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3- Katie

Non è per niente una bella giornata. Non riesco neanche a tornare a casa, come faccio ad affrontare i miei con questo umore a terra? Ripenso ancora allo sguardo della dottoressa e a quel silenzio micidiale...

Ho paura, sono sola e ho paura. A volte credo che sia giusto non avere nessuno accanto, non essere egoista, ma... molte volte chiudo gli occhi e mi immagino una persona che mi voglia bene davvero e mi accetti per quello che sono, nonostante i miei problemi, nonostante tutto; un compagno di vita che mi coccola un po' e che mi conforta, rassicurandomi che andrà tutto bene. Non sono mai stata con un ragazzo seriamente prima ad ora. Ho avuto qualche cotta quando ero più piccola, ma niente di importante. Ho una concezione profonda dell'amore, prendo esempio dai miei adorabili genitori che, ogni giorno della loro vita, si ricordano, anche con piccoli gesti, di quanto si amano e l'hanno pure dimostrato qualche anno fa quando mio padre perse il lavoro quì in Italia e fu costretto a trasferirsi in Germania per mantenere non solo mia madre, ma anche me e i miei studi. Lei non esitò un attimo, lo seguì sin da subito perché era lui che in quel momento aveva bisogno della sua donna. Ed io li lasciai andare: sono abbastanza grande per cavermela da sola. Ma adesso... Non voglio che tra qualche settimana vadano via, ho bisogno di loro!

Non mi piace stare giù moralmente, preferisco rientrare in casa col sorriso sulle labbra così decido di fare una passeggiata al parco. Amo questo luogo: è pieno di bambini che ridono, schiamazzano e si rincorrono. I bimbi riescono ad assere felici con poco, è questo che dobbiamo imparare noi adulti da loro. Qualche volta, quando magari Leo starà meglio, devo portarlo quì, ne sarà felicissimo.

Mi avvicino ad una fontana e bevo un po', poi mi siedo accanto ad essa su una panchina. Osservo un po' l'ambiente tranquillo che mi circonda. Un lieve venticello piacevole mi scompiglia i miei capelli lisci, chiudo gli occhi per non pensare al mio dolore, al fatto di come vorrei urlare e piangere per ore sulla spalla di qualcuno, ma non posso... Non posso permettermelo, devo essere forte. All'improvviso sento urlare una bambina e apro immediatamente gli occhi. Una donnina in miniatura con i capelli biondi si trova a terra accanto all'altalena. Corro verso di lei e quando mi avvicino riconosco subito il viso angelico della bambina: è la sorella di quell' Atwood. Ci penso due volte prima di soccorrerla, mi guardo intorno, ma non vedo nessuno.

<< Piccola! Ti sei fatta male? >> Chiedo, teneramente, rialzandola da terra.

<< Ahia, sì, ho il ginocchio che mi sanguina. >> Dice, tirando su il naso e trattenendo le lacrime. 

<< Vieni, mettiamo un po' d'acqua così puliamo un po' la ferita. >> Le prendo la manina e l'accompagno verso la fontanella. << Come ti chiami? >> Chiedo per prendere confidenza.

<< Flam Atwood! >> Oddio... è davvero la sorella di quel ragazzo. Ma che ci fa tutta sola quì?

<< Lo sai che sei davvero una bella bambina? Quanti anni hai? >>

Mi guarda dolcemente e mi fa un sorriso. << Grazie! Anche tu sei molto bella. >> Esclama << Ho otto anni. Tu? >>

<< Io ne ho venti. Ma che ci fai così piccola quì, tutta da sola? >> Domanda a trabocchetto per scoprire l'accompagnatore. Non credo ci sia il fratello... pensando alle sue costole rotte. Ma... non fa in tempo a rispondere che subito vedo spuntare proprio quell'odioso Atwood con la sedia a rotelle, anticipato da un suo amico. Si scaglia contro la docile bambina e lei lo guarda terrorizzata, inizialmente prova a difendersi << Scusa, sono caduta dall'altalena e mi sono sbucciata un ginocchio... >> Dice, discolpandosi della sua lontananza.

Ma a lui non fa una piega e si rivolge a me con aria da malandrino. Benissimo... ci mancava solo litigare con questo oggi e per di più il suo amico ci prova con me!

Trattengo le lacrime agli occhi, non devo piangere... soprattutto difronte a questi due imbecilli. Trattengo il mio sguardo fisso su Atwood e attendo che la pecorella del suo amico lo segua, mantenendomi sorda alle sue parole di "corteggiamento".

Non appena vanno via mi affloscio a terra e piango... Si arriva ad un punto nella vita che si tiene così tanto il fiato da credere che la fine sembra lì ad un secondo. Insegno ai miei bambini dell'ospedale che bisogna trovare sempre un motivo per vivere e sorridere, ma mi rendo conto come certe volte è così difficile. Ma insegno pure che il pianto non è dei deboli, piangere serve a scaricare la tensione, a sentirsi meglio, a liberare l'organismo dai sentimenti negativi per poi rinascere più forti, più positivi... Ed è quello che mi serve in questo momento: disinfettare i miei occhi con le lacrime per poi avere un nuovo sguardo del mondo e della vita.

"Vivi bene, semplicemente... VIVI!"

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Brutti momenti per Katie e per di più litiga ed è succube di corteggiamento da parte di Eddie. Avrà un po' di pace prima o poi?


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