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Capitolo 26. Tra morsi e sospiri

Capitolo 26. Tra morsi e sospiri pt1

"I'll go whatever you will go"

Era successo veramente. La persona che amavo più al mondo, quella per cui avrei dato via la mia vita, mi aveva chiesto di rendere ufficiali le cose. Mi aveva chiesto di diventare il suo ragazzo. In quel momento il mio cuore scoppiò di felicità, di euforia pura che mi riempiva il petto e la testa di sensazioni e immagini bellissime, fatte di istanti indimenticabili a cui non riuscivo a dare un nome. Ovviamente risposi di sì; l'unica cosa che desideravo era lui soltanto e poco m'importava delle etichette e di ciò che sarebbe accaduto da quel momento in poi a causa della nostra scelta, ci amavamo e questo contava più di qualsiasi altra cosa.

Non esisteva una sola persona, uomo o donna che fosse, che poteva dividerci e mettersi in mezzo, noi due eravamo una cosa sola, indistruttibile e intoccabile.
Jungkook mi cullò tutto il pomeriggio con le sue braccia calde e il rumore dei battiti del suo cuore amorevole. I lunghi baci che ci scambiavamo avevano il sapore di libertà e tanto amore, le sue mani che toccavano le parti più profonde di me mi facevano bene, mi coprivano la pelle di brividi e gli occhi di lui. Certo non potevo immaginare ciò che stava accadendo all'infuori di noi. Forse mi ero scordato di alcuni dettagli troppo importanti per essere trascurati, me ne accorsi tardi e con troppo rammarico.

Io e Jungkook avevamo passato il pomeriggio più bello di tutta la mia esistenza; i baci innocenti, come al solito, si erano trasformati in puro desiderio di possedere l'altro, e tra i morsi e i sospiri ci eravamo lasciati comandare dai nostri sentimenti, consumando il nostro amore per l'ennesima volta, nei sedili posteriori della mia macchina lassù alla zona demilitarizzata. Il suono che provocavano le sue corde vocali quando era eccitato erano musica per le mie orecchie e sentirlo respirare tanto forte mi faceva letteralmente venire voglia di continuare in eterno.

Ma nulla dura per sempre e ben presto ci rivestimmo, stanchi ma contenti. Avevamo deciso che saremmo passati da casa Jeon il giorno seguente quando Koo avrebbe riacquistato il suo coraggio e mentre il sole tramontava guidai verso casa mia. Ci trovai Jimin ad aspettarmi, era seduto sugli scalini della porta e giocava con il cellulare. Persi un battito scoprendo che era tornato per sapere la verità e un po' temevo nella sua reazione di quando gli avrei spiegato ogni cosa. Non mi andava completamente di mentire al mio migliore amico, per cui dissi a Jungkook che doveva lasciarci un po' da soli mentre raccontavo a Jimin cosa stava accadendo in quegli ultimi giorni.

Koo acconsentì, anche se leggermente riluttante. Pensò bene di lasciarmi un bacio abbastanza spinto in presenza di Jimin, poi senza dire nulla entrò dentro la mia abitazione e ci lasciò da soli. Le mie guance erano bollenti e il mio migliore amico mi rivolse un'occhiata piena di malizia e al contempo scocciata quando mi andai a sedere accanto a lui. Tossì in imbarazzo mentre io mi grattavo il collo a disagio.

«Vi siete fidanzati?»
Fu la sua prima domanda.
«Da appena quattro ore» risposi timidamente.
Jimin sorrise con dolcezza.
«Devo spiegare a Jungkook che non ho la minima intenzione di portarti via da lui? Pare che voglia dimostrarmi a tutti i costi a chi appartieni.»
«Perdonalo. È geloso»
«Oh sì, l'avevo intuito»
Ridemmo nello stesso momento, poi lui mi diede una leggera pacca sulla schiena.
«A proposito di Jungkook, devo spiegarti un mucchio di cose Jimin» mi feci più serio.
Il mio migliore amico sospirò debolmente. «Perché ho la sensazione che c'è qualcosa che non va in questa storia?»
«Perché hai ragione. Sono sicuro che mi prenderai per un pazzo quando ti rivelerò la verità che ho tenuto nascosto fino ad adesso. Non me ne volere, ma dovevo prima capire come comportarmi e cosa fare, per questo non ti ho detto nulla prima di ora» abbassai lo sguardo.
Jimin si avvicinò ancora di più, ora eravamo spalla a spalla, ma i suoi occhi erano preoccupati.
«Non tenermi sulle spine allora. Raccontami tutto» disse.

Respirai profondamente, le gambe e le dita iniziarono a tremarmi e mille pensieri diversi attraversarono la mia mente quando constatai che c'erano delle cose ancora rimaste in sospeso da quando quella relazione era cominciata, ovvero che non conoscevamo ancora le sorti del nostro destino.

«Come ormai hai capito, Jay è Jungkook. Questo fatto è già abbastanza sconvolgente per me. Ha nascosto per tutto il tempo la sua vera identità e insieme a lei anche i dettagli del viso che avrei riconosciuto immediatamente se non li avesse coperti con il trucco.» Iniziai.

Jimin pendeva dalle mie labbra e il suo sguardo confuso non mi lasciava mai un attimo.
«Qualcosa non torna, però. Non capisco come mai si sia nascosto così a lungo, cancellandosi addirittura di dosso questi particolari, Tae.»

Mi portai le mani in grembo e mi misi, nervoso, a giocare con le dita. Ecco che era arrivata la parte più difficile, ammettere di essere perdutamente impazzito e innamorato di qualcuno che era stato cresciuto con ideali e abitudini troppo diverse dalle mie.

«Jimin, hai presente il detto 'l'amore fa fare cose stupide alla gente'?»
«Sì, certo. Da quando conosci Jay, o Jungkook, tu ne sei spesso caduto vittima.»
Osservò con amarezza, mischiata alla consapevolezza che quando c'è di mezzo la persona che si ama si diventa sempre ciechi.
«Questa volta ho fatto una stupidata bella e buona Jimin, la più grave di tutte. Ma lasciami dire che senza Jungkook la mia vita è spenta e inutile, come una lampadina fulminata in una stanza troppo buia per farne a meno»
«Mi stai mettendo ansia, Taehyung. Di che cosa stai parlando? Cosa può esserci di tanto grave da definire questo tuo amore "stupido"?»
Mimò due virgolette a mezz'aria, aspettando impaziente una risposta.

La gamba mi tremava, un alito freddo di vento mi colpì in faccia spostandomi lontano i capelli e la sensazione dell'incertezza iniziò a mangiarmi da dentro lo stomaco. Jimin avrebbe capito, l'aveva sempre fatto ma nonostante lo sapessi c'era qualcosa che mi fermava: temevo di non essere compreso quella volta. Forse non potevo non biasimarlo. Stavamo parlando di un soldato nord coreano e sicuramente quando Jimin l'avrebbe saputo non si sarebbe messo a fare festa. Ma speravo che riuscisse a mettere da parte la razionalità e che vedesse in me soltanto tanta voglia di amare ed essere felice, anche se significava dover affrontare qualcosa di molto più grande di me.

«Jimin, ho tanta paura di quello che mi riserva il fato. È così ignoto e misterioso che non riesco a dormire sereno la notte. Nonostante abbia ritrovato Jungkook, nonostante dorma al mio fianco, non riesco a stare tranquillo perché ciò che ci spetta potrebbe essere una questione drammatica» pronunciai con la voce rotta dal pianto silenzioso che mi sopraffaceva.
Il mio migliore amico mi mise una mano sulla spalla, sempre più preoccupato e curioso.
«Vuoi dirmi che cosa sta accadendo? Non capisco cosa ci sia di tanto grave nella vostra relazione. State benissimo insieme e se è vero che i suoi atteggiamenti sono finalmente cambiati e non scapperà mai più non vedo cosa ci sia di tanto preoccupante.»
Disse con espressione corrucciata.
«Quando Jay è arrivato qui, ho subito avuto la sensazione di conoscerlo ma allo stesso tempo non riuscivo a capire se fosse di qui o meno. I suoi modi di fare, e di parlare, sono molto diversi di noi del sud.»

Forse, se avessi raccontato poco alla volta, sarebbe stato tutto più semplice, ma l'ansia mi attorcigliava comunque lo stomaco in un nodo talmente stretto che quasi faticavo a respirare.

«Sud? Non starai cercando di dirmi che...»
Jimin spalancò gli occhi quando annuii.
«È stato rapito e portato in Corea Del Nord.»
Lo sputai fuori velocemente senza guardarlo negli occhi.
Jimin, al mio fianco, s'irrigidì.
«Dimmi che stai scherzando, Taehyung»
«Credimi, lo vorrei anch'io. Non è nemmeno la cosa più grave questa»
Nervoso, Jimin, si mise in piedi e iniziò a fare avanti e indietro davanti a me.
«Cosa c'è di più grave? Ci manca soltanto che sia un pezzo grosso dell'esercito nord coreano» bisbigliò allarmato.

Lo fissai intensamente e lui aprì la bocca. Fece una risatina molto nervosa, poi si passò le mani in mezzo ai capelli e riprese a camminare nevroticamente per tutta la panchina davanti al portone di casa mia.

«Lui è il Generale Di Corpo D'Armata» dissi con lo sguardo basso.
«Ti prego, non me lo dire! Ti rendi conto in che casino ti sei andato a ficcare?»
Alzò la voce.
«Ma lui è originario di qui! Credo che se riuscissi a dimostrarlo, loro...» stavo dicendo ma Jimin m'interruppe.
«Non ti crederanno mai! È un soldato, la prima cosa che penseranno è che si tratta di una spia mandata da quelli là!»
«Lo so Jimin, ma devo fare una prova altrimenti non vivrò mai tranquillamente»
«Ma ti senti? Faranno di tutto per smentire le cose che dirai! Come fai a dimostrare che Jay sia Jungkook? Per quanto gli riguarda potrebbe trattarsi tutto di una messa in scena perché ti sei innamorato di un nordcoreano»
«Ho le prove, ci sono le foto di quando era piccolo. E poi lui non ha mai fatto male a nessuno, perchè non dovrebbe essere accettato?»
«Perché viene dal nord! Ha seminato delle finte mine antiuomo per terrorizzare Seoul!»
Disse esasperato.
«Ma è stato costretto Jimin! È stato cresciuto da una persona che si faceva chiamare zio, che lo ha torturato fin da piccolo e per colpa dei traumi ha dovuto agire in maniera crudele nei suoi confronti. Doveva farlo, sennò ci sarebbero state conseguenze terribili per lui.»
Mi agitai. Jimin scosse la testa incredulo.
«Non capisco se sei serio o se stai veramente impazzendo»
«L'amore rende ciechi» dissi con fierezza, poi mi alzai anch'io per fronteggiare il mio migliore amico.
«Ma tu sei diventato completamente pazzo.»
«L'ho cercato per così tanto tempo, non permetterò che lui passi la sua intera esistenza chiuso in un carcere o che muoia tornando nel suo Paese solo perché non ho provato a salvarlo!» Gridai.

Jimin respirava forte, invece io piangevo a dirotto. Non mi capiva nemmeno lui? Mi sarei messo contro chiunque pur di stare insieme a Jungkook.

«Non ho parole al momento» sussurrò impietrito.
«Allora non parlare. Se sarà necessario io scapperò lontano da qui con lui. Costi quel che costi»

Feci un passo indietro e senza aggiungere altro entrai in casa, lasciando fuori Jimin. Una parte di me capiva le preoccupazioni del mio migliore amico, ma l'altra non ne voleva sapere assolutamente niente di incomprensioni e razionalità. Io credevo in quello che volevo fare e se il destino ci riserva qualcosa di crudele l'avrei accettato ma insieme a Jungkook, anche nell'aldilà, anche risultando egoista e stupido fino al midollo.

Una volta dentro andai subito a cercare Jungkook per potermi rifugiare tra le sue braccia. Lui era in piedi davanti alla porta d'ingresso e corse verso di me quando io andai velocemente da lui. Ci abbracciammo forte, Koo mi lasciò tanti piccoli baci sulla testa.

«È tutto ok? Jimin ti ha fatto arrabbiare?» Domandò infastidito alla sola idea.
Scossi la testa, anche se non era vero. Volevo un mondo di bene a Jimin e sapevo che quelle cose le diceva solo perché si preoccupava per me.
«No, mi sei mancato»
«Sei senza di me da appena dieci minuti»
«E sono stati i dieci minuti più lunghi di tutta la mia vita.»
«Tae, sono veramente felice di stare insieme a te.»

Jungkook si staccò dall'abbraccio per guardarmi negli occhi e poggiare le labbra sulla mia fronte. Non esisteva dichiarazione più bella di quando qualcuno faceva un gesto tanto semplice quanto pieno di significato.

«Io lo sono di più» ammisi.
Koo sorrise e stava per dire qualcos'altro prima che la suoneria del mio cellulare ci interrompesse. Sperai fosse Jimin, non mi andava di restare in astio con lui, ma quando mi portai il cellulare davanti agli occhi li spalancai, perdendo un battito dal mio cuore. Era il comandante Jun.

SPAZIO AUTRICE
Mi sembrava doveroso stare un po' in silenzio dopo quanto accaduto a Itaweon. Seoul ha subito una grave perdita.

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