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Capitolo 32. Indelebile

Capitolo 32. Indelebile

Pt1

"Non è colpa mia se tutti questi destri, destri, destri al muro non ci fanno ritornare lì"

«Se dico che siete due idioti vi offendete?» Domandò Jimin esasperato mentre si portava le mani sui fianchi e ci rivolgeva occhiate piene di rimprovero e, al contempo, preoccupate.

Io e Jungkook ci eravamo esposti al freddo mentre le nostre condizioni non erano ancora stabili e all'improvviso ci erano venuti i brividi sulla pelle che entrambi riconducemmo alla febbre. Difatti, quando quella mattina dissi a Jimin che sia io che Koo sentivamo i sintomi dell'influenza, lui alzò gli occhi al cielo e ci infilò immediatamente il termometro in bocca. Mentre aspettava che passassero i cinque minuti necessari affinché quello strumento rivelasse la nostra temperatura corporea, il mio migliore amico faceva avanti e indietro per la stanza
picchiettandosi le braccia conserte con le dita minuscole.

Jungkook e io, sui nostri lettini caldi, guardavamo le lenzuola con gli sguardi bassi come due fratelli che erano appena stati rimproverati dal padre per aver fatto casini. Un po' in verità mi veniva da ridere; tutto era così leggero adesso che si era risolta quella situazione che non potevo fare a meno di essere felice anche se mi sentivo tutto rotto.

Mentre io e Koo ci rivolgevamo degli sguardi amorevoli ridacchiavamo per la faccia omicida di Jimin, che nel frattempo estrasse i due termometri e se li porto davanti agli occhi.

«Entrambi trentotto e mezzo. Se vi muovete da questa stanza, adesso, vi inietto due sonniferi belli potenti.»
Ci minacciò con aria solenne.

Annuimmo immediatamente, poi Jimin fece un sospiro. Anche i suoi occhi sembravano sereni adesso che io e Jungkook avevamo fatto pace e ci guardavamo ancora come se fosse la prima volta, e il mio migliore amico pareva felicissimo per noi nonostante lo stessimo esasperando.

Jimin prese un pacchetto di paracetamolo da uno dei cassetti nella stanza, riempì due bicchieri di acqua e ce li passò con gentilezza.

«Che coincidenza comunque, che voi due siate uniti da un destino tanto potente dico.»
Aggiunse posando il palmo prima sulla mia fronte e poi su quella di Jungkook.
«In che senso, Jimin?»
Domandai quando ebbi finito di prendere la medicina.
«Vi siete svegliati nello stesso momento dopo due settimane di coma e adesso avete la febbre insieme e anche la stessa temperatura. Eravate destinati davvero»

Fece un sorriso, poi si voltò verso Koo e gli controllò le bende che gli fasciavano il petto. Lo osservai con un magone al cuore, sentendomi sopraffare dall'emozione quando la scena di lui che si metteva in mezzo a me e al comandante Jun per proteggermi dagli spari, salvando la mia vita, si proiettò nella mia mente come un film al cinema. A lui andava tutta la mia gratitudine, perché non ci aveva pensato una volta sola a proteggermi con il suo corpo e mi sentii veramente triste ricordandomi di averlo trattato male per colpa di Sol. Jungkook meritava tutto l'amore del mondo e io avevo intenzione di donarglielo tutto quanto.

Mi passai le mani sugli occhi, non mi andava di piangere davanti a lui, ancora scosso per via dell'operazione. Adesso che era tranquillo volevo che lo restasse per un lungo periodo di tempo.

«Non c'erano dubbi riguardo al fatto che io e Taehyung siamo sempre stati destinati. Nessuno può mettersi in mezzo a noi due.»
Rispose Jungkook con tono alterato.
Jimin fece una risatina leggera, non era offeso per niente ma anzi, guardava amorevolmente quel ragazzo come se fosse un altro suo migliore amico, qualcuno di cui potersi fidare e affidare sempre.

«Dai Jungkook, non mi dire che ce l'hai ancora con me! Mi sono accorto immediatamente che il tuo astio nei miei confronti era dovuto alla nostra amicizia. Sappi che Taehyung per me è solo un grande amico e che gli voglio bene come se fosse mio fratello. Non voglio portartelo via, né mettermi in mezzo.»
Rispose con una scrollata di spalle.

Jungkook fece un sorrisino imbarazzato mentre giocava con le dita tatuate.
«Non è così, Jimin» disse poi all'improvviso.
Sia io che il mio migliore amico lo guardammo stupiti. La sua voce non era più irritata, era dolce e morbida come le frasi che mi rivolgeva quando eravamo da soli.
«Cosa, Jungkook?» Domandò Jimin.
«Non ce l'ho più con te da tempo, ormai» ammise.

Mi batteva forte il cuore, non sapevo spiegare perché. Solo che vedere quei due, che erano entrambi importantissimi per me, andare finalmente d'amore e d'accordo mi riempiva di gioia.

«C'è stato un periodo in cui ero geloso di te. Taehyung mi conosceva ancora come Jay, ci parlavamo da poco più di un mese e io lo volevo tutto per me. Quando lui si è sentito male e ha dovuto restare in casa tua per un po' ho rischiato di impazzire. Sapevo che eravate solo amici, ma la mia testa continuava a suggerirmi chissà cosa  facevate e quali argomenti riempissero le vostre giornate e mi sentivo schiacciato dalla quella sensazione nauseante che mi premeva sullo stomaco e mi faceva immaginare cose che non esistevano» iniziò guardando Jimin con due occhioni lucidi.

«Credo sia normale provare questi sentimenti. Siamo umani infondo e a tutti capita di perdere la testa quando amiamo alla follia una persona» rispose Jimin.

«Sì... ma adesso ti sono grato. Hai salvato la mia vita un sacco di volte nonostante non lo meritassi. Ti sono grato perché sei stato vicino a Taehyung quando io non potevo farlo e te ne sono anche adesso perché ti prendi cura di noi come se fossimo parte della tua famiglia. Grazie, Jimin hyung. Ti voglio bene davvero» disse.

A Jimin brillavano gli occhi, i miei ormai non mi ascoltavano più e da lì fuoriuscivano lacrime di gioia. Niente poteva rovinare quel momento, nessuno poteva cambiarci la vita. Eravamo perfetti così come eravamo, non ci mancava niente perché tutto quello di cui avevamo bisogno ce l'avevamo lì, a Seoul; due famiglie che ci amavano e aspettavano impazienti la nostra guarigione, un migliore amico sempre pronto a sostenerci e a darci tutto il bene possibile e un posto accogliente e sicuro dove potevamo costruire la nostra casa. Non c'era nient'altro che potesse farci sentire meglio di così.

«Wow, Jungkook. Sei riuscito a farmi commuovere, mannaggia a te» Jimin tossicchiò per schiarirsi la voce, nel frattempo si tamponava gli occhi con le dita.

«Ho detto solo la verità. Non mi andrebbe bene per niente se continuassi a pensare che ce l'ho con te.»
«Lo so. Tu sei molto importante per Taehyung, quindi ti prego di farlo stare sempre bene. Te lo sto affidando, Kookie
Al suono di quel soprannome Jungkook sorrise dolcemente, poi annuì con vigore.
«Puoi stare tranquillo, hyung»
«Sono certo che la vostra vita insieme sarà perfetta»

Jimin mi passò una mano sulla schiena, poi si allontanò un po' e prese le nostre cartelle che erano posate sul comodino.
«Vado a visitare gli altri pazienti. State a letto, mi raccomando. Dovete riposare adesso, sennò dovrete sopportare ancora a lungo le diete salutari prescritte da me.»
Scherzò prima di uscire dalla stanza.

Ci fu un po' di silenzio, osservai Jungkook con un sorriso mentre lui si grattava timidamente la testa.
«Perchè mi guardi in questo modo?» Domandò con le guance rosse.
Feci spallucce.
«Sono fiero di te»
«Per cosa?»
«Per essere stato sincero con Jimin.»
Jungkook abbozzò in un sorriso molto carino. «Era mio dovere mettere in chiaro le cose. Non ce l'ho più con Jimin ed è giusto che lo sapesse.»
«Sono felice che tu abbia accettato la nostra amicizia. Per me siete entrambi importanti e non posso fare a meno di nessuno dei due. Se voi andate d'accordo allora io sono davvero felice»

Jungkook si portò la mano tatuata in mezzo ai capelli, passandola tra le ciocche con nervosismo: quella timidezza non l'aveva mai mostrata prima e nell'insieme risultò tenero e dolce. Il mio cuore non riusciva a smettere di battere per lui nemmeno contro il mio volere.

«Tae» disse poi all'improvviso.
Alzai gli occhi su di lui, guardandolo con curiosità.
«Sì?»
«Ti ricordi quando mi hai chiesto il significato dei miei tatuaggi?»
Domandò allungando il braccio colorato.
Feci un cenno della testa, lui un sospiro.
«Ho mentito» aggiunse.
«Cosa vuoi dire?» Gli chiesi sorpreso.
«Ho mentito sul significato che gli ho conferito.»

Sbattei le palpebre in silenzio, ricordandomi di quando facemmo quel viaggio a Incheon. Eravamo andato a un ristorante dopo una mattinata passata al mare. Ero nervoso per via dei miei sentimenti nei confronti di lui e per sviare i discorsi legati all'appuntamento, come lo aveva chiamato Jay, gli chiesi il significato dei suoi tanti tatuaggi. Aveva detto che non c'erano dei motivi in particolare ma che l'occhio sull'avambraccio era il più recente e l'aveva dedicato a una persona importante.

«Perchè mai l'hai fatto? C'era un motivo valido?» Domandai comprensivo, cercando di scoprire come mai avesse detto delle bugie a riguardo.
Jungkook annuì, poi le sue guance si tinsero di rosso.
«Sono tutti dedicati a te.» Aggiunse.

Per un attimo spalancai gli occhi cercando di affibbiare un senso alle sue parole. Dedicati a me? Tutti quanti?

«A me?» Ripetei stupito.
«Sì, a te.» Spiegò.
«Ah... davvero?» Domandai, euforico e palpitante.
«Sì. Nonostante i miei ricordi fossero offuscati ho sempre avuto la tua figura tatuata nella mia mente. Quando giocavamo ai soldati tu facevi sempre quella specie di V sotto l'occhio, ricordi?» Domandò.
Annuii, anche se ancora non capivo.
«Ho studiato la lingua dei segni per un paio di anni mentre ero a Pyongyang, la parola "pace" si fa mettendo le dita a forma di una V»
«Interessante ma... cosa c'entra con me?»
«Ho tatuata la parola pace sul polso, è un chiaro riferimento alla V che facevi sempre quando la nostra squadra vinceva il gioco.»
«Oh... è una cosa molto dolce, Jungkook»
«Non è tutto.»
«Mi hai dedicato altri tatuaggi?» Chiesi con un piccolo sorriso.
Mi faceva sempre battere il cuore quel ragazzo.
«Sì. Sai come si dice ti amo nella lingua dei segni?» Mi chiese.
«No, non l'ho studiata» risposi

Jungkook alzò la manica del pigiama e mi mostrò un tatuaggio sotto la scritta "pace"; si trattava di una piccola mano, dove il pollice, il dito medio e l'anulare erano piegati mentre l'indice e il mignolo alzati.

«Mi sono sempre sentito molto legato a te, Taehyung-sshi. Fin da piccolo la mia non è sempre stata solo amicizia, ma molto di più. Anche se sbiadito, il tuo ricordo era vivo dentro di me ed è cresciuto quando mi hai detto il tuo nome in quel ristorante dove ci siamo incontrati in bagno, in seguito al bicchiere di acqua che ti ha rovesciato addosso alla tua ex compagna di classe»
«Io... sono veramente felice che tu mi abbia dedicato questi tatuaggi, ma non so cosa dire perché sono davvero emozionato» mi tremava la voce.
«Non dire niente, perché ancora non ho finito» rispose con dolcezza.

Si scoprì l'occhio sull'avambraccio e lo indicò con l'indice.
«È il tuo. Quando li ho guardati per la prima volta... Dio, sono così belli che li ho impressi nella mia mente. Ho fatto una schizzo su un foglio di carta e poi l'ho portato dal tatuatore che l'ha replicato in maniera perfetta. Sei indelebile Taehyung, lo sei qui» e si poggiò il palmo sul cuore, «e anche sulla mia pelle.»
Le lacrime scorrevano sul mio viso, il cuore rischiava di scoppiarmi.
«Credo di non aver mai amato nessuno come amo te» singhiozzai sorridendo sinceramente.
Jungkook sorrise.
«Nemmeno io»

Avrei voluto alzarmi e andare a stringerlo, e forse anche lui lo desiderava, ma entrambi avevamo la febbre e ci sentivamo rotti. Allora gli mandai un bacio volante, lui finse di afferrarlo con la mano prima di poggiarsela sulla guancia. Ridemmo incontrollati mentre lui ricambiava quell'effusione amorosa, quando la porta scorrevole si aprì facendo entrare la luce del corridoio dentro la stanza. Alzammo gli occhi, poi i miei si spalancarono.
«Somin?»

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