Capitolo 25. Diverbi continui
Capitolo 25. Diverbi continui pt 3/3
"You. You are my universe and I just want to put you first"
Bussammo invano per più di una volta, ma nessuno venne ad aprirci la porta; la macchina di famiglia Jeon non c'era e le serrande erano tutte abbassate. Tutto presagiva che non ci fosse nessuno in casa e fu una vera delusione sia per me che per Jungkook. Eravamo entrambi impazienti di fare sapere loro che il figlio adorato era stato ritrovato, ma la fortuna non era stato dalla nostra parte quella volta. Feci un sospiro triste quando ci allontanammo dagli scalini. La mia intenzione era quella di tornare da me, metterci comodi e pensare a un altro giorno per andare dalla signora Woo Young, ma Jungkook sembrava avere altri piani. Si fermò infatti a qualche metro dalla mia macchina, guardando distratto verso casa mia con gli occhi lucidi e ancora tanta voglia di rivedere sua mamma e suo papà e persino il fratellino che non aveva ancora conosciuto.
«Andiamo Koo, torneremo più tardi o domani mattina.»
Gli dissi prendendo la sua mano, ma lui rimase fermo e mi rivolse uno sguardo dolce e profondo, accarezzandomi con i pollici il dorso della mano che stringeva la sua.
«Abitano ancora qua i tuoi, vero?» Chiese.
Lo guardai confuso, poi feci un piccolo cenno con la testa.
«Sì, perché?»
«Tuo padre ha detto che tua madre era molto preoccupata per te. Vorrei la tranquillizzassi.»
Sbattei la palpebre un paio di volte, sentendomi immediatamente in colpa per essere stato distante e silente. Jungkook voleva che facessi la cosa giusta, forse perché proprio lui era stato cresciuto lontano dalla famiglia e sapeva cosa significava avere dei rimorsi. Eppure non sapevo cosa fare... una parte di me desiderava fare pace con la mia famiglia, ma l'altra non accettava i comportamenti di papà. E poi, a dirla tutta, lui lo voleva pure?
«Non lo so Jungkook, non credo di essere pronto a fare questo passo.»
Dissi velocemente, nel frattempo mi massaggiai gli occhi con due dita.
«Taehyung, la vita non è pienamente controllata da te. Domani potrebbe accadere di tutto e tu resterai con il rimorso di non aver fatto le scelte giuste quando potevi. Se non vuoi soffrire non rimandare a domani quello che puoi fare oggi.»
Mi prese una guancia tra le dita e mi lasciò un veloce bacio che mi provocò tantissime farfalle nello stomaco.
«Non lo so» ribadii rosso in viso.
«Di cosa hai paura, Tae? Io verrò con te, non c'è niente di cui preoccuparsi»
«Lo so. Non ho solo voglia di subirmi ancora le parole poco carine di mio padre. Non lo sopporterei se avesse ancora da ridire su di te.»
Jungkook mi spostò i capelli da davanti gli occhi, non mi toglieva lo sguardo di dosso e mi faceva innamorare sempre di più di lui; ogni suo gesto, ogni sua parola erano motivo di felicità per me. Mi faceva sentire come mai nessuno mi aveva fatto sentire.
«Non preoccuparti per me. Forse un giorno gli piacerò... ma al momento non è questa la cosa importante. Quello che conta è che tu e la tua famiglia continuiate a volervi bene, perché non esiste niente al mondo di più importante di questo legame. Io ne faccio parte perché tu mi ami e io amo te, ma questo non significa che tu debba allontanarti da tutto il resto»
«Lo so, però mio padre ne ha combinate veramente troppe»
«Questa sarà la prova del nove. Se continua con questi atteggiamenti allora aspetterai che sia lui a cercarti, ma finora tu sei mai venuto a chiarire con tuo padre veramente?»
Effettivamente no. Ero andato solo quando Somin gli aveva raccontato della verità su Jungkook e io avevo affondato il coltello ancora di più, dicendogli di non voler più essere considerato suo figlio.
Mi ritrovai quindi a scuotere la testa con consapevolezza. Non ero stato migliore di lui sotto quel punto di vista. Avevamo entrambi preferito rimuginare sulle nostre ragioni senza fare caso a ciò che stavamo distruggendo. Mi ero promesso che non avrei più voluto provare la sensazione dei rimorsi sulla mia pelle, eppure continuavo a collezionarne a bizzeffe. Forse dovevo ascoltare Jungkook, era meglio mettere da parte l'orgoglio piuttosto che rimpiangere qualcosa che poteva essere benissimo sistemata. Quindi, con estrema indecisione, fissai la porta di casa mia senza spiccicare una parola. Jungkook al mio fianco continuava a incoraggiarmi.
«Non hai nulla da perdere, Taehyung» disse mentre mi prendeva la mano e mi guidava verso la mia vecchia abitazione.
Una farfalla ci volò attorno le teste mentre avanzavamo. Camminare con lui di fianco a me era più leggero, mi sembrava di fluttuare tra le nuvole e, all'improvviso, capii di star facendo la cosa giusta. Jungkook conosceva i morsi del "se" e non voleva che io facessi gli stessi sbagli. Per cui, quando suonò al campanello di casa mia, non sentii la familiare sensazione di scappare via anzi, avvertivo il bisogno di rimanere e aggiustare le cose fino a quando ero ancora in tempo.
Ebbi modo anche di riflettere sul fatto che Koo migliorava sempre la mia vita, sia che fosse presente sia che apparisse nei miei sogni. Non potevo fare a meno di osservarlo con amore e ammirazione qualsiasi cosa facesse e pensai allora che lui era la mia forza più grande, quella che mi donava coraggio e volontà di fare. Gli sarei sempre stato grato all'infinito. Anzi, noi stessi eravamo infinito.
Mamma aprì la porta; i suoi occhi spenti si accesero all'improvviso quando mi riconobbe e, senza dire una parola, mi strinse forte in un abbraccio caloroso e profumato: odorava di casa, di vita.
Piangeva disperatamente mentre continuava a stritolarmi, quasi temesse che fosse tutto un sogno e che presto sarei sparito. E invece non era così, grazie a Jungkook avevo capito l'importanza di un abbraccio ed era la cosa più meravigliosa del mondo. In fin dei conti eravamo sempre stata una famiglia molto unita, anche se negli ultimi tempi ci stavamo sgretolando. Ma da quando Jungkook era riapparso, quasi per magia, il mio cuore si era ricomposto insegnandomi quali fossero le cose che contavano davvero nella vita: non sono i soldi, non sono le belle case e le macchine, è tutto racchiuso in uno spazio senza pareti e circondate da alberi e si chiama casa. E lui ne faceva parte.
«Taehyung, tesoro mio! Stai bene? Non ti vedo da tantissimo tempo.»
Sussurrò alle mie orecchie con la voce spezzata dall'emozione.
Iniziavo ad avvertire quella sensazione anch'io, ma mi trattenni al meglio delle mie possibilità. Non era il momento di piangere, sentivo che se l'avessi fatto Koo ne sarebbe stato deluso, lui desiderava per me solo la felicità.
«Mi sono ripreso. Jimin è stato fantastico» risposi.
Mia madre si staccò dall'abbraccio per potermi guardare negli occhi e capì che non stavo mentendo.
«Sicuro? L'asma, l'ansia... sono svanite veramente?»
«Sì, o almeno adesso compaiono con poca frequenza. Sto bene»
Mamma si passò le dita sulle lacrime per asciugarle e un sorriso molto debole le si presentò in volto. Allora mi accorsi che era molto pallida e sembrava essere stata molto male con la mia assenza, ma una leggera sfumatura di rosa iniziava a farsi largo sulla sue guance, illuminando il viso stanco.
«Volete entrare? Vi offro del té...» aggiunse mamma.
Riluttante rimasi fermo. Non ero ancora pronto a incontrare mio padre, ma Jungkook mi diede una leggera spinta in segno d'incoraggiamento.
«Certo signora» s'intromise.
«Che sbadata! Non ti ho nemmeno salutato. Sei un amico di Taehyung? Qual è il tuo nome?» Chiese mentre ci faceva strada verso il salotto.
«Mi chiamo Jay» disse lui.
Gli scoccai uno sguardo. Forse, dopo tutto, nemmeno lui era ancora pronto ad affrontare la realtà.
«Jay! Che bel nome! Non ti ho mai visto in compagnia di mio figlio. Siete amici da poco?» Raggiungemmo il salotto.
Papà era lì, seduto sulla poltroncina. Alzò un attimo lo sguardo su di noi, poi lo riabbassò e fece finta di nulla. Mamma vide che lo stavo fissando, allora si affrettò a spingerci verso la cucina e a distrarci da quella situazione spiacevole.
«Dicevo, siete amici da molto?»
«Sì signor...» stava per dire Jungkook, ma lo interruppi.
«In verità mamma, lui... è il mio ragazzo»
Ci fu un attimo di silenzio, che si ruppe con il rumore sordo di un bicchiere di vetro che cadde al suolo, seguito immediatamente dal suono di passi. Mia madre, preoccupata, si mise davanti a noi, sembrava pronta a difenderci.
«Che cosa hai detto?»
Irruppe mio padre con tono alterato.
Jungkook mi strinse la mano, probabilmente nel tentativo di calmarmi, evitando così di lasciare la rabbia sopraffarmi.
«Credo che tu abbia capito anche senza il bisogno che lo ripeti.» Dissi.
Mamma non aveva intenzione di togliersi da davanti me e Koo, anzi allargò le braccia per non permettere che papà si avvicinasse anche di un solo passo a noi due.
«Mi-Yeun» papà si rivolse a mia madre, «togliti, devo guardare nostro figlio in faccia» aggiunse.
Ma lei scosse la testa, non ne aveva alcuna intenzione.
«No. Puoi parlare anche stando distante da lui»
«Cosa?»
«Non ho alcuna intenzione di sentirti sgridarlo o alzargli le mani solo perché non accetti il suo stile di vita. Se vuoi parlargli fallo ma a debita distanza»
«Devo guardarlo negli occhi mentre lo ripete» disse rivolgendoci un'occhiataccia.
«Che cosa cambia? Tanto hai già capito il senso delle sue parole! Perché deve ripeterlo?»
Disse mamma.
Papà fece ancora un passo in avanti e stava per rispondere quando trovai il coraggio di avvicinarmi io per affrontarlo. Alla fine ormai mi aveva dato tanti di quei schiaffi che uno in più o uno in meno non faceva più alcuna differenza.
«Hai sentito bene papà. Lui è il mio ragazzo e no non mi vergogno di amare qualcuno del mio stesso sesso.» Dissi.
Mamma prese la mia mano e quella di Jungkook, non disse nulla ma la sua presenza fu di estremo aiuto. Significava che non eravamo da soli in quella lotta tanto difficile, c'era qualcuno che era dalla nostra parte insieme a Jimin.
«Sbagli a non vergognarti. Sei stato nascosto nell'ombra fino a questo momento e tutto perché non avevi il coraggio di ammettere a tuo padre che sei solo uno schifoso froc...»
«Adesso basta!»
Alzò mamma la voce.
Jungkook strinse ancora più forte la sua mano, nel frattempo il mio cuore si riempì di tristezza. Mio padre non mi avrebbe mai perdonato.
«Ma lo senti, Mi-Yeun? Per colpa di questo... di questo ragazzino nostro figlio sta perdendo il lume della ragione!»
«L'hai perso tu invece. Ultimamente non fai che stressare Taehyung senza alcuna ragione valida. Non ti sei nemmeno interessato di chiedergli come stava quando è svenuto e sia io che Jimin ci siano ritrovati costretti a tenertelo lontano! Vuoi riprenderti una buona volte per tutte?»
Jungkook fissava mia madre con ammirazione. Forse era questo di cui aveva bisogno, scoprire cosa significava avere un genitore che ti ama.
«Non posso credere che stai appoggiando queste idee insulse che si è messo in testa!»
«Non posso credere che stai definendo l'amore una cosa insulsa. È una cosa fuori dal normale.»
Per un'attimo ci fu silenzio, poi mio padre ruppe in una risatina.
«Avrei preferito non avere figli se questo doveva essere il risultato»
«Allora la sua vita sarebbe stata vuota e inutile» prese parola Jungkook.
Lasciò la mano di mia madre per avvicinarsi a papà, sorpassando anche me per fronteggiarlo da più vicino.
«Non ho alcuna voglia di parlare con una persona maleducata come te, Jay.»
«Mi creda, nemmeno io ho voglia di confrontarmi con qualcuno che la mente così chiusa. L'unica cosa che voglio dire è io amo Taehyung più di qualsiasi altra cosa al mondo e lei dovrebbe solo essere felice che ci sia qualcuno pronto a proteggerlo e a metterlo sempre al primo posto! È suo figlio... come può trattarlo in questo modo? Sono sicuro che lei non pensa davvero le cose che ha detto, ma se dovesse essere così provo una grande pena per voi»
«Cosa vuoi insinuare, ragazzino?»
Alzò la voce papà.
Jungkook non si lasciò intimidire.
«Niente. Non voglio insinuare niente. So solo che non bisogna avere dei rimpianti a questo mondo, perché domani non si può mai sapere cosa accadrà. Allora non ci sarà alcun rimedio»
Jungkook gli diede le spalle, mi prese la mano e si mise più vicino.
«Signora, lei è una persona molto dolce. Mi perdoni ma devo portare via suo figlio per ora. Devo proteggerlo e guardare i suoi occhi distrutti accresce la mia ira. Non sopporto che qualcuno gli faccia del male, per tanto mi scusi se adesso ce ne andiamo.»
Fece un inchino e non aspettò un solo secondo di più che mi trascinò fuori da casa dei miei. Le lacrime mi rigavano le guance quando ci mettemmo di nuovo in macchina. Jungkook aveva preso le chiavi e fu lui a guidare verso una meta ancora sconosciuta.
«Non piangere Tae, hai solo fatto la scelta giusta. Se lui non vuole capire allora che vada a farsi fottere» mi strinse la gamba con la mano libera.
«Non posso credere che sia tanto arrabbiato.»
«Forse è solo questione di tempo»
Jungkook parcheggiò l'auto nel nostro punto preferito d'incontro, quello sopra la zona demilitarizzata. Si slacciò la cintura di sicurezza, e voltandosi mi passò i pollici sotto gli occhi.
«Una persona bella come te non merita di stare male» sussurrò disegnando il contorno della mia faccia con le dita.
Quando arrivò sulle labbra ci si soffermò per un po' di più. Le fissò con intensità, poi alzò lo sguardo sul mio, come per chiedere il permesso di baciarmi. La sua mano scivolò sul mio collo e lentamente si avvicinò. Mi strinse forte quando le nostre bocche si unirono e le nostre lingue iniziarono a rincorrersi a ritmo di un bacio poco innocente, fatto di ardente passione. Le mani di Koo cercarono l'orlo della maglietta, l'alzò il tempo di stringermi i fianchi pelle a pelle e mentre mi mordeva le labbra aumentava la velocità e il rumore degli schiocchi dei nostri baci.
«Prima hai detto una cosa che mi ha fatto impazzire» disse piano piano, quasi volesse che nessuno sentisse quelle parole nonostante ci fossimo solo io e lui.
«Cosa?»
«Che sono il tuo ragazzo»
Mi sfilò la maglietta e la buttò nei sedili posteriori. Mi squadrò per qualche secondo, mangiandomi con gli occhi e rendendomi paonazzo, dopodiché mi morse il collo, rubandomi un sospiro.
«Effettivamente sono stato avventato. In fin dei conti tu non mi hai ancora chiesto di rendere le cose ufficiali» scherzai.
Jungkook si staccò per guardarmi negli occhi.
«Kim Taehyung» pronunciò con la voce roca.
«Sì, Jeon Jungkook?»
«Vuoi essere il mio ragazzo?»
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