energia non era adatta a sviluppare un nuovo capitolo di Ultra Violet, così l'ho sfruttata per tirare fuori il carattere di Dorian. Spero di avervi trasmesso la sua intensità per come l'ho percepita anche io.
3) "Hold Me Down", la canzone di Halsey, a quanto pare è il brano che ho ascoltato di più in assoluto, stando al mio Spotify Wrapped. E io non avevo mai ascoltato questa artista prima di Ottobre 2022.
♡
Ma non finisce qui!
Leggete subito la parte successiva, ovvero l'Epilogo della storia!
In quello ci sarà una piccola sorpresina... ~
~ Juliet
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