Capitolo 24 Ti odio; tuttavia...
Capitolo 24. Ti odio; tuttavia...
"As if was so easy for me to get over you"
Il corpo muscoloso e privo di sensi di Jungkook, fu difficile da trasportare in salotto per adagiarlo sul divano disfatto.
Terrorizzato, considerando le ultime parole di Jimin riguardo la sepsi, mi affrettai a prendere il termometro per misurare nuovamente la sua temperatura. Jimin mi aveva assicurato che sarebbe arrivato immediatamente, anche se erano le tre di notte. Riempii un bicchiere d'acqua, afferrai la scatolina che conteneva le compresse di paracetamolo e li adagiai sul tavolino, nel frattempo controllavo che i minuti passassero per poter guardare quanto alta fosse la febbre.
Mi pentii amaramente di essermi chiuso in stanza e averlo lasciato lì fuori: forse avevo dato troppo per scontato che a lui non importasse niente di me e invece era rimasto al freddo, sul pavimento ghiacciato, ammalato e debole. Non si era portato nemmeno una coperta, aveva aspettato che mi decidessi a uscire dal mio nascondiglio e per l'affanno si era addormentato, accovacciato su se stesso, pallido e inghiottito dai rimorsi delle sue scelte.
Avrei dovuto rimandare i miei teatrini a quando sarebbe stato meglio e non affaticarlo più del dovuto. I morsi dei miei sensi di colpa mi inondarono di pura tristezza e malinconia e mai come allora speravo che i miei comportamenti non avessero infierito con la sua salute. E invece, purtroppo, era così. Se non fossi andato a chiudermi in camera mia, se alle sue spiegazioni avessi risposto di riparlarne più avanti, non avrebbe perso i sensi.
Koo non rispondeva ai miei tentativi di svegliarlo, e con un nodo alla gola guardai il termometro segnare quaranta gradi Celsius.
Istintivamente appoggiai la mano sulla sua fronte, come se per assicurarmi che il termometro non stesse sbagliando, ma scottava molto e le sue labbra stavano diventando viola. Non sapevo cosa fare, l'unica cosa sensata che mi venne in mente fu riempire una borsa d'acqua calda e adagiarla sui suoi piedi congelati. Poi riempii un secchiello di acqua fredda e con uno straccio mi misi a inumidire la fronte, nella speranza che potesse essere d'aiuto. Le lacrime non volevano smettere di scorrere, ormai erano diventati una routine giornaliera. Sembrava che non sapessi fare altro che piangere e ancora piangere e mai trovare una soluzione ai miei problemi.
Gli occhi chiusi di Jungkook parevano rilassati, ma la sua espressione non lo era altrettanto. Il fatto che stesse male si notava a chilometri di distanza e la preoccupazione non mi lasciava andare nemmeno un secondo.
Quando i bussi di Jimin sulla porta si espansero nell'aria, mi affrettai ad andare ad aprirgli. Il suo viso era leggermente assonnato, forse un po' intimorito per quello che stava accadendo.
Appesa sulla spalla aveva una grande borsa, che sicuramente conteneva gli attrezzi necessari per visitare Jungkook, e mi salutò con l'espressione corrucciata prima di seguirmi in salotto.
«Che cosa succede?» Mi chiese nel frattempo.
«Ha perso i sensi e non si riprende. Ho controllato la febbre, è a quaranta. Possibile che la sepsi si stia di nuovo diffondendo, Jimin?» Dissi tutto di fretta, impaurito che potesse accadergli qualcosa di grave per colpa mia.
«Impossibile. La sepsi non si era ancora sviluppata quando l'ho controllato, ho agito prima che potesse farlo. Si è affaticato?»
Abbassai gli occhi. Sì, si era sicuramente affaticato mentre cercava di parlarmi, provando a convincermi di ragionare.
Rimasi zitto, non sapevo cosa dire né se poter confidare a Jimin che lui era Jungkook e aveva passato la sua intera infanzia e adolescenza nella Corea Del Nord.
Il mio migliore amico mi rivolse una lunga occhiata, ma non disse nulla. Si sedette sulla sedia e, mettendosi comodo, si osservò intorno; notò il secchiello e lo straccio e fece un piccolo cenno a se stesso, infine spostò i capelli fradici dalla fronte di Jungkook e ci posò un palmo sopra. Rimase così un paio di secondi, poi tirò fuori dalla borsa lo stetoscopio e se lo portò nelle orecchie. Spostò la placca argentata sull'addome di Koo e in silenzio assoluto lo visitò.
«Taehyung, che diamine state combinando voi due?»
Mi domandò quando ebbe finito.
Rimboccò le coperte a Jungkook e si voltò lentamente verso di me, che lo fissavo disperato.
«Cosa vuoi dire?»
«La febbre si alza per il continuo affaticamento. Jay dovrebbe stare al riposo, al caldo e senza stress. Se continuate a discutere e a litigare la febbre non si abbasserà.»
Mi spiegò.
Annuii, giocavo a disagio con le mani e mi rimproveravo mentalmente per essere stato tanto stupido da farmi prendere dal rancore in un momento delicato come quello.
«Hai ragione Jimin. Sono stato uno scemo»
«Rimandate semplicemente qualsiasi litigio a quando starà meglio.»
«Va bene, grazie per essere venuto nonostante sia notte»
«Di niente, Taehyung. Lo sai che per te ci sono sempre. Chiamami domattina. Appena si sveglia dagli una pillola di paracetamolo e preparargli una zuppa calda. Mi raccomando, niente stress» aggiunse mettendosi la borsa in spalla.
«Ok»
Dopo aver salutato Jimin mi rimisi seduto sulla sedia e continuai a passare lo straccio bagnato sulla fronte di Jungkook. Per fortuna il mio migliore amico non mi aveva chiesto nulla riguardo alla discussione che avevamo avuto, perché non avrei saputo mentire e a dire la verità non mi andava nemmeno di rifilare un milione di bugie a Jimin. Non lo meritava.
«Perchè non ti svegli?»
Sussurrai accarezzandogli il viso con delicatezza.
Era passata un'ora da quando Jimin era andato via. Adesso Jungkook scottava di meno, ma la sua condizione restava invariata. Con un sospiro pesante presi la borsa con l'acqua calda, ormai raffreddata, e mi alzai dalla sedia intenzionato a riempirla di nuovo con il getto bollente della doccia, ma la mano fredda di Jungkook si avvolse sul mio polso e non mi permise di muovermi. Mi girai immediatamente verso di lui, aveva aperto gli occhi e mi fissava come se non mi vedesse da anni.
«Stai bene?» Chiesi, un po' più rincuorato.
«N-no» balbettò e aspirò l'aria a denti stretti, infreddolito.
«Cosa senti? Posso fare qualcosa per aiutarti? Intanto prendi una pillola» lasciai perdere la borsa dell'acqua calda e mi affrettai a tirare fuori una compressa dalla bustina di plastica.
Mi rimisi seduto e, porgendogli il bicchiere, aspettai che lo prendesse in mano così che potesse prendere la medicina. Ma Jungkook rimase fermo, lo sguardo fisso su di me. Era ancora parecchio pallido e le occhiaie violacee contornavano i suoi occhi belli e tristi.
«Allora?» Domandai impaziente.
Volevo che la temperatura scendesse.
«Mi odi, Taehyung?»
«Non è il momento per parlare di queste cose. Prendi la medicina, così la febbre si abbasserà» protesi le mani, incoraggiandolo a prendere il bicchiere e la pillola, ma lui scosse la testa e si morse il labbro inferiore tra i denti.
«Qual è il problema, Jungkook?» Dissi arrabbiato.
Lui si portò una mano sul fianco mentre si metteva dritto. Mi osservava attentamente, temeva forse che scappassi via e lo lasciassi da solo di nuovo, ma io non ne avevo l'intenzione. Ovviamente ero ancora molto arrabbiato con lui ma, come disse Jimin, meglio aspettare che si riprendesse prima di affrontare qualsiasi argomento.
«Facciamo pace» sussurrò.
Sbuffai impercettibilmente, ma lui se ne accorse e la sua faccia divenne ancora più triste.
«Ne riparleremo quando starai meglio» allora risposi di fretta.
«Ma sto così male. Guardarti e sentirti lontano mi sta distruggendo, Tae.»
Tae, Tae, Tae. D'un tratto mi ricordai lui da piccolo, mi chiamava così ogni volta che desiderava qualcosa da me.
«Per favore, puoi prendere questa pillola e smettere di parlare? Jimin ha detto che non devi stressarti, sennò la febbre non si abbasserà, quindi ti prego, manda giù la medicina e rimettiti sdraiato. Forza» gli ficcai il farmaco nella mano.
Jungkook lo guardò con le lacrime agli occhi, poi finalmente si decise a inghiottirla. Un po' più rilassato mi alzai dalla sedia, volevo preparargli qualcosa di caldo così sarebbe guarito più in fretta.
«Dove vai?» Mi chiese lui immediatamente quando vide che mi stavo allontanando.
«Da nessuna parte»
«Resta qui allora. Per favore, dormi insieme a me.»
«Non è il caso e poi volevo prepararti una zuppa calda per aiutarti a riprendere le forze.»
Dissi accedendo le luci in cucina.
Una parte di me era veramente felice che Jungkook fosse tornato sano e salvo. Un sorriso mi sbucò in viso quando mi resi conto che mi amava come io amavo lui, ma d'altro canto non riuscivo ancora a guardarlo in faccia senza provare rabbia.
«Perdonami per tutto. Ti prego, Taehyung. Comprendi solo che mi trovavo in una situazione più grande di me e che non avevo altra scelta.»
La sua voce sembrava più vicina che mai, quindi mi voltai e lo osservai mentre camminava verso di me, barcollando e stringendosi il fianco.
«Vai subito a letto! Non capisci che non puoi stare in piedi? Sei così cocciuto? Non ti perdonerò un bel niente se continui a fare di testa tua» dissi alterato.
Gli presi una mano e lo strascinati verso il sofà, ma a metà strada lui si liberò della mia presa. Lo guardai con disappunto, Jungkook stringeva i pugni e faceva di no con il capo.
«È inutile che mi prepari del cibo o mi costringi a stare a letto. Se non dormirai insieme a me, non ascolterò nemmeno una delle tue parole» disse.
«Non sei nella posizione di minacciarmi. Hai capito?»
Jungkook deglutì a fatica, poi iniziò a fare dei passi verso di me, costringendomi a indietreggiare.
«Mi dispiace se non ti ho detto subito la verità, non era mia intenzione farti soffrire... ricominciamo»
«Jungkook, se non la smetti vado a chiedermi di nuovo in camera mia» mentre lo dicevo caddi sul divano.
Koo si fermò davanti a me, appoggiò un ginocchio su uno dei cuscini e si sporse in avanti, bloccandomi qualsiasi via di fuga. Le mie guance si scaldarono istintivamente. In imbarazzo guardai da un'altra parte e sbuffai mentre sbattevo i piedi sul pavimento.
«Non sembri tanto malato adesso. Cos'è, mentivi anche su questo?»
Domandai per scacciare via la timidezza.
«Mai sentito parlare di adrenalina?»
«Non divagare, togliti da qui così posso prepararti la zuppa e andare a riposare» ebbi finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi, restando per un attimo folgorato dalla sua bellezza.
Stava male, eppure era così bello mentre mi squadrava dalla testa ai piedi con uno sguardo tagliente e ammaliante. L'avrei preso per lasciargli una scia di baci umidi su quella mandibola definita, se solo però non fossi stato tanto furioso con lui.
«Riposiamo insieme» ribadì.
«Perché dovrei? Hai sbagliato troppe volte nei miei confronti, non sei nella posizione di pretendere un bel niente da me.»
Jungkook si morse una guancia, poi posò lentamente una mano sul mio petto; con l'altra si reggeva sulla spalliera del divano per non cadermi addosso.
«Lo senti?» Domandò.
«Che cosa?»
«Il modo in cui batte il tuo cuore. Non prendiamoci in giro, mi desideri tanto quanto io desidero te.»
Il tono della sua voce, basso e dannatamente sexy, mi fece venire i brividi dalla base della schiena fin sopra il collo.
«Non ho mai detto che i sentimenti per te siano cambiati. Semplicemente non meriti nulla, quindi non sprecare tempo e fiato per convincermi di qualcosa che non farò» commentai duramente.
Jungkook rimase fermo nella stessa posizione e il mio cuore non faceva che battere rumorosamente. Persino il mio corpo si rifiutava di spostarsi da lì sotto; la mia testa voleva che mi mettessi immediatamente in piedi, gli dessi le spalle e dessi un taglio a quella conversazione, ma le mie mani, e ogni parte di me, rimasero bloccate, attratte da lui.
«Menti a te stesso, Taehyung»
«Tu hai mentito anche. Dal primo giorno»
Jungkook continuava a mordersi le labbra. Se non avessi reagito gli sarei saltato addosso. Per tanto mi costrinsi a cercare di allontanarlo con tutte le mie forze: gli posai i palmi sul petto e spinsi senza alcun risultato.
«Vedo che stai meglio adesso» dissi mentre ci mettevo tutte le forze, ma lui non si spostava di un solo millimetro.
«Dammi la possibilità di rimediare, ti prego Taehyung»
«No»
Il respiro di Jungkook divenne più pesante. Annuì a se stesso con rammarico prima di rimettersi dritto, dandomi la possibilità di alzarmi dal divano. Ero un po' deluso, speravo non si arrendesse con tanta facilità.
«Grazie» dissi mettendomi in piedi.
Lui non rispose. Feci un passo in avanti, dandogli le spalle e tremando di nervosismo, quando le sue dita mi presero il polso e mi tirarono con forza, lasciandomi cadere sul divano.
«Che cosa stai facendo?»
Dissi bollente in viso quando lui si mise a cavalcioni su di me e mi tenne le mani alzate sulle testa.
«Non ce la faccio a lasciarti andare. Anche se per un'ultima volta, sii mio» sussurrò e così facendo premette le labbra sul mio collo e lo morse con bollente passione.
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